Lasciare per essere una sola carne!

Per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una sola carne” (Gn 2,24).

Non so se ci avete mai fatto caso. In questo breve versetto della Genesi c’è tutto quello che è il progetto matrimoniale. Non solo! Ci sono anche, elencate in buon ordine, le tappe necessarie a vivere un matrimonio sano. Un matrimonio come Dio lo desidera per noi. Una relazione piena e profonda. Una relazione libera e liberante.

Possiamo trovare tre verbi e tutti al futuro. Per evidenziare come un matrimonio riuscito sia frutto di un impegno e di un cammino. Qualcosa che si ottiene nel tempo.

Lascerà suo padre e sua madre. Questo è il primo passaggio. E’ un passaggio fondamentale. Possiamo sposarci e dare forma ad una nuova famiglia solo se saremo capaci di lasciare la nostra famiglia di origine. Non significa che non frequenteremo più i nostri genitori e che non avremo più amore e tempo per loro. Nulla di tutto questo! Significa non essere più dipendenti da loro. I nostri amici Roberto e Claudia di Amati per Amare la chiamano desatelizzazione. Cosa significa allora lasciare nostro padre e nostra madre? Mettere al primo posto il nostro coniuge. In concreto? Non dipendere dalle aspettative e influenze della famiglia di origine. Essere capaci di mettere dei confini entro i quali i nostri genitori non possono influire. Non si tratta solo di confini materiali come le quattro mura di casa ma si tratta soprattutto di confini emotivi.

Si unirà a sua moglie. Non basta preparare il terreno con la desatelizzazione. Serve a questo punto la disponibilità ad aprirsi. Il problema spesso non è accogliere l’altro. Farlo, paradossalmente, non è così faticoso e difficile. Il problema è farci accogliere dall’altra persona. Per farci accogliere dobbiamo spogliarci e mostrarci con tutte le nostre fragilità, le nostre debolezze, le nostre imperfezioni, le nostre ferite. Capite che non è semplice. Si prova paura. Un po’ come, quando dopo la caduta, Adamo ed Eva si coprirono perchè provarono vergogna. Perchè lo sguardo dell’altro/a, che è specchio del nostro, non è uno sguardo che rassicura, ma che, in un certo senso, viola. E’ importante non pretendere nulla dall’altro/a. Possiamo educarci ad avere uno sguardo che sia di meraviglia sempre. Riconoscere nell’altro/a un dono prezioso ricevuto e non qualcosa da usare e possedere. Solo così, con il tempo sarà possibile una vera unione tra gli sposi. La paura e la rigidità sarà sempre di meno e aumenteranno comunione e intimità nella coppia.

I due saranno una sola carne. Viene subito in mente l’unione fisica. Una sola carne. Non sbagliamo se pensiamo all’intimità degli sposi. L’amplesso, che ci fa sperimentare la consapevolezza di essere uno attraverso il corpo, è però immagine di qualcosa di molto più ampio e profondo. Una sola carne significa che l’altro/a dimora in noi. E’ un rimando neanche troppo nascosto all’Eucarestia. Gesù stava celebrando un matrimonio in quell’ultima cena. Stava sposando la sua Chiesa nascente.  Matrimonio che si è concluso sulla croce. Matrimonio che ci consentirà di risorgere. Stava sposando ogni persona battezzata. Gesù ci ha mostrato come ama uno sposo. Così possiamo essere noi. Amare l’altro/a fino a farci mangiare da lui o da lei. Farci mangiare nel senso che noi abiteremo in lui/lei, saremo parte di lui/lei. Le sue preoccupazioni saranno le nostre preoccupazioni. La sua gioia sarà la nostra gioia. Il suo dolore sarà il nostro. La sua vita sarà anche la nostra. Saremo una carne sola e un cuore solo.

Questo è il sogno d’amore di Dio per noi. Questo è il significato del matrimonio. Tutto questo però, per essere realizzabile, passa da tre verbi: lasciare…unirsi….essere. Avanti tutta la strada è tracciata, non dobbiamo che seguirla e sperimenteremo qualcosa di meraviglioso.

Antonio e Luisa

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