Prima di formarti nel grembo materno, ti conoscevo.

Oggi vorrei tornare sulla Prima Lettura di domenica scorsa. C’è un passaggio che mi ha colpito molto e che può dire tanto ad ognuno di noi. Voglio riprenderlo.

Mi fu rivolta la parola del Signore: “Prima di formarti nel grembo materno, ti conoscevo, prima che tu uscissi alla luce, ti avevo consacrato; ti ho stabilito profeta delle nazioni”.

Siamo all’inizio del Libro di Geremia. Il racconto ha inizio proprio con la chiamata di Dio. Le parole che Dio sceglie sono davvero meravigliose e colme di speranza per tutti noi. In particolare vorrei porre l’attenzione su due significati che io personalmente ho letto tra le righe.

Prima di formarti nel grembo materno, ti conoscevo. Queste parole mi hanno permesso di vedere qualcosa che non riuscivo a vedere prima così bene. Come un’illuminazione. E’ un pensiero che ha toccato Luisa e me nello stesso modo. Vedete, noi come tante altre coppie, abbiamo avuto il dolore di concepire e poi di perdere quel bambino nei primi mesi di gestazione. Abbiamo vissuto prima la gioia (attendavamo il nostro quinto figlio), poi la preoccupazione e la trpidazione, e infine la certezza di averlo perso. Sono stati giorni non facili, soprattutto per Luisa. Un uomo, credo, viva più distaccato quanto accade in queste situazioni. Per lui il bimbo è ancora qualcosa di astratto che non riesce a percepire come reale. Almeno per me è stato così. Ero più preoccupato per Luisa che per il bambino. Per la mamma no, non è così. Quel bambino lo sente. Eccome se ne sente la presenza. Questi versetti della Prima Lettura sono davvero di grande consolazione e speranza. Quel bambino, che non si è mai formato, per Dio non solo non è un grumo di cellule come dicono tanti, ma è qualcuno che Lui conosce ed ama. Qualcuno che Dio ama teneramente. Gesù è morto anche per lui. Quel bimbo mai nato è una persona amata e per la quale esiste una missione personale. Già anche per lui nei suoi pochi giorni di vita intrauterina esisteva una missione. A noi ci ha aiutato moltissimo vivere quell’esperienza dolorosa. Chissà magari ora il nostro bimbo ci sta sostenendo con la sua intercessione presso il Padre. Un pensiero che non può che rallegrarci e commuoverci. Un sacerdote anziano e saggio ci disse di non scoraggiarci e di vivere con la certezza che quel bimbo ci sarà per sempre. Quella che sembra essere una storia di dolore e lutto è in realtà una storia di vita. Noi siamo stati cocreatori con Dio di quel bimbo. Per questo abbiamo deciso di dare un nome e di chiedere durante una Santa Messa il battesimo di desiderio per Giò (si chiama così non sapendo se sia maschio o femmina). E noi ne abbiamo solo uno in cielo. Mi rivolgo ora a tutte quelle mamme e tutti quei papà che hanno vissuto anch’essi questa esperienza, e forse più di una volta. I vostri bambini ci sono! Sono amati da Dio e vi aspettano! Date loro un nome se non lo avete fatto e mantenete un legame con loro perchè li rincontrerete. E anche voi mamme che magari avete commesso un aborto volontario e sentite il peso di questa scelta, offrite tutto a Gesù, il vostro bambino vi ha già perdonato e intercede per voi e per la vostra pace. Non è meraviglioso tutto questo? Sembra sia tutto una favola ma è la nostra fede che ci porta a credere che sia davvero così.

C‘è una seconda riflessione a parer mio molto importante. Ognuno di noi ha una missione nel mondo. Una missione d’amore. Dio non ci vuole gravare di un peso prima ancora che nasciamo. Non è questo il significato. Dio ci ha creato come Lui. Lui che è un Dio fatto di Tre Persone. Un Dio che è relazione e che è amore nella relazione, che è comunione. Per questo sa che anche noi solo nella relazione possiamo trovare il senso di ogni cosa. La missione non è altro che questo. Trovare il nostro posto nel mondo, trovarlo per sviluppare la persona che siamo, per sviluppare la nostra mascolinità o femminilità, la nostra paternità o maternità. Questo non vale solo per gli sposi ma per ogni persona. Ogni persona può essere vero uomo o vera donna e può essere padre o madre. Lo può essere nella misura in cui cresce nella capacità di amare e di donarsi agli altri. Quante coppie vivono a metà la propria missione. Quante coppie non credono che il matrimonio e il per sempre sia la strada per la santità e per la pienezza. Troppe coppie si accontentano di una soluzione di comodo come la convivenza rinunciando così a vivere fino in fondo la chiamata all’amore. Il Papa lo ha ricordato diverse volte. In una di queste occasioni rivolto ai fidanzati disse:

Fare scelte per tutta la vita, sembra impossibile. Oggi tutto cambia rapidamente, niente dura a lungo… E questa mentalità porta tanti che si preparano al matrimonio a dire: “stiamo insieme finché dura l’amore”, e poi? Tanti saluti e ci vediamo… E finisce così il matrimonio. Ma cosa intendiamo per “amore”?

Ecco è tutto qui il problema. Cosa è l’amore? Se pensiamo sia un sentimento seguiamo pure ciò che dice il mondo e conviviamo. Se invece crediamo sia la scelta di donarsi completamente per restituire l’amore di Dio che abbiamo gratuitamente ricevuto, allora cambia tutto e il matrimonio diventa una delle strade per vivere la nostra missione, la nostra vocazione. E tutto acquista senso e nel nostro cuore troveremo la pace. Anche nelle difficoltà e nelle sofferenze.

Antonio e Luisa

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