La Shemà del nostro matrimonio

Oggi vorrei tornare sul Vangelo di ieri. Non però soffermandomi sulla figura del samaritano ma sulla prima parte della Parola. Gesù gli disse: «Che cosa sta scritto nella Legge? Che cosa vi leggi?». Costui rispose: «Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente e il prossimo tuo come te stesso». E Gesù: «Hai risposto bene; fa’ questo e vivrai».

Questi versetti del Vangelo sono per noi.  Gesù risponde al fariseo che lo interroga recitando una parte della Shemà. La Shemà è una delle preghiere più importanti per gli Ebrei. Veniva, e viene tuttora, recitata due volte al giorno. Gesù infatti risponde: Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. Gesù però va oltre. Non si ferma alla dimensione verticale. Non basta amare Dio. Non si può amare Dio se non si ama il fratello. Non possiamo amare Dio se l’amore non si manifesta concretamente nei confronti di chi abbiamo vicino. Per questo Gesù aggiunge: e il prossimo tuo come te stesso. Capite la novità del messaggio portato da Gesù? Ama il tuo fratello come te stesso. Amalo come Dio ama te. Tu puoi amare davvero l’altro/a quando sperimenti di essere amato da Dio.

Con queste premesse il Vangelo  dovrebbe essere di riferimento per tutti gli sposi. Il matrimonio è una relazione molto esigente. Perchè è l’amore stesso ad essere esigente. Chiede davvero tutto. In particolare è esigente l’amore degli sposi, perchè vissuto in modo molto più completo e profondo di altre espressioni d’amore.

Questo modo d’amare che Gesù chiede di riservare a Dio, in realtà è un’occasione da cogliere anche per noi. Può essere esteso anche all’amore sponsale. E’ un’occasione perchè il desiderio di vivere immersi in questo amore radicale è qualcosa che abbiamo dentro. Noi aneliamo a questo tipo di amore. Dio ci ha donato il matrimonio proprio perchè potessimo vivere l’amore di cui sentiamo il desiderio e la nostalgia.

Se il vostro lui o la vostra lei vi dicesse Ti amo con una parte del mio cuore. Non con tutto. C’è una parte di me che non ti ama e dove non c’è posto per te. Oppure Si ti penso ma solo ogni tanto. Ho mille interessi e tu sei uno dei tanti. Oppure Voglio passare del tempo con te ma non tutta la mia vita. Se vi dicesse queste cose vi sentireste completamente amati/e? Siate sinceri/e.

Conosco una persona che sta con un uomo sposato da un po’ di anni. Io cerco di farla ragionare ma non c’è verso. Mi ha però fatto una confessione. Lei dice di passare dei momenti meravigliosi con lui. Delle giornate in cui sta bene però non ha una gioia completaCosa le manca? Le manca la quotidianità. Le manca la possibilità di stare con lui ogni giorno, di svegliarsi con lui, di andare a fare la spesa con lui. Insomma di fare una vita normale. Ecco questo è quel tutto che ho cercato di raccontare in questo articolo. Questo è quello che desideriamo tutti, se siamo sinceri e ascoltiamo il nostro cuore, questo è quello che Gesù ci offre nel matrimonio.

 Quindi cari sposi coraggio! Amiamo l’altro/a con tutto il nostro cuore, tutta la nostra anima e tutta la nostra mente.

Antonio e Luisa

2 Pensieri su &Idquo;La Shemà del nostro matrimonio

  1. shalom
    il testo di Luca è quello giusto di domenica scorsa e , se io leggo bene, Gesù non risponde al biblista, cioè al dottore della Torah, citando DT. 6 , ma gli fa un altra domanda (pratica tipica del mondo ebraico) e lo indirizza verso dove può, lui stesso , trovare una risposta. E quest’uomo capisce subito e fa centro! Da la stessa risposta che da Gesù nel racconto del vangelo di Matteo 22 e mette insieme da subito le due dimensioni.
    Ma questo non gli basta.
    Abituato alla casistica ebraica ha bisogno di sapere “chi è il mio prossimo” e così fa un’altra domanda a Gesù.
    e Gesù non gli dà una risposta (come avremmo fatto noi) , ma gli racconta una parabola e, solo alla fine, gli fa un’altra domanda e lo accompagna a trovare lui stesso la risposta!
    e questo è molto importante per noi perché ci educa alla giusta forma pedagogica che dobbiamo dare e ricevere.

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