In questi giorni di riposo dedicati alla nostra piccola famiglia ampliata ci sono arrivati alcuni messaggi dove ci è stato chiesto di parlare di un argomento privato, a tratti scomodo, ma che esiste e che a nostro parere coinvolge tutta la comunità parrocchiale: I PROTOCOLLI SANITARI. Intraprendere il percorso per la ricerca delle cause mediche che impediscono l’arrivo di un figlio per via naturale significa seguire dei protocolli sanitari che noi abbiamo ribattezzato, essendoci rivolti al Gemelli: gli Hunger games al Policlinico Gemelli.
Cercherò di raccontarli nella maniera più semplice possibile per arrivare a chi in questo momento sta leggendo, si trova nella situazione di dover affrontare questa difficoltà, si sente solo e abbandonato e in ansia per le spese mediche da sostenere. Noi abbiamo iniziato l’iter per la ricerca della causa nei tempi previsti, di solito i medici concedono un anno e mezzo per verificare se ci siano reali problematiche al concepimento naturale, dopodichè autorizzano delle analisi approfondite. Nel mio caso, avendo già altre patologie, non si trattava più di comunicare solamente con il reparto di ginecologia, ma dovevano coordinarsi con diverse altre figure come il diabetologo e la nutrizionista. Si è formato un unico staff che io, ad un certo punto, ho soprannominato gli Avengers. La ricerca della gravidanza per noi non è stata una passeggiata in collina ma bensì la scalata di una montagna. Come è utile in montagna per noi è stato importante avere accanto persone che dividessero la nostra fatica, la nostra frustrazione, il nostro sconforto, e anche il nostro dolore. Tanto dolore. Parlo di dolore perché ad ogni passo compiuto corrispondeva un grembo vuoto, e più il grembo rimaneva vuoto e più aumentava il buio dentro e aumentava anche il peso sulle spalle dello zaino dei nostri sogni e desideri, Desideravamo ardentemente di avere un giorno un figlio da poter portare con noi a Santiago. Infatti con gli amici più stretti era soprannominato Santiago perché evidentemente questo figlio tanto atteso stava facendo il cammino nella tratta più lunga.
Durante la salita è importante avere dietro persone che si accorgono che stai poggiando il piede su una roccia che è posizionata in un punto friabile e puoi farti del male. A me è successo di cadere. Sono caduta nel momento stesso in cui tra le analisi da fare ce ne è una che già dal nome mette paura “isterosalpingografia” o meglio conosciuta come ” lavaggio delle tube”. In piena fase di Pandemia dove c’era chi piangeva per un tampone al naso io avrei dovuto sostenere un esame invasivo senza anestesia con la precisazione che “non facciamo l’ anestesia perché potremmo ledere gli organi interni“. Io quel giorno mi sono sentita una fallita perché, per il troppo dolore, non sono riuscita a portare a termine l’esame, non solo, mentre ero sul lettino dell’ospedale avevo anche addosso come un peso il pensiero di Andrea che era da solo nel piazzale dell’ ospedale che aspettava che io uscissi e avevo il timore che poteva contagiarsi di Covid.
I giorni seguenti sembrava che dentro casa ci fosse stata una valanga. Seguire i protocolli che conducono un passo alla volta alla PMA, considerando anche la mia età vicina ai 44 , è un gioco al massacro, almeno per noi è stato così. Tensione, stanchezza, amarezza, perché più andavamo avanti e più c’erano analisi del sangue da fare alla ricerca di chissà cosa. Noi fortunatamente abbiamo avuto accanto persone che ci hanno aiutato non solo moralmente ma anche concretamente, perché ahimè spesso ci si dimentica che una famiglia va sostenuta nella ricerca di un figlio, ci si dimentica del prezzo di banali analisi del sangue o di tutti gli integratori da assumere che, fatalità, difficilmente vengono passati dalla Asl. Anche per questo motivo il Progetto Abramo e Sara è nato.
Noi come ben sapete ci siamo fermati perché la montagna è maestra di vita ed è stato molto più importante fermarsi e guardare il panorama da lì, dove siamo giunti con il nostro percorso. Andare avanti sarebbe stato distruttivo per il nostro matrimonio perché non saremmo stati più noi, stavamo perdendo la nostra unione e avremmo perso quello che già avevamo ossia i nostri ragazzi sul divano. Di grande aiuto è stato avere accanto una ginecologa che per prima ci ha ricordato, perché lo crede, che un figlio è un dono di Dio anzi come dice spesso “per me aiutare le persone a partorire e avere tra le mani una vita è una Grazia di Dio“.
Ebbene sì nel nostro cammino io sono andata a cercare con il lanternino qualcuno che la pensasse come me, che fosse nel momento opportuno in grado di dirmi le parole giuste. La provvidenza ha voluto che io conoscessi la mia ginecologa proprio in parrocchia quando ancora esistevano i gruppi coppie nella nostra parrocchia di origine. La comunità parrocchiale è importante per questo e riveste un ruolo rilevante soprattutto quando è in grado di mettere in relazione le famiglie per divenire una famiglia di famiglie. È stato anche pensando al futuro dei nostri ragazzi che è nato il progetto Abramo e Sara, perché onestamente non vorrei mai che soffrissero come abbiamo sofferto noi. Viviamo un periodo in cui tutto, sotto i nostri piedi, sembra instabile, c’è paura per il futuro, ma non si può vivere con il freno a mano tirato, non fatevi mai rubare la Speranza di essere genitori. Noi abbiamo sperimentato che si può essere genitori in diversi modi, frequentando anche un corso dedicato a famiglie di sostegno per una casa famiglia di un nostro amico sacerdote, dove vengono accolti ragazzi adolescenti. Credetemi divenire una famiglia per un ragazzo è stata la cosa più bella perché quel giorno le promesse matrimoniali dicevano “accoglierete i figli che il signore vorrà donarvi“. Io e Andrea ci sentiamo di consigliarvi nei momenti di sconforto di riflettere e durante l’ adorazione farGli proprio questa richiesta: aiutami a vedere le cose che non vedo. Magari se non vi sentite di entrare in chiesa, perché esistono quei momenti li ho vissuti, ascoltate Ultimo, in particolare la canzone Ti dedico il silenzio, ci sono delle parole che a me hanno aiutato.
Simona e Andrea
Grazie Simona e Andrea per la testimonianza. Io stavo per intraprendere la tua stessa strada ma non ho avuto il coraggio di iniziarla perché ogni esame particolarmente invasivo mi spaventa e mi è bastato questo per fermarmi. Di questo dolore se ne parla davvero poco e si passano le giornate a pensare quanto si possa sbagliare fermandosi nonostante la sofferenza che non si riesce ad affrontare. Grazie perché adesso sento che fermarsi non è condanna ma accettazione della volontà di Dio.
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Grazie mille Anna per le tue parole. Io onestamente quando ero sul lettino ho pensato al dolore dei chiodi che entrano nella carne durante la crocifissione e lì mi sono fermata perché ho pensato che già ci stava chi mi amava nonostante il mio limite. Avevo già tutto, ovviamente non lo potrò mai sapere cosa si prova a sentire calciare qualcuno da dentro la pancia perché il mio utero non è in grado di portare avanti le gravidanze, però ho scoperto con il tempo che è importantissimo non isolarsi ma circondarsi di amici che sappiano starti accanto e anche rispettare i tempi per attraversare la porta stretta.
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Infatti anch’io mi chiedo quanto fare x avere un figlio, tutto e di più’ o rispettare i ritmi della propria coppia, e di se stessi e quindi se arriva naturalmente ok altrimenti non forzare le cose e aprirsi alla fecondità che non e’ meno importante della fertilità. Grazie Anna e marito, grazie Sara e Andrea
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Cara Paola grazie a te per questo commento, e mi sento di ricordarti che ovunque tu sia sei nel tempo di Dio. Siete nei vostri tempi.
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