di LIVIA CARANDENTE
Se fosse settanta volte sette forse potrei anche riuscirvi, con uno sforzo sovraumano, e se fosse il dato complessivo; invece, a quanto pare, Gesù non solo si riferiva al perdono da applicare ad ogni singola persona che ci ferisce ma – qui viene il bello- si tratta di un numero metaforico che sta ad indicare l’impossibilità di contare le volte in cui farlo perchè infinite. Ti viene voglia di dare una sbirciata ad altre religioni. E invece, poi riflettendoci, la nostra fede è l’unica in cui quel perdono lo ricevi anche tu. Esattamente settanta volte sette. E non in modo astratto, come concetto antropologico, come possibilità aleatoria, come ipotesi generica. E’ un perdono che Qualcuno ha voluto concedere a me, a te, a ciascuno, attraverso la carne fino a morire; ma questa è un’altra storia. E’ la storia. La storia dell’umanità salvata.
Tornando alla mia di storia, invece, di cristiana praticante, di donna in via di conversione, di moglie, madre, comunicatrice, e tutto il resto: io perdono? La domanda del Vangelo di oggi è diretta. E non possiamo fingere di aver sbagliato passo. E se non settanta per sette, a quanto arrivo, onestamente? Dipendesse dal mio senso di giustizia, dovrei usare i numeri decimali. Ma pare che il cristianesimo non sia in linea col giustizialismo ma che piuttosto gli remi contro.
Infatti questo benedetto perdono viene concesso a chiunque: assassini, bestemmiatori, tiranni, infami e traditori, anche. Ed è questa la formula a cui piegarsi se si vuol salire sulla giostra della gioia; il perdono è riservato a tutti. Non ce la faccio! E’ una risposta ammissibile. Posso io perdonare chi mi mortifica negli atteggiamenti? Chi trama azioni becere alle mie spalle? Chi mi giudica e lo fa anche senza una ratio? Chi, anzichè agevolarmi, mi ostruisce la strada? No, grazie. Assumo già un gastroprotettore, non posso caricare lo stomaco ulteriormente.
Però: recito il Padre Nostro (rimetti a noi i nostri debiti come anche noi li rimettiamo a nostri debitori…)? Si, tutti i giorni; partecipo alla Messa domenicale (basata sull’insegnamento di Gesù e su ciò che Lui ci chiede di fare)? Si, faccio anche questo. Mi dichiaro cristiana, quindi appartenente a Chi promuove questo genere di atteggiamenti folli? Si, mi fregio di essere cristiana. Non c’è altro da aggiungere. Devo decidere. O perdono . O sono un’ipocrita.
ANTONIO E LUISA
Approfitto di questa provocazione che Livia rivolge a noi tutti e a sè stessa per prima per riflettere con voi. La risposta a Livia è già nel suo articolo. Perdonare non è solo un atto di volontà. A volte ci sono dei mali che subiamo dove la volontà non può cancellare le ferite da questi mali provocate. Quindi il perdono è una grazia. Una grazia che per noi cristiani può nascere solo dalla consapevolezza di essere figli amati. Figli amati che hanno tradito innuverevoli volte quel Padre che li ama così tanto. Solo questo può darci la forza di perdonare. Per due motivi. Perchè la persona che ci ha fatto del male è anc’essa figlia di Dio e amando lei stiamo restituendo a Dio l’amore che Lui tanto immeritatamente ci offre. E poi solo in Cristo possiamo disgiungere il male da chi lo commette. Dio ci insegna a non identificare chi ci fa del male con il male stesso. Non perdere la capacità di benedire è fondamentale anche nel matrimonio dove viviamo una relazione profonda e dove possiamo farci tanto male, anche senza esserne pienamente consapevoli.