Cari sposi,
se in una visita cardiologica vi venisse diagnosticata la “bradicardia”, ossia la discesa della frequenza cardiaca al di sotto dell’intervallo di normalità, di per sé non sarebbe un buon segno ed occorrerebbe una cura immediata. Nella scena evangelica odierna, l’incontro di Gesù con i due discepoli di Emmaus, c’è una frase che mi ha sempre tanto colpito e vorrei condividere con voi: “«Stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti!” (Lc 24, 25). Cosa vuol dire essere “lenti di cuore”? E che valore ha per una coppia di sposi? Dal momento che, come sapete, è molto probabile che quei due, di cui solo sappiamo il nome di uno, Clèopa, fossero davvero marito e moglie.
Mi spiace che questo brano lo debba commentare solo in una pagina scarsa. È uno dei più bei passaggi evangelici che parla di Risurrezione ed è quanto mai attuale e vicino alle nostre circostanze. Quante volte viviamo come se Cristo non fosse risorto? Quanto è normale che il Signore ci manda segni evidenti (le donne che hanno trovato il sepolcro vuoto, l’apparizione degli angeli…) ma continuiamo nella nostra grigia routine. Questi due discepoli, fratelli nostri, pensavano di essere credenti per il fatto di aver “capito” Gesù, di sapere tante cose di lui. Di certo sanno cose molto vere e giuste, che era un profeta, che voleva liberare Israele… Quanto sappiamo di Gesù! Quanti brani evangelici li potremmo ripetere a memoria! Quante informazioni possediamo su Cristo e la Chiesa… ma conosciamo veramente Cristo? E soprattutto, quanto lo riconosciamo presente nelle nostre circostanze quotidiane?
Ecco la lentezza del cuore: il non saper accogliere Cristo nel più profondo di noi, il non saperlo rendere parte della mia vita di ogni giorno ma trasformarlo in un’idea, in un rito, in un comportamento morale. Gesù non è “sceso” dalla mia testolina al più profondo di me stesso, al mio cuore. Parafrasando San Paolo: “se Cristo non è risorto e non è al mio fianco, piatto e grigio è il vostro matrimonio”. Il prima e il dopo dei due di Emmaus è esattamente lo spartiacque di tutte le coppie sposate nella Chiesa cattolica. Molte, moltissime vivono con Gesù ma non se ne accorgono, non sanno di camminare con Lui, non Lo vedono presente ad ogni passo, Gesù rimane uno sconosciuto. Invece, e spero che voi siate così, quando mi sono lasciato amare da Lui nell’Eucarestia, quando Lo ascolto nella Parola, quando Lo lodo ogni giorno per quello che Lui fa… allora arde il cuore, non si cammina più perché si corre, la fatica non si sente, la gioia è più grande del dolore.
Lui c’è nel vostro matrimonio, esattamente come è stato con Clèopa e consorte su quella strada e mi piace ridirvelo con l’estratto di un’omelia di San Paolo VI, in una domenica come oggi di tanti anni fa:
“A voi, a tutte le giovani coppie, a tutte le famiglie cristiane: a tutti coloro che col loro amore, elevato e trasfigurato dalla virtù del sacramento, sono nel mondo la presenza e il simbolo dell’amore reciproco di Cristo e della Chiesa (Cfr. Ef 5, 22-33) noi ripetiamo oggi: non temete, Cristo è con voi! Vicino a voi per trasfigurare il vostro amore, per arricchirne i valori già così grandi e nobili con quelli tanto più mirabili della sua grazia; vicino a voi per rendere fermo, stabile, indissolubile, il vincolo che vi unisce nel reciproco abbandono di uno all’altro per tutta la vita; vicino a voi per sostenervi in mezzo alle contraddizioni, alle prove, alle crisi, immancabili certo nelle realtà umane, ma non certo – come vorrebbero talune funeste mentalità teoriche e pratiche – non certo insuperabili, non fatali, non distruttive dell’amore ch’è forte come la morte (Cant. 8, 6), che dura e sopravvive nella sua stupenda possibilità di ricrearsi ogni giorno, intatto e immacolato” (Omelia, 13 aprile 1975).
ANTONIO E LUISA
Quante volte ci siamo sentiti anche noi come i due di Emmaus. Ci sono tratti della nostra vita che ci sentiamo scoraggiati e dove non percepiamo la presenza di Gesù accanto a noi. Sappiamo di essere immagine dell’amore di Dio ma poi ci sembra di essere così poveri nella difficoltà e nella sofferenza. Quello è il momento di spezzare il pane, di tornare ai sacramenti. Non importa a quanti corsi e a quanti seminari abbiamo partecipato. Non importano tutti i libri che abbiamo letto. Solo nell’Eucarestia possiamo ritrovare Gesù e possiamo comprendere come ci sia stato sempre accanto, anche quando non riuscivamo a vederlo.
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