E che ci vuole per sposarsi?

Cari sposi,

            la Parola di oggi esordisce con uno spaccato di vita ordinaria della primissima comunità cristiana. Dinanzi al problema di come aiutare le vedove, gli apostoli si trovano però in difficoltà. Dedicarsi a tempo pieno a preparare le omelie oppure distribuire focacce e vestiti a queste povere signore? Non bastava più il tempo per entrambe le cose, come spesso accade a tanti sacerdoti oggi, divisi tra la pastorale e la burocrazia parrocchiale. La soluzione non è poi così “geniale” agli occhi nostri, ma attenzione: quella che potrebbe sembrare un semplice incarico e una mansione molto terra terra, divenne un vero e proprio ministero istituito – il diaconato -, nientemeno che il primo grado dell’ordine sacerdotale. Pensate a questo: per poter servire la comunità cristiana non basta solo trovare del tempo libero e avere un po’ di buona volontà ma nientemeno che l’essere investiti dalla Potenza dello Spirito Santo! Già qui ci sarebbe tanto da riflettere…

Ecco allora qui uno stupendo assist al matrimonio. In effetti, il diaconato nella Chiesa è stato successivamente compreso come il primo gradino verso il sacerdozio e i diaconi in tal modo rientrano in un vero e proprio “ordine” (cfr. Catechismo, 1537), cioè una categoria specifica nella Chiesa, in forza della consacrazione dello Spirito Santo. Ma anche voi sposi carissimi formate un ordine, una comunità all’interno della Chiesa (cfr. Catechismo, 1631). Siete così a tutti gli effetti quel popolo sacerdotale, quella nazione santa di cui parla S. Pietro nella Seconda lettura e il Signore vi ha costituiti tali con il Suo Spirito. E per cosa? Per proclamare le Sue opere ammirevoli.

A questo punto potreste sentirvi un po’ persi: “che opere annunciamo io e il mio coniuge? Magari qualche disastro” può dire qualcuno… e invece voi sposi avete il dono di essere annunciatori di una grandissima opera di Dio. Voi siete riflesso del volto trinitario di Dio, potete essere per noi Chiesa una carezza di Gesù, uno sguardo Paterno, un soffio di Spirito. Un dono, in definitiva, che attende di essere messo in opera. Voi siete, cari sposi, quel volto paterno di Dio, e lo siete non solo per i figli che Lui vi ha concesso, ma lo siete anche per tutta la Chiesa nella quale vivete. Ecco la “opera ammirevole” per la quale il Signore vi ha costituito un “ordine”, una corpo unito nella Chiesa; Egli vi concede di rendere sensibile e usufruibile la presenza di Dio con il vostro amore fedele e fecondo.

Tornando ai diaconi, si coglie un interessante parallelo con voi sposi. Infatti, ci voleva tanto per organizzare una piccola Caritas per le vedove, al punto da scomodare lo Spirito Santo? Analogamente, che bisogno c’è dello Spirito per volersi bene, avere figli ed educarli, se in fin dei conti è ciò che le coppie fanno fin dalla preistoria e se tutto ciò è qualcosa di spontaneo? Ebbene sì, ci vuole lo Spirito, non solo per essere sposi ma soprattutto perché facendo le stesse cose di tutte le coppie di ieri e oggi, voi “proclamiate le Sue opere ammirevoli”. Solo con lo Spirito tutto lo sforzo e l’amore ci mettete o ci vorreste mettere in quello che fate acquista un valore soprannaturale ed eterno e rende la vostra coppia “«scultura» vivente” proprio perché “capace di manifestare il Dio creatore e salvatore” e così diventare “il simbolo delle realtà intime di Dio” (cfr. Amoris Laetitia, 11).

ANTONIO E LUISA

Padre Luca l’ha toccata piano. Ci ha soltanto detto che da come ci amiamo noi sposi nella vita di tutti i giorni si dovrebbe “vedere” il modo di amare di Dio. Una cosa da niente. Ma se ci pensate bene è proprio così! Ed è così proprio perchè non siamo perfetti. Il matrimonio è immagine dell’amore di Dio che è perfetto. Non perchè siamo perfetti noi sposi, ma perchè la nostra imperfezione, i nostri errori, i nostri limiti e le nostre debolezze, quando vissuti nell’abbandono a Dio e nella Grazia di Dio, sono motivo per perdonare, per amare gratuitamente e senza merito alcuno il nostro coniuge. Questo è l’amore misericordioso di Dio. Questo è quell’amore di cui noi sposi siamo chiamati ad essere immagine.

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Un pensiero su &Idquo;E che ci vuole per sposarsi?

  1. “E che ci vuole per sposarsi?”
    La Normalità, io credo.
    Se ci si ama, ci si sposa.

    Avere paura è normale, ma anche amare è normale.
    L’imperfezione, gli errori, i peccati, le fragilità, le malattie, le fatiche, le perdite, le prove della vita, la vecchiaia, la morte, ecc.. sono normali…come normale è la nascita, la guarigione, il perdono, l’abbraccio, la tenerezza, l’andare oltre…ecc.

    Credo che il “segreto” che dovrebbe spingere una coppia a sposarsi è la consapevolezza dell’amore che vive. L’amore è il motore di tutto.

    Quando ami…piano piano conosci, elabori, fatichi, accetti anche la fine, i distacchi, la morte…perché è Normale che sia così.

    Io non so fare a meno di questo amore che mi abita. Sento che ciò è normale. Non mi sento una cretina. Ora che se n’è andato e non vuole più camminare in coppia con me….è normale soffrire, pregare, sperare…è normale *non capire*, come normale diventa credere a un *di più* pensato proprio per noi.

    Sarei troppo triste e mi sentirei terribilmente sola se…abbandonassi la normalità della tenerezza e dell’amore che ora chiedono di essere vissuti in modo diverso. Anche se normali… la rabbia, la tristezza, la sfiducia, il non senso che vivo e mi abitano…piano piano sfumano, finché le dimentico…nel Signore.

    Perché è normale che sia così.
    Anche ciò che non comprendiamo è normale.
    Come la morte.

    Gesù mi ha insegnato la normalità, la semplicità, la serenità dell’amore.
    Che sento più forte della morte.
    In Lui…è Normale che sia così.

    Sì, Gesù è la Via, la Verità e la Vita…anche la mia piccola via, verità e vita.

    Grazie Gesù, grazie Amici, buona domenica.

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