Gli sposi cristiani davanti alla vocazione dei figli: che fare?

Nel rito del matrimonio cattolico il sacerdote formula agli sposi alcune domande tra cui: “Siete disposti ad accogliere con amore i figli che Dio vorrà donarvi e a educarli secondo la legge di Cristo e della sua Chiesa?”. La risposta è sempre affermativa ma i novelli coniugi ne sono veramente e pianamente consapevoli? Come si affronta, quando arriva il momento, la vocazione dei figli? E quando essa comporta il sì totale al Signore?

Il matrimonio è una vocazione dalla quale – nel caso in cui generi prole – nascono nuove vocazioni, un seme da cui nasceranno delle piante che a loro volta saranno semi per il futuro di altri essere umani e così via, partecipando fisicamente e attivamente al soffio creativo di Dio; non per niente, se pensiamo all’etimologia stessa del verbo procreare, l’essenza del matrimonio cristiano è proprio quella dell’apertura alla vita, secondo i piani di fecondità che il Signore ha per ciascuna coppia, che non si esaurisce esclusivamente nella fertilità biologica. Gli sposi, quando nel momento della loro solenne promessa davanti a Dio dichiarano di volersi impegnare all’educazione cristiana degli eventuali figli, devono essere consci che uno dei suoi frutti potrebbe essere quello di predisporli a ricevere la chiamata al dono totale della vita a Dio nello sfaccettato panorama degli ordini religiosi, sia maschili che femminili. Ma è davvero così?

Quanti genitori sono effettivamente pronti, e felici, se un giorno il figlio dicesse: «Mamma, papà, desidero diventare sacerdote» o la figlia: «Mamma, papà, mi piacerebbe farmi suora»? In molti casi, purtroppo, la vocazione alla vita religiosa non è accolta con gioia ma si macchia di paura, mille interrogativi e tanti dubbi se non addirittura tramutandosi in un vero e proprio tormento, per coniugi e prole, anche se a monte c’era stato un impegno solenne che dovrebbe rendere tutto questo non solo naturale ma naturalmente gradito. Il matrimonio cristiano, insomma, è davvero una culla accogliente nel caso in cui il Signore chiami i figli a consacrarsi? Ci sono dei percorsi o delle strategie che possano aiutare gli sposi a non essere un ostacolo ma un trampolino di lancio verso quello che Dio vuole dai figli?

Tra le tante proposte esistenti in tutta Italia, mi sento di consigliare ciò che conosco personalmente ossia i progetti che i Padri Carmelitani della provincia ligure propongono da tanti anni, in particolare la “Seminario experience” e il “Monastero invisibile”. Nel primo caso si tratta di due giorni – sabato e domenica – a stretto contatto con la vita dei seminaristi e del seminario del Bambin Gesù ad Arenzano (GE), rivolta ai bambini e ragazzi dai nove ai quattordici anni unitamente ai loro genitori. Per quarantotto ore si condividono tutti gli aspetti della vita in convento: dalle preghiere allo studio, dai momenti di gioco ai pasti, dal servizio caritatevole ai membri della comunità a quello in chiesa, dormendo assieme a loro e sperimentando concretamente come potrebbe essere l’inizio pratico della vita carmelitana; se poi effettivamente la chiamata sarà al sacerdozio, il Signore porrà indelebile questo desiderio nel cuore del singolo nonché aiuterà i padri formatori nel vagliare l’autenticità della vocazione.

In questo modo, però, sia i figli che i genitori sono presi per mano e accompagnati dolcemente verso un discernimento maturo e cosciente, che spazzi via ogni timore e si apra a “quello che Dio vuole da te”.

Il “Monastero invisibile”, invece, è l’impegno a far parte di comunità di preghiera virtuale che, al di là dei confini fisici di un edificio in muratura, prega per le vocazioni, in particolare il primo giovedì di ogni mese. I Padri Carmelitani, sul loro sito internet, mettono a disposizione un sussidio e lasciano la libertà di scegliere l’orario più consono ai propri impegni, articolato sulle ventiquattro ore.

Sappiamo bene che “La messe è molta, ma gli operai sono pochi!” (Mt 9. 37) ed è proprio per questo che la vocazione sponsale deve dedicarsi alla vocazione della prole perché solo così sarà veramente cristiana, realmente fertile e sicuramente produttiva. Certo, molte volte i genitori proiettano sui figli desideri e aspettative che non hanno potuto o voluto soddisfare loro stessi, ma la responsabilità educativa comporta anche la maturità di lasciarli andare se Qualcuno di ben più grande li chiama a partecipare all’avvento del Regno in maniera speciale.

Proprio perché ogni vocazione è necessaria alla realizzazione dei piani di Dio, gli sposi non devono trattenere ma accompagnare i figli quando il Signore bussa alla porta del cuore per seguirLo nella vita religiosa. I coniugi cristiani, insomma, non devono temere di perdere il frutto del loro amore perché Dio non toglie mai ma dona sempre e quel discendete del “virgulto di Iesse”, sacerdote o suora che sia, non sarà un figlio o una figlia in meno ma il compimento della propria vita sponsale che è stata capace di accogliere e far maturare una risorsa preziosissima per la Chiesa intera.

Fabrizia Perrachon 

Per saperne di più sul Seminario di Arenzano (GE): https://www.seminarioarenzano.it/index.php  

Per info sul “Monastero invisibile”: https://www.seminarioarenzano.it/index.php/seminario/monastero-invisibile

3 Pensieri su &Idquo;Gli sposi cristiani davanti alla vocazione dei figli: che fare?

    • Assolutamente! Consiglio a tutti di unirsi nella preghiera del “Monastero Invisibile” del 1° giovedì del mese, in preghiera per le vocazioni

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