Perdono: la toccante lezione di una testimonianza autentica

Una delle parole chiave del tempo di Quaresima – che con il Triduo che inizia oggi, Giovedì Santo, entra nei momenti culminanti – è perdono; difficile non solo da concedere o da chiedere, a volte siamo in difficoltà nel doverlo spiegare ai nostri figli, a chiunque desideri condividere qualche riflessione profonda ma persino a noi stessi. 

Nel Vangelo di Matteo leggiamo: “Allora Pietro gli si avvicinò e gli disse: «Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette volte?». E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette».” (Mt 18, 21-22). Non sono certo le capacità nel fare i conti a permetterci di raggiungere un risultato così umanamente difficile quanto piuttosto la matematica del cuore, possibile solo in un autentico cammino alla sequela di Gesù.

Provvidenzialmente, ho ricevuto da un amico la testimonianza che vi propongo di seguito: penso che sia una tra le lezioni più toccanti che abbia mai letto a proposito del perdono e che sicuramente ben ci fa comprendere che cosa significhi “settanta volte sette”, a maggior ragione adesso che stiamo per vivere i momenti più intensi di tutto l’anno liturgico. Che il perdono sia dono, frutto e anticipo della Resurrezione. Buona lettura e Santa Pasqua a tutti!

Maïti Girtanner, svizzera, nata a Aarau nel 1922 da madre francese e padre svizzero da cui ereditò la fede, si trovò a vivere con la famiglia in Francia durante l’occupazione tedesca. Grazie alla sua conoscenza della lingua tedesca, si prodigò per aiutare la popolazione francese occupata ed entrò, con altri giovani nella resistenza francese. Catturata nell’autunno 1943 e condotta in una villa requisita dalla Gestapo nel sud ovest della Francia subì, per mano di un giovane medico tedesco soprannominato Léo, trattamenti sperimentali su tutto il corpo che avevano lo scopo di far confessare i prigionieri. Tali trattamenti, durati per quattro mesi, tra il 1943 e il 1944, provocarono nel suo corpo lesioni tali da non permetterle in seguito di avere figli e suonare il pianoforte, che per lei, pianista, era la vita.

Maïti, già durante il periodo trascorso nella resistenza non nega la sua fede in Dio. Infatti scriverà in seguito: «Si sarà capito da tempo, credo, che la fede nel Dio dell’amore è il cuore della mia vita e ho sempre avuto la preoccupazione di condividerla con chi era attorno a me, semplicemente perché non mi sento in diritto di tenere per me, per egoismo, un tesoro ricevuto gratuitamente. A quanti erano candidati all’attraversamento della linea di demarcazione, avevo tentato di mostrare la forza e il conforto donato da Dio». La stessa capacità di incoraggiare le persone, lo dimostra anche nel tempo di prigionia. Infatti, come lei stessa dirà: «Tentando di fissare su Dio lo sguardo dei compagni di prigionia non avevo paura di parlare a loro della morte e della vita eterna, la quale non è una bella favola utile per far ingoiare la pillola della morte. E’ una relazione con Dio con gli altri che non conoscerà più limiti, impedimenti, delusioni. Questo incontro con Colui che ci ha creato sarà la cosa più importante, più sconvolgente della nostra esistenza».

Quanto Maïti diceva ai suoi compagni di sventura non fu ascoltato solo da loro ma anche indirettamente dal dottor Léo, il quale quarant’anni dopo le telefonò per chiederle di vederla. Malato di cancro, cercò a Parigi colei che aveva torturato, si presentò nella sua casa e le disse: «Non ho mai dimenticato ciò che lei disse agli altri prigionieri riguardo alla morte. Sono sempre stato stupito dal clima di speranza che lei aveva instaurato. Adesso ho paura della morte. Desidero capire meglio». Maïti, lo invita a riguardare alla sua Vita passata, al suo essere divenuto un carnefice. Colui che l’aveva ridotta in fin di vita ora era davanti a lei. Le chiese: «Lei parla del paradiso promesso da Dio. Sono di origine cristiana. Crede ci sia un posto per persone come me in paradiso?» Maïti gli rispose: «C’è posto per tutti quelli che, qualunque sia il peso del loro peccato, accettano di accogliere la misericordia di Dio».

Il colloquio durò più di un’ora al termine del quale il dott. Léo si alzo e le chiese: «Perdono. Le chiedo perdono. Cosa posso fare adesso? Come posso riparare il male commesso?» «Solo con l’amore, la sola risposta al male è l’amore». «Istintivamente, – scrive Maïti – presi il suo volto tra le mani e lo baciai. In quel momento seppi che l’avevo veramente perdonato». Questa donna, divenuta dopo la guerra, terziaria domenica, aveva pregato per quarant’anni per il suo aguzzino, Come lei stessa scriverà: «Compresi che era possibile attraversare il tunnel del dubbio e arrivare al perdono». 1

Fabrizia Perrachon

1 per chi desiderasse approfondire, si tratta del libro: “Resistenza e perdono”, Edizioni Itaca, di Maïti Girtanner (Anno: 2022 – 144 pagine,ISBN/id: 9788852607127).

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