Cari sposi, ci troviamo oggi ancora dinanzi al Vangelo di Giovanni.
Come sapete non è un Vangelo di facile lettura. Scrivendo vari decenni dopo i tre Sinottici, è come se facesse una lunga contemplazione su Gesù e volesse reinterpretare tutta la Parola di Dio in chiave cristologica.
A tale riguardo, un aspetto che vediamo oggi è a proposito dei cosiddetti miracoli. Egli, a differenza degli altri evangelisti non usa questa parola ma li esprime come segni–prodigi.
Questo di Cana, infatti, fu il primo dei segni, dove per “segno” si intende “l’attività rivelatrice e salvifica di Dio a favore del suo popolo. […] I segni sono fatti e gesti compiuti da Gesù attraverso i quali egli può essere riconosciuto come l’inviato definitivo di Dio, perché in essi traspare la sua gloria” (Rinaldo Fabris).
Quale interpretazione darne allora? Che tipo di “Gloria” vuole svelarci Giovanni qui? Partiamo dal fatto che siamo in una situazione conviviale, abbonda la gioia nei partecipanti al banchetto e regna un ambiente di grande affetto: quello che lega la madre di Gesù a suo figlio e quello che unisce i neosposi nonché le loro famiglie allargate. Tuttavia, c’è un grosso problema: è venuto a mancare il vino della festa alla tavola principale. Tutto parte allora da una assenza grave, non stanno mancando un paio di posate, le oliere o il centrotavola, qui c’è qualcosa di più: ciò che manca veramente è segnalato come essenziale alla festa stessa. Difatti, nella mentalità biblica il vino non è qualcosa di accessorio, ma «una delle immagini costanti dell’Antico Testamento per esprimere la gioia dei giorni finali (Am 9,13–14; Os 14,7; Ger 31,12)» (Raymond Brown). Per cui, questo matrimonio sta iniziando male, sta venendo a mancare nientemeno che la gioia dell’amore. Un amore che non tocca solo il tempo presente ma ha un rimando alla vita eterna ed è per questo indispensabile nelle nozze.
Inoltre, fate attenzione a un altro elemento chiave. Nei capitoli precedenti l’evangelista tiene costantemente conto del passare del tempo. Vediamo in effetti fin da subito al versetto 1,29: «il giorno dopo», poi al versetto 1,35: «il giorno dopo»; ancora al versetto 1,43: «il giorno dopo». Il conteggio finisce al primo versetto del testo in cui ci troviamo dove sta scritto “Il terzo giorno vi fu una festa di nozze”. Per gli antichi i giorni si contavano così: oggi, domani e il terzo giorno, che quindi è due giorni dopo il giorno in cui si parla. Allora Giovanni, che ha già narrato i primi quattro giorni, affermando “tre giorni dopo” pone l’episodio delle nozze di Cana al “sesto giorno” della sua narrazione. È chiaro, a questo punto, il parallelo tra il «sesto giorno» narrato nella Genesi, non per nulla proprio quello della creazione di Adamo ed Eva, e questo episodio di Cana accade nel “nuovo sesto giorno”, cioè la “nuova creazione” dell’uomo e della donna per il fatto che Giovanni sta reinterpretando tutta la Scrittura guardando a Cristo. Chi sarebbero allora Adamo ed Eva? Per caso i due novelli sposi? È Gesù il nuovo Adamo e Maria la nuova Eva, per questo infatti Cristo, si rivolge a Maria con “Donna”, termine utilizzato per una donna sposata o promessa sposa, e non “madre” che pareva la cosa più logica e naturale.
Come se non bastasse, il “terzo giorno” richiama anche il giorno dell’alleanza tra Jahvè e il popolo d’Israele sul Sinai (Es 19,10-11.16). La teologia giudaica considerava l’evento del Sinai come una seconda creazione e dato che la creazione della Genesi è narrata in una settimana e l’uomo è creato al sesto giorno, così anche la rivelazione del Sinai è suddivisa nel corso di una settimana e, al sesto giorno, Dio crea Israele come popolo. Qui allora sta nascendo una nuova alleanza, che si realizza in un contesto matrimoniale. La nuova e definitiva Alleanza è quella tra Cristo e la Chiesa, dentro alla quale ci siete voi sposi per il Battesimo e il Matrimonio.
Che lezione possiamo trarre da questa parzialissima esegesi?
Penso sia chiaro a questo punto che per voi sposi il punto di riferimento di come si ama è impersonato da Cristo, nel suo amore per la Sposa Chiesa, simboleggiata qui da Maria.
Contemplando nel Vangelo come Lui tratta gli apostoli, le donne che incontra, i malati, perfino gli scribi e i farisei, voi vedete la qualità, il tipo di amore che Cristo Sposo ha avuto nei confronti della Sposa. È su quell’amore che bisogna misurarsi e chiedere incessantemente che sia ravvivato in voi.
Il vero amore nuziale, il vino buono e abbondante, è possibile solo grazie a Cristo, che costantemente converte le vostre acque (le fragilità, i tentativi di dimostrare l’amore, i propositi non riusciti, i propri limiti e condizionamenti…) in bottiglie di vino d’annata DOCG.
La grande e commovente lezione di Cana è che il matrimonio umano è già stato salvato dal Grande Matrimonio tra Cristo e tutti noi, Sua Sposa. Ed è grazie a Lui che la nostra povera acqua, talvolta stagnante, può continuamente essere trasformata in un inebriante e stagionato vino. È questa la Gloria divina che il segno odierno svela al mondo.
Ringraziamo di cuore il Signore che ha posto in voi tutta questa bellezza perché sia a vostra disposizione ogni giorno.
ANTONIO E LUISA
Padre Luca ha già fatto una riflessione molto bella e articolata. Per questo non scriveremo molto di più. Ci teniamo ha mettere in evidenza solo un passaggio dal Vangelo di oggi. Un passaggio che può raccontare tanto di quello che significa sposarsi in Gesù. Il maestro della tavola una volta assaggiata l’acqua trasformata in vino da Gesù esclama: Tutti servono da principio il vino buono e, quando sono un po’ brilli, quello meno buono; tu invece hai conservato fino ad ora il vino buono. Ecco questo è quello che accade a chi si sposa in Gesù. La parte bella, anzi più bella perchè è bella anche quella prima, arriva dopo. Arriva quando si lascia spazio a Gesù nella nostra relazione. Ciò avviene con il tempo. Con l’impegno e con il tempo. Allora potremo bere un vino che ancora più buono di quello dei primi tempi. Un amore diverso rispetto alla passione dei primi tempi ma ancor più bello e pieno. A noi è chiesta solo la fatica di riempire le giare, di dare il nostro impegno e la nostra povertà, il resto lo farà Gesù.
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