Pensa un po’. Potessi scegliere, ti sarebbe garbato restare orfano di padre a 18 anni? Con tutta una vita davanti senza la guida paterna? Ma questo è nulla: che ne pensi se anche ti venisse tolta pure tua mamma quando ne hai solo 9 e sei un bambino bisognoso del calore materno? Ma almeno rimarresti con i tuoi fratelli. Bene, ci stai a perdere pure loro? Tipo tuo fratello maggiore ai 12, nella fase in cui vorresti tanto un modello di vita davanti a te? E magari non aver mai conosciuto la tua sorellina perché venuta meno prima che tu nascessi? Per finire con il botto, rifiliamoci l’uccisione di vari dei tuoi migliori amici per motivi razziali.
Tragico, vero? Povera creatura, così giovane e già sola davanti a un mondo crudele e con il cuore a pezzi!
Eppure, ti sto parlando di Karol Wojtyła, e tutto questo macabro elenco gli è realmente accaduto. Chi di noi sarebbe rimasto “normale” sotto i colpi di una vita così spietata? Quale senso di pessimismo, amarezza, se non addirittura disagio psicologico, non avremmo potuto sviluppare? Di certo, avresti pensato proprio a Papa Giovanni Paolo II, se non te l’avessero detto?
Oggi ricorre il suo 17° anniversario di morte, una data che tutti noi che eravamo lì a Roma ricorderemo a vita. Ma la mia menzione è soprattutto dovuta al fatto che è stato, a tutti gli effetti, il Papa del matrimonio e della famiglia.
I suoi documenti su questi temi sono un pilastro inamovibile nel Magistero della Chiesa: l’Esortazione apostolica Familiaris Consortio del 1980, le Catechesi sull’amore umano, meglio conosciute come la Teologia del Corpo, pronunciate dal 1979 al 1984, la Lettera alle Famiglie del 1994, l’aver sdoganato le canonizzazioni di sposi (i coniugi Beltrame-Quattrocchi) e tantissimi riferimenti continui, durante i viaggi apostolici, le udienze e i discorsi per incoraggiare gli sposi e le famiglie nel proprio cammino di vita cristiana.
Per gli accaniti lettori segnalo a questo riguardo un ottimo libro, una miscellanea di quanto il Papa polacco ha espresso su questi temi: “Familia Via Ecclesiae”.
Quello che ritengo importante sottolineare, alla luce della mia esperienza personale e pastorale, che tanta grazia e bellezza che ha restituito alla coppia e al matrimonio, non gli provenivano da un contesto familiare ottimale, ma come abbiamo visto, tutto il contrario. Come è possibile questo?
Detto in altri termini, applicandolo alla vita di ciascuno di noi, in particolare per voi sposi, come è possibile generare legami e relazioni sane, se alle spalle ci sono tante, a volte troppe, fragilità? E il loro segno è ben visibile? Siamo condannati forse a formare famiglie di serie B? Figli di un Dio minore?
Domande che, in un modo o nell’altro, esplicite o meno, sono sorte in questi termini in tante persone che ho incontrato. Penso che il vissuto di San Giovanni Paolo II ci possa illuminare in due sensi, uno più spirituale e uno più umano.
Per prima cosa, qui si vede chiaramente come la Grazia di Dio porta a pienezza anche un’umanità ferita e privata di dimensioni molto importanti. “Nulla è impossibile a Dio”, disse l’Angelo a Maria, proprio in riferimento alla mancanza dell’intervento paterno nella nascita di Gesù. Non è una pia idea, un principio astratto. Nel Papa polacco vediamo ancora una volta i meravigliosi effetti della Grazia. Perciò, se nella tua vita riscontri mancanze o privazioni simili e questo ti abbatte e ti demoralizza, pensa che non sei mai solo, che il Signore può tranquillamente fare uso delle tue ferite per fare cose grandi. In secondo luogo, Giovanni Paolo II, a modo suo, ha messo in pratica quando Dio chiede a ogni coppia, da Adamo ed Eva in poi, cioè di “lasciare padre e madre”. Lasciare non è menefreghismo, dimenticanza, indifferenza. È capire che il Signore ti chiama a vivere il presente, a lavorare sull’adesso e non alienarsi nel proprio passato, bello o meno bello esso sia stato. Vedendo la sua vita, si nota una persona dinamica, operosa, attiva, protesa a costruire qualcosa di grande e bello.
Finisco, care coppie, esortandovi a guardare al Papa come a un modello davvero a portata di mano, un grande uomo, un grande sacerdote, un Santo che ha incarnato nella sua vocazione la sponsalità in questo modo. Da lì potete attingere anche voi per vivere in pienezza la vostra nuzialità.
Padre Luca Frontali