Gli idoli succhiano la vita. Dio, invece, te la dona.

Ma quanto sono belli i comandamenti di Dio? Noi (quelli come me che hanno “fatto il catechismo” negli anni 70) siamo abituati a ripeterli come ordini severi ricevuti dall’Alto:

IO SONO IL SIGNORE DIO TUO: PRIMO, NON AVRAI ALTRO DIO ALL’INFUORI DI ME, SECONDO, NON NOMINARE IL NOME DI DIO INVANO…

Me lo immagino, quel Dio, con l’indice puntato verso di me e le sopracciglia aggrottate. Parla sicuramente con le labbra strette. Ma andiamo a vedere cosa dice davvero la Bibbia, la parte cioè da cui è stata estratta questa formula del catechismo di San Pio X.

Dal libro del Deuteronomio, capitolo 5: Io sono il Signore, il tuo Dio, che ti ho fatto uscire dal paese d’Egitto, dalla casa di schiavitù. Non avere altri dèi oltre a me. Allora le cose cambiano! Con estrema dolcezza mi ricorda che lui è MIO, il mio Dio, ma non solo: è quel padre buono che ha fatto scappare i miei padri dal paese dell’oppressore dopo quattrocento anni di schiavitù e li ha quindi liberati e salvati. Per questo mi ricorda che se voglio essere felice non devo affidare la mia vita ad altri se non a Lui.

E la sua azione non si limita a Israele ma a ciascuno di noi. Io personalmente sono stata liberata dopo “soli” quarant’anni. Non per cattiva volontà di Dio, ma a causa della mia durezza di cuore e della mia ostinazione nel cercare risposte al mio desiderio di pienezza ovunque tranne che nel posto giusto.

Siamo fabbricatori di idoli, ne produciamo in serie ogni giorno. La nostra è una continua battaglia nel contrattare tra le cose di Dio e le cose del mondo. Siamo negoziatori del peccato, sindacalisti dell’auto coscienza, manifestanti del diritto alla grazia. Insomma, pretendiamo di vivere attaccati ai nostri idoletti da quattro soldi, ma in caso di necessità estrema andiamo a rivendicare le grazie all’unico Dio, magari rinfacciandogli la Sua Parola. Gli idoli ci succhiano la vita. Vediamo perché. Nella mia ricerca di senso della vita (che prima o poi capita a tutti di farsi le solite domande tipo cosa ci faccio al mondo, da dove vengo e dove vado) ho tentato di riempire i miei vuoti con parecchi idoli.

Il mio corpo: che bello sentirsi belli, in forma, attivi! sì, ma se questo determina la mia felicità, cosa succederà quando non potrò più andare in palestra per qualsiasi motivo, quando ingrasserò o quando semplicemente invecchierò? Una delle nuove dipendenze, accanto a quella delle slot machines, è proprio quella della chirurgia estetica. Ci sono persone che non si arrendono ai segni del tempo e combattono a colpi di bisturi sino a diventare la caricatura di loro stesse. Ed ecco che l’idolo ti succhiala vita.

Avevo un altro idolo: il mio lavoro. Che bello sentirsi una maestra “acclamata”, richiesta, indispensabile! Non avevo tempo libero, dovevo pensare alla scuola. Ah, se non ci fossi io… Ma poi un giorno cambia tutto e non ti senti più in comunione con il resto dei colleghi così ti ritrovi a non essere più la colonna portante di tutto l’impianto. Anzi, sei gentilmente pregata di fare le valigie e togliere il disturbo.  E allora? Ecco che sento un po’ di vita che viene risucchiata via da me.

Insomma, questi sono i più evidenti, ma ce ne sono altri che possiamo scovare facendoci questa domanda (magari invochiamo prima lo Spirito Santo, che ci dia luce e coraggio): c’è qualcosa nella mi vita senza la quale io non vorrei più essere viva? Senza la quale per me non varrebbe più la pena vivere?

Uno degli idoli più subdoli è il figlio. Sì, proprio lui. Non che lui ne abbia colpa, certamente, ciascuno è un dono unico e irripetibile, ma siamo noi che lo mettiamo al posto sbagliato. L’idolo è tutto ciò che mettiamo sul piedistallo al posto di Dio, e qualsiasi soggetto prenda quel trono, sia esso una persona o altro (carriera, oppure il denaro, oppure noi stessi, ecc) servirà solo a deviarci dalla salvezza e dalla gioia già su questa terra, perché ogni cosa che non sia Dio ha già scritta su di sé la parola FINE. THE END. GAME OVER.

Una persona ti può deludere (anzi, certamente a volte ti deluderà perché è un peccatore come me e come te), lasciare o morire. Per tutto il resto, come ci viene dimostrato quotidianamente dai fatti della vita, non c’è nulla che possa essere perennemente con noi. Nemmeno la casa “che finalmente ho finito di pagare”, nemmeno il posto fisso, nemmeno altro.

Il figlio, dicevo, spesso viene investito della funzione di divinità; a lui, tanto atteso, viene chiesto di rispondere pienamente al nostro desiderio di essere genitore, di essere amati. E spesso (parlo per noi donne) viene messo al posto del marito. Al pargolo viene chiesto così di essere il datore della gioia, della pace, della pienezza, della felicità, della speranza, del senso della vita. Non può deluderci. Ma lo farà certamente perché gli stiamo chiedendo di fare il lavoro di Dio, il quale, professionalmente parlando, è insuperabile: come sa fare Dio il Padreterno non lo sa fare nessuno!

La donna mette spesso il figlio al posto del marito, dicevo: ho scoperto che è una questione di posti fissi. Se metto al primo posto Dio, mi riempirò del suo amore e del suo perdono, così potrò riversarlo su colui che sta al secondo posto: mio marito. Non i miei figli, ma mio marito. Insieme a lui, entrambi riempiti dell’amore di Dio, che è l’unico che funziona e ha una garanzia eterna, possiamo amare finalmente i nostri figli. Nessuno può dare ad altri ciò che non ha: se non mi sento perdonato non potrò perdonare, se non mi sento amato non potrò amare. Il Datore dei doni di cui sopra è sempre il nostro Papino, il nostro Abbà: Dio.

Ciò di cui ha bisogno un bambino non sono un papà e una mamma che lo amano, perché anche i figli dei separati li hanno. Un bambino ha bisogno di un papà e di una mamma che SI amano e INSIEME LO amino.

Io lo posso dire perché l’ho sperimentato: i miei due figli durante quei nove mesi di separazione da mio marito erano amati da entrambi, ma infelici. Era stato tolto loro ciò che avevano di più caro: l’amore tra i genitori. Insomma, gli idoli ci minacciano ogni giorno ma ci danno l’opportunità di crescere nel distacco e nell’affidamento continuo per imparare a vivere come un bambino in braccio a sua madre.

Tutto il discorso fatto non significa che bisogni vivere diventando pigri e obesi, o privandoci di ogni cosa, oppure lavorando con superficialità. Significa piuttosto che dobbiamo vivere come da consigli di San Paolo: “quelli che hanno moglie, vivano come se non l’avessero; coloro che piangono, come se non piangessero e quelli che godono come se non godessero; quelli che comprano, come se non possedessero; quelli che usano del mondo, come se non ne usassero appieno: perché passa la scena di questo mondo!”

Amo il mio lavoro, ma non è la mia ragione di vita. Amo mio marito e i miei figli e tremo all’idea di perderli, ma devo guardare tutto in un’ottica di eternità e con gli occhi della fede se non voglio distruggermi la mente e il cuore. Mi fido di Dio, non mi ha mai delusa.

A proposito della ricchezza: alcuni santi erano ricchi e potenti, troviamo santi tra re, regine e imperatrici e non tutti hanno rinunciato alle ricchezze come san Francesco. Si sono fatti amministratori della provvidenza divina. Non conta ciò che abbiamo o che non abbiamo, ma come ci mettiamo in relazione con ogni bene, talento, persona. “Fate tutto per la gloria di Dio”, ci ricorda San Paolo.

E noi ci proviamo, con fatica e con gioia, accompagnati da Gesù, ma chiedendoci sempre: “Dove stiamo attaccando il nostro cordone ombelicale? A chi stiamo chiedendo nutrimento, vita?

Betti Ricucci

L’articolo originale sul blog https://bettiricucci.wordpress.com/2017/01/24/lidolo-ti-succhia-la-vita-dio-invece-te-la-dona/

2 Pensieri su &Idquo;Gli idoli succhiano la vita. Dio, invece, te la dona.

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