Coltivare l’indivisibile

Chi non ha una idea, seppur vaga di cosa sia l’atomo?

Sorprende pensare che un concetto così fondamentale di fisica nucleare sia stato già pensato nel V secolo a.C. da filosofi quali Democrito e Lisippo. Essi, senza microscopi a scansione o laboratori sofisticati, erano giunti a capire che in natura ogni cosa poteva essere divisa e scissa in più parti, ma solo fino a un certo punto. Vi era poi un limite oltre il quale ci si doveva fermare: l’atomo ossia letteralmente “ciò che è indivisibile”. Che acume! In effetti quello che loro intuirono a livello fisico, vale benissimo a livello affettivo ed esistenziale: anche nel nostro cuore vi è un ultimo spazio, intimo e recondito, che è indivisibile, perché solo si può condividere con una persona sola.

Gesù parla proprio di questo nel Vangelo di oggi. Ci mostra che esiste questa dimensione dentro di noi perché non è pensabile appartenere a più persone se non a Una sola. Voi sposi vi siete innamorati a vicenda, vi siete promessi fedeltà e appartenenza ma forse non eravate pienamente consapevoli che in quel momento, dinanzi all’altare, stavate entrando in una relazione piena e unica non tanto con il vostro coniuge quanto con Gesù stesso, lo Sposo della vostra vita. A ben vedere, il matrimonio è un appartenersi reciproco per diventare, come una sola carne, appartenenti a Dio Padre in Cristo. Lo dice bene Papa Francesco quando scrive:

Nella reciproca accoglienza e con la grazia di Cristo i nubendi si promettono dono totale, fedeltà e apertura alla vita, essi riconoscono come elementi costitutivi del matrimonio i doni che Dio offre loro, prendendo sul serio il loro vicendevole impegno, in suo nome e di fronte alla Chiesa” (Amoris Laetitia, 73).

Questo è il linguaggio dei mistici, i quali anelano solo e unicamente ad essere una sola cosa con Dio, come è il caso di Santa Teresa d’Avila, Santa Caterina da Siena, Santa Brigida…

È molto interessante leggere “Il Castello interiore” di Santa Teresa d’Avila in cui mostra la vita spirituale di un cristiano come il procedere dentro a un castello, cosa assai normale per una persona del 1500. Dagli spazi più esterni, come il cortile, le scale, i saloni, si passa alla parte più interna nella quale vive solo un signore che è Cristo.

Per voi sposi, coltivare l’appartenenza indivisibile a Cristo non è alienarsi dal coniuge ma tutto il contrario! È restare in relazione a Colui che è l’autore dell’amore che provate per vostro marito e moglie. Quando la vita spirituale è genuina, diventa la ricerca di un Volto che mi ama, allora di conseguenza il rapporto nel matrimonio ne trae beneficio, perché si sta toccando l’origine, la fonte da cui esso nasce. Quel Gesù che tu ami, si veste dei tratti del coniuge e ti chiama a donarti a lui e ricevere da lui una relazione di amore vero.

Cari sposi, Gesù vi invita a scegliere Lui ogni giorno, a metterLo al centro della vostra vita. Come disse Papa Benedetto: “non abbiate paura di Cristo! Egli non toglie nulla, e dona tutto. Chi si dona a lui, riceve il centuplo” (Benedetto, Omelia 24 aprile 2005).

ANTONIO E LUISA

Vorrei riprendere le parole di padre Luca e leggerle alla luce di quella che è la mia relazione con Luisa e alla luce di tante persone che ho avuto modo di ascoltare in questi anni. Come si cresce nell’amore verso l’altro? Permettendogli di essere sempre più il nostro tutto? I ragazzi cosa scrivono quando sono innamorati? Tu sei tutta la mia vita. Sei il mio universo. Bellissimo, no! Ma è amore vero? Può essere davvero amore quello? Detto in altre parole, se l’altro diventasse davvero il mio tutto io sarei libero di amarlo nella verità o farei di tutto per tenerlo vicino, anche quello che so essere sbagliato e che non fa bene alla relazione? In realtà no! Quello del sei tutto per me è un amore immaturo. L’amore sponsale mi chiede un lavoro diverso per maturare. Io prometto di volere bene a Luisa e per questo cerco di creare un confine con lei. Una parte di me del mio cuore deve appartenere solo a Dio. Quella parte che mi fa sentire amato e prezioso. Solo così saprò amare Luisa davvero, senza che il mio comportamento sia condizionato dal suo. E’ una vita che cerco di creare questa indipendenza da lei. All’inizio della mia relazione, lei era davvero il mio tutto. E’ vent’anni che lavoro su di me e cerco di nutrire la mia fede per staccarmi da questa dipendenza. E più riesco e più sono capace di amarla. E voi?

Un pensiero su &Idquo;Coltivare l’indivisibile

  1. “Vi era poi un limite oltre il quale ci si doveva fermare: l’atomo ossia letteralmente “ciò che è indivisibile”.
    Grazie P. Luca Frontali per la commovente associazione all’atomo, di quel luogo intimo che io chiamo coscienza profonda.
    Essa non può essere divisibile in quanto appartiene a Dio. Decidere di fare esperienza dell’intima coscienza profonda è conoscere, assieme a Dio, luoghi impensabili di me stessa, apici di gioie e dolori che…razionalmente, non avrei osato pensare mai.
    Quando mi sono sposata ero al “settimo cielo”. Mi sentivo quella “mezza mela” che ha trovato l’altra sua metà. “Siate una cosa sola” ci diceva Gesù, soprattutto nella sostanza, nello Spirito di Gesù. Solamente con Lui e in Lui, saremmo stati Noi, pur nella diversità.
    Quante volte il “pensare come il mondo e non come Dio” ci ha separati e divisi.
    Forse è proprio davanti all’indivisibile che ci siamo divisi.

    – Per voi sposi, coltivare l’appartenenza indivisibile a Cristo non è alienarsi dal coniuge ma tutto il contrario! È restare in relazione a Colui che è l’autore dell’amore che provate per vostro marito e moglie. –

    Ecco sì, l’amore che provo per mio marito… (che ha chiesto e ricevuto il divorzio civile)…è un amore che chiede “un di più” di Fede…in lui, in me stessa, ma soprattutto in Gesù Cristo che ci accompagna.
    L’aspirazione a questi “di più” mi fa sentire unita al desiderio di Dio.

    Grazie anche ad Antonio e Luisa, per il loro reciproco e rispettoso attendersi e accompagnarsi nell’infinita bellezza dell’INDIVISIBILE.

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