Jesus bleibet meine Freude

Cari sposi,

siamo arrivati a metà Avvento e la liturgia immancabilmente ci sfida su un tema assai ricorrente in Papa Francesco: la gioia. Fateci caso, tra le opere magisteriali di Papa Bergoglio spiccano “Evangelii Gaudium”, “Amoris Laetitia”, “Gaudete et exultate” e da ultimo il libro “Ti voglio felice”. Oggi è la Domenica in Gaudete, dalla prima parola dell’Antifona nella versione latina. Siamo così invitati ad approfondire il senso della nostra gioia, se davvero è in linea con quella evangelica o è piuttosto superficiale e mondana. Papa Francesco in anni precedenti, commentando l’odierna liturgia ha fatto affondi non da poco e che meritano la nostra riflessione:

Non è un’allegria superficiale o puramente emotiva, quella alla quale ci esorta l’Apostolo, e nemmeno quella mondana o quella allegria del consumismo. No, non è questa, ma si tratta di una gioia più autentica, di cui siamo chiamati a riscoprire il sapore. Il sapore della vera gioia. E’ una gioia che tocca l’intimo del nostro essere, mentre attendiamo Gesù che è già venuto a portare la salvezza al mondo, il Messia promesso, nato a Betlemme dalla Vergine Maria” (Angelus, 11 dicembre 2016).

E quale mai sarebbe la causa della gioia cristiana?

La gioia trova la sua ragione nel sapersi accolti e amati da Dio. […] La gioia cristiana, come la speranza, ha il suo fondamento nella fedeltà di Dio, nella certezza che Lui mantiene sempre le sue promesse” (Angelus, 15 dicembre 2013). Bellissimo questo che dice Papa Francesco, di sicuro voi che leggete ne converrete, è il nostro rapporto filiale con Dio Padre che sostiene la nostra autostima, la nostra sicurezza, lo sguardo positivo su tutto ciò che vediamo e viviamo. Una domanda che mi sono fatto sovente: Cristo era gioioso? Era un tipo allegro o serioso? Faceva scherzi, battute? Avrà mai preso in giro Pietro per la sua testardaggine? Oppure a Matteo avrà raccontato qualche barzelletta sui Romani? Una volta, leggendo un libro di Chesterton, mi colpii molto un suo passaggio proprio a questo riguardo:

Il Suo pathos era naturale, quasi casuale. Gli stoici, antichi e moderni, erano orgogliosi di nascondere le proprie lacrime. Egli non ha mai nascosto le Sue lacrime: le mostrava palesemente sul Suo viso aperto ad ogni sguardo sul quotidiano, come quando guardò in lontananza la Sua città nativa. Eppure, Egli ha nascosto qualcosa. Solenni superuomini e diplomatici imperiali sono orgogliosi di saper reprimere la propria collera. Egli non ha mai trattenuto la Sua collera. Ha scagliato i banchi del mercato giù per i gradini del Tempio e ha chiesto agli uomini come potevano pensare di sfuggire alla dannazione dell’Inferno. Eppure, Egli ha trattenuto qualcosa. Lo dico con riverenza: c’era in quella dirompente personalità un lieve tratto che dovremmo quasi chiamare timidezza. C’era qualcosa che Egli teneva nascosto a tutti gli uomini quando saliva su una montagna a pregare. C’era qualcosa che Egli copriva costantemente con un brusco silenzio o con un improvviso isolamento. C’era qualche cosa di troppo grande perché Dio lo mostrasse esteriormente a noi quando venne a camminare sulla nostra terra; ed io qualche volta ho immaginato che fosse la Sua gioia” (Cfr. G. K. Chesterton, Ortodossia, 1908).

Ebbene sì, Cristo possedeva una gioia infinita, per sapersi infinitamente amato dal Padre, nonostante le immani sofferenze che ha patito nella sua vita terrena. E voi sposi, come vivete la gioia nella coppia? Si sa che è un ingrediente che forse, umanamente parlando, tende a diminuire nel tempo se non lo alimentate consapevolmente e vi basate, come detto sopra, sui motivi veri che fanno sorridere alla vita. Il mondo predica che la gioia sarebbe il frutto di un costante divertissement, per dirla alla Pascal, cioè un rincorrere la novità, un continuo svago e trasformismo, anzitutto in amore. Qualcuno disse che il matrimonio è la tomba dell’amore, perché appunto esso toglierebbe gioia, ilarità, freschezza al rapporto. Uno che di sacramento del matrimonio non aveva certo molta dimestichezza, il grande filosofo e critico letterario Benedetto Croce, affermava che sarebbe più giusto dire che “il matrimonio è la tomba dell’amore selvaggio o anche sentimentale”. Difatti, la cultura in cui vivete “a bagno maria” ha preso in orrore la ripetitività, l’ordinarietà, la costanza nel modo di vivere, il che è esattamente ciò che rende salda e durevole una relazione di amore.

Cari sposi, che il Natale di Gesù, il Dio-con-noi, che vive ed abita stabilmente nella vostra coppia, vi conceda un cuore gioioso e possiate sperimentare, come ben scrisse e compose Johann Sebastian Bach, che Jesus bleibet meine Freude, “Gesù rimane la mia gioia”.

ANTONIO E LUISA

Vorrei completare quanto scritto da padre Luca alla luce di quella che è la mia esperienza di sposo cristiano. L’ordinarietà non è un peso ma qualcosa di bello e di desiderabile a condizione che siamo capaci di rinnovare il nostro amore. Rinnovare il nostro amore con tanti piccoli gesti quotidiani ed ordinari. Perchè l’amore non stanca mai. Al contrario desideriamo farne sempre più esperienza. Il matrimonio non ci chiede di fare cose straordinarie, ma di vivere con sempre più amore l’ordinario in modo che l’ordinario sia riempito della presenza di Dio. 

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