Nella memoria di san Giovanni della Croce, dottore della Chiesa e cofondatore dell’Ordine dei Carmelitani Scalzi, abbiam provato a “immergerci” in una delle sue opere più belle: il Cantico Spirituale, dove viene descritto un vero e proprio esercizio d’amore tra la “sposa” (che rappresenta l’anima) e lo “sposo” (che rappresenta Gesù Cristo). Consci che non è possibile spiegare tutta l’ampiezza e la ricchezza che lo Spirito fecondo d’amore riversa in ogni dialogo personale con ciascuno di noi (dice infatti san Paolo nella lettera ai Romani 8,26 “è lo Spirito che viene in aiuto alla nostra debolezza e, abitando in noi, intercede con insistenza per noi con gemiti inesprimibili” riguardo a ciò che non possiamo comprendere bene), come sposi, abbiamo cercato di interiorizzare una delle strofe finali del Cantico. Proveremo a trasmettervi, con parole semplici, alcuni spiragli di luce che sono giunti a noi.
STROFA 35
Orsù, godiam l’un l’altro, Amato,
a contemplarci in tua beltade andiam
sul monte e la collina
dove pura sorgente d’acqua scorre,
dove è più folto dentro penetriam.
Normalmente quando, mediante il Sacramento del Matrimonio, si raggiunge l’unità (l’una caro, una sola carne) è importante esercitarsi in tutto ciò che è proprio dell’amore. È proprio per questo che attraverso le parole di questa strofa possiamo percorrere tre passaggi che fanno del nostro amore non solo un sentimento ma una decisione continua.
Il passaggio iniziale riguarda il godere e l’assaporare la dolcezza dell’amore, come dice il primo verso “Orsù, godiam l’un l’altro, Amato”. In modo specifico, come coniugi, sicuramente siamo tutti consapevoli che senza tenerezza, dolcezza, delicatezza non c’è amore, ma siamo convinti che dentro il cuore di ognuno di noi c’è, anche se piccolo, un cucchiaino di miele che può dar gusto al nostro stare insieme. Quindi, cari sposi, la tenerezza non s’inventa ma la si fa emergere perché abita già in noi, in quanto siamo stati creati a immagine e somiglianza di un Padre che è tenerezza infinita.
Breve momento di coppia. Al termine della giornata sediamoci uno di fronte all’altro e scambiamoci un cucchiaino di miele come segno della consegna reciproca della propria tenerezza. Dopo, averlo assaporato, ci rivolgiamo allo Sposo con questa breve preghiera: Fa, o Dio, che la nostra tenerezza sia riflesso della tua Tenerezza affinchè crei, fondi, santifichi ogni nostra giornata e ogni nostro gesto e rinnovi quotidianamente il nostro amore, rendendolo nobile, generoso, puro, colmo d’incanto nuovo, come una primavera in fiore.
Il passaggio intermedio riguarda il diventare simili all’Amato, come dice il secondo verso “a contemplarci in tua beltade andiam”
Abbiam detto più volte che Gesù è l’Amato perciò dobbiamo mettiamocela tutta affinché, mediante questo esercizio d’amore, possiamo arrivare a contemplarci nella Sua bellezza. Ma questo perché e quando è possibile? Innanzitutto è possibile perché attraverso il Battesimo siamo diventati figli adottivi di Dio, siamo stati inseriti in Cristo e non siamo più noi che viviamo ma è Cristo che vive in noi. Il Matrimonio precisa il senso dell’appartenenza battesimale: noi due battezzati realizziamo la nostra coppia come comunità coniugale proprio perché il Battesimo si compie nel Matrimonio in una modalità propria. Possiamo dunque arrivare a vedere la bellezza dell’Amato nel nostro amore partendo dal Battesimo, che ci ha fatti uomini e donne nuovi in Cristo. In secondo luogo, riusciamo a conformarci a Lui quando saliamo “sul monte e la collina dove pura sorgente d’acqua scorre”. Sappiamo che nella sacra Scrittura il monte è il luogo dell’incontro con Dio, della sua rivelazione e della sua conoscenza. Per noi sposi è proprio il nostro amore quel luogo in cui Dio si manifesta. Nel Cantico dei Cantici l’amore sponsale è soprattutto «una fiamma del Signore» (8,6); ciò significa che per sua natura l’amore tra uomo e donna fa conoscere Dio, viene da Dio e conduce a Dio. Quindi prendersi cura del proprio amore coniugale vuol dire prendersi cura del proprio rapporto con Dio. Ma certamente è vero anche il contrario: curare il proprio rapporto con Dio alimenterà sempre più il nostro amore coniugale. Solo dopo ciò possiamo percorrere la collina, per scoprire l’amore di Dio che brilla anche nelle altre creature e in tutte le sue opere. Questo tentativo di conformazione allo Sposo non lo raggiungiamo mediante i nostri deboli sforzi ma solo grazie alla sapienza di Dio, a quell’ acqua pura, libera di tutto ciò che la nostra mente riesce a immaginare.
Breve momento di coppia. Trascorriamo una giornata in montagna, magari dove è presente anche un luogo di preghiera.
Mentre passeggiamo, immersi nel silenzio della natura, sostiamo di tanto in tanto e rivolgendo il nostro sguardo verso l’alto ripetiamo: Donaci, o Dio, la sapienza del cuore!
Il passaggio finale riguarda il penetrare nelle ricchezze e nei segreti dell’Amato, come dice l’ultimo verso “dove è più folto dentro penetriam” Questo passaggio è il più difficile, ancor più come sposi. Quanto più si ama, tanto più si desidera “addentrarsi” nelle profondità dell’amato proprio per contemplarne tutto il suo splendore e provare una gioia inestimabile che supera ogni sentimento. Ma qual è il mezzo che ci permette di raggiungerci interiormente? potrebbe sembrare un po’ contraddittorio ma è la sofferenza. Anche la minima sofferenza può creare una crepa, sia dentro ognuno di noi, sia nel rapporto coniugale. Ma è proprio da questa crepa che può entrare il balsamo dell’amore e trasformarla in germoglio di vita. Per Gesù, la croce è stata la forma più alta del suo amore per l’umanità quindi, da cristiani e da sposi, siamo convinti che la via della croce è l’unico mezzo che mette alla prova davvero l’esperienza d’amore di ogni coppia. Pensate quanta energia interiore, di forza, di carattere, si sprigiona quando facendo nostro il dolore del coniuge ne facciamo un’occasione per amare. Ogni dolore altrui è dunque una ricchezza che, se accolta, genera risurrezione.
Breve momento di coppia. Nel momento in cui la sofferenza prende il sopravvento nella nostra vita coniugale non disperiamo ma accogliamo il suggerimento che san Giovanni della Croce fece ad una monaca che gli raccontava delle difficoltà che aveva sofferto: “Non pensi ad altro se non che tutto è disposto da Dio. E dove non c’è amore, metta amore e ne riceverà amore”
Carissimi sposi, coraggio! Ogni passo in più nell’amore è un passo in più verso Colui che sta per venire!
Daniela & Martino