Cari sposi,
circa un secolo fa, uno sperduto paese dell’Alaska, Nome, fu lo scenario di un impresa passata alla storia come la “corsa del siero”. In pieno inverno artico, con temperature attorno ai -40 gradi e venti tempestosi, quel piccolo centro fu colpito da un’epidemia di difterite, soprattutto nei bambini. Una malattia spaventosa, per noi grazie a Dio oramai debellata ma che all’epoca causava ancora tante morti. Il medico del paese aveva esaurito le antitossine in grado di curare l’infezione e dinanzi all’aumento dei casi, l’unica soluzione fu un disperato radiotelegramma alle principali città dello stato, chiedendo immediatamente l’invio di medicinali.
Tra le diverse opzioni di recapito, la più “veloce” fu una staffetta di slitte trainate da cani ma la distanza tra l’ospedale più rifornito e Nome era di quasi 1100 km, in pratica quasi la lunghezza dell’Italia. Gli staffettisti sfidarono temperature ai limiti della resistenza umana, sferzati da venti di oltre 100 km/h, attraversarono quasi sempre al buio fiumi e mare ghiacciati, passarono per foreste piene di lupi e orsi, valicarono passi di montagna e ripide scoscese, il tutto per salvare le vite di tanti bambini gravemente malati, in un’estenuante corsa contro il tempo. Leggendario poi fu contributo dell’ultima staffetta, Gunnar Kaasen con il suo cane guida Balto, i quali superarono abilmente le peggiori condizioni climatiche di quei giorni e riuscirono comunque a consegnare il pacco con i medicinali dopo percorrendo quella distanza enorme in sole 127 ore. Il bilancio dell’impresa fu da bollettino di guerra: parti del corpo congelate, ferite e fratture da caduta, cani morti per sfinimento… ma era valso per una nobilissima causa.
Per quanto bello e commovente, una storia così impallidisce davanti al Natale. Quanto accaduto quella notte in una grotta di Betlemme ha un valore infinitamente superiore: il Figlio di Dio ha varcato una distanza infinita, nientemeno che la “distanza” tra Dio e una creatura, pur di essere con noi. Cari sposi, vi auguro, in questo Natale e nei giorni che seguiranno fino all’Epifania, di guardare con questo sguardo a Gesù nella culla. “Quanta strada hai fatto pur di raggiungermi, quanto hai faticato per essere qui davanti a me, quanto ti è costato incarnarti e diventare uno come me!”. Non tanto uno sguardo sentimentale ma di saper cogliere il suo profondo significato. Sono pensieri semplici ma nel fondo veri, esprimono il senso dell’Incarnazione che è quello di “venire ad abitare in mezzo a noi” (cfr. Gv 1, 14). Per questo Gesù vuole dirci con il Natale: “Voglio vivere sempre con te, voglio restare nella tua vita, sono qui con te per rimanerci sempre”.
E pensare che voi siete così vicini a Lui! Perché voi “significate e partecipate il mistero di unità e di fecondo amore che intercorre tra Cristo e la Chiesa” (cfr. Lumen Gentium 11), cioè voi il vostro amore e la vostra storia attingono e si innestano in quell’amore che ha spinto Gesù a venire tra noi. Quindi, che il Suo Cuore ardente di desiderio di essere dono per ciascuno di noi, sia anche il vostro! Che il vostro amore nuziale diventi pane spezzato, un regalo per tante persone che ancora non conoscono Gesù.
ANTONIO E LUISA
Tutto è iniziato con il sì di Maria. Così anche il nostro matrimonio è cominciato con il nostro sì. Padre Luca ci ha ricordato che il Natale ci dice che Gesù abita non solo la nostra vita ma anche il nostro matrimonio. Per accoglierlo c’è bisogno del nostro sì. Il sì della promessa matrimoniale non è che il primo e l’origine di una nuova vita, poi ci saranno chiesti moltissimi altri sì. Dai quali dipende la riuscita del nostro matrimonio esattamente come il primo. Penso a quelli più importanti, penso al sì di ogni apertura alla vita. Penso al sì che ci ha permesso di concepire ognuno dei nostri figli e di dare carne al nostro amore. Penso anche a quelli più ordinari, quelli che ci rinnoviamo ogni mattina. Sì di una vita ordinaria, ma che sommati l’uno con l’altro, giorno dopo giorno, stanno costruendo una relazione straordinaria. Dei sì che ci hanno mostrato giorno dopo giorno il progetto di Dio su di noi, sulla nostra coppia e sulla nostra famiglia. Non a caso la promessa matrimoniale, che abbiamo pronunciato durante il rito, ci impegna ad amare l’altro/a non tutta la vita. Ci chiede molto di più. Ci chiede di farlo ogni giorno della nostra vita. Ogni giorno ci è chiesto di rinnovare il nostro sì. Solo così il Natale avrà davvero un significato per noi.
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