Eccoci giunti all’ultima puntata del nostro lungo percorso alla riscoperta della Santa Messa, abbiamo avuto modo di approfondire più o meno dettagliatamente i vari momenti all’interno della divina Liturgia, ora vedremo la Messa nel suo insieme e qualche aspetto ad essa connesso come in una panoramica finale. Facciamo qualche premessa doverosa ma chiarificatrice:
- la Messa non è un’azione esterna a noi, non è nemmeno un rituale che il parroco si vede costretto a compiere ogni Domenica, e per il quale necessita di un po’ di compagnia; il parroco non sta pagando ad un dio ignoto e cattivo un tributo per ingraziarselo e tenerselo buono a favore di tutto il popolo sicché sentiamo un po’ il dovere di sostenerlo perché sta agendo anche a nome nostro, non sia mai che il divino si adiri contro noi che non eravamo presenti al rituale;
- la Messa non è un evento sociale a sfondo religioso; non è neanche lo show di qualche strampalato parroco desideroso di trasformare il presbiterio nel palco di un’intrattenitore; non è nemmeno un contenitore dove inserire tutto ciò che ci salta in mente: dal balletto all’offertorio con signorine poco vestite alla barzelletta durante l’omelia, dalla presentazione di eventi mondani alla festa per la vittoria del derby inter-parrocchiale, dall’applauso a Gesù risorto all’usare come canto d’inizio il brano vincitore di Sanremo;
- la Messa non è uno spettacolo teatrale un po’ più serio condito da qualche proverbio saggio; la Messa non è una cosa vecchia che ha bisogno di essere modernizzata o spolverata o sostituita; non è un tradizionale rito sociale a cui assistere per sentirsi parte di una comunità, alla stregua di una sagra;
- la Messa non è nemmeno il luogo dove dare uno sterile sfoggio delle proprie abilità musicali, canore, recitative od organizzative per nutrire il proprio ego; non è il momento per incontrare altri e fare pettegolezzi e/o chiacchiere da bar.
Quello sopra riportato è un triste (e parziale) elenco di situazioni desacralizzanti veramente accadute, ma la Santa Messa è tutt’altro, nel Messale (che riporta parte di altri testi dottrinali) viene così definita:
«Il nostro Salvatore nell’ultima Cena istituì il sacrificio eucaristico del suo Corpo e del suo Sangue, al fine di perpetuare nei secoli, fino al suo ritorno, il sacrificio della croce, e di affidare così alla sua diletta sposa, la Chiesa, il memoriale della sua morte e risurrezione» e qualche riga più avanti: «ogni volta che celebriamo il memoriale di questo sacrificio, si compie l’opera della nostra redenzione». Altrove la descrive con parole diverse ma uguali nella sostanza: La celebrazione della Messa, in quanto azione di Cristo e del popolo di Dio gerarchicamente ordinato, costituisce il centro di tutta la vita cristiana per la Chiesa universale, per quella locale, e per i singoli fedeli. Nella Messa, infatti, si ha il culmine sia dell’azione con cui Dio santifica il mondo in Cristo, sia del culto che gli uomini rendono al Padre, adorandolo per mezzo di Cristo Figlio di Dio nello Spirito Santo. […] Tutte le altre azioni sacre e ogni attività della vita cristiana sono in stretta relazione con la Messa: da essa derivano e ad essa sono ordinate.
La Messa è quindi il centro della vita da cui irradiano tutte le altre attività, il centro da cui tutto prende senso e al quale tutto è ordinato, non può essere trattata come un impegno tra i tanti che un prete ha durante le proprie attività giornaliere, altrimenti queste stesse attività diventeranno predicazione di se stesso.
La chiesa dove si celebra la Messa è un luogo sacro, consacrato al Signore, è il luogo dell’incontro con il Re dei Re, il Dio vivo, l’unico e vero Dio, che resta sempre in mezzo al suo popolo con il Suo Corpo ed il Suo Sangue, la Sua anima e la Sua Divinità… ed in questo luogo non possiamo entrarci come quando si entra in un teatro, una sala concerto, un auditorium, un cinema o un museo. E’ il luogo della presenza di Dio, ma non è solo una presenza spirituale che io avverto in base alla mia fede, ma la Sua presenza è reale, vera e sostanziale nel tabernacolo, e non dipende dalla mia fede perché Lui è lì comunque.
Quale donna, per esempio, oserebbe presentarsi al cospetto del Presidente della Repubblica con un vestito scollato fino all’ombelico o con una minigonna da infarto? Quale uomo si presenterebbe alla corte di un sovrano in tuta da relax casalingo? Se per questi eventi mondani sappiamo come vestirci, perché pensiamo che in chiesa tutto sia lecito?
Sappiamo benissimo quanta importanza abbia il linguaggio non verbale nella comunicazione, gli esperti dicono che sfiori l’80%, ma questo dato non vale solo nell’educazione dei bambini o nella relazione tra sposi, il nostro modo di vestire dice dell’importanza che noi diamo a ciò che stiamo vivendo. La Domenica è un piccolo anticipo di Paradiso, ma dobbiamo aiutare noi stessi a viverlo come tale anche nella carne, e dobbiamo aiutare gli altri a vivere lo stesso. E questo significa che tutto nella Domenica deve essere diverso: la preghiera al mattino, la preparazione alla Messa, il vestito, la colazione, il pranzo, la tavola, il modo di parlare, il contenuto dei dialoghi, i gesti di carità fraterna, il modo di impegnare il tempo nella giornata, se non diventa vita la nostra fede rimane un bel soprammobile a cui togliere un po’ di polvere almeno la Domenica.
Coraggio famiglie, tocca a noi far vivere una nuova primavera alla Chiesa intera.
Giorgio e Valentina