Cari sposi,
siamo arrivati alle soglie della Settimana Santa. Quest’ultimo tratto di Quaresima ci prepara ai giorni più santi di tutto l’anno con un assaggio di Risurrezione: la rivivificazione di Lazzaro, un amico intimo di Gesù.
Come non commuoversi leggendo il Vangelo odierno e contemplando un Gesù così umano, così vicino a noi, nei sentimenti e nelle fibre più intime del cuore? Chi l’avrebbe mai detto che Dio potesse piangere per un amico caro? Che può commuoversi fino alle lacrime empatizzando con chi soffre? Non è affatto un Dio lontano, un freddo Orologiaio o il grande Architetto libero-muratoriano ma l’Emmanuele, il Dio-con-noi!
Gesù non smette di insegnarci che l’amore comporta soffrire, com-patire con chi si ama e questo lo vivete voi in forma eminente nel matrimonio. Sposarsi è anche accettare di soffrire con e per chi si ama. In tal senso, mi ha colpito una frase scritta da una coppia laicissima in un loro recente libro: “Nella maggior parte dei casi il matrimonio è un conflitto nel quale uno dei due soggetti è la vittima” (Philippe Sollers-Julia Kristeva, Del matrimonio: considerato come arte, Donzelli 2015).
Cosicché l’indugio e l’esitazione di Gesù a muoversi per visitare l’amico malato mostra questo lato misterioso dell’amore: anche il morire è dare gloria a Dio. E così, Gesù da questo male sa trarre un bene maggiore che sicuramente né Marta né Maria capirono al momento. Tutto ciò fa parte integrante del vostro vivere il matrimonio, è una porta per cui bisogna passare se si vuole dare veramente tutto all’altro e andare fino in fondo a quella promessa fatta davanti all’Altare. John R. R. Tolkien (1892-1973), il noto scrittore inglese, meglio conosciuto per la saga de “Il Signore degli anelli” scriveva così a suo figlio Michael volendogli trasmettere la sua esperienza come marito, lui che rimase unito alla sua moglie Edith per ben 55 anni: “L’essenza di un mondo caduto è che il meglio non si può ottenere attraverso il puro piacere, o attraverso la cosiddetta un bel «autorealizzazione» (in genere l’autoindulgenza […]), ma solo attraverso la negazione e la sofferenza. […] Nessun uomo, per quanto sinceramente abbia amato in gioventù la sua fidanzata e sposa, rimane fedele a sua moglie nel corpo e nella mente senza un deliberato esercizio di volontà, senza una rinuncia a se stesso. Questo viene detto a troppo pochi, anche fra quelli che vengono cresciuti «nella Chiesa». Quelli che ne sono fuori sembra che raramente ne abbiano sentito parlare”. (Lettere, n.43, Bompiani, p.83).
Cari sposi, guardiamo a Gesù che cammina verso la realizzazione del suo “sì” nuziale, della sua Promessa di amore fatta alla Chiesa Sposa e che oggi svela l’esito finale nella Vita oltre la morte. Quando l’amore fa soffrire, pensate che potete trasformarlo in una “morte” feconda, schiudendovi a una nuova dimensione di amore il cui protagonista non siete più solo voi come coppia ma assieme allo Sposo che vi sostiene in questa ardua prova. E così toccherete con mano ciò che scrisse San Giovanni Paolo II parlando del rapporto nuziale: “Sarà sufficiente ricordare che anche il matrimonio non sfugge alla logica della Croce di Cristo, che esige sì sforzo e sacrificio e comporta anche dolore e sofferenza, ma non impedisce, nell’accettazione della volontà di Dio, una piena e autentica realizzazione personale, nella pace e serenità dello spirito” (Giovanni Paolo II, Discorso alla rota romana, 1° febbraio 2001).
ANTONIO E LUISA
Il matrimonio è così. Ci sono i periodi dove tutto va bene ed è meraviglioso. In quei periodi si sente forte la gioia di stare insieme, c’è passione e intimità. Poi ci sono periodi caratterizzati da difficoltà e sofferenza. Non c’è dubbio che tutti vorremmo vivere in un perenne periodo di gioia e dove tutto è perfetto. E’ altrettanto indubbio che i momenti di sofferenza e difficoltà sono quelli più fecondi. Perché attraversare la croce e amare sempre e comunque l’altro rende il matrimonio quello che è: una scelta d’amore indissolubile e senza condizioni. Una scelta d’amore che avvicina a Dio! Per noi è stato così.
Grazie!
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