Il tempo di Pasqua continua a donarci, strada facendo, delle occasioni di ristoro per l’anima. Giovedì sera ci siamo recati ad ascoltare una meditazione di Don Luigi Maria Epicoco tenuta nella parrocchia di San Tarcisio, qui a Roma. Una comunità parrocchiale che, abbiamo scoperto con sorpresa, ci seguiva già attraverso i nostri articoli qui nel blog. Un’ulteriore conferma che ci fa rendere sempre più conto dell’importanza di evangelizzare attrsverso il web ed i social. Ancora adesso ci sorpendiamo quando le persone sia dal vivo che online ci ringraziano. Un grazie che va rigirato a Dio, perché indubbiamente è tutta opera Sua.
Come sapete ho un debole per don Epicoco, perché mi affascina il suo legame profondo con Dio e la chiarezza con la quale lo esprime. Se vi state chiedendo se a fine incontro ho avuto modo di incontrarlo da vicino in sacrestia vi svelo subito la risposta: no. L’ho incontrato nel mio modo più congeniale ossia facendo una delle mie solite figure imbarazzanti. Me lo sono ritrovata davanti uscendo dal bagno. Quindi care donne che soffrite di patologie all’utero come me sappiate che Dio ogni tanto ci premia anche con questi doni. La catechesi stessa è stata un dono dall’inizio alla fine. Accanto a me avevo Andrea e onestamente abbiamo rivisto come in un film tutta la nostra storia personale e matrimoniale.
Il primo sussulto al cuore, uno di quelli che ti fa venire il groppo in gola, l’ho avuto ascoltando la frase: Paolo non ha mai conosciuto Gesù come tutti gli altri….. Non faceva parte del gruppo dei ristretti. Beh signori, quelli siamo proprio noi due. Ormai ci leggete da più di un anno e sapete bene che il nostro vissuto parrocchiale è nato soprattutto con il matrimonio, e che abbiamo sofferto nel trovare poi negli anni quel terreno adatto per farci germogliare come famiglia. Abramo e Sara, il nostro progetto, è nato proprio da questo difficile percorso, percorso che ci ha condotto ha cercare di dare calore, amore e accoglienza a chi non fa parte del gruppo dei ristretti. Conosciamo bene il dolore di chi non ha figli e sta cercando di passare dal chiedersi perché proprio a me? al chiedersi come si vive senza figli? È qualcosa che coinvolge soprattutto proprio i gruppi dei ristretti che, per abitudine e routine, non vedono non solo i posti vuoti ma neanche gli occhi di chi hanno davanti. Dal post pandemia fateci caso più o meno tutti i sacerdoti più attivi anche nei social esortano a ritornare al cuore, a passare dalle parole ai fatti. Come ieri sera in un passaggio della catechesi don Luigi esortava a praticare i fatti.
Quante volte anche io, nelle dirette online, ho fatto notare questa tendenza a lasciare le coppie che vivono un dolore da sole nei loro sepolcri casalinghi, quando basterebbe mettere in circolo quell’Eucarestia ricevuta in presenza da chi non salta neanche una messa. Se lasciamo due sposi, che vivono il lutto di non poter essere genitori biologici, nascondendoci dietro il libero arbitrio, poi non scandalizziamoci se possono pensare di ricorrere a pratiche estreme come l’ utero in affitto. Vi ricordo che la sottoscritta prima di ricevere il sacramento della cresima giusto, un paio di mesi prima del matrimonio, la pensava proprio così. È stato un cambiamento umano e spirituale lungo. Un cammino lungo fatto indubbiamente di cadute, ma anche di rinnegamenti in puro stile Pietro.
Ecco perché ci tengo a non lasciare le coppie sole, che non vuol dire rispondere a tutte le loro domande. In ognuno di noi c’è una vocazione all’interno del matrimonio da scoprire. Le coppie hanno bisogno di presenza, di qualcuno che stia con loro. Tutti noi abbiano bisogno di una vicinanza che ci sostiene mentre cerchiamo di sciogliere i nostri nodi umani e spirituali. È vero si passa e si diventa scomodi nel fare notare queste cose, ma in fondo Paolo stesso alla fine era mal sopportato, forse per questo c’è affinità tra me e la sua figura. Compreso il viaggiare. Vi potrei scrivere all’infinito sull’incontro di ieri sera ma preferisco lasciarvi il link della diretta perché ci sono le domande su cui lavorare a livello personale.
Simona e Andrea
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