Gli assassini inseguono Pinocchio; e dopo averlo raggiunto, lo impiccano a un ramo della Quercia grande.
Siamo giunti al capitolo XV che fa un po’ da spartiacque, poiché il Collodi pose al termine la parola “Fine” a quello che riteneva essere l’ultimo episodio stampato sul “Giornale per i bambini”. Per lui Pinocchio era davvero morto: una finale amara ma anche molto suggestiva.
Sembra una stranezza per noi così abituati a tutt’altro epilogo, eppure a ben vedere in questo capitolo “conclusivo” il burattino tocca il vertice della sua umanizzazione nella condivisione con noi del mistero della morte. Commentando questo capitolo così si esprime il cardinale Biffi:
[…] l’agonia di Pinocchio, appeso all’albero da tre ore, riproduce l’agonia di colui che è l'<<uomo>> – secondo la parola profetica di Pilato – ed è quindi l’archetipo di noi tutti. Di Cristo in croce riecheggia perfino l’estrema nostalgia del Padre e il desiderio di affidare a lui la vita fuggente: Oh babbo mio!…l se tu fossi qui!…
La profondità di queste riflessioni non va intaccata con le nostre povere parole, ci ricorda che dietro alla storia del burattino c’è molto di più senza veli troppo spessi, senza per questo assurgerlo ad un testo di spiritualità cristiana.
Vogliamo evidenziare un aspetto: prima di essere raggiunto ed impiccato, Pinocchio intravede un barlume di salvezza:
Allora il burattino, perdutosi d’animo, fu proprio sul punto di gettarsi in terra e di darsi per vinto, quando nel girare gli occhi all’intorno vide fra mezzo al verde cupo degli alberi biancheggiare in lontananza una casina candida come la neve.
Ancora una volta, quando sembra tutto perduto ecco un lumicino di speranza… è proprio così anche nella nostra vita. Ci sono troppi sposi che si danno per vinti ancora prima di cominciare la battaglia. Non esistono crisi matrimoniali che non siano portatrici di salvezza, forse non si risolveranno secondo i nostri piani ma secondo la volontà di Dio, in ogni caso non possiamo rinunciare a metterci mano.
Quando ero un giovane ragazzo mi dilettavo nel giuoco del pallone ed ho avuto la grazia di avere sempre allenatori con la “A” maiuscola, lo facevano con serietà ed erano degli educatori oltre ad insegnarci come si gioca bene; lo sport è stata una grande lezione di vita. Uno dei ricordi che tengo più nel cuore è l’insegnamento che spesso ci ripeteva un allenatore quasi come un tormentone: si gioca al massimo fino a quando l’arbitro non fischia il fine partita. Avevamo perso? non importava molto, la cosa più importante era aver lottato fino alla fine con tutte le nostre forze. Stavamo vincendo? non importava molto, dovevamo giocare con serietà fino alla fine senza mai dare per scontata la vittoria sull’avversario.
Cari sposi, trasportate questo stile di vita dentro il vostro matrimonio: se ravvisiamo un problema nella nostra relazione, se avvertiamo di esserci allontanati l’uno dall’altra, se la routine ha appiattito i nostri gesti d’amore, non gettiamo subito la spugna ancor pima di cominciare… non facciamo come Pinocchio quando “fu proprio sul punto di gettarsi in terra e di darsi per vinto” ma lottiamo per riconquistare il nostro NOI anche se quello che vediamo è solo un “biancheggiare in lontananza una casina candida come la neve.”
Quel barlume della casina candida è il segnale che Dio è pronto a darci una mano per uscire dal pantano in cui ci siamo messi da soli, non importa cosa sia successo, conta solo che vediamo una casina candida come la neve, seppur in lontananza ma c’è… non dobbiamo permettere al al verde cupo degli alberi di nascondercela.
Coraggio famiglie, non lasciamoci cadere le braccia altrimenti finiremo come Pinocchio appesi ad un albero dagli assassini del matrimonio… l’arbitro non ha ancora fischiato la fine della partita… il nostro allenatore è in panchina pronto per incoraggiarci: ascoltiamo la sua voce.
NB: lottare fino in fondo con tutte le nostre forze significa chiedere anche l’intervento a Dio con la Sua Grazia perché è Lui la nostra forza.
Giorgio e Valentina.