Noi e la Parola fatta Carne

Cari sposi,

un mio confratello sacerdote, da seminarista, in colloquio con il padre spirituale disse: “Padre, ma a me il Signore non parla!” Senza scomporsi quest’ultimo lo guarda e gli iniziò a fare una serie di domande: “Stamattina ti sei alzato?”, “Hai fatto colazione?”, “Ti sei accorto di avere una casa?” Ed altre domande simili, per poi concludere: “Il Signore ti ha già detto diverse cose tramite la realtà, forse sei tu che non ascolti bene”.

Già, l’ascolto. Fiumi di inchiostro si sono spesi per sviscerare questo argomento in chiave interpersonale ma poco nei confronti del Signore. In questa Parola odierna, Gesù esprime tutto il suo desiderio profondo di aprire la nostra mente e il nostro cuore perché finalmente possiamo entrare in piena empatia e dialogo con Lui. Quanto è importante questo! Personalmente ho incontrato svariate coppie che vivono all’oscuro della Parola di Gesù, che non sanno, come quel seminarista, quanto Gesù stia tentando di connettersi con loro. Gesù è un innamorato matto di ciascuna di voi coppie, si è già unito a voi sacramentalmente per cui vi considera realmente come la sua Sposa. E da Sposo affascinato dalla Sposa vorrebbe ogni giorno avere con lei un colloquio intimo, affettuoso. Ve ne rendete conto di Chi vi sta parlando e quanto ci tiene anche solo a un saluto, un atto di affidamento, una richiesta di aiuto…

Parliamo qui di un rapporto sponsale con Gesù, in coppia, non solo a livello personale. Vediamo allora come, in base alla parabola del Vangelo la coppia può porsi in relazione alla Parola viva che è Cristo. Una coppia può essere “strada”. Vuol dire che è chiusa, impenetrabile alla Parola. Ci sono eventualmente peccati gravi od ostacoli alla Grazia che rendono il sacramento del matrimonio bloccato e non fruttuoso.

Oppure una coppia può essere “terreno sassoso”, che si traduce in una vita spirituale superficiale, mediocre, di modo che il rapporto con lo Sposo è epidermico e quindi le difficoltà, invece di rafforzare, indeboliscono il legame con Lui.

Infine, ci sono le coppie immerse tra i “rovi”. Se ci fate caso i rovi non crescono mai sulla strada e nemmeno tra i sassi (si seccherebbero con il sole) ma solo sulla buona terra. Forse questo è il caso più comune: coppie che si sforzano di vivere con Gesù e in Gesù la propria vita nuziale ma ecco che arrivano un sacco di distrazioni (siano il lavoro, il mutuo, i figli da crescere, la salute di papà e mamma…) ed esse finiscono col prendere il sopravvento. Per chi ha un minimo di dimestichezza con l’orto, sa che le erbacce (a cui possiamo accomunare tranquillamente i rovi) sono di fatto ineliminabili, o meglio, dobbiamo sempre sradicarle e toglierle al tempo stesso che coltiviamo le verdure e i frutti. Così è la vita di coppia con Gesù, è un continuo cercarLo, ascoltarLo, parlarGli e al tempo stesso coabitare pazientemente con ciò che vorrebbe allontanarcene.

Finisco con un accenno alla prima lettura che si coniuga molto bene con il Vangelo. Lo Sposo ha mandato in voi la Sua Parola e non cessa di agire ed operare in voi affinché Essa dia frutto. Questo vi basti per non scoraggiarvi mai per tutti gli ostacoli che ci sono sul cammino, certi di poter coronare il vostro sogno: crescere ogni giorno nell’amore e in una relazione vitale con lo Sposo.

ANTONIO E LUISA

Il terreno buono non è questione di fortuna. Sant’Agostino diceva che i cristiani che sono terreno buono sono quelli che sono consapevoli di essere stati strada, sassi e rovi. Solo affrontando le proprie fragilità e i propri peccati si può diventare terreno buono. Una terra che in partenza non ha nulla più delle altre, ma che è stata preparata bene, che non è impermeabile. È una terra dove, con tanta fatica, sono stati tolti sassi e spine. Una terra quindi feconda. Dove non resta che dare il nostro poco e lasciare spazio a Lui, il seminatore che trasformerà il terreno del nostro matrimonio in un giardino meraviglioso.

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Il nostro matrimonio è terreno fertile?

«Ecco, il seminatore uscì a seminare.
E mentre seminava una parte del seme cadde sulla strada e vennero gli uccelli e la divorarono.
Un’altra parte cadde in luogo sassoso, dove non c’era molta terra; subito germogliò, perché il terreno non era profondo.
Ma, spuntato il sole, restò bruciata e non avendo radici si seccò.
Un’altra parte cadde sulle spine e le spine crebbero e la soffocarono.
Un’altra parte cadde sulla terra buona e diede frutto, dove il cento, dove il sessanta, dove il trenta.
Chi ha orecchi intenda».

Vorrei leggere questa parabola in chiave sponsale, so benissimo che forse è una lettura un po’ forzata, ma è comunque utile per permettere una riflessione su come ci prepariamo al matrimonio.

Il seme è l’amore divino, lo Spirito Santo, la Grazia del sacramento. Il seme è quella presenza di Dio che germoglia e rende la terra feconda e fruttuosa. La terra siamo noi, la nostra relazione e il nostro cuore.

Se ci presentiamo alle nozze senza aver chiare le caratteristiche di un amore sponsale autentico, e non ci sposiamo volendo e desiderando con tutto il cuore di amarci in quel modo, saremo impermeabili al seme, all’amore di Dio. Il matrimonio sacramento si poggia sul matrimonio naturale, che a sua volta poggia su 5 pilastri. Se manca uno solo di questi pilastri, crolla tutto. L’unicità: un solo uomo e una sola donna. La poligamia non è ammessa. L’indissolubilità: non dobbiamo prevedere vie d’uscita, anche nella cattiva sorte. La fedeltà: il nostro corpo e il nostro cuore appartengono a quell’uomo o a quella donna. La socialità: ci sposiamo nella comunità, perchè siamo risorsa per la società e dobbiamo essere tutelati da essa. La fecondità: la relazione deve essere aperta alla vita.

Se ci si sposa escludendo anche una sola di queste caratteristiche, di questi pilastri, la Grazia non può entrare in noi, perchè manca l’amore autentico e totale  per accoglierla.

Celebriamo un sacramento a secco, anzi peggio, celebriamo una bella sceneggiata che non ha nessun valore,  anche se presenziata dal parroco e con la presenza di testimoni e di tante persone. Ricordo che il diritto canonico verifica, tra le altre cose,  la sussistenza di queste caratteristiche per decretare se un matrimonio sacramento sia valido oppure nullo, mai avvenuto.

Veniamo ora al terreno sassoso. Subito germogliò. Il matrimonio è valido. Gli sposi credono nei 5 pilastri e si sono sposati in Cristo. La Grazie è arrivata e ha permesso loro di sperimentare l’unione come presenza di Cristo. Ma cosa succede?

Gli sposi non hanno preparato bene il terreno. Non hanno preparato un terreno profondo, un amore profondo basato sul rispetto, sul sacrificio, sulla castità che sa aspettare e accogliere l’altro. Un amore fatto di apertura al mistero dell’alterità e non di ripiegamento su di sè che usa l’altro per provare sensazioni ed emozioni, e per soddisfare la nostra lussuria e concupiscenza. Non importa se vestiamo tutto con l’abito dell’amore, certi gesti nel fidanzamento sono oggettivamente frutto dell’egoismo ed intrinsecamente sbagliati. Se prepariamo il nostro terreno così non saremo capaci di amare autenticamente, ma solo di vivere di emozioni e di sentimenti che sembrano dare valore e senso a tutto, ma che in realtà sono un’effimera illusione. E’ un amore  destinato, come tutte le emozioni, a picchi e crolli e alla fine a spegnersi se non alimentato da qualcosa di più solido. Ed è questa la fine del germoglio piantato in un terreno così. Poche radici e il sole lo brucia.

Ultimo terreno, di cui voglio parlare, è quello con le spine. Questo è il terreno di chi si sposa in Cristo, e magari si è preparato anche bene, ma poi non comprende che il matrimonio è un sacramento non solo tra i  due sposi, ma dove Cristo ha un ruolo fondamentale. Se non si mette Cristo al centro tutto diventa difficile e in certi casi impossibile da sostenere. Il matrimonio, un rapporto che dura tutta la vita e basato su un abbandono fiducioso, intimo ed esclusivo dell’uno verso l’altra, quando arrivano le prove, quelle dure che ti buttano a terra, rischia di dissolversi in dolore, sofferenza, accuse, sensi di colpa e risentimento. Se non si ha una fede e una relazione concreta con Gesù, la coppia  entra in una spirale che la porta inesorabilmente alla separazione, se non sempre fisica, sicuramente dei cuori.

Noi su che terreno abbiamo accolto il seme? Ad ognuno la risposta. Mi fermo qui. Sul terreno che porta frutto ho già avuto modo di parlare in tanti articoli precedenti.

Antonio e Luisa