Oggi parto da una riflessione di don Antonello (che sta in Giappone ma riesco ad ascoltare ogni giorno, è meraviglioso).
Chi è il mio prossimo? Per noi sposi, il nostro prossimo è nostra moglie e nostro marito.
La domanda che Gesù ci pone è stringente: siamo capaci di farci prossimo oppure la nostra capacità e sempre condizionata da ciò che l’altro/a fa o dice?
Don Antonello nella sua omelia ha evidenziato come per gli israeliti fosse prossimo solo chi faceva parte del loro popolo, chi rispettava la legge, gli altri non valevano nulla.
Siamo anche noi così? Disposti ad essere prossimo solo se l’altro si comporta secondo la legge, se merita il nostro amore e la nostra considerazione?
Gesù con questa parabola parla ad ognuno di noi e ci dice proprio il contrario. Farsi prossimo significa amare e curare sempre anche quando l’altro/a è lontano da noi e da Dio. Proprio in quel momento dobbiamo chinarci sulle sue ferite e curarle con amorevole dedizione. Il sacramento del matrimonio è questo. Prendersi cura l’uno dell’altra soprattutto quando uno dei due ne ha più bisogno, è ferito e moribondo spiritualmente e per questo anche meno amabile da parte nostra.
Questo non è possibile però se prima non abbiamo fatto esperienza di Gesù che è stato il nostro samaritano, colui che si è chinato sulle nostre ferite e ci ha guarito con l’olio e il vino dello Spirito Santo e dei sacramenti.
Il matrimonio è rispondere a questo atto di amore di Gesù, è rispondere all’invito di Gesù che dice ad ognuno di noi, che Lui ha toccato con il Suo amore e la Sua Grazia: «Va’ e anche tu fa’ così»
Antonio e Luisa