Guarigione affettiva: presupposto necessario per parlare di amore

Qualche giorno fa mi capita sotto agli occhi un articolo dove si parlava di due donne che si sono unite in un’unione civile davanti ai loro figli, avuti da precedenti relazioni. Preferisco non citare il giornale che pubblicava il pezzo, né i luoghi e i nomi delle persone coinvolte, perché mi preme molto di più riflettere su tematiche urgentissime nel nostro tempo e che riguardano tutti: in primis la differenza tra “infatuazione” e “amore”; in secondo luogo, il legame che può esserci tra “scelte avventate” e “ferite affettive pregresse”. Il giornalista metteva in chiaro, fin dall’inizio, che nell’articolo si sarebbe trovato “materiale in abbondanza” per “mandare in tilt” i sostenitori delle cosiddette “famiglie naturali”. Poiché mi trovo tra costoro (nel rispetto delle persone che la pensano diversamente, credo sia la relazione coniugale di un uomo e di una donna il fondamento della famiglia) incuriosita da questo incipit, che aveva tutta l’aria di preludere a qualcosa di rivoluzionario al suo interno, ho proseguito la lettura.

La prima cosa che mi è ha “mandato in tilt” è stato vedere che si parlava di “amore”, quando la relazione in questione aveva tutti i tratti di un’“infatuazione”. Andiamo con ordine. Protagoniste della vicenda sono due donne, entrambe sopra ai trent’anni, le quali si sono “unite in matrimonio” – così scriveva il giornalista – “lasciandosi alle spalle le precedenti relazioni”. Queste due donne avevano più di un figlio ciascuna, da altre storie, alcuni adolescenti, altri molto piccoli (sotto ai 10 anni). Le due mamme si conoscevano da tempo – si tenevano aggiornate sulle rispettive gravidanze ecc. – ma tra loro c’era una semplice amicizia. Entrambe avevano, appunto, una famiglia. Ad un certo momento, hanno iniziato a messaggiarsi, fino a passare delle notti sveglie per parlarsi e hanno sentito sbocciare un’attrazione tra di loro. Un giorno si sono incontrate e c’è stato un bacio. Un mese dopo questo bacio hanno iniziato a parlare di “matrimonio”. (Infatti, una ha chiesto all’altra di “sposarla” … sì, dopo appena un mese).

Senza voler giudicare la vita di nessuno (non spetta di certo a me!), ammetto che mi sono posta delle domande. La prima è stata dove si trovassero i padri dei loro figli mentre le due donne messaggiavano tutta la notte. Nell’articolo non si capisce se ci sia stato un tradimento oppure se le due si fossero incontrate da single…

Se erano storie già concluse, forse avevano lasciato delle ferite tanto profonde da far desiderare una fuga? (Me lo domando non perchè sono omofoba o perchè mi piace viaggiare con la fantasia, ma perché ho ascoltato la testimonianza di una ragazza che mi raccontava proprio questo. Era sposata con un uomo che faceva uso compulsivo della pornografia e lei si sentiva “trattata come un oggetto” nella sfera intima. Un giorno mi ha detto, molto seria: “Se dovessi riaccompagnarmi con qualcuno, sarà con una donna!”).

Forse le storie precedenti di queste due mamme hanno generato delusione, rammarico e un’immensa sete di comprensione?Se invece le due donne erano ancora sposate, forse non c’era reale comunione?

Non conosco bene la vicenda, ma parlo di quello che vedo nelle mie conoscenti e nelle persone che mi scrivono: una relazione dove non c’è profonda unità – o peggio, si verificano abusi o si vive male l’intimità – lascia un senso di amara solitudine. Questo può portare a cercare affetto altrove (talvolta, purtroppo, ovunque), senza, però, prima aver risolto e sanato le ferite generate da quella relazione nociva. E se due mamme parlano di “matrimonio” dopo un mese dal primo bacio, è giustificato chiederselo: cosa c’è nel loro passato?

Non sto scrivendo questo articolo per fare l’inquisizione, nè per generare pettegolezzi, ma perchè simili storie le leggono tanti giovani alla ricerca di sè stessi. Il giornalista dice che il pezzo è pensato per mandare in tilt chi difende la famiglia naturale… ma il pezzo, in realtà, a prescindere dalla comprensione della famiglia che si ha, ha tutte le carte in regola per mandare in tilt chiunque pensa che delle scelte importanti (e vincolanti per intere famiglie!) vadano soppesate con cura e prudenza…

Personalmente, troverei sconcertante sentir parlare di matrimonio dopo un mese di frequentazione (soprattutto quando si hanno dei figli a cui render conto delle proprie azioni!) anche se si trattasse di un uomo e di una donna. Queste storie mi fanno pensare che abbiamo bisogno urgente – ma che urgente? Di più! – di evangelizzatori che si prendano a cuore in modo particolare l’educazione all’affettività dei giovanissimi, che li aiutino a comprendere il peso delle proprie scelte, prima che finiscano in relazioni che lacerano i loro cuori e lasciano questo vuoto.

I ragazzi hanno bisogno – e diritto! – di sapere come costruire storie solide, che diano senso e pienezza alla vita. Come vivere un serio discernimento.

I nostri lettori conoscono la comprensione che abbiamo della famiglia (sposiamo, infatti, la visione del Magistero della Chiesa, che poggia sul Vangelo), ma lascia perplessi che anche chi abbia una comprensione diversa della famiglia esalti scelte così affrettate, senza intravedere dietro a tutto questo delle fragilità, che, forse, hanno bisogno di essere sanate (anche nell’interesse dei figli, che prendono come primi modelli relazionali proprio i genitori!).

Dopo cinque mesi dal primo appuntamento arriva la celebrazione dell’unione civile in comune davanti ai bambini e ai ragazzi delle due donne. La storia si conclude così: “‘Gli abbiamo detto come stavano le cose. Ci hanno detto: ‘Vediamo come sorridete, come siete felici, e lo siamo anche noi’. Più facile di così…”

Proprio questo lascia perplessi: sembra tutto troppo facile. Senza giudicare nessuno (auguriamo tutto il bene del mondo a queste donne e alle persone loro care) ai ragazzi che ci leggono vorrei dire: non abbiate fretta, scavatevi dentro, fate discernimento, cercate di capire quello che vi sta succedendo, risolvete la vostra affettività e infine sappiate che, anche in un mondo iper-sessualizzato come il nostro, si possono sperimentare ancora amicizie vere anche senza erotismo, nella gratuità. Cercatele e le troverete.

Cecilia Galatolo

Sesso… come si fa e cos’è?

Oggi vogliamo partite da questa parola, un po’ forte, un po’ ambigua, che fatichiamo a pronunciare, che sembra togliere pudore alla lingua che la pronuncia. Che significato ha la parola sesso? Cosa vuol dire Fare sesso? A cosa associamo il sesso?

Se cerchiamo un po’ in internet, o guardiamo quanto abbiamo intorno, quanto i media ci mostrano e quindi ci educano a pensare, il sesso è possesso, è sfamare un istinto, è raggiungere il piacere. Sesso è poter fare tutto, è non avere regole, sesso è tante cose. (non stiamo ad elencarle per non stuzzicarci la carne proprio in questo tempo di quaresima). Ora fermiamoci! Fermiamo i cattivi pensieri carnali che la mente ci produce e facciamo pulizia insieme, aprendo la porta del cuore.

Per sesso possiamo intendere gli organi maschili e femminili, oppure il genere sessuale maschile o femminile con cui si presenta una persona, “di che sesso sei?”, oppure il complesso dei caratteri anatomici, morfologici e fisiologi o aggiungiamo anche psicologici che determinano l’essere di una persona. Ma il significato su cui vogliamo far luce, è l’etimologia greca della parola. Sesso, dal greco TEKOS, generato, Tek generare, intessere, creare. A sua volta dal verbo τίκτω (tikto) = generare, procreare, produrre, (da cui deriva anche la parola ostetrica) ancora più in origine dalla radice tak- (con la mutazione della t in s).

Sesso= generare

Quanta bellezza! L’avreste detto? Noi che stavamo a farci nella testa i film porno (=dalla radice di prostituzione) invece dietro una delle parole più nascoste, non pronunciate per pudore, per vergogna, che ne hanno fatto un tabù della società, della vita di coppia, c’è la generatività. Fare sesso, fare l’amore che all’orecchio è sicuramente più consueto e dolce, nasconde la generatività di vita. Sesso che non può essere dunque inteso e vissuto come solo ed esclusivo piacere come lo è il masturbarsi, sennò l’atto sessuale si chiamerebbe masturbazione tra sessi opposti o masturbazione in compagnia. Sesso che dev’essere inteso come il gesto grande con cui si sancisce l’unione tra un uomo e una donna, che è dettata dall’amore che c’è tra i due, che genera vita perché il sesso ci fa stare bene, rilassa, sviluppa gli ormoni del piacere, le endorfine, le ossitocine, che agiscono positivamente su entrambi gli amanti.

Sesso che produce forza, energia attorno a noi e che genera vita, perché sappiamo che in certe condizioni fisiche del corpo maschile e femminile si può generare da quell’unione, da quell’amore, da quell’atto sessuale, la vita trasformandoci in creatori, da amanti innamorati che eravamo. Oggi, come negli ultimi 50 anni, la parola sesso è tra le meno pronunciate nelle nostre case, tabù silenzioso, come se noi non fossimo nati da sesso/da un atto sessuale/da un atto di amore. Tabù silenzioso come se fin dalle prima cotte adolescenziali il corpo umano non è richiamato in maniera naturale ad un contatto che nel suo apice vive l’unione dei corpi, che può essere generativo: il sesso.

Tabù silenzioso perché non ne conosciamo il significato. Se ne può parlare ma fraintendendo la bellezza dell’amore che racchiude. In questo vuoto, in questo silenzio, in questo tabù silenzioso che la società, la famiglia e anche la Chiesa stessa ha creato dietro una parola dal significato così etimologicamente semplice e bello, si è inserita la rivoluzione sessuale che ha fatto suo il termine stravolgendolo. Una luce si è spenta sul significato splendente che ha il termine nel suo senso generativo, per lasciare spazio al buio riconducendo alla parola tutto ciò che è piacere rapido, veloce, peccaminoso, accostandolo più al porno, all’erotismo possessivo invece che all’amore e alla vita.

Cos’è il sesso?

È vivere l’amore. L’amore nell’azione della generatività, l’amore nell’unione dei corpi. L’amore, che non è dunque fatto di possesso, di potere, ma di tenerezza che accoglie la libertà dell’altro. Una coppia di sposi che si ama, vive la tenerezza, vive le carezze, gli abbracci, i baci, vive la cura, vive parole e gesti di tenerezza, di dolcezza. Vive il farsi dono l’uno per l’altro. Vive il sostenersi a vicenda, vive il rendere l’altro migliore. Vive l’amarsi nella gioia e nel dolore, nell’ obbedienza, nella fatica, nella malattia. E molto altro… parlare di amore è cercare di rendere finito l’infinito e non si ha mai fine quindi per descriverlo.

Un ultimo aspetto: vivere l’amore di coppia è vivere il morire per l’altro, non nel senso esclusivo del sacrificio, ma nella gioia stessa che è insita nell’amore e che ci porta a dire all’altro io ti amo, sono disposto a morire per te, a lasciare ciò che è mio per amore tuo. Chi si ama, vive l’amore e quindi può arrivare a vivere anche il sesso per ciò che è veramente. L’unione che dà vita, che genera, sempre e comunque, indipendentemente che sia vita che nasce dal grembo o vita che nasce dai frutti di bene seminati dalla coppia. Unione che genera Vita, che genera Amore. Non si può vivere il sesso senza amore! Quale male sarebbe per il corpo e lo spirito di entrambi!

Ferite grandi si aprono dal dono del corpo dato nel piacere.

Non si può vivere il sesso senza amore e pensare che questo non porti vita. Perché l’unione, lo stesso amarsi genera vita in senso biologico ma anche in senso spirituale per la coppia.

Al prossimo lunedì.

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Amore o non amore!?…Grazie!

Ah l’amore! Domani è San Valentino!

Il giorno degli innamorati, il giorno in cui si celebra l’amore. Il giorno in cui un mazzo di rose o una cena fuori o un cioccolatino lo si riceve o lo si regala. Il giorno in cui un’attenzione in più tra le mura domestiche ti raggiunge, il giorno in cui anche solo con un abbraccio o un bacio provi ad amare e ti lasci amare.

Grazie! Perché anche se è una festa dettata un po’ dal consumismo, san Valentino celebra l’amore!

Grazie perché una volta all’anno sul calendario troviamo segnato un cuore che ci ricorda di amare.

Ora svoltiamo: se lo guardiamo dall’altro lato della medaglia, dal lato, credo, della maggioranza delle persone, san Valentino è una festa tutt’altro che bella. Chi perché l’amore fatica a incontrarlo e si ritrova a vivere il giorno degli innamorati, volendo amare, ma senza avere una persona accanto da amare. Chi con l’amore si è ferito e non ci crede più, e non si mette in gioco più, e non gli apre più la porta del cuore. Chi “con l’amore ha già dato”: con una storia lunga, un matrimonio, una convivenza e ora vive con l’indifferenza all’amore, come se si potesse vivere senza amore.

Eh già! L’amore, è la cosa più bella di tutte, eppure anch’esso ci mette in disaccordo, ci fa schierare fra gli amanti e i non amanti. Fra i pro amore e i non amore.

Eh già! L’amore, il sentimento più forte che fa smuovere le montagne, che ti rialza dalla morte, che ti trasforma e ti rende folle nel periodo dell’innamoramento, che ti chiama a donare tutto di te, che ti chiama a generare vita, è anche quello che se non lo si sa usare ti butta nella fossa.

Quante coppie spaccate, quanti divorzi, quante convivenze che dopo saltano, quanti matrimoni che magari dopo molti anni finiscono. È questo il risultato dell’amore?

No! Come può succedere? Come si può cambiare schieramento? Come si può passare dal vedere il bello del vivere l’amore, al vivere la rassegnazione o l’odio o l’indifferenza?

Tutto quel che si rompe non ha origine nell’amore! Perché l’amore è vita, è dono.

Il problema è che bisogna ogni giorno interrogarsi e cercare la bellezza dell’amore!

Stolto chi pensa di saper amare, di saper cos’è l’amore. Perché l’amore è qualcosa di infinito più grande di noi, pertanto irraggiungibile, ma che dobbiamo provare a vivere con tutte le nostre forze.

Oggi è la vigilia di san Valentino, la vigilia del giorno di chi è innamorato, di chi si ama, eppure non troviamo facilmente chi ci spiega come vivere l’amore! L’amore quello vero, quello per sempre, quello che si fa spreco e dono gratuito. L’amore che si lascia lavare i piedi, servire e che ti cambia il cuore.

Che poi, come diceva un frate amico, l’amore o è vero o non lo si può chiamare amore. Lo chiameremo vogliamoci bene, vogliamoci tanto tantissimo bene, ma non amore.

Oggi vogliamo incoraggiarci tutti a risvegliare l’appetito dell’amore! Tutti! Chi si è da poco innamorato, chi è sposato da cinque, dieci o quarant’anni di matrimonio, chi è stato appena lasciato, chi lo cerca senza trovarlo, chi continua sempre a fallire. Tutti!

Diceva Chiara Corbella: “L’Amore è il centro della nostra vita, perché nasciamo da un atto d’amore, viviamo per amare e per essere amati, e moriamo per conoscere l’amore vero di Dio”.

Quante volte ripetiamo questa frase! Quanto ci piace!

L’amore è il centro della nostra vita! Non possiamo stare senza! Coraggio! Senza amore non si può vivere!

Perché il contrario dell’amore è il possesso, è la morte.

Il significato della parola amore è “senza morte”.

Allora la bellezza della parola amore è andare oltre la morte, è la vita, è dare la vita. Amare è far trionfare sempre per sua natura la vita sulla morte, il bene sul male. Bellissimo!

Certo poi la parola amore racchiude in sé anche le sue forme di Eros, Agape e Philia. Termini che descrivono l’amore secondo caratteristiche che predominano l’una sull’altra come attrazione, bisogno, condivisione, donazione perché L’Amore non è solo quello sponsale o più superficialmente genitale, ma racchiude in sé anche una relazione genitoriale, materna e paterna, filiale, fraterna, amicale, filantropica…

Che cosa grande l’amore!

L’amore è insito in ogni uomo e donna. Fin dalla nascita siamo spinti ad andare l’uno verso l’altro, ad entrare in dialogo, ad interagire.

L’amore è insito in noi dalla creazione nostra e del mondo. C’è qualcuno che con un atto di amore ci ha generato, c’è qualcuno che con un atto di amore ci ha portato in grembo, ci ha voluto, custodito, desiderato, accolto, dato alla luce.

E c’è qualcuno più grande ancora che ci ha chiamato alla vita con il soffio dello Spirito, e ci ha dato le istruzioni per vivere la nostra vita: amarci! (rileggiti Genesi 2)

Va bene, forse la stiamo facendo lunga.. avremmo pagine di appunti e spunti che vorremmo condividere.

Diamo un colpo di forbice e vi diciamo: oggi, domani, sempre, accogliti/accorgiti di quanto sei amato!

Domani dovete amare la vostra vita!

Mettere i piedi giù dal letto e dire: grazie!

Grazie perché mi ami, grazie perché sono in piedi, sveglio, grazie perché magari vado al lavoro, ho una moglie, ho dei figli. Grazie perché ho fatto colazione.

Grazie per il sole e questa Alba splendida, grazie per il freddo e l’alternarsi delle stagioni. Per tutta questa grande ricchezza.

Solo riconoscendosi figli amati dal Padre e da chi abbiamo attorno possiamo amare dello stesso amore che ci è dato.

Cosa aspetti a dire il tuo grazie?

Buona festa di san Valentino, buona festa degli innamorati! Aggiungiamo noi buona festa dell’amore!

Non si esaurisca a domani però la gratitudine di essere figli amati, ma da domani viviamo ogni giorno amando e lasciandoci amare.

Solo nell’amore troviamo la nostra vocazione vitale per affrontare ogni giorno, sia che siamo sposi, single, sacerdoti, religiosi, vedovi o divorziati.

Concludiamo con un breve monito di Papa Benedetto XVI, che in poche righe esprime quanto detto fino a qui, ricordandoci qual è il vero e unico senso della nostra chiamata alla vita:

“Fa sì che l’amore unificante sia la tua misura, l’amore durevole la tua sfida, l’amore che si dona la tua missione”

 (Papa Benedetto XVI)


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45° giornata per la vita! Ama e vivi.

Ieri una domenica bella! Bellissima! Una domenica bella come il Natale, dove non c’era spazio per la tristezza, per il grigiore. Ieri si celebrava la vita!

La giornata per la vita non dev’essere volta solo a celebrare l’aspetto della natalità. Tema importante, centrale, radicale. Ma come il Natale non è solo la nascita di un bambino in una mangiatoia ma molto, molto di più. La giornata per la vita riguarda tutti, perché non solo chi è in gravidanza, chi vive la maternità, chi ha vissuto un dolore neonatale deve sentirsi parte di essa. Anche tu, vivi e hai il dovere di vivere e non vivacchiare! Anche tu puoi donare vita, puoi aiutare la vita, puoi incoraggiare la vita, puoi custodire la vita, puoi accogliere la vita. Pensiamo al ruolo dei nonni quando in casa c’è un bambino piccolo. Pensiamo all’importanza delle coppie di amici affianco nel cammino. Pensiamo ai bambini, come hanno bisogno di giocare tra loro per vivere la vita. Pensiamo ai giovani che cercano la bellezza della vita, che vivono l’amore, che si interrogano sulla loro vocazione, che fanno del bene. Pensiamo ai volontari, agli educatori, …Anche tu hai il dovere di prender parte alla vita!

Ma cos’è la vita? Convenite con noi che è qualcosa di importante, un po’ come il cibo o l’acqua. L’uomo ha bisogno di sfamarsi, ha bisogno di bere, ha bisogno di vita e di vivere. Ma io mangio regolarmente, faccio colazione, pranzo, cena… ma vivo? Genero vita? Se la vita è importante come il cibo, forse di più, cosa faccio per la vita? Cos’è la vita? vediamo etimologicamente cosa vuol dire:

Vita: che è da ricondursi alla radice ariana giv- ed, in particolare, al sanscrito g’ivathas = vita, dove la g’ aspirata è stata sostituita dalla v nel latino arcaico vivita che, a sua volta, si è contratta nel latino vita. Per vita si intende lo “stato di attività della sostanza organizzata”. Si dice che la vita sia l’unica bolla di resistenza contro il caos, l’unico sistema capace di mantenere costante il livello di entropia (caos…) al proprio interno. La vita è ciò che ci permette di essere qui ancora oggi a parlare perché qualcuno l’ha donata a noi, perché noi possiamo donarla ad altri. La vita è ciò che non è morto, finito, esaurito, distrutto; la vita è la speranza di un futuro, è immagine di eternità.

Amore e vita si intrecciano, la vita è incatenata all’amore, è unita ad esso e non ci può essere vita se non c’è amore. Ed è folle l’uomo che pretende di vivere senza amare e di amare senza vivere. Impossibile pensare di non amare, poter dire “io non amo”, io non so cosa sia l’amore. Una persona che vive senza amare non riesce a vivere. Una persona che ama senza vivere è fuori natura perché la natura dell’amore è la vita. Cos’è allora la vita se non Amare! La spiegazione di ciò che è vita è racchiusa nell’amore.

Vivi tu? Ami tu? Chi vive ama! E chi ama vive! E crea vita! Proviamo a dircelo in un altro modo:

Vita, parola che illumina, come se fosse lo spazio bianco attorno a tutte queste lettere nere di inchiostro, messo a dura prova nel mondo attuale dalle variabili di un mondo che ci sta togliendo la bellezza dell’amore e del sesso, sue parti vitali. Dove sta la bellezza dell’amare se ho paura di far nascere nuova vita? Come un contadino che ara e lavora la terra ma non vuol vedere nascere il frutto del suo lavoro.

Amore vuol dire etimologicamente SENZA MORTE e quindi VITA. Amore è Vita. La vita è amare e riconoscerci amati, sentirsi amati, e comprendere che la vocazione inscritta nel cuore di ognuno di noi è l’amore, siamo fatti per amare. “L’uomo non può vivere senza amore. Egli rimane per se stesso un essere incomprensibile, la sua vita è priva di senso, se non gli viene rivelato l’amore, se non s’incontra con l’amore, se non l’esperimenta e lo fa proprio, se non vi partecipa vivamente” (Giovanni Paolo II Redemptor hominis n. 10.)

È meraviglioso amare ed essere amati, ma tale fascino non cresce spontaneamente, richiede un impegno di tutte le energie. Bisogna imparare ad amare con il cuore e con il corpo. Non ami se sei posseduto dal sesso, che brucia in te la vera capacità di amare. Il corpo è mezzo espressivo dell’amore. Non hai amore se sei abbandonato e guidato dai tuoi istinti, intrisi d’egoismo. Non sei libero nel vortice dei sensi, ma posseduto. Solo nella libertà si ama veramente. Dominare l’egoismo e le passioni ad esso legate dovrebbe essere la tua gioia, per far emergere l’autenticità della tua umanità, che è fatta per l’amore.

Solo impegnandoci a comprendere cos’è l’amore diventiamo gaudi, felici, vivi perché l’amore è vita e solo l’amore rende attraente la vita. Possa la giornata di ieri farci riconoscere che è importante celebrare la vita. Possa incoraggiarci ad amare per far crescere la vita intorno a noi. Possa risvegliarci dal nostro sonno in cui viviamo anestetizzati in una vita che non vive. In una vita che vivacchia. In una vita dove i piedi sono in due scarpe. Dove camminiamo ma in una rotatoria dove il bello e il brutto si ripetono ma non si prende mai una direzione. Vivi! Possa risvegliarci dal vivere appoggiati come parassiti ad un altro, o ad un idolo che non ci fa vivere ma ci toglie vita. Vivi! Un santo Papa disse una frase semplice un giorno, ma che forse tutti ricordiamo: Prendete in mano la vostra vita e fatene un capolavoro!! Abbiamo solo questa vita per vivere! Fanne un capolavoro. Non vivendo esperienze estreme, egoistiche, che nascono dal tuo io. Ma vivendo l’amore!! Abbiamo solo una vita per amare! Il capolavoro lo dipingi se pitturi un quadro -per gli altri!

Ci hai già provato? E sei caduto? Hai fallito? Rialzati subito! Non hai un’altra occasione. Riparti!! Non ti abbiamo detto che era facile fare un capolavoro. Anzi te lo diciamo: è faticoso! Ma per questo sarà stupendo…Concludiamo citando un altro gigante bianco: Fa sì che l’amore unificante sia la tua misura, l’amore durevole la tua sfida, l’amore che si dona la tua missione (Papa Benedetto XVI). Alla prossima: restare vivi!!

Anna e Ste – @Cercatori di bellezza

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Invito, relazioni e accoglienza per una Chiesa missionaria! 

Qualche settimana fa, un sabato pomeriggio, abbiamo partecipato ad un momento semplice di preghiera, di affidamento e benedizione dei bambini alla Madonna. Appuntamento ricorrente, organizzato dalla nostra parrocchia in occasione della festa della Madonna di ottobre. È stato bellissimo veder la chiesa quasi piena. Quel pomeriggio era gremita di famiglie, di genitori e figli come quasi mai succede durante l’anno. Sembrava che una BENEDIZIONE avesse attirato tutti quei bambini! Che bellezza! A far riempire la Chiesa non è stata solo una “voglia” di benedizione, ma a contribuire è stato anche un INVITO fatto dalle scuole materne del comune ai bambini. 

Prima parola: INVITO. Se basta un invito della maestra dell’asilo per portare tutti quei bambini in chiesa, tutte quelle famiglie, dovremmo chiedere alle maestre di invitare tutte le domeniche i bambini a messa. Non è nel compito e vocazione di una maestra invitare alla liturgia, ma allora a chi spetta questo compito? Chi dovrebbe invitare a messa? Ma davvero, se ci fosse un invito le nostre chiese sarebbero più piene? Noi invitiamo qualcuno a messa? noi invitiamo qualcuno alla preghiera?

Riflettiamo su questo aspetto dell’INVITO. In genere non si va da soli al bar, non si va da soli al cinema, non si va da soli allo stadio o in tanti altri luoghi ma si invita qualcuno. E chi inviti? Qualcuno che abbia più o meno la stessa passione, che vuole vedere lo stesso film, che tifa la tua stessa squadra, qualcuno con cui si ha voglia di passare del tempo nutriente, del tempo assieme, facendo qualcosa che ci piace. In chiesa la domenica tu chi inviti? La messa domenicale può essere il tempo dell’incontro (post celebrazione) sul sagrato, il tempo per un caffè o un aperitivo insieme, un saluto. 

Riflettiamo ancora insieme. Certe cose come: andare al bar, a teatro, al cinema, allo stadio, o dove vi piace a voi andare, le si fanno per passione, o in alcuni casi per tradizione, perché ho sempre fatto così. Facciamo due esempi: il pane l’ho sempre comprato lì, la carne per la grigliata mia mamma la prendeva sempre da quel macellaio, oppure: vado allo stadio per passione per una squadra, sono appassionato di cinema, etc. E in chiesa perché si va? Perché si ha voglia? Per voglia, Si finirebbe subito. 

Tu perché vai in Chiesa? Forse per tradizione? Sì, forse molti ancora vanno per quello, ma come vedete passano gli anni e le tradizioni iniziano a perdersi. Allora forse dovremmo andare per passione, passione di Cristo, del Vangelo, della celebrazione, dell’Eucarestia, della preghiera. Ma si sa forse si fatica a restare appassionati di Gesù.

Perché vai in Chiesa? Il cinema o le squadre di calcio attirano le persone con dei grandi eventi. La Chiesa in che modo lo fa? Con nuovi Santi? Con un miracolo? .. non è la strada di Gesù. Ognuno risponda per se alla domanda. Forse per ascoltare la Parola di Dio, per nutrirsi, per fede, perché crede e quindi è appassionato di Gesù. Forse se ci andassimo perché ci giunge anche un invito, perché sappiamo di trovare una relazione, ci andremmo molto più volentieri. È la RELAZIONE quella che sta venendo a mancare nelle nostre comunità parrocchiali, tra noi e Lui e ancora più tra di noi.

Sicuramente abbiamo visto in questi anni di lockdown quanto siano importanti le relazioni. Forse siamo un po’ matti, anzi lo siamo di certo, ma crediamo che un primo passo verso una riscoperta della messa domenicale lo si ha restaurando RELAZIONI, invitando i propri amici e imparando ad accoglierci. Invitare l’altro non è altro che essere missionari, il missionario esce di casa e ti porta un annuncio di bene, di amore, ti invita a seguirlo. Oggi abbiamo bisogno che le famiglie diventino vere missionarie! 

Non il prete che da solo deve gestire parrocchie e impegni come manager di multinazionali. Lui è uno solo in un comune di mila e mila abitanti, noi siamo già più di uno tra i mila abitanti dello stesso comune. Tu che aiuto dai alla tua Chiesa? Ricordo quando in fondo alle panche si vedevano sempre quel gruppo di vecchietti che per amicizia si trovavano tutto insieme alla stessa messa, occasione poi per far due chiacchere, per stare insieme, per salutarsi. Ricordo quando facevo il chierichetto con i miei amici e l’andare alle funzioni era anche occasione per vederci. Ricordo quando mia nonna andando a messa la domenica, trovava tutte le sue amiche fuori di chiesa e tra un saluto e una chiacchierata tornava a casa alle 12.00, ma la messa era finita alle 10.

Oggi chi fa così? Forse non abbiamo il tempo per due ore di saluti e chiacchere la domenica mattina? Forse non ci piace più stare in compagnia? Cosa è cambiato? Son cambiate le relazioni? Ci viene da pensare che mia nonna aveva e ha delle relazioni più salde delle tue e delle mie nonostante non conosca né i social né i telefonini. Riflettiamoci! Che bellezza poter vivere non solo la celebrazione liturgica come un tempo che ci arricchisce ma anche il fuori chiesa, il post messa, come un tempo nutriente che ci rende comunità. Cristiani felici insieme! Siamo battezzati e camminiamo nella e con la comunità cristiana, coltiviamo allora le relazioni perché non vengano mai a mancare, sono il bisogno primario del cristiano di oggi! Coltiviamo unitamente la relazione con Dio! Oggi vi lasciamo qua. Andremo avanti domani con uno spunto ancora più bello! .. buona giornata e stay Tuned!

Anna Lisa e Stefano – @cercatori di bellezza

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Famiglia dai una mano in parrocchia (2 parte)

Ritorniamo sul tema famiglia e parrocchia, spinti da un dialogo con degli amici, che ha generato nuove belle riflessioni. Nell’articolo precedente parlavamo di “essere famiglia”, “essere Sacramento del matrimonio”, non volendo escludere ciò che facciamo come famiglia: i servizi in parrocchia o in oratorio che restano importantissimi! Non è che chi “fa un servizio” è nell’errore, anzi vi diciamo il nostro GRAZIE, quale utenti fruitori del bene che il vostro fare genera per noi e per la comunità.

L’importante è che ci sia equilibrio tra l’essere famiglia e quello che si fa come famiglia o come padre o come madre. Alla base di tutto resta però una domanda che devi fare a te stesso e alla sua famiglia: CHI SIAMO? Questa è la prima domanda! E a questo dobbiamo in primis risponderci! Non si può fare, se non si sa chi si è. Anche i film di supereroi quale “Superman” o “spiderman”, “capitan american” ci insegnano che per poter fare dobbiamo comprendere chi siamo.

Chi è …”famiglia”? Chi siamo? O più difficile: cosa vuol dire essere famiglia? Solo dopo possiamo e dobbiamo scoprire il vero senso del servizio e del fare che può essere compreso solo se prima si ha il tempo di amare la propria vocazione e quindi il proprio essere. Si corre sennò il rischio che il fare sia una porta di uscita dal proprio essere. Il mettersi al servizio non deve diventare un tappabuchi o un lavoro da crocerossina per “salvare la parrocchia” perché con il tanto fare si rischia solo di “scoppiare”, si perde il senso del servizio e della propria missionarietà.

Quindi una cosa non esclude l’altra, l’essere non esclude il fare e viceversa, ma l’importante è partire dal riconoscersi Sacramento vivo, è ricercare sempre la propria natura, la grandezza che siamo maschio e femmina ci creò. Se manca tutto questo si rischia una grande confusione per noi e per chi ci sta attorno. È bello mettersi al servizio del bene, ma ancor più bello è se riusciamo a svolgere incarichi non da soli ma in quanto sposi: insieme! Una coppia è bello che sia presente insieme per poter testimoniare il loro essere amore vivente, volto di Dio, casa fatta carne, padre e madre che si donano, simbolo di unità.

Diverso è vedere un signore che compie un servizio qualsiasi esso sia, diverso è vedere una coppia che si dona amandosi, si fa dono! Noi sposi, in forza della grazia ricevuta nel Sacramento delle nozze non siamo semplici laici, ma come un sacerdote svolge la sua missione, vive la sua vocazione e agisce in forza del Sacramento dell’ordinazione che ha ricevuto, così noi sposi agiamo non in quanto battezzati ma in quanto ordinati Sacramento nuziale di amore concreto uomo – donna che abita la terra.

Ci viene anche da pensare che il fare un servizio in parrocchia non dev’essere un volere o un pretesto, possono esserci realtà e servizi che non necessitano il nostro servizio, ma questo non toglie chi siamo. Lo ridiciamo: il primo servizio di due sposi è essere famiglia, non c’è nulla di più grande ed importante che manifestare ogni giorno l’amore familiare! Se oggi volessimo fare catechismo nella nostra parrocchia magari tutte le classi sarebbero già coperte, o se volessimo fare il corso in preparazione al matrimonio anche lì non ci sarebbe posto, e allora una coppia cosa deve fare? Certo forse c’è sempre posto tra chi deve fare le pulizie o altri servizi. Compiere un servizio, vuol dire farsi umili ed inginocchiarsi ed essere disponibili accogliendo ciò che si è chiamati a fare, ma se uno vuole aiutare la Caritas non può certo essere dirottato in “croce bianca” .. i servizi come i talenti e i ministeri son diversi, è diverso il tempo e il modo in cui ci si dona!

L’importante è non passare dal volersi mettere a disposizione per fare un servizio al credersi necessari. Bisogna stare attenti anche che il servizio non diventi una proprietà propria che limita l’ingresso di altri o alcune scelte. Ci sono anche parrocchie dove se vuoi fare il servizio di catechismo non ci sono i bambini o se vuoi fare il servizio di preparazione al battesimo non ci sono i battesimi o dove se vuoi fare servizio in preparazione al matrimonio non ci sono più giovani che si sposano. La Chiesa non nasce dai servizi, dall’erogare servizi. Puoi offrire anche tutti i servizi più belli di catechesi ma se in parrocchia non ci sono figli o famiglie non servirà a nulla. Ciò che bisogna portare avanti è l’essere e secondariamente il fare. La famiglia stessa non la riconosci da quanti servizi offre, da quante preghiere organizza ma da come sa essere famiglia, sa amarsi.

Bisogna poi forse domandarsi, dal lato utente, l’utilità di alcuni servizi. Non mettiamo in dubbio le pulizie della chiesa o il servizio lettori o canto etc. Ma per esempio un servizio in preparazione al matrimonio, dalle coppie è visto come il corso obbligatorio per sposarsi e prendere il bollino di ok al matrimonio, quindi il tuo servizio potrebbe essere visto ai loro occhi come un “servizio civile” non un servizio alla fede e all’amore. Sarebbe servizio solo se in quel corso si annunciasse la bellezza del Sacramento del matrimonio, si facesse incontrare il risorto, il volto di amore che è Lui e che sono due sposati. Purtroppo in tante parrocchie si è dovuto abbassare il tiro adeguandosi a quella che era la richiesta dell’utente, svuotando completamente la natura del servizio stesso.

Siamo sicuri che alcuni servizi quindi, siamo ancora utili alla Chiesa o non siano dei servizi di “passaggio obbligato” al ricevere un Sacramento? Le istruzioni e i paletti che le Chiesa stessa ha messo nel corso dei decenni per dare delle linee guida alla nostra preparazione, son in alcuni casi diventati delle “legge farisaiche”, porte obbligatorie verso i sacramenti , non per colpa della Chiesa. Se parlassi con un nonno di quello che facciamo oggi come servizio si metterebbe a ridere. Ai suoi tempi alcuni servizi non c’erano, ma c’era più idea di famiglia, era diversa la fede, la conoscenza di Gesù e l’importanza dei sacramenti!

Oggi facciamo il “percorso in preparazione al matrimonio” ma le coppie divorziano. Che bello sapere che Carlo Acutis era talmente innamorato di Dio da aver bruciato le tappe per fare la comunione e non è rimasto nei “paletti” classici. Ci vogliono le istruzioni e grazie alla Chiesa che ce le dona, ma il servizio che sorregge quei paletti in alcuni casi sta facendo implodere la struttura stessa! E la chiesa stessa lo sa bene, lo vede, per quello sinodi ed encicliche, per dare nuove linee. Concludiamo con l’ultimo spunto:

La famiglia è la prima scuola di amore e gli stessi documenti del magistero della Chiesa ci dicono che siamo noi la prima scuola di catechismo, la prima scuola di preghiera, i testimoni dell’amore matrimoniale che dovrebbero con la loro vita preparare le altre coppie al matrimonio. Tanti servizi (preparatore ai battesimo, ai matrimoni..) non c’erano neanche al tempo dei nostri nonni. Con questo cosa vogliamo dire? Che nell’abbondanza o nella necessità la Chiesa ha creato strutture e iniziato servizi, ma come un tempo c’erano i rioni e le corti o le contrade e oggi no, così fino ad anni fa avevamo le parrocchie e ora le comunità pastorali. I servizi passeranno ma la famiglia e il sacerdote no!

Quello che abbiamo scritto può anche essere non del tutto condivisibile, ma è ciò che abbiamo vissuto nelle nostre esperienze di vita, nei nostri incontri e compreso noi dai documenti del magistero della Chiesa. Lì c’è la radice e fonte per essere Chiesa, dell’essere famiglia.

Anna Lisa e Stefano

Il brutto anatroccolo siamo tutti noi!

In questi giorni stiamo leggendo la fiaba del brutto anatroccolo a nostro figlio Pietro. Non ricordavo molto bene la trama, ma leggendola mi sono sorpreso di come una storia per bambini possa racchiudere, letta con gli occhi della fede, un messaggio d’amore di Gesù. Il protagonista, il brutto anatroccolo, fin dalla sua nascita non si sente accolto e accettato né dalla sua mamma né dai suoi fratelli a causa della diversità del suo piumaggio. Pensano infatti di lui che sia un tacchino. Il brutto anatroccolo viene anche messo alla prova sulle sue capacità natatorie e viene schernito per la sua inettitudine e goffaggine, a differenza dei suoi fratelli che invece sono molto più bravi. Da quel momento iniziano per lui una serie di disavventure, viene continuamente disprezzato e allontanato. In un giorno di primavera, però vede il suo riflesso nell’ acqua, si sorprende del suo bellissimo piumaggio bianco  e delle sue grandi ali. Incontra infine tre grandi uccelli simili a lui i quali gli dicono che è un cigno, il più bello che abbiano mai visto! Gli chiedono quindi di entrare a far parte della loro famiglia. A quel punto il piccolo esulta di gioia: sono un cigno! In realtà sono un cigno! Da allora non si sente mai più né solo né abbandonato.

Vi starete chiedendo cosa c’entri questa storiella con il matrimonio cristiano. Padre Raimondo Bardelli, il frate cappuccino da cui nascono gli insegnamenti dell’Intercomunione delle Famiglie di cui siamo parte, era solito affermare che è arduo amare gratuitamente il nostro coniuge se prima non ci sentiremo amati, se non abbiamo un po’ di autostima. Come possiamo accogliere l’altro, se prima non accogliamo noi stessi? Quanti di noi portano ferite dalla propria infanzia che ci hanno fatti sentire soli, sbagliati, diversi come il piccolo cigno?  

Mia moglie, essendo stata adottata, porta la ferita dell’abbandono. Sicuramente è stata una grande grazia per lei trovare una mamma e un papà adottivi che hanno saputo amarla, ma la sofferenza di non aver mai potuto conoscere e abbracciare la mamma biologica, che l’ha messa al mondo, non si cancella così facilmente. Anche io porto una ferita simile alla sua, tant’è vero che tutt’oggi mi devo allenare tutti i giorni per aprirmi a gesti di affetto e tenerezza verso Alessandra, perché ho sempre paura di essere rifiutato. Sicuramente i miei genitori hanno fatto del loro meglio, ma anche così si commettono errori. Neanche loro sono mai stati consapevoli delle ferite e della sofferenza che io ho provato.

Con mia moglie però, dal giorno che ci siamo promessi amore incondizionato con il nostro sì all’altare, come diceva papa Giovanni Paolo II, abbiamo spalancato le porte a Cristo Gesù. Abbiamo capito che l’unico che può veramente amarci di un amore infinito e immenso è Lui. Non possiamo caricare i nostri genitori, il nostro coniuge o qualunque altro essere umano di un peso così grande. Vedete, il brutto anatroccolo siamo tutti noi! Tutti ci sentiamo non abbastanza finché non realizziamo che per Lui siamo TUTTO, che per Lui siamo un capolavoro! Il laghetto in cui il brutto anatroccolo si specchia e improvvisamente riacquista la vista può essere per noi il Santissimo esposto sul altare.  La capacità di accogliere è la scintilla di Dio dentro di noi!

Da una semplice storia per bambini è uscito tutto questo! Di quanti mezzi si avvale il nostro Papà nei Cieli, concedetemi il termine Papà per esprimere tutto il mio amore per Lui, per arrivare a noi Suoi Figli amati e preziosi.

Riccardo e Alessandra

Va e ripara la mia casa

San Francesco!

Oggi vogliamo fermarci a contemplare ancora una volta la bellezza del poverello di Assisi! Santo a noi molto caro, patrono della nostra Italia, piccolo giovane proveniente da una città per noi seconda casa.

C’è quell’aggettivo che abbiamo usato prima per descriverlo che però dovrebbe stonare con la bellezza: poverello.

Un povero ma bel giovane!

Francesco ha scelto davvero una vita povera, Francesco ha lasciato una famiglia ricca per farsi vicino al povero, per vivere secondo il Vangelo! Un gesto estremo per i nostri giorni, ma anche per 800 anni fa!

Trovare il coraggio di lasciare tutto per vivere nella verità del cuore, per vivere per l’Amore. Trovare il coraggio anzitutto di cercare il significato di quelle parole che risuonavano nella sua mente. È da un ascolto profondo, da una ricerca di verità, di bellezza che lui è partito e ancora oggi si mostra a noi.

Fra le tante parole che Francesco ha ascoltato ce n’è una che gli è arrivata dal crocefisso di San Damiano: VA E RIPARA LA MIA CASA.

Una frase semplice, breve, da far risuonare nel cuore.

Va: mettiti in cammino, alzati, parti, non star fermo. L’amore è un verbo di movimento non statico. L’amore ha fretta di amare, domani sarà tardi. Va allora! Cosa aspetti? Non lasciare che le cose le faccia qualcun altro.

Ripara: aggiusta, sistema, non scartare, non buttare, non dividere, non vedere la fine come se non ci fosse più speranza. Va e aggiusta, abbi fede! C’è speranza! Ripara! Fidati!

Che bello! Il Signore ci rilancia (va..), ci spinge a partire ma non per nuove costruzioni ma per riparare, verso quel che c’è già! Bellissimo!

Il nostro non è un Dio dello spreco, non è il general manager di una compagnia usa e getta, acquista – monta e quando ti stanchi o si rompe: cambia! No, ripara!

Nel libro dell’apocalisse al capitolo 21 sta scritto “ecco io faccio nuove tutte le cose”, il Signore non fa nuove cosa ma fa nuove tutte le cose! Bellissimo!

Il Signore Gesù: artigiano d’amore!

La mia casa: cos’è questa casa? La Chiesa in senso di struttura fisica? La Chiesa in quanto istituzione? Cos’è “la mia casa”? Come posso fare a risanare la mia casa, la chiesa?

È qua che ci siamo soffermati, è qua che nasce il dubbio, l’incomprensione, il vuoto, forse ci sentiamo spaesati, sembrava una frase semplice che avevamo compreso ora sorge una domanda “dov’è la tua casa Signore? Cosa vuoi che ripari? Dove mi mandi? “

Per noi, questa casa è il tuo cuore!

Per noi, questa casa è la tua vocazione!

Per noi questa casa, è il tuo vivere quotidiano! Quanto calcestruzzo serve per curare la vita di ognuno di noi, ognuno con i propri limiti, i propri peccati, le proprie cadute più o meno grandi, le abitudini sbagliate etc

Quanti cuori feriti, infranti, traditi, freddi, insensibili.

VA E RIPARA il tuo cuore, LA MIA CASA!

Quante vocazioni non curate, non scelte, non allenate con il passare degli anni che si smarriscono, rallentano, si inaridiscono. Quanta difficoltà a dire sì, quanta fatica oggi a scegliere di mettersi in ascolto della Parola che dona vita, invece di continuare ad inseguire come Francesco i propri sterili sogni di gloria, il sogno di diventare cavaliere. Lui ha avuto la (s)fortuna di cadere da cavallo. Te che aspetti a dire sì all’amore?

VA E RIPARA la tua vocazione, LA MIA CASA.

Ed il significato più bello, il più nostro, per questo blog. Va e ripara la mia casa; per noi, questa casa è la famiglia! La tua famiglia!

La tua relazione sponsale. Da qui si può aiutare e riparare la Sua casa, la Chiesa: che altro non è che famiglia di famiglie.

Come riparare la chiesa se litigo con mia moglie? se non so essere volto di amore per i miei figli? se non coltivo la mia relazione? se non dialogo con lei/lui? Se non ho tempo per lei/lui? Se non vivo la nuzialità, l’unione, quell’eros e agape che rende saldo il nostro essere marito e moglie?

Quante crepe, quanti litigi, quante fatiche anche nelle nostre famiglie! Cosa aspetti, la festa del Poverello di Assisi arriva anche quest’anno e ci riporta quelle parole “VA E RIPARA la tua famiglia, LA MIA CASA”.

Sposi sì ma testimoni di amore! Famiglia sì ma che viva con ambizione di santità, in casa, con i figli, ma anche in ogni ambito in cui papà, mamma e figli vivono!

Da come ci amiamo dovranno capire che il Signore è risorto!

“Va e ripara la mia casa”

Forse anche noi oggi possiamo fermarci a contemplare san Francesco chiedendogli di aiutare a vivere in risposta a questa richiesta vivendo l’amore che oggi son chiamato a dare, per me, per il mio prossimo, per il mio collega, per mia moglie, per mio marito, per i miei figli.

Mettendoci in ascolto, facendo spazio a Lui, alla sua parola.

Questo è il il lavoro più bello che possiamo fare per riparare la SUA CASA.

La sua casa sei te! È la tua vocazione! È la tua famiglia! È il tuo cuore!

Anna Lisa e Stefano – @cercatori di bellezza

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La castità ha bisogno di una meta

Sto scrivendo con Luisa il nuovo libro. Un testo dove cercheremo di approfondire il matrimonio nella sua dimensione regale. Come ho già più volte scritto il matrimonio è un sacramento che si fonda sul nostro battesimo, come del resto tutti i sacramenti. Il battesimo ci permette di essere re, sacerdoti e profeti con Gesù. In due libri già pubblicati, Luisa ed io abbiamo approfondito il nostro essere profeti e sacerdoti ed ora stiamo completando l’analisi con l’ultima dimensione. Noi siamo re. Siamo re quando sappiamo alzare lo sguardo e smettere di essere ripiegati su noi stessi.

E’ sbagliato quindi cercare di essere felici? No nient’affatto. E’ sbagliato legare la nostra felicità ai nostri sentimenti. Lo dice benissimo don Luigi Maria Epicoco in un suo libricino L’amore che decide. Noi abbiamo un oceano dentro. Un oceano fatto di sentimenti, emozioni e, don Luigi aggiunge giustamente, anche le nostre personali ferite che cercano di influenzarci. Corriamo il rischio di restare ripiegati su tutto questo bagaglio perdendo di vista quello che davvero conta per la nostra felicità e per dare senso a tutto: la destinazione. A volte viviamo come non ci fosse una destinazione. Viviamo alla giornata cercando di trovare la gioia in quei piaceri, spesso illusori ed effimeri, che possiamo avere nel dare soddisfazione alle nostre emozioni e ai nostri sentimenti. A volte, se parliamo di sesso, ai nostri semplici impulsi ormonali. Una dimensione davvero basica. Che povertà! Poi però non cerchiamo la nostra meta e se non la cerchiamo non la trovaremo mai. Capite la sofferenza dei nostri tempi? Il card. Biffi aveva descritto benissimo tutto questo apostrofando la sua Bologna come sazia e disperata. Siamo così. Cerchiamo di saziarci di piacere ma poi siamo disperati perchè non troviamo il senso della nostra esistenza. E più non troviamo senso e più abbiamo bisogno di cercare un anestetico fatto di piaceri. Diventa un circolo vizioso.

Da tutto questo ci può salvare la nostra vocazione. Prendere quindi coscienza che abbiamo un destino. Non intendo certo il fato cioè qualcosa di ineluttabile che dobbiamo accettare, ma un progetto su di noi che dobbiamo scoprire ed accogliere. Solo questa ricerca può aiutare a trovare un senso a questa vita. Vasco Rossi nella sua famosissima canzone Un senso diceva: Voglio trovare un senso a questa vita anche se questa vita un senso non ce l’ha. Solo prendere coscienza di avere una vocazione, cioè una meta può aiutarci a vivere la castità in ogni stato di vita. Io sono cresciuto con le canzoni di Vasco perchè ero disperato come lui. Poi ho trovato Luisa e la mia vocazione. Avere una meta può aiutare tutti. Può aiutare i fidanzati, i consacrati, le persone che hanno orientamento omosessuale. Tutti! La castità indica che abbiamo compreso che vale la pena scegliere di agire per il bene, e se necessario in modo diverso da ciò che ci spinge a fare il nostro mondo emotivo.

Alla fine è tutto qui. La nostra vita è fatta di scelte. La mia storia con Luisa è fatta di scelte. Non sempre scelte grandi, ma anche continue piccole scelte. Il fatto di non avere rapporti prima del matrimonio. Pensate che non ne avessi voglia? E’ stata una fatica enorme per me. Eppure Luisa ed io abbiamo scelto di aspettare. Il fatto di non guardare pornografia dicendo di no quando ne avevo voglia. Il fatto di non uscire durante la pausa pranzo con quella collega che mi piaceva. Il fatto di smettere di usare gli anticoncezionali. Per me è stato faticoso rinunciare ad avere rapporti in certi giorni, avevo voglia di usare il preservativo ma ho scelto di fare altro, ho scelto con Luisa quello che faceva bene alla relazione e non quello che volevo.

Se ho avuto la forza di fare tutte queste piccole ma costanti scelte è perchè avevo una meta. Luisa ed io abbiamo sempre cercato di costruire la nostra relazione affinché fosse nella gioia in questa vita e ci aiutasse entrambi ad arrivare pronti alla vita eterna, all’incontro con Cristo.

Ora, sul secondo punto non posso metterci la mano sul fuoco, anzi so di avere ancora tanto da cambiare in me, ma sul primo punto ho sperimentato di aver fatto la scelta giusta. Luisa ed io siamo sposati da vent’anni e la nostra relazione è più viva che mai. La desidero immensamente, la nostra intimità è bellissima, molto più di quando ci siamo sposati. Questo non perchè siamo particolarmente bravi o abbiamo talenti particolari. Tutt’altro. Questo perchè abbiamo fatto la nostra scelta e, ogni volta che abbiamo scelto per il bene e non per la voglia del momento, abbiamo aggiunto un tassello in più alla nostra relazione. Siamo cresciuto un po’ di più. L’amore, come ho già avuto modo di scrivere, è una scelta. Con questo articolo ho cercato di spiegare come questa scelta sia fatta di tante piccole scelte quotidiane. Non è un concetto astratto ma molto concreto ed ordinario. Per questo il nostro essere re passa dal controllo delle nostre emozioni. La libertà non è abbandonarci a tutto ciò che vogliamo fare. Quella è piuttosto una schiavitù. La libertà, quella del re, è fare la cosa giusta. Se sarà piacevole bene, se ci costerà fatica meglio, perchè ci aiuterà a diventare sempre più quell’uomo o quella donna che siamo.

Antonio e Luisa

In coppia al Rinnovamento nello Spirito

Alessandra ed io abbiamo da poco ripreso i nostri incontri di preghiera, il martedì sera con il gruppo locale del Rinnovamento nello Spirito Santo. Abbiamo partercipato all’incontro di apertura del nuovo anno pastorale, per questo c’è stata la Santa Messa animata da tanti canti, come piace a noi. Lo scorso anno abbiamo partecipato in modo poco frequente, in quanto Pietro era ancora piccolino, ma da quest’anno abbiamo iniziato a portarlo con noi. Certo, mia moglie Alessandra a volte è dovuta uscire con lui perché faceva troppi versetti, ma va bene così. Quest’anno al gruppo si è aggiunta un altra coppia di sposini con una bimba circa del età di Pietro quindi le mamme riescono a intrattenerli e a farli stare calmi quando sono fuori.

Il Vangelo era quello del granello di senape (Lc 17, 3b-6), il sacerdote celebrante, durante l’omelia, ci ha detto che è bello lasciarsi guidare dal Signore, perché noi pensiamo di essere soli nelle nostre scelte e che molto dipenda dal caso, ma in realtà è lui che fa da navigatore alla nostra famiglia. Un Vangelo che sembra scelto di proposito, ma non è stato così. La responsabile del nostro gruppo e questo frate che ha celebrato la Santa messa non si erano messi d’accordo sul giorno in base al Vangelo, il frate aveva libero quel giorno e il gruppo si è adeguato. Non poteva essere scelto Vangelo più adatto.

Durante la predica il sacerdote ha parlato dell’importanza dei laici che si impegnino per portare la loro testimonianza di fede in un mondo che non vuol sentire parlare di Gesù. Ha aggiunto che non basta pregare e cantare, ma che quelle preghiere e quei canti si devono poi trasformare in una lode continua al Signore Gesù nella vita di tutti i giorni con le nostre azioni. La nostra testimonianza sarà quindi vera solo se saremo autentici, non ipocriti e senza artifici.

Tre anni fa abbiamo creato il nostro canale YouTube, era nostra abitudine recitare il Santo Rosario insieme e abbiamo pensato di condividere con gli altri quei momenti di preghiera. Solo di recente abbiamo sentito la chiamata ad essere mandati a due a due, proprio per portare nel mondo un messaggio d’amore, il Suo! Abbiamo offerto quella Santa messa per il nostro matrimonio e la nostra coppia, affinché il Signore Gesù con l’intercessione del arcangelo Raffaele, che invochiamo tutte le sere pregandolo ai piedi del nostro talamo, possa realizzare i suoi magnifici disegni in noi e su di noi. Come diceva Madre Teresa di Calcutta: siamo delle matite nelle sue mani.

Dopo l’esposizione del Santissimo Sacramento, il sacerdote ci ha fatti mettere in fila, (Alessandra con Pietro in braccio) per ungerci con dell’olio che una consorella ha portato con sè dal suo pellegrinaggio in Terra Santa. Mentre il sacerdote mi ungeva per un istante ho chiuso gli occhi perché volevo immergermi nel immagine di Gesù che mi guariva, che toccava con mano tutte le mie ferite per dirmi che sono preziose ai Suoi occhi, che possono diventare strumento di Grazia.

La serata si è conclusa pescando dei bigliettini, modellati con una tecnica ad origani con trascritto il passo del Vangelo che avevamo ascoltato. Tornando a casa abbiamo ripensato alla parole del sacerdote: noi tutti abbiamo conosciuto questa realtà per un motivo ben preciso, non siamo qui per caso – e ancora: per realizzare qualunque progetto occorre prima scavare le fondamenta come per costruire una casa, e le fondamenta sono lo spirito della vita.

Vieni Santo Spirito manda a noi dal cielo un raggio della Tua luce e benedici la nostra coppia affinché possiamo sempre fare la volontà del Padre. Amen.

Riccardo e Alessandra

Cos’è l’amore?

Cos’è l’amore?

In tanti lo cercano, forse tutti lo vorrebbero trovare. Si può amare una ragazza, si può amare sè stessi, si può amare il creato, si può amare il prossimo, si può amare il Signore e le persone da Lui affidateci. Ma cos’è l’amore? Quale definizione gli diamo?

In tante cercano il ragazzo, in tanti cercano la ragazza. Cercano quell’amore che quindi è una persona da amare. Ma cos’è l’amore? O con che criteri scelgo la persona da amare e che mi dovrà, dovrebbe poi amare? Cosa cerchi? cosa guardi nell’altro, nell’amato?

Guardo mia moglie da circa una settimana, nel buio notturno della camera da letto, che con la lucina del cellulare un po’ oscurata o usando solo quella del display: è sveglia, allatta il piccolo Tommy, ogni due ore. (Alle 24, alle 2, alle 4, alle 6..). I primi giorni i bimbi richiedono un’allattamento frequente, poi si può passare ad avere dei ritmi più allargati o a chiamata.

Guardo mia moglie che in quella penombra alle 3 o alle 4 di notte, lo coccola, gli massaggi il pancino, si alza per cambiargli l’ennesimo pannolino, per lavarlo. La guardo la mattina, che con la stessa forza, tenacia, bellezza si dedica a lui, si dedica all’altro “tornado di casa” che si sveglia e vive con un unico pensiero fisso: “giochiamo?”. La guardo che fra i bimbi cerca di salvare qualcosa di sè, del suo essere donna, del suo essere sposa, moglie. Cos’è l’amore?

Hai mai puntato la sveglia alle 24, alle 2, alle 4, alle 6? Ti sei mai svegliato, messo seduto, alzato, andato in bagno, e poi tornato a dormire, fino alla sveglia dopo, così per giorni? Senza sapere quando cambieranno i ritmi. Quando passeranno le colichette. Per chi? Sopratutto. Per chi? Per un bambino che di professione dorme e impara a far la cacca tutto il giorno e piange. Per un bambino che non ti può dare nulla in cambio se non i pannolini usati. Per un bambino che fino a ieri non avevi mai visto, con cui non hai mai parlato. Cos’è l’amore?

In quella luce bassa della notte, nella penombra della stanza vedo l’amore. L’amore di una madre per un figlio, l’amore che si fa carne. L’amore che è dono di vita, per l’altro, che mi toglie non quel piacere come il calcetto, o la palestra, o pilates, o quale altro hobby possiate avere, ma mi chiede addirittura di rinunciare ad un bisogno primario: il sonno. L’amore verso chi ha bisogno davvero di tutto, che non mi ridona nulla in cambio, che non sa dire Grazie. L’amore verso chi non conosco, che cerco ogni giorno amandolo di conoscerlo. Stupendo!

Cos’è l’amore?

Se questo è l’amore, allora tu che ne sei in ricerca che cosa guardi nell’altro? Ricordiamo quando eravamo adolescenti e si guardava nell’altro l’aspetto fisico, o gli occhi, c’è chi guarda le mani. Le ragazze cercano l’uomo colto, intelligente. I ragazzi che hanno meno sale guardano il fondoschiena e le gambe.. (forse pure le ragazze..).

C’è chi guarda al portafoglio. C’è chi guarda agli interessi, alle attitudini sportive. C’è chi deve sapere come fa l’amore, per capire se quella è la persona giusta. Qui potremmo aprire un capitolo fatto di martellate in testa.. ma andiamo avanti. Chi come san Tommaso, ha bisogno di testare l’altro in un tempo di convivenza. Per conoscersi meglio, per viverlo di più.

Noi NON siamo contro la convivenza, ma dipende con che ragioni la si inizia. Se credi che con la convivenza vivrai di più con quella persona, ti diciamo che purtroppo spesso non è così. Vivere sotto lo stesso tetto comporta un collaborare insieme per la gestione della casa e della quotidianità che rischia di togliere il tempo di conoscenza, non di accrescerlo. Spesso nella nuova casa non si va scegliendosi e facendo spazio all’altro, ma al contrario si riempie quello spazio con tutto ciò che sono i nostri interessi, gli hobby, le abitudini, le nostre esigenze, i nostri bisogni. In questo modo non ci si vuole compromettere, non si vuole far spazio ma solo provare a vivere insieme. Equivale a vedere se la persona che hai trovato è un buon coinquilino, un buon socio in affari, mentre diverso è conoscerlo in amore. Cos’è l’ amore?

Ecco guardare l’amore nell’altro allora è guardare al cuore. Imparate cari giovani a cercare l’amato guardando alla sua capacità di amare, al suo cuore. Cosa guardi in una donna? Il suo cuore. Cosa guardi in un uomo? Il suo cuore. Innamoratevi dell’amore se volete vivere l’amore e ricercate ogni giorno il significato concreto di quell’amore che volete vivere.

Ogni tanto qualcuno ci scrive chiedendoci consigli, circa i ragazzi di oggi che sono senza valori, o su come trovare un bravo ragazzo. Guardate al suo cuore. Tutti nasciamo per amare e lasciarci amare, ma bisogna imparare ad amare l’altro, guardando il suo centro. Imparate ad amare, cercate l’amore, andate a scuola dal Maestro dell’amore e non rimarrete delusi. La prima scuola, la prima laurea di vita dev’essere nell’amore.

Anna Lisa e Stefano – @cercatori di bellezza

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Gravidanza, scuola di amore nuziale!

Attendere, infinito del verbo amare.

La gravidanza è un tempo di attesa. Attendere che lo possiamo tradurre anche in Tendere a..

tendere a quel bambino che nascerà, a quella vita nuova che diciamo entro una ventina di giorni avremo tra le braccia.

La gravidanza è un tempo bellissimo, e bellissima è la donna in gravidanza. Gravidanza tempo bello ma anche tempo di fatiche. Quasi in contraddizione a ciò che dall’esterno si vede. Tra le più comuni: Esami, ecografie, mal di schiena, nei primi mesi vomito, per qualcuno non solo nei primi mesi. Negli ultimi mesi, continue pipì anche durante la notte, ogni due e tre ore la donna ha quel bisogno. Difficoltà a muoversi. Alimentazione controllata, è una leggenda quella che in gravidanza si mangia il doppio, piuttosto ci sono tutti i controlli legati al ferro, al glucosio. Si cerca di evitare il diabete gestazionale, modificando l’alimentazione con cibi integrali. Non si possono mangiare salami ed insaccati crudi. Togli alcuni pesci, i crostacei, togli il vino, alcool, bevande gassate. Frutta e verdura da sterilizzare. Etc etc

Che rimane dopo questo elenco della bellezza della gravidanza? Ma è davvero un tempo bello?

La gravidanza ci insegna a portare il bello al di fuori di noi, con un pancione che cresce, che si mostra. Con la vita che cresce e che la mamma è chiamata a custodire, a proteggere, stando attenta, amandola senza conoscerla.

La gravidanza ci insegna che nel vivere la grande bellezza del fiorire della vita, ci sono anche fatiche, dolori, attenzioni, preoccupazioni che ci abitano ma che non sono tutto.

La gravidanza diventa scuola di amore, avete mai amato qualcuno che non conoscete? Che non avete mai visto? Che non avete mai toccato? Sentito? Con cui non avete mai parlato? Che non vi ama, perché ancora non sa cos’è l’amore? Che prende tutto da voi, senza darvi in cambio niente?

Il bimbo nella pancia è dono di amore, è frutto del nostro, vostro amore. Amandoci, il nostro amore, la nostra pianta, fatta da quell’io e te, ha compreso che c’era spazio per un’altra fioritura, e in un atto di amore ha iniziato a far crescere nuova vita.

Che bellezza la gravidanza!

La gravidanza allora è davvero bellezza, anche se il cambiamento passa dalla fatica. Non c’è alba se prima non si attraversa il buio della notte. La donna è l’essere vivente che ci può raccontare la bellezza di un cambiamento che vive, qualcosa di unico. Altri mammiferi lo vivono ma la donna può raccontartelo, descrivertelo, renderti partecipe di come si vive il miracolo della vita, di come si custodisce dentro di sè e si fa crescere la vita.

Che bellezza!

Scrive anche il papa Francy: “Ci è stato dato un figlio. Si sente spesso dire che la gioia più grande della vita è la nascita di un bambino. È qualcosa che mette in moto energie impensate e fa superare fatiche, disagi e veglie insonni, perché la felicità che porta è così grande che di fronte a lui niente sembra pesare.

Ora passiamo a te caro Tommasino, tra poco ti vedremo, ti toccheremo, ti conosceremo.

Mamma Anna qualche giorno fa mi domandava: ma tu non hai voglia di conoscerlo?

Proprio così, sei in mezzo a noi, ma non ti conosciamo. Ogni tanto i medici controllandoti ci han detto che sei agitato, ci han detto le tue misure, il tuo peso, mostrato il tuo profilo in bianco e nero, fatto sentire il cuore.

Un battito: tum tum, tum tum, è quel che abbiamo di tuo.

Alcuni scatti, su delle foto tascabili che per noi umani senza il camice, alcune son davvero incomprensibili. Noi che amiamo le foto quelle belle, noi che andiamo dai fotografi per gli shooting, le prime foto tue le abbiamo fatte fare a ostetriche e ginecologhe e son uscite tutte in bianco e nero.

Papà e mamma, quei due che senti più spesso parlare, desiderosi di conoscere qualcuno di sconosciuto. Un bambino che deve prendere ancora forma, deve svilupparsi, crescere, imparare a parlare, a mangiare, a toccare, a camminare.

Tommaso, questo è il nome, che non sai di avere, che non ti sei dato, che ti abbiamo dato per chiamarti, con cui ti sentirai chiamato. Ti piacerà? Forse un giorno ce lo dirai.

Tommaso, stai per entrare nella nostra vita da sconosciuto, per restarci da figlio amato. Stai per entrare dalla porta di casa, a scombinare le nostre giornate e quello che più di tranquillo vivevamo io e mamma fino a qualche anno fa e che ora aveva ripreso una parvenza di normalità: il riposo notturno.

Stai per prenderti uno spazio in casa, a tavola, in camera da letto, in bagno, in cameretta, dove non sai ma ti attende tuo fratello. Non vi siete scelti, lui ti avrà lì a cambiar la sua giornata, il suo mondo genitoriale. Te non lo sceglierai, te lo troverai li a darti fastidio o forse a curarti.

Un figlio che arriva, è totalmente sconosciuto a mamma e papà, eppure ti accoglieremo in casa nostra, non ti potremo cambiare, entrerai nelle nostre vite per restarci per viverle.

A pensarci, un lavoro lo scegliamo e se non ci piace, possiamo cambiarlo, possiamo stracciare noi il contratto.

La propria moglie o il marito, lo scegliamo, lo conosciamo, lo corteggiamo, e forse quando siamo convinti lo/la sposiamo.

Ci scegliamo gli amici, la casa, l’arredamento la macchina, e se non ci va bene: si cambia.

Le altre cose, persone, le abbiamo scelte noi eppure dopo un po’ spesso le cambiamo, non ci piacciono più.

Un figlio non lo scegli, non lo conosci, è un dono a sorpresa, te lo tieni, non lo puoi sostituire con un altro.. ma il bello di tutto ciò è che è l’unica creatura che Ami ancora prima di conoscerla..

Sconvolgente!

Ed è in questa logica unica dell’amore che ti attendiamo Tommasino! È per questo che desideriamo tantissimo poterti conoscere, vivere e amare.

Sei ancora nella pancia di mamma e ci insegni la logica dell’amore, ci educhi al desiderio, ci insegni ad aver fiducia.

Ci dimostri che l’amore non è qualcosa di costruito da noi, scelto da noi, comprato da noi. Ma è dono! Non dono fatto, ma dono ricevuto che ci viene fatto! Amore è accogliere l’altro come un dono! Bellissimo!

Ci mostri, come ci dice il caro papa Francy, “che tu sei dono gratuito, senza merito di ognuno di noi, pura grazia.”

Ci insegni che un figlio nasce già amato, e anche noi come figli siamo amati da un Padre che ci conosce, ci ha pensato, ancor prima che altri sulla terra potessero farlo.

Ci dimostri che possiamo amare solo partendo da un Padre, che è donatore, solo accogliendo Lui nella nostra vita. Lui che ci da la forza e gli strumenti come la tenacia, la fedeltà, che da soli neanche lontanamente avremmo per amare uno sconosciuto.

Chi da solo saprebbe farlo?

Ci insegni ad affidarci che è oramai difficilissimo! Ad avere fiducia in se stessi e nell’altro. Se ne avessimo di più non vivremmo fidanzamenti indecisi, ma sceglieremmo l’amore: un per sempre un po’ a scatola chiusa, un per sempre come quello che abbiamo detto quando abbiamo capito di attendere.

Questo affidarci, non si basa ancora una volta sulle proprie capacità di amare, non si basa sulle capacità di un bambino di amare, al cui posto puoi pensare ci sia il tuo compagno, la tua compagna. Ma sulla capacità di Dio di riuscire a star in quel dono, in quell’amore.

Anche il matrimonio è un affidarsi, chi sa come sarà la vita da sposato con quella persona? Ci siamo inventati la convivenza per provare. Ma non è lo stesso, non sarà mai vivere il per sempre dell’amore. Come dire sì ad un figlio che nasce per sempre per stare con te.

Ci fermiamo qua, tanto si può ancora dire, vi lasciamo solo con l’augurio di vivere la bellezza dell’amore, di scoprire che siamo amati, di imparare ad accogliere i doni della vita, di abbandonarsi nelle braccia del donatore che vuole la tua felicità!

La vita, la gravidanza, unicità infinita di amore!

Giovedì 14/07/2022 alle 20.13 è nato Tommaso! Un parto splendido, veloce, naturale!

Anna Lisa e Stefano – @cercatori di bellezza

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Summer 2022! Guida alle vacanze…

Son passate le vacanze di quest’anno, le abbiamo fatte pre parto per poter dare la giusta attenzione a Pippo prima che Tommy ci tolga tempo ed energie. Le abbiamo passate cercando di riposarci, cercando di essere comodi e rinunciando a viaggi lunghi e nuove mete. La pancia c’è, si sente e si vede. Con essa c’è la necessità di riposare per mamma Anna, di non fare i Pellegrini come in altri anni a fare 15km al giorno.

Ma soprattutto una vacanza in cui se guardiamo i servizi offerti dal bagno in spiaggia: niente partite a bocce o a Ping pong, niente tintarella in modalità lucertola. O se guardiamo ai giorni in montagna: niente lunghe camminate in alta montagna, niente ascese a rifugi alpini, niente spa o Resort per coppie, volete metterci dell’altro che magari fate in vacanza voi di solito? E invece:

Ci siamo ritrovati a fare buche e gallerie, discese per biglie, castelli di sabbia, a tirare sassi nel lago e a girare volanti di giostrine. A fare passeggiate sul lungomare o gite passegginabili, sentieri famiglia. Dove sta allora la bellezza dell’essere famiglia? Dove sta il bello di avere dei figli? Il bello di essere sposi?

La bellezza sta nell’amare, sta nel volere ciò che vivo, nel vivere la libertà. La libertà è volere ciò che faccio non fare ciò che voglio. Amare vuol dire fare spazio all’altro non guardare i miei interessi. Se dico di amare l’altro ma poi voglio vivere i miei piaceri, le mie passioni h24, che amore vivo o meglio: cosa, chi sto amando davvero?

Questo non vuol dire annullarsi, rinunciando a tutto ma scegliere l’amore e la vita ad un individualismo possessivo. La bellezza dell’essere famiglia è nel vivere questo tempo, il tempo presente, nel dono all’altro, ad una moglie mamma che ha bisogno di riposo, nel dono ad un figlio che ha bisogno di un padre che scava buche. E fa niente se dovrò perdere qualcosa di mio, perché l’amore che ricevi in cambio è enorme!

Pensiamo a tutti quei ragazzi che sognano una ragazza o a quelle ragazze che attendono l’amore. Pensa a tutte quelle coppie che non riescono ad avere figli. A me, a te, son stati dati dei doni e allora che faccio? li sciupo volendo vivere da single? Li sciupiamo volendo vivere senza figli, senza donare vita? Ad ognuno gli è dato di vivere questo tempo in modo speciale e con tutta la sua capacità di amare. Ringraziando per i doni che oggi la provvidenza ci ha fatto.

A chi è single, gli ha dato di vivere questo tempo di vita nella sua autonomia, nella possibilità di vivere passioni, coltivare interessi. Edificarsi a camminare da solo, imparando a conoscere il bello di se’ e di ciò che ci circonda.

A chi è fidanzato o convive, gli è dato di vivere questo tempo di vita, nella conoscenza, nello scambio di amore ed attenzioni, nella crescita alla fedeltà, nel prendersi cura dell’ altro, nel custodire il proprio io ancora staccato dall’altro.

A chi è sposato senza figli, gli è dato di vivere questo tempo di vita mettendo a frutto la bellezza dell’amore, della sponsalità, vivendo l’amore coniugale in maniera piena e totalizzante, concimando ogni giorno con gesti di amore la propria pianta della vita.

A chi è sposato con figli…(oramai avete capito, completate voi leggendo nella vostra famiglia la bellezza del vivere il tempo di vacanza. La grazia sacramentale vi rende pittori di opere d’arte!) Poi verranno dei domani in cui ci sarà quel figlio che cambierà le vostre scelte, poi verranno dei domani in cui tornerai a giocare a bocce o a calcetto o ad andare in montagna con tuo figlio, poi verranno dei domani in cui avrai una ragazza e farai altre scelte..

Ma nel mentre c’è da vivere il presente quel qui ed ora che ha tutto per dirsi bello, unico, irripetibile. L’amore è questo, è giocarsi tutto verso l’altro, decidendo di scegliere di lasciare qualcosa che è mio per far spazio al tuo. L’amore è vivere con il cuore grato per la grandezza di tutto ciò che ricevi. Un ricevere non conquistato seguendo la logica del mondo per il quale se lavoro mi danno lo stipendio, se vendo guadagno, se son bravo mi applaudono; piuttosto un ricevere che non è immediato, che non puoi calcolare, ma che è più grande.

Un ricevere che nasce da una variabile certa: ho dato tutto me stesso e l’ho dato con gioia e volontà e questo mi basta oggi per avere il cuore felice, grato. Un cuore che guarda al futuro con speranza ma è grato del presente e ha fatto pace con il passato.

Buone vacanze! A chi ancora deve andare… buona vita nell’amore a tutti gli altri. Ogni giorno ci è dato per amare e lasciarci amare, per vivere nell’amore. Non sprechiamolo. Buona giornata!

Anna Lisa e Stefano – @cercatori di bellezza

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Un matrimonio nella provvidenza

Siamo così giunti alla quarta puntata della storia d’amore di Riccardo e di Barbara. Cliccate qui se desiderate leggere le precedenti puntate (1 2 3). Riccardo ha avuto una storia travagliata, una famiglia di origine complicata e dopo tanto servizio, preghiera e l’incontro decisivo con fratel Biagio è arrivato a comprendere il disegno di Dio sulla sua vita: vivere di provvidenza a servizio dei più poveri. Lì incontra Barbara che scopre nel tempo di condividere lo stesso desiderio. Inizia così la loro storia insieme, un amore donato ai più poveri al fianco di fratel Biagio.

Dopo tanta preghiera e il sì tanto atteso di Barbara a diventare mia moglie, ebbi più tentazioni che mai. La nostra scelta disturbava il demonio, almeno io ne sono convinto. Così come esiste Dio, esiste anche il demonio che irrompe con tutta la sua forza corruttrice. Mi ha tentato attraverso i social. Un caso mi ha colpito particolarmente. Tra le mie amiche virtuali c’era una hostess che, ho scoperto poi, viveva di prostituzione. Io mi sentivo fortissimo, pieno di Spirito Santo e avevo la presunzione di pensare che niente mi avrebbe potuto scalfire. Eppure non è così, siamo sempre deboli senza Gesù. Questa donna mi contattò e mi propose di organizzare una festa per l’addio al celibato, con lei e una sua amica. Dopo il mio primo rifiuto ha insistito inviandomi anche una sua foto. Lì ho deciso di bloccarla. Una cosa che non mi era mai successa prima. Questa è solo una ma fui tentato in tanti altri modi. Ormai la mia scelta era presa e la mia volontà salda.

Abbiamo accennato, nei precedenti articoli, che il nostro matrimonio si svolse in maniera inusuale. Non avevamo soldi né per la festa né per null’altro, perché io vivevo di provvidenza da anni e Barbara non veniva pagata da mesi. Ma neanche per un attimo pensammo di non sposarci perché non avevamo niente, per noi il matrimonio era l’unione con Dio, tutto il resto sarebbe stato un di più. Ebbene, il buon Dio ci venne in aiuto. Fu una corsa a chi non voleva farci mancare niente; cominciò il responsabile della casa famiglia di Pedara dove vivevo, che ci regalò le fedi, la location e il pranzo del ricevimento. La Parrocchia Maria Immacolata della Medaglia Miracolosa mise a disposizione il coro e fece una colletta per regalarci il viaggio a Roma per incontrare il Papa in udienza privata, ci fu anche chi si offrì gratuitamente come fotografo. Un medico d’ospedale mi donò l’abito per sposarmi; un mio caro amico, coltivatore di fiori e piante di Nicolosi, ci donò tutti i fiori da mettere in chiesa; mentre una donna che conoscevo da poco volle regalarci le composizioni di fiori per ogni tavolo della sala. Un insegnante di una scuola alberghiera, mio amico, coinvolse i suoi studenti come camerieri per il ricevimento e un rinomato pasticciere ci regalò la torta nuziale. Poi si aggiunsero maestri di sala e cuochi. Tramite social mi contattò una donna che voleva regalarci le bomboniere, ma rifiutammo! Della festa, una delle poche cose che avevamo programmato era proprio la bomboniera, a cui volevamo dare un valore simbolico come invito alla preghiera e che sarebbe stata la coroncina del Santo Rosario (donataci dalla Missione di Speranza e Carità), per rinraziare Maria che tanto avevo pregato per sposarmi con Barbara e per questo progetto di totale servizio ai poveri e a Dio. Ma questa donna non si arrese e ci volle regalare comunque un sacchettino che avrebbe contenuto il Rosario e dei buonissimi confetti. Tutto quello che stavamo vivendo nei giorni precedenti al matrimonio, lo raccontai sulla mia pagina facebook ‘’La Gioia’’ e attraverso questa arrivarono, oltre agli auguri, tante piccole donazioni da varie parti del mondo.

Con la somma raccolta decidemmo di finanziare un progetto della casa-famiglia per il recupero di persone con disabilità. Alcuni regali arrivarono dai nostri parenti più stretti, che vollero assolutamente che tenessimo qualcosa per noi. Barbara sostenne di essere stata una delle poche spose (o forse l’unica!) a non aver scelto niente del ricevimento e che tutto in quel giorno è stata una sorpresa. Anzi, pensandoci bene, la sera prima del matrimonio ci accorgemmo di non aver stampato i menù da porre sui tavoli degli invitati. Barbara li realizzò graficamente ed un amico scout tipografo, dopo aver aperto di sera la tipografia per noi, ci venne in aiuto stampandoli (anche queste stampe ci furono donate dal sacerdote).

Finalmente arriva il giorno del matrimonio, il 12 Febbraio 2016, pioveva. Circa 100 gli invitati, di cui oltre la metà erano gli accolti della casa famiglia, tra cui molti disabili, alcuni amici, la famiglia di Barbara e mia madre, mentre nessuno dei miei parenti era riuscito a venire. Tutto è stato meraviglioso! Durante la messa, la prima lettura è stata proclamata da una suora missionaria, la seconda lettura, l’Inno alla Carità, scritta in braille, da una amica insegnante di italiano non vedente; mentre la leggeva, a proposito di carità, è arrivato proprio in quel momento Fratel Biagio. Si è respirata un’aria di festa in cui la Madonna e Gesù erano con noi. Tutti gli invitati si sono emozionati, la celebrazione si è svolta in un clima di grande gioia. In primo piano il Sacramento, l’unione con Dio e poi una bella festa, voluta da tanti che hanno creduto in noi. Dopo qualche giorno siamo partiti per Roma per un viaggio di tre giorni, nostra meta del viaggio di nozze, dove siamo stati ricevuti da Papa Francesco e a cui abbiamo raccontato brevemente la nostra storia e regalato la nostra bomboniera; poco dopo siamo stati intervistati da Tv 2000 sulla nostra scelta di vita. E’iniziato così in maniera forte il nostro matrimonio, il nostro cammino con al centro Gesù e con Maria come nostra Madre. Quante lotte, quante battaglie vinte solo grazie alla fede. Confidiamo in Dio e tutto sarà possibile!

Riccardo e Barbara

ANNIVERSARIO DI MATRIMONIO! La gioia dell’amore

Continuiamo oggi in questo Monday in love, a parlare di anniversario, ripartendo da dove vi avevamo lasciato lunedì scorso, ovvero dal dire Grazie! (clicca qui se vuoi rileggere il precedente articolo) Dall’imparare a ringraziare per quanto abbiamo vissuto, e andando poi a svelarvi l’originale del nostro 2-3 giugno. Come avremo passato l’anniversario? In una Spa? In un rifugio di montagna isolato? In una grande Città ricca di fascino, bellezza e amore? … buona lettura

Nel nostro ringraziamento, un piccolo spazio lo tagliamo per la realtà che ci ha reso ciò che siamo. Realtà che è la Chiesa stessa, e che si manifesta attraverso i documenti conciliari, le encicliche, tradotte e spiegate a noi da sacerdoti, sposi e famiglie che fanno parte di un progetto volto proprio ad aiutare ogni coppia di fidanzati e sposi a scoprire la grazia del Sacramento del matrimonio. Il matrimonio è un Mistero Grande che non si può vivere da soli, chiusi nella nostra casa ma ci chiede di metterci in cammino con la Chiesa, con altre famiglie, con altri sposi e in complementarietà con i sacerdoti, e con tutti i religiosi che incontriamo nel nostro percorso di crescita, nel nostro essere famiglia, nel nostro avvicinarci a Gesù sposo.

Noi abbiamo deciso di passare il nostro anniversario di matrimonio nella casa madre di Mistero Grande, realtà al servizio della Chiesa intera, che propone dei corsi per giovani coppie, per fidanzati. Realtà che non nasce con l’intento di creare un’appartenenza, ma semplicemente mette a disposizione di tutti degli strumenti che aiutano, e ci hanno aiutato, ad essere famiglia con tutti i nostri limiti ed errori di cui a loro non attribuiamo colpa. Eheh. Perché questa scelta?

Perché quando abbiamo pensato a come e con chi passare il nostro anniversario di nozze, ci è venuto in mente che quel giorno ci siamo sposati con Gesù in Chiesa. Senza di Lui quel matrimonio sarebbe stato un accordo politico, una cerimonia civile o che altro ma non il nostro matrimonio. Ben vengano gli anniversari festeggiati in città d’arte, in Resort o spa di lusso, noi non sapendo con quale hotel vivere l’anniversario, non sapendo a quale località regalare la possibilità di ospitarci nel giorno del nostro far memoria del Sì all’amore abbiamo scelto una Chiesa, abbiamo scelto Gesù.

Abbiamo pensato, in un tocco di pazzia o inventiva d’amore che sarebbe stato bello poter passare a celebrare il rinnovo delle promesse nuziali presso la casa madre del…presso la casa madre del progetto Mistero Grande. Realtà che da quando abbiamo scelto di sposarci ci ha aiutato ad essere quel che siamo: famiglia – sposi! Realtà che con corsi, seminari, convegni, ascolto di catechesi, ci ha aiutato a rimanere saldi, uniti. Ci ha aiutato ad essere famiglia non a fare la famiglia. Realtà che non ci ha chiesto nulla in cambio e tutt’ora non ce ne chiede, perché a far crescere belle famiglie chi ci guadagna è la Chiesa stessa.

Realtà che mette poco di suo e tanto dei documenti che scrive la chiesa, riletti e spezzati per le coppie: dall’enciclica Amoris Laetitia, alla gaudium te spes, ai vangeli, etc. Realtà che aiuta ogni coppia ad essere parte di un unico corpo, anche se in quella Chiesa di paese, non ci sono altre coppie giovani, o ci si sente soli, o ci si sente non accolti. Percorsi anche online o che si fanno comodamente in casa con i quali si può mantenere viva la grazia sacramentale e imparare cosa si cela dietro il Mistero Grande del matrimonio cristiano.

Un grazie quindi al dono che ci ha fatto il Signore nelle sue Dioincidenze di trovare 2 splendidi sacerdoti che hanno potuto passare con noi del tempo il giorno del nostro anniversario, celebrando l’eucarestia, rinnovando le promesse matrimoniali, spezzando per noi la parola e vivendo del tempo in semplice ma necessaria, vitale complementarietà. Perché passare con Lui il giorno dell’anniversario?

Perché è Lui che ci ha costituito. Ogni coppia dovrebbe rileggere il suo stare insieme e farne memoria, come occasione per ringraziare del dono ricevuto. L’uomo, o la donna che ci stanno accanto non son frutto di conquiste, di caparbietà o di ingegno. Con l’ingegno si fa altro nella vita ma non si porta avanti per anni un matrimonio. L’altro è un dono che ci è dato per vivere l’amore e lasciarci amare, per generare la vita e l’amore.

Se uno ti regala una casa, una macchina, cosa fai? non lo ringrazi? Non lo andresti a trovare nel giorno dell’anniversario per vedere se magari ti regala qualcos’altro? Per questo ci è sembrato giusto passarlo con Lui. Perché è Lui che ci ha confermato con la grazia del Sacramento del Matrimonio, intrecciando la sua vita con le nostre. Mischiandoci e donandoci quell’unicità, quell’ indissolubilità, quella bellezza, quell’amore, quella forza che ci abita e ci fa camminare ogni giorno mano nella mano.

Le caratteristiche del matrimonio forse non sono proprio umane: chi sa promettere amore per sempre? Esclusivo? Fedele? Nelle difficoltà?.. nella nostra perfezione di esseri umani, siamo tutti imperfetti, abitati dai nostri limiti, dalle nostre ferite. Come possiamo pensare di essere totalmente fedeli all’altro, e che l’altro lo sia altrettanto con noi? forse se la si legge dal basso verso l’alto può sembrare facile, l’indissolubilità, la fedeltà, il perdono reciproco.. ma chiedete alle coppie sposate da tanti anni, se ogni tanto non si è faticato. Se quello stare insieme è capacità umana o c’è di più. Senza quel collante che è Gesù, non riusciremmo ad essere quel che siamo. Gesù è l’unico collante che non ti lascia mai.

Perché è Lui l’unica presenza certa che riconferma ogni giorno il nostro amore. Che vuole festeggiare con ogni coppia il proprio anniversario, la propria voglia di amare. Chi altro farà festa per il vostro anniversario? Forse i genitori, forse i familiari stretti che si ricordano la data, o che sanno che lo festeggerai. Forse i figli che sanno di essere frutto di quell’amore per sempre. Il numero si è già è ridotto; eravate in tanti il giorno del sì a far festa, a ballare, a pranzare, ma non tutti oggi si ricordano della vostra data. Più passano gli anni, più la memoria toglierà invitati a quel giorno. Ed è giusto, è normale, perché è il vostro, è il nostro giorno di amore, di Anna e di Ste e di Gesù. Non della nonna, dell’amico, del testimone; ognuno avrà la sua strada di amore da percorrere. Gesù invece non ci lascerà mai, anche durante un lockdown lui è presenza certa. Primo tifoso di ogni storia di amore!

Perché Lui è l’unico maestro d’amore, e se vogliamo continuare a camminare su questa via, lo possiamo fare solo stando in cordata con Lui. Perché poi in amore, e nessuno lo può negare, non si è mai arrivati! Abbiamo bisogno di continui corsi di aggiornamento sul lavoro… e sull’amore no? Lui è il maestro a cui rivolgerci. Lui è lo sposo della Chiesa Sposa, Lui insegnante di misericordia, Lui che si inginocchia a lavarci i piedi, che li bacia, li asciuga. Lui che entra in casa nostra. Lui che ci chiama Amici, Fratelli. Lui che ci bene-dice. Lui Re fatto uomo, fatto bambino. Lui parola fatta carne. Lui amore fatto carne. Stupendo!

Che bello aver scelto di passare con Lui il giorno del nostro anniversario, aver partecipato all’eucarestia. Quel giorno, venerdì 3 giugno, la Liturgia ci ha fatto leggere il Vangelo dell’amore, quando Gesù sul lago di Tiberiade dialoga con Pietro, il quale non capisce e sembra non comprendere perché quella domanda ripetuta tre volte; quasi a voler rassicurare, confermare quanto rispondeva. Che bello aver ascoltato quella lettura, spezzata in chiave sponsale. Gesù chiede a Pietro: “mi ami tu Pietro”? .. “ Si ti voglio bene” e anche noi, ci siamo ridetti il nostro TI AMO, ci siamo ripromessi lo stesso amore. Che bello che in quel dialogo di Vangelo, Gesù Amore, ci viene incontro, va in contro a Pietro. Scende quegli scalini sulla riva del mar di Galilea per arrivare ad amare allo stesso livello di come riesce ad amare Pietro. Che bello che proprio quel giorno ci ha voluto dire “mi ami più di costoro?” Più del tuo coniuge? Ecco così vuole che ci amiamo…amandolo perché da Lui possiamo amare nostro marito, nostra moglie.

Ecco questa è la bellezza di passare l’anniversario con Gesù, farci amare da Lui. Farci amare dall’Amore. Provare ad amare nel nostro piccolo l’Amore.

Grazie!

L’augurio nostro è che tutti possano vivere la propria vocazione sentendosi amati, celebrare il proprio anniversario lasciandosi amare dall’amore! Vivere il proprio matrimonio riuscendo a benedirlo con l’aiuto di Gesù e imparando da Lui ad amare!

Compito di quest’oggi? Mettersi nelle Sue mani.. mettersi in ascolto del Maestro grande dell’Amore che è Gesù!

Buona lunedì

Anna Lisa e Stefano – @cercatori di bellezza

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Anniversario di matrimonio!

3/06/2017-3/06/2022…5 anni da quella promessa di Bene.. 4 doni grandi di cui due pronti per il Cielo, un Amore il nostro che si nutre di Lui. Una complementarietà che ci ha permesso di rivivere le nostre promesse e di offrire di nuovo oggi le nostre vite a quel Padre che ci ha voluto l’uno per l’altro. Per tutto questo e tanto ancora diciamo GRAZIE!!!

Da questo semplice pensiero di auguri, partiamo quest’oggi per darvi la lettura di cosa per noi vuol dire anniversario. Tu come lo hai passato il tuo anniversario? Lo festeggi ancora? È occasione di memoria bella di un giorno speciale? È occasione per rinnovare quella benedizione che hai ricevuto, di rinnovare quella scelta di vita nell’amore che hai fatto?

L’anniversario crediamo in primis che sia un’occasione speciale di crescita, è il far memoria della bellezza vissuta in un giorno passato ed il rinnovarsi nell’amore, rifacendo la stessa scelta libera di amore fatta allora, guardando ai passi fatti e a quelli che ancora sono da fare.

Vi doniamo allora queste righe, in cu abbiamo riletto il nostro anniversario che ad inizio mese abbiamo vissuto in un modo nuovo, speciale… buona lettura.

5 anni, il tempo passa, il corpo inizia a registrare la vita che scorre. Le fatiche e responsabilità che crescono, l’essere sposi che non basta più, si diventa padre, si diventa madre, si diventa adulti nel prendersi responsabilmente cura dell’altro, nell’accorgersi come il vivere familiare ci trasforma.

5 anni, di litigi che son rimasti sempre quelli, di conoscenza reciproca che non basta mai, perché l’altro non è un oggetto di cui ne conosci la forma o il colore, ma è una persona che vive e cambia, e così la bellezza dell’imparare a conoscerti ogni giorno, sempre di più, dell’imparare insieme a conoscere quel vulcano di nostro figlio che come noi cambia ogni giorno.

5 anni, un piccolo traguardo che non ci dice che siamo arrivati, ma che ci permette di guardare al passato con il cuore grato, perché ogni giorno lo rivivremmo in ugual misura, e a pensare oggi a qualcosa del passato che cambieremmo, la risposta sarebbe: l’amore donato. Ma per questo c’è il presente, c’è il guardare avanti, volendo amare di più.

La vita ci è data per amare, e per lasciarci amare, e questo è ciò che possiamo impegnarci a fare, di tutto il resto non ne rimarrà traccia, dell’amore donato e dell’amore ricevuto sì.

L’amore è ciò che della vita resta infinito, per generazioni. Il nostro corpo scomparirà. Gli anniversari servono per accorgerci con gioia che siamo finiti ma viviamo la bellezza infinita dell’amore. Gli anniversari servono per dire Grazie! E allora… L’anniversario cos’è allora?

Un giorno per dire GRAZIE, grazie per il dono del mio sposo, della mia sposa, grazie per il dono della vita, grazie per il dono dei figli, grazie per gli amici tanti, per le coppie di sposi, di fidanzati che camminano con noi, o che hanno fatto un tratto di strada insieme a noi.

Grazie a tutti gli invitati di quel giorno, che hanno reso il nostro matrimonio una festa, grazie a chi si è donato per noi, a chi ha cantato, a chi ha cucinato, a chi ha gioito, ballato, animato, amato con noi l’amore. Viene voglia di ritaggarvi tutti, per dire ad ognuno il nostro grazie, ma si sa i social son limitati e non si può taggare più di un certo numero di persone, l’amore invece è infinito nel numero di posti a tavola, di invitati, di abbracci calorosi di gesti di amore.

Grazie ai parenti che son con noi per legame, che ci hanno insegnato il valore della famiglia, dove fin da piccoli siamo cresciuti.

Grazie ai sacerdoti, alle suore, ai religiosi, a chi ci ha aiutato a conoscere di più l’amore, a chi senza saperlo è stato seminatore, gettando semi di bene su di noi, gettando benedizioni e amore gratuito.

Grazie a chi prega e ha pregato per noi, perché è invisibile ma necessaria la preghiera, come quel sale che gettato nell’acqua della pasta non vedi, ma dona gusto.

Grazie alle nostre famiglie che ci aiutano ad essere ciò che siamo.

Grazie alla Chiesa tutta, e non guardiamo solo a quella parrocchia, o a quella chiesetta, a quel sacerdote, ma alla Chiesa Sposa senza la quale vivere il matrimonio sarebbe più difficile.

Grazie a chi ci guarda da lassù e ci protegge, e ci aiuta a guardare alla nostra vita finita come ad un passaggio sulla via dell’amore da percorrere vivendo, non vivacchiando.

Grazie alla parola di Dio che lavora in noi, che ci plasma e ci dona forma e forza, che ogni giorno ci dice: “io sono con voi” e “non abbiate paura”.

Grazie a mamma Maria, al santo Giuseppe e all’amico Gesù che si son trovati con degli scappati di casa come noi a rivivere il mistero della famiglia.

Grazie alle figure dei santi che sono entrati in casa nostra, per portarci un esempio, un insegnamento, una parola che ci aiuta a camminare più in alto.

Sicuramente abbiamo dimenticato qualcosa o qualcuno in questo nostro salmo di ringraziamento, e quindi ci scusiamo con chi non abbiamo ringraziato, con chi soprattutto non siamo più riusciti ad incontrare, a vedere, in questi anni. Chi abbiamo perso di vista, non per volere, ma che portiamo con benedizione nel cuore.

Che bello fermarsi il giorno dell’anniversario e rivivere quel giorno con l’aiuto di foto, dei filmini, delle dediche o messaggi conservati. Che bello ripensare alla gioia di quel giorno, che bello ricordare i momenti di amore e quelli di fatica da cui siamo passati in questi 5 anni.

Far memoria con gratitudine, così si può camminare in avanti.

E allora a lunedì prossimo, quando insieme a voi, proveremo a raccontare di più del nostro anniversario di matrimonio. … to be continued

Vogliamo provare a lasciarvi un compito, perché queste righe non rimangano solo lette, ma diventino concrete, e quindi vi chiediamo di prendervi del tempo, perché l’amore ne ha bisogno, fermati e prova anche a te a rispondere a queste domande.

Cosa cambieresti del tuo vissuto, celebrando il tuo anniversario?

Per cosa dici grazie? A chi dici grazie? Quale pagine scriveresti sul tuo diario di questi anni di bellezza di amore trapassato sicuramente anche dalla fatica, ma che profuma di resurrezione?

Anna Lisa e Stefano – @cercatori di bellezza

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Mostriamo le nostre ferite senza paura

Vorrei oggi tornare sul Vangelo di ieri, domenica in Albis e domenica della Divina Misericordia. Come avete ascoltato durante la Messa, è stato proclamato il Vangelo dove Gesù appare due volte agli apostoli nel Cenacolo. La prima volta senza la presenza di Tommaso e la succesiva dove c’è anche l’incredulo apostolo. Ieri padre Luca ha già proposto una bellissima riflessione e non voglio ripetere gli stessi concetti molto belli.

Quello che mi preme è invece riprendere un breve passaggio del Vangelo per evidenziare un atteggiamento del Risorto che potrebbe passare inosservato. Venne Gesù, si fermò in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il costato.

Collocate questa immagine nel vostro matrimonio. Quegli apostoli nel Cenacolo erano gli stessi che avevano abbandonato il Cristo, erano scappati nascondendosi. Pietro lo aveva addirittura rinnegato dopo che poche ore prima aveva promesso di rimanergli accanto in ogni situazione. Gesù entra e rompe il ghiaccio con pace a voi, un modo per riaffermare quel rapporto d’amore e d’amicizia che almeno dalla parte del Cristo non era mai venuto meno. Ricostruite nella vostra mente la scena. Gesù dice queste parole non nascondendo le ferite della passione e della crocifissione, ma al contrario le mostra. Ferite trasfigurate dalla Resurrezione ma che hanno lasciato, sul corpo glorioso di Gesù, segni evidenti.

Questo atteggiamento del Cristo può insegnare davvero tanto a noi sposi. Anche noi siamo pieni di ferite. Alcune aperte e sanguinanti, altre chiuse ma non ancora guarite del tutto, altre che hanno lasciato cicatrici. Le relazioni con le persone sono per noi vitali, nel senso che ci rendono vivi e non possiamo farne a meno, ma sono anche pericolose. Quante ferite abbiamo ricevuto proprio dalle persone che più abbiamo amato. I nostri genitori, i nostri fratelli e le nostre sorelle, i nostri amici, ed ora anche nostro marito o nostra moglie. Spesso non veniamo feriti per deliberata cattiveria. Semplicemente la relazione implica l’aprirsi a persone che come noi sono abitate dalla contraddizione della caduta, persone abitate dal peccato ed incapaci di amare in modo perfetto e infallibile. Succede che i nostri genitori possano farci del male con il loro comportamento. Non lo fanno perchè non amano i figli. Non sanno amarli come Dio li ama, e mettono ciò che sono e ciò che possono dare in quella relazione d’amore. Anche io chissà quanti errori ho fatto e ancora farò con i miei figli. Chissà quante ferite dovranno guarire nelle loro relazioni future.

Tutta questa premessa per dire solo una cosa. Quando vi accostate a vostro marito o vostra moglie fatelo come ha fatto Gesù. Portate la vostra parola di pace e il vostro sguardo d’amore, ma fatelo non nascondendo le ferite. Mostratevi completamente perchè quella pace che voi offrite non cancella tutte le sofferenze che avete passato, non sana le vostre ferite che continuano a sanguinare. Nascondere le ferite significa solo rimandare il problema e poi con il tempo esplodere con l’altro o implodere in sè stessi. Invece mostrandoci nudi nelle nostre fragilità potremo essere accolti ed amati. E’ lì che comincia per noi la vera resurrezione, la guarigione del male passato della famiglia di origine e del male presente della nostra relazione sponsale.

Antonio e Luisa

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Sposi, apostoli della Misericordia divina

Cari sposi,

stiamo vivendo un tempo meraviglioso per la nostra fede. Infatti, il trionfo di Cristo sul peccato e sulla morte può anche essere il nostro. È davvero entusiasmante vedere come Gesù, una volta risorto, porti a compimento la sua missione con tre doni speciali, prima di lasciare spazio allo Spirito Santo.

In questo brano Gesù ci fa un primo invio del dono dello Spirito, un dono i cui frutti – fra loro intrinsecamente correlati – sono anzitutto la pace (“Pace a voi”), poi il perdono reciproco (“a chi rimetterete i peccati, saranno rimessi”) e infine la gioia (“i discepoli gioirono al vedere il Signore”). Vorrei ora concentrarmi sui primi due.

Come scriveva P. Raymond Brown (1928-1998), nel suo “Commento al Vangelo spirituale”, quando Gesù dice «pace a voi» non sta usando solo una forma di buona educazione ma sta facendo un dono, un regalo agli apostoli. Cioè il Risorto porta la sua pace. Non qualsiasi “pace” ma quella, come scrive Paolo, che Egli ha posto tra il cielo e gli uomini (cfr. Col 1,20), quella che ha instaurato abbattendo ogni inimicizia (cfr. Ef 2, 14).

Come fa a fare questo? Appunto, Gesù dona la pace grazie all’invio dello Spirito. Vari esegeti parlano addirittura della “Pentecoste giovannea”, difatti Gesù “alitò” sui discepoli e il verbo usato è emphysao, che significa “insufflare, alitare”. È impiegato anteriormente per la prima volta nel libro della Genesi, durante il racconto della creazione dell’uomo e della donna quando Dio immette in loro “un alito di vita” (Gen 2, 7). Impressionante! Senza la pace, non abbiamo vita, non possiamo vivere, in modo particolare tra uomo e donna…

Poi Gesù, in forza dello Spirito, concede ai discepoli di essere portatori di perdono. Prima di tutto tra di loro. Quanto avevano da perdonarsi a vicenda! Non avevano dimostrato infatti una grande lealtà al Maestro e nemmeno tra di loro. E poi, con quel dono, avrebbero potuto essere un segno di riconciliazione per altre persone. Lo vedremo poi, di lì a poco, quando Pietro, il giorno di Pentecoste, annuncia a tutti il perdono dei peccati (cfr. At 3, 19). Vedo chiaramente in tutto ciò un forte rimando a voi sposi, alla vostra vita, alla vostra missione. Se penso a vari passaggi del rito matrimoniale, in particolare la Quarta formula della benedizione nuziale vi trovo un forte legame a questo Vangelo. Dice infatti il rito: “Scenda la tua benedizione su questi sposi, perché, segnati col fuoco dello Spirito, diventino Vangelo vivo tra gli uomini.”.

Ecco, voi sposi, dal giorno del Matrimonio, avete ricevuto una piccola Pentecoste su voi due, proprio come oggi la vediamo nel Cenacolo. E quello Spirito vi è stato donato perché sia fermento e lievito di perdono e misericordia reciproca. Non vi basta solo di fissare gli equilibri nella vostra relazione, non è sufficiente marcare i limiti della sopportazione. Gesù vuole che, con lo Spirito, i vostri cuori si dilatino a tal punto da essere apostoli della Misericordia divina, da brillare di luce per la qualità del vostro amore e del vostro perdono. In parole povere, Gesù vuole che voliate alto nel donarvi vicendevolmente la pace. Quanto ne ha bisogno il mondo di oggi!

Chiedete perciò ogni giorno una rinnovata Pentecoste su di voi, allenatevi spesso nell’invocare e “usare” lo Spirito perché i vostri cuori e le vostre menti siano sempre più generosi e magnanini nell’amarvi.

ANTONIO E LUISA

Alcuni di voi penseranno che padre Luca abbia esagerato. Come è possibile che noi sposi possiamo essere capaci di tanto. Essere capaci non solo di volerci bene e di curare la nostra relazione come, bene o male, succede a tutte le coppie che stanno insieme e che funzionano anche senza bisogno di un sacramento. Siamo capaci soprattutto di misericordia come quella di Gesù sulla croce. Il sacramento brilla non tanto quando tutto fila liscio. In quel caso basta il nostro povero amore di uomini e donne. Il sacramento rende una relazione profetica proprio quando le cose vanno male. Nel mio piccolo posso confermare di aver fatto esperienza dell’amore di Dio nella mia sposa. L’ho già raccontato tante volte. Quell’amore donato e immeritato mi ha toccato profondamente. Cari sposi non smettete mai di affidarvi a Dio e alla Sua misericordia per essere poi voi capaci di fare altrettanto. Rimetti a noi i nostri debiti come anche noi li rimettiamo a nostro marito o nostra moglie.

Antonio e Luisa

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Come l’argilla è nelle mani del vasaio

Cosa significa farsi santi nel matrimonio? Ci deve pure essere una strada accessibile a tutti se abbiamo scelto questa vocazione. Oppure, come credono molti, il matrimonio è per pochi visto che circa metà dei matrimoni salta? Bisogna avere doti e talenti fuori dal comune? La risposta mi è arrivata da don Fabio Rosini. Don Fabio è davvero una persona straordinaria. Riesce come pochi a raccontare come siamo fatti e a cosa anela il nostro cuore.

Don Fabio ha detto qualcosa che sembra ovvio, e magari per voi che leggete lo è, ma per me è stata una rivelazione. Non mi si è mai mostrato così chiaramente il senso del matrimonio. La santità non dipende da qualcosa che dobbiamo fare noi, non siamo noi a dover essere bravi. La santità ci vede in un certo senso come parte passiva. Cosa intendo dire? Detto così sembra la furbata di quello che non vuole impegnarsi. No, il nostro personale impegno resta. Quello che don Fabio dice è che la nostra santità è opera di Dio. E’ Lui quello che vuole compiere meraviglie in noi e con noi. Noi dobbiamo semplicemente essere docili alla Sua azione.

Questo ci libera dal sentirci inadeguati. Ci libera dal dire che noi non ce la faremo mai, che non siamo abbastanza bravi, determinati, capaci. Non serve esserlo. Per sposarci non ci è chiesto di essere super in niente. Ci è chiesto semplicemente di fidarci, di affidarci e di abbandonarci. La santità nel matrimonio dipende dal nostro abbandono a Dio. Dio che attraverso il sacramento del matrimonio ci plasma e ci rende sempre più uomoni e donne pienamente realizzati nel progetto che Lui ha pensato per noi e con noi.

Concretamente il matrimonio ci mette di fronte a tante situazioni belle e brutte. Abbiamo affrontato momenti di gioia e di amore dato e ricevuto dove abbiamo sperimentato la comunione e il piacere della relazione. Abbiamo affrontato anche periodi e momenti caratterizzati dalla difficoltà, dalla sofferenza e magari ci siamo feriti l’un l’altro con il nostro atteggiamento, le nostre parole e le nostre azioni. Questi sono tutti momenti di crisi. Crisi è un termine che deriva dal latino e dal greco e che significa scelta. La crisi ci mette di fronte ad una decisione: possiamo scegliere di abbandonarci alla grazia e cercare nella relazione con Dio la forza per scegliere il bene e il perdono, oppure possiamo scegliere di dare spazio al nostro io con tutte le rivendicazioni che ne conseguono. Rivendicazioni che poi si trasformano in quella che noi chiamiamo giustizia ma si tratta di vendetta.

Il matrimonio è una continua scelta. Più sapremo abbandonarci a Dio e più saremo capaci di decentrare lo sguardo, di farci dono, di perdonare, di ricominciare, di crescere, di vedere il bello. Insomma di avere lo sguardo di Dio, lo sguardo capace di salvare. Un perdono dato gratuitamente senza che l’altro abbia fatto nulla per meritarlo tante volte salva noi stessi e l’altra persona. Apre il nostro cuore all’amore gratuito e il suo cuore all’amore riconoscente. Ci apre a Dio.

Quando siamo capaci di questo non siamo noi che siamo bravi e che abbiamo chissà quale merito. Si un merito l’abbiamo ed è quello di esserci fidati ed avere offerto la nostra vita a Gesù. Il resto lo può fare solo Lui. E’ Lui che può prendere il nostro poco e farne tanto. E’ sempre Lui che può prendere la relazione di due poveretti che hanno davvero poco da offrire e farne un’opera bellissima. Un’immagine che può rendere l’idea la troviamo in Geremia: Ecco, come l’argilla è nelle mani del vasaio, così voi siete nelle mie mani, casa d’Israele. Noi siamo quel vaso ed è Dio che nel matrimonio, se lo permettiamo, ci plasma e ci rende un’opera d’arte, ci fa santi. La santità degli sposi è questa. Non cerchiamo scuse dicendo che non siamo abbastanza, se lo vogliamo noi possiamo essere quello sguardo di Dio per la persona che abbiamo accanto, per i nostri figli e per il mondo intero.

Permettetemi un’ultima riflessione che credo importante. Il matrimonio riuscito non è sempre quello dove i due sposi si amano fino alla fine dei loro giorni terreni. Certo, desideriamo tutti un matrimonio così, ma un matrimonio riuscito è anche quello della persona che è stata abbandonata, e in quel dolore ha scelto di restare fedele, e in quella fedeltà si è lasciata plasmare e amare dal vasaio, da Dio. Io ne conosco di persone così e sono davvero delle persone meravigliose plasmate dall’intreccio tra il dolore e l’amore.

Antonio e Luisa

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Cosa sono gli atti impuri nel matrimonio? Accontentarsi delle briciole

Oggi cercherò di rispondere ad una domanda che mi è arrivata direttamente sul blog. Una domanda che si fanno in tanti e a cui spesso viene data una risposta superficiale o dogmatica. La domanda arrivata è stata: chiedo scusa volevo sapere quali sono i peccati impuri nel matrimonio? Cerco di interpretare la richiesta e la riscrivo con: quando un atto è impuro e quindi contrario all’amore e quando invece è un vero gesto di amore?

La questione si potrebbe affrontare facendo un elenco di pratiche moralmente buone e altre che non lo sono. Sarebbe però un modo troppo semplice e superficiale di affrontare la questione. Un tempo si faceva così. Sono convinto che un elenco possa magari dare un’idea generale ma poi non basta, è importante comprendere il senso dell’atto coniugale, la sua pienezza, i suoi frutti. Guardando alla grandezza del sesso e la sua finalità ultima allora si hanno le coordinate perchè ognuno possa fare la propria scelta consapevole e motivata. Il peccato che mi interessa mettere in evidenza non è tanto quello religioso (che pure c’è ma non sono io a doverlo giudicare), ma quello umano e relazionale : è un peccato che gli sposi sprechino l’occasione di un’esperienza meravigliosa che è la sessualità nel matrimonio impoverendo tutto con gesti appunto impuri. Atti dove non c’è trasparenza, dove non c’è verità tra quanto il corpo esprime e quanto abbiamo nel cuore.

Non è solo un elenco ma una vera scelta di vita. Io non sono il vostro confessore che può dirvi questo sì e questo no. Quello che mi sento di poter condividere è altro. Mi sento di parlare come uno sposo tra gli sposi che cerca di trovare la strada più bella e appagante anche in questo ambito. Qui si tratta di andare al cuore della sessualità. Noi siamo uomini e donne dotati di un corpo sessuato e che manifestano l’amore attraverso di esso. Uomini e donne differenti e complementari anche nel corpo. Uomini e donne sessuati proprio perchè l’incontro fisico di queste due alterità potesse essere nel contempo unitivo e procreativo. Dio ha scelto questo modo non solo per permettere la procreazione ma anche perchè potessimo fare esperienza di Trinità. Dio che è costituito da tre Persone che sono così unite tra loro da essere uno. Tre e una nel contempo. Cosa che noi sposi possiamo sperimentare e replicare proprio nel corpo attraverso l’amplesso. Siamo due ma uno nello stesso tempo. Lo sposo si sente nella sposa e la sposa nello sposo. Non solo nel corpo ma anche nei cuori. Quindi cosa si può fare? Come possiamo rendere concreto il nostro amore nel corpo? Con quali gesti? L’abbiamo detto, sono atti puri quelli che permettono tutta questa bellezza. Per questo serve l’apertura alla vita (seme depositato in vagina) e la comunione delle due persone attraverso il corpo. Apertura alla vita non significa ricercare un figlio ad ogni rapporto. Lo spiego meglio in questo articolo.

La sessualità non è genitalità. Ogni volta che ricerchiamo un rapporto intimo è importante partecipi tutta la persona. Non esiste il rapporto intimo puro dove al centro di tutto ci sono solo i genitali maschili o femminili. L’incontro intimo è partecipazione di tutta la persona, il coinvolgimento di tutto, corpo, sguardo, cuore. Insomma non ci può essere rapporto bello dove tutto si concentra solo sui genitali. Perchè? Manca di sicuro la comunione e spesso anche l’apertura alla vita. Capite come ogni gesto vada letto in questa consapevolezza di cosa sia l’amore erotico?

Ogni gesto va letto alla luce di questo significato umano e cristiano che viene dato al corpo e all’amore. Ogni volta quindi che vogliamo comprendere se un determinato modo di vivere la sessualità sia buono e bello oppure sia dettato da egoismo e dall’impulso di usare l’altro dobbiamo confrontarlo con queste due caratteristiche entrambe necessarie. Ora avete gli strumenti per comprendere se un determinato atto sia puro oppure non lo sia.

Il Cantico dei Cantici esalta i preliminari. Il nostro padre spirituale ci raccontava come alcuni sposi andassero da lui a confessare di essersi abbandonati al piacere dei preliminari. Lui rispondeva sempre che il peccato da confessare sarebbe stato quello di non averli fatti. Non c’è nulla di male nell’assaporare e fare esperienza del corpo dell’altro durante la preparazione dell’amplesso. Non esistono parti del corpo meno degne di altre. Tutto il corpo dell’altro è bellezza. L’amore ci chiede solo che siano gesti che non urtino la sensibilità e la dignità dell’altro, che ci si guardi (come potrebbe esserci comunione altrimenti) e che siano tutti gesti preparatori all’amplesso dove avverrà poi il rapporto completo. Il resto è tutto lasciato al desiderio e alla fantasia dei due sposi che anzi sono chiamati a perfezionare questo momento nel tempo. E’ un vero talento da perfezionare per entrare sempre più in comunione e godere del piacere che ne deriva. Non c’è nulla di sbagliato in questo. Se volete approfondire Luisa ed io abbiamo scritto il libro Sposi sacerdoti dell’amore. Il Cantico dei Cantici letto da due sposi per gli sposi dove approfondiamo proprio la bellezza della contemplazione reciproca e la bellezza di un amore erotico vissuto in questo modo. E’ amare da Dio perchè è quello che Lui ha voluto per noi facendoci così con un corpo e sessuati.

Alla luce di quanto ho scritto fino ad ora si può comprendere come non sia adeguato fare un semplice elenco. Lo stesso atto può essere gesto d’amore o modo per usare l’altro. Faccio un esempio. La stimolazione orale dei genitali. Quando è offerta all’altro durante i preliminari, sempre sia gradita ad entrambi e non forzata, non è moralmente sbagliata. Il Cantico dei Cantici ci aiuta proprio a comprendere come tutto il corpo dell’amato/a sia bello e degno. Non c’è nulla di male in questo gesto, ma in un contesto di preparazione poi alla comunione completa dell’amplesso. Diventa gesto moralmente sbagliato quando vissuto fine a se stesso (dove è la comunione? dove è l’apertura alla vita?)

Anche l’amplesso vissuto in modo completo tra due sposi può invece essere un atto impuro. Come è possibile? San Giovanni Paolo II parla di adulterio del cuore. Quando viviamo l’amplesso per realizzare fantasie pornografiche e usiamo l’altro per il mero piacere fisico senza cercare la comunione stiamo compiendo un atto impuro anche se è un gesto sacro e sacramentale.

Quindi per concludere lasciatemi dire che non è importante fare un elenco ma è importante preparare il cuore e accostarsi sessualmente a nostro marito e a nostra moglie con purezza cioè con il desiderio di vivere un momento di vera comunione, di dono reciproco e di amore autentico. Questo non perchè ce lo dice la Chiesa ma perchè possiamo davvero fare un’esperienza meravigliosa. Scegliamo questa modalità perchè è più bella e perchè non vogliamo accontentarci di un semplice orgasmo.

Per approfondire vi consiglio questi testi:

  1. L’ecologia dell’amore
  2. Sposi sacerdoti dell’amore
  3. L’amore sponsale (a breve sarà pubblicata nuova edizione)
  4. La mistica dell’intimità nuziale

Antonio e Luisa

“Tu non sei qui”

“Tu non sei qui, sei risorto”. Sono le parole che un bravo Fabrizio Gifuni, interpretando Giovanni Battista Montini nella fiction “Paolo VI – Il Papa nella tempesta”, pronunciò a voce bassa e commossa mentre entrava nel Santo Sepolcro. Nella realtà, avvenne proprio che il 4 gennaio 1964 Papa Montini, primo Pontefice nella storia a viaggiare in Terra Santa, volle visitare il luogo testimone della Risurrezione di Gesù. Trovo molto belle quelle parole, le sento molto mie, credo che esprimano il nostro atteggiamento in questo giorno in cui mentalmente anche noi vorremmo sostare dinanzi a quella pietra marmorea su cui venne deposto il corso esanime di Cristo. Oggi siamo chiamati a fare esperienza che la Risurrezione è un evento, un fatto realmente accaduto. Non è una fiaba per bambini e men che meno un’illusione per alleviare la durezza della vita.

Ma la Risurrezione non è solo un momento storico, non è delimitata a quella mattina di aprile dell’anno 33. È un fatto che ci tocca diariamente e mi sono sempre chiesto cosa significhi per me oggi, 2022, che Cristo sia risorto allora. Devo dirvi che mi aiuta il meditare su una frase dell’Apocalisse dal sapore prettamente pasquale: “Ecco, io faccio nuove tutte le cose” (Ap 21, 5). Come a dire: la grazia della risurrezione è capace di rinnovare sempre la tua vita, di mantenere vivo l’amore per Cristo e i fratelli anche con il passare degli anni.

Questa verità, declinata per gli sposi, è estremamente bella e importante. Soprattutto in un mondo inzuppato di una visione romantica dell’amore, cioè intrappolato e prigioniero delle emozioni e in grossa difficoltà quando queste vengono meno o mutano nel tempo. Un amore spesso e volentieri narcisista e avido di possedere l’altro. Questo modo di amare è destinato ahimè alla tomba e a restarci. Invece l’amore vero, quello che cerca il dono di sé, quello che accoglie e custodisce, quello che cura e chiede appartenenza può essere sempre nuovo. Questo è il modo di amare di Cristo, che gli sposi ricevono in dono con il sacramento. Come direbbe Gabriel Marcel (1889-1973): “Amare qualcuno è dirgli: tu non morirai” (G. Marcel, Tu non morirai, a cura di F. Riva e M. Pastrello, Casini, Roma 2006, p. 151), è proprio vero allora che l’amore umano, con la grazia del sacramento, diventa veramente sé stesso, diventa autentico e genuino, scrostato e ripulito da quelle pesanti mondanità.

Come è possibile allora, lo dico per averlo visto diverse volte, che il passare del tempo, per certi sposi, significhi l’aumento dell’amore? Per quale motivo può accadere che, nonostante il deperimento fisico e anche mentale, i coniugi possano maturare come coppia e diventare sempre più innamorati? Se pensiamo che un poeta medievale come Cecco Angiolieri (1260-1310) scriveva tanti secoli fa: “S’i’ fosse Cecco, com’i’ sono e fui, torrei le donne giovani e leggiadre: le vecchie e laide lasserei altrui” (Cecco Angiolieri, S’i’ fossi foco, Rime, Ed. Marti), a voler dire, ieri come oggi, che l’amore genuino sarebbe relegato solo alla gioventù e ai verdi anni.

La bella notizia invece è che l’amore sponsale, con la grazia di Cristo, è un amore sempre pasquale, un amore sempre tendente al nuovo, alla pienezza, un amore che punta alla Vita Eterna. È bello rileggere per intero un numero di Amoris Laetitia tutto incentrato sulla Risurrezione: “Se la famiglia riesce a concentrarsi in Cristo, Egli unifica e illumina tutta la vita familiare. I dolori e i problemi si sperimentano in comunione con la Croce del Signore, e l’abbraccio con Lui permette di sopportare i momenti peggiori. Nei giorni amari della famiglia c’è una unione con Gesù abbandonato che può evitare una rottura. Le famiglie raggiungono a poco a poco, «con la grazia dello Spirito Santo, la loro santità attraverso la vita matrimoniale, anche partecipando al mistero della croce di Cristo, che trasforma le difficoltà e le sofferenze in offerta d’amore». D’altra parte, i momenti di gioia, il riposo o la festa, e anche la sessualità, si sperimentano come una partecipazione alla vita piena della sua Risurrezione. I coniugi danno forma con vari gesti quotidiani a questo «spazio teologale in cui si può sperimentare la presenza mistica del Signore risorto»” (Papa Francesco, Amoris Laetitia, n° 317).

            Cari sposi, vi auguro, spero con tutto il cuore che voi sentiate e tocchiate con mano di “contenere” un amore risorto, un amore che è potenzialmente intramontabile e sempre giovane, non solo per merito vostro ma per dono di Dio. Vorrei tanto che ne siate sempre consapevoli e che questa certezza vi accompagni oggi che è Pasqua e ogni giorno della vostra vita.

ANTONIO E LUISA

Sento già le obiezioni di certuni: cosa ne sa un prete di queste cose? Cosa ne sa di cosa vuol dire stare accanto alla stessa persona tutta la vita? Stare accanto ad una persona imperfetta, piena di fragilità e contraddizioni, e per giunta che diventa sempre più vecchia e sfatta? Queste sono le obiezioni che hanno tanti giovani e non solo. Eppure io sono qui a testimoniare che padre Luca ha ragione, dice il vero. Per me è così. Sto accanto a mia moglie da più di vent’anni tra fidanzamento e matrimonio, per giunta lei ha otto anni più di me. Sono consapevole che altri vedono una donna non più giovane di 55 anni con tutti i segni del tempo sul corpo, eppure io vedo Luisa, la mia meravigliosa sposa, che diventa sempre più bella ai miei occhi, riempiti di tutti questi anni di amore che ci siamo donati. Non mi resta che augurare a tutti una Santa Pasqua di resurrezione e soprattutto auguro a tutti voi sposi che non perdiate mai la capacità di scorgere la bellezza nella persona che avete accanto. Lasciatemelo dire il simpatico e schietto Cecco Angiolieri, citato da padre Luca, non ha scelto il meglio, ha scelto di accontentarsi di fermarsi solo alla superficie seppur con la forma di un corpo bello e giovane. La vera bellezza, caro Cecco, viene dopo.

Siete nel dolore? Sentitevi figli amati!

Questo venerdì santo ci costringe a fare i conti con il dolore. Mi è piaciuta molto una riflessione di don Fabio Rosini. Parlando proprio della Passione di Gesù ha messo in evidenza qualcosa di importante. Gesù non è l’uomo che ha subito il supplizio peggiore. Ci sono stati condannarti che sono stati torturati ed hanno avuto una morte molto più lenta e dolorosa di Gesù. Cosa rende la sofferenza di Gesù così importante e diversa? E’ diversa per come è stata affrontata. Gesù ha affrontato tutto come un Figlio che si sente amato dal Padre. Un figlio amato. Tutto quello che ha sopportato lo ha fatto sostenuto dal Padre, dall’Amore che li lega in modo così perfetto e pieno. Tanto da renderli uno. Un Dio che è Trino e uno nello stesso tempo. Gesù si è preparato. Il Getsemani non è stato un momento inutile tra l’ultima cena e l’arresto. Il Getsemani è stato un momento fondamentale per Gesù, lo ha preparato ad affrontare tutto quello che è venuto dopo, lo ha aiutato a sopportare il tradimento dei suoi, cosa ancor più dolorosa della morte in croce e della fustigazione.

Il Venerdì Santo non ci deve spaventare. Ci deve aiutare a riflettere e a fare ordine nella nostra vita. Il dolore fa parte della vita. Vorremmo tutti farne a meno ed evitarlo ma non è possibile. Prima o poi ci toccherà affrontare situazioni dolorose. Allora Dio non ci ama? Se Dio permette che noi attraversiamo lutti, malattie, divisioni e litigi vuol dire che il nostro matrimonio è sbagliato e che che siamo da soli a lottare contro tutto e tutti? La nostra fede è tutta un’illusione? Il Venerdì Santo ci mette di fronte proprio a questa domanda! La resurrezione avviene solo dopo aver affrontato e superato questa prova.

In realtà, se crediamo al matrimonio perfetto, siamo completamente fuori strada. Dio non è il genio della lampada. Non basta strofinare la lampada con un rosario, con una devozione, con una Messa o con un pellegrinaggio per evitare ogni male e ogni sofferenza. Dio non è un mago o un prestigiatore. Dio è un Padre che ci accompagna passo dopo passo in ogni frangente della vita. Ci accompagna soprattutto in quelli più dolorosi dove non crediamo di potercela fare. Dio non ha evitato il supplizio a Gesù, ma Gesù attraverso il Suo abbandono al Padre ha reso quella morte feconda per Lui e per tutto il mondo. Ci ha salvati non perchè è morto ma per come è morto.

Questo è il segreto della nostra vita e del nostro matrimonio. Non potremo mai evitare il dolore, ma potremo affrontarlo da figli, ma per riuscirci dobbiamo prepararci. Come? In una relazione di preghiera e di intimità con Dio. PVa preparato con i sacramenti, va preparato con l’adorazione. Va preparato insomma nutrendo il nostro amore verso Dio e facendo esperienza del Suo per noi. Per sentirci figli amati dobbiamo conoscere il Padre e lasciarci amare da Lui.

Mi viene in mente un esempio luminoso dei nostri tempi. Chiara Corbella una giovane moglie e mamma morta prematuramente. Lei è passata attraverso il venerdì santo. Lei ha affrontato, con il marito Enrico, tanto dolore e ne è uscita fuori alla grande. E’ morta, ma è morta tra le braccia di Gesù. Dio non le ha tolto le prove. Gliene ha date molto più che a tanti altri. Eppure pregava, aveva una vita di fede, credeva moltissimo. Dio forse non l’amava? Molti hanno questa idea in fondo al cuore: se soffro Dio non mi ama. Invece Chiara mi piace tantissimo, proprio per quello che mi ha trasmesso con la sua testimonianza nelle prove. La sua vita è stata uno schiaffone in faccia che mi ha svegliato. Chiara non era una donna super, un’eroina dei fumetti. A detta di chi l’ha conosciuta era una giovane donna con le sue fragilità e paure. Ciò che l’ha resa straordinaria è come ha saputo trovare la forza che le mancava in Dio. E questo non si può improvvisare. Lo ha costruito giorno dopo giorno nella sua vita e nel suo matrimonio.

Chiara ha avuto la grazia, perchè per lei ed Enrico è stata una grazia, di concepire due bambini prima della nascita di Francesco. Maria Grazia Letizia e Davide Giovanni sono morti subito dopo il parto per gravi patologie e malformazioni. Quanta sofferenza ha dovuto già sopportare prima della sua malattia che l’ha portata alla morte, eppure ne ha colto il senso e l’ha affrontata da figlia amata. Vi lascio come spunto di riflessione quanto chiara ha scritto in riferimento al figlio Davide Giovanni. Sono parole che squarciano un velo sulla nostra fede spesso più simile a scaramanzia che a una vera relazione d’amore. Chiara ci dice con questa riflessione in modo limpido cosa è l’amore e chi è Dio.

Un piccolo che ha ricevuto in dono da Dio un ruolo tanto grande… quello di abbattere i grandi Golia che sono dentro, di abbattere il nostro potere di genitori di decidere su di lui e per lui, ci ha dimostrato che lui cresceva ed era così perché Dio aveva bisogno di lui così; ha abbattuto il nostro “diritto” a desiderare un figlio che fosse per noi, perché lui era solo per Dio; ha abbattuto il desiderio di chi pretendeva che fosse il figlio della consolazione, colui che ci avrebbe fatto dimenticare il dolore di Maria Grazia Letizia; ha abbattuto la fiducia nella statistica di chi diceva che ave- vamo le stesse probabilità di chiunque altro di avere un figlio sano; ha smascherato la fede magica di chi crede di conoscere Dio e poi gli chiede di fare il dispensatore di cioccolatini; ha dimostrato che Dio i miracoli li fa, ma non con le nostre logiche limitate perché Dio è qualcosa di più dei nostri desideri (ha abbattuto l’ idea di quelli che non cercano in Dio la salvezza dell’anima, ma solo quella del corpo; di tutti quelli che chiedono a Dio una vita felice e semplice che non assomiglia affatto alla via della croce che ci ha lasciato Gesù). Davide così piccolo si è scagliato con forza contro i nostri idoli e ha gridato con forza in faccia a chi non voleva vedere, ha costretto tanti a correre ai ripari per non riconoscere di essere stati sconfitti. Io invece ringrazio Dio di essere stata sconfitta dal piccolo Davide, ringrazio Dio che il Golia che era dentro di me ora è finalmente morto, grazie a Davide; nessuno è riuscito a convincermi che quello che ci stava capitando era una disgrazia, che derivava, dal fatto che ci eravamo allontanati da Dio forse anche solo inconsciamente. Ringrazio Dio perché il mio Golia è finalmente morto e i miei occhi sono liberi di guardare oltre e seguire Dio senza aver paura di essere quella che sono.

Il Venerdì Santo non si può cancellare. Fa parte della vita. Chi riesce ad affrontare da figlio il Venerdì Santo poi però può risorgere. Può risorgere la vita e può risorgere anche un matrimonio che sembrava finito perchè il venerdì santo ci può aiutare a capire, come diceva sempre Chiara, che nulla ci appartiene ma tutto è grazia.

Antonio e Luisa

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Colomba di pace!

Amare sì ma che cosa vuol dire? Non vogliamo la guerra, vogliamo la pace perché?

È oramai tempo di bilanci, i contabili, i commercialisti stanno per approcciarsi a chiudere quelli dell’anno passato. Per chi fa la dichiarazione del 730 è tempo di preparare i documenti, gli scontrini, le spese sostenute.

Per un cristiano il tempo del bilancio arriva con l’avvicinarsi della Pasqua. Con il termine della quaresima, tempo di preparazione, tempo di redenzione, tempo di misericordia. Tempo di prova, di assenza di quel canto di gioia che tra non molto verrà gridato nelle chiese. Tempo di silenzio che verrà interrotto dal suono delle campane, dei campanelli, della gioia.

Sta arrivando un’altra Pasqua, sta finendo la quaresima 2022, te ne sei accorto? Forse la pandemia prima, la guerra poi, i rincari di gas e luce hanno tolto l’attenzione al tempo speciale che erano e sono ancora questi giorni. Nessuno ne parla, se non il prete in chiesa la domenica, come puoi ricordarti che si è in quaresima? Come puoi ricordarti dei buoni prepositi che un mese fa ti eri preso?

Eppure eccola lì, segnata sul calendario con un giorno in più di festa. Eppure eccola lì attesa da tanti per staccare dal lavoro. Eppure eccola lì con la scuola che chiude e ci obbliga ad incastrare i bambini tra un nonno e una babysitter.

Pasqua è giorno di pace, Pasqua è simboleggiata dalla colomba, e dal ramo di ulivo. Colomba che vola e colomba anche in tavola che non manca in ogni casa. Quale lavoro hai fatto in questa quaresima per la pace?

La tua famiglia è in pace, o rimane quel muro oltre il quale nascondersi da quel parente, dal quale ci si sporge ogni tanto per sparare colpi di cattiveria?

Siamo partiti in questo mini ciclo di guerra e pace alcuni lunedì fa, dal creare un parallelo, con quanto sta avvenendo nel conflitto Russo Ucraino e quanto avviene in casa nostra tra moglie e marito. Abbiamo visto che ciò che sta avvenendo tra due potenze internazionali, lo viviamo anche nelle nostre case, la pace è qualcosa che creiamo fin da piccoli, che impariamo a costruire fin da dentro i legami più stretti familiari. La pace la si costruisce tra fratelli, tra padri e figli, tra coniugi. È da lì che nasce la nostra missione di pace, la nostra educazione alla pace. Ci aspettiamo tutti la pace, perché la guerra ci fa paura, ma siamo davvero costruttori di pace o siamo spesso tentati dalla divisione?

Lunedì 21 marzo sottolineavamo che spesso parliamo linguaggi differenti fra moglie e marito, e che esistono delle differenze che ci portano a non percepire l’errore che ha causato il conflitto allo stesso modo. Ognuno ha una sua tara sulla bilancia degli sbagli, ognuno ha un suo linguaggio del perdono e dell’amore. Abbiamo poi evidenziamo come bisogna imparare a scendere dai nostri pilastri di orgoglio, e imparare a chiedere scusa, mostrandoci umili ed imparando ad accettare e accogliere i nostri limiti, che non ci rendono onniscienti. Il nostro maestro, è l’unico che sta in alto sul suo vessillo che è la croce; è da lì che impariamo ad amare, a perdonare e guardando a Lui a lasciarci perdonare. Spesso non ci lasciamo perdonare, non lasciamo che la grazia del perdono ci possa raggiungere.

Lunedì 27 marzo abbiamo poi parlato della confessione, ricordandoci che non confesso il male che ho compiuto ma la mia NON risposta all’amore ricevuto. Confessarsi è sentirsi amati, è lasciarsi amare, è accorgerci che c’è qualcuno che ha dato la vita per noi. Entro in confessionale come entrassi nel tunnel dell’autolavaggio dell’amore, come se facessi il pieno di energia d’amore, per chi gioca ancora ai videogame. La sfida bella è tornare a casa e spenderlo quel barattolo di amore che abbiamo appena guadagnato, spenderlo perché spendendolo non finirà ma si auto-produrrà. L’amore lo perdo solo se lo trattengo lasciando che nel mio possesso trovi spazio il peccato, l’orgoglio, il potere. Quando una coppia non sta tanto dialogando, fatica a capirsi, ad amarsi bisogna andare nel confessionale, a ricaricarci d’amore.

Ripartiamo da qui oggi, per concludere il nostro ciclo di guerra e pace, volendo fare un focus sul bene, sulla bellezza che è racchiusa nell’altro, è arrivato il momento di riconciliarci. Il momento di accorgerci che la colomba che ha invaso le corsie del supermercato, che è già pronta a casa per essere tagliata, deve spingerci a fare di più verso la pace, verso l’amore.

Ci torna alla mente una frase che riguarda San Francesco e il lupo di Gubbio “non esistono lupi cattivi, ma soltanto lupi non amati.”

Il primo errore che compiamo quando qualcuno sbaglia, è etichettarlo e metterlo alla gogna per quanto ha fatto! Chiamarlo Lupo cattivo. Di fronte ad uno sbaglio fatichiamo a comprendere come si è generato quell’errore, e soprattutto non andiamo più a visualizzare l’altro per il bene che è!

L’errore ha sempre con sé una causa che lo ha generato. Spesso le tante cose da fare quotidiane che una moglie o un marito vivono, i pensieri, gli imprevisti sono causa di errori che in una situazione normale non si sarebbero verificati. Di fronte a questo riaffermiamo che lui non è il suo errore.

La causa dell’errore spesso è la non fiducia, il non amore. Di fronte agli sbagli dell’altro bisogna riuscire ad amarlo di più, non ad incolparlo di più. Spesso è un non amore che genera l’errore nell’altro, una non fiducia, una non tranquillità psicoaffettiva. Da questo punto di vista riaffermiamo che non esistono lupi cattivi, ma solo lupi non amati.

L’errore spesso nasconde il bene. Se tu disegni un puntino nero su un foglio tutto bianco, dove il puntino nero è l’errore e il bianco i gesti di bene, quando guarderai il foglio vedrai il puntino nero e non tutto il bene che lo circonda. Questo succede quando tuo marito arriva tardi la sera e prima ancora di sapere il bene che si cela dietro al ritardo lo si colpevolizza. Oppure succede quando tua moglie sbaglia quella semplice azione, quel gesto, ma non sai le altre 142 azioni giuste che ha fatto per te e per i figli durante tutta la giornata.

Se vogliamo uscire dal conflitto, non dobbiamo giudicare l’altro come fosse l’errore, dobbiamo amare di più l’altro, e dobbiamo cambiare la nostra prospettiva cercando di vedere il foglio bianco sul quale è disegnato il pallino nero.

Dobbiamo avere uno sguardo diverso, che sa vedere il bene. Ti accorgi mai di cosa fa l’altro per te ogni giorno? I gesti piccoli passano sempre nell’indifferenza quotidiana soprattutto con il passare degli anni, ma hanno un valore enorme. Sono loro che dipingono il bianco del nostro foglio. Tanti puntini piccoli bianchi fanno una pagina bianca! Non serve una grande azione per amare, ma fare piccoli passi possibili.

Cos’è la Pasqua se non la vittoria della vita sulla morte. La rinascita della gioia, della felicità, dell’amore! La vittoria del bianco sul nero. Ribaltiamo la prospettiva, possiamo vedere gli spazi bianchi del foglio e da lì far entrare la luce, la salvezza, e sbiancare tutto o possiamo vedere gli spazi di colore scuro, di azioni sbagliate e rimanere piegati su quelli, colpevolizzandoci, colpevolizzando. Non vivendo la misericordia di Dio, non camminando verso la croce ma incontro all’albero di fichi come ha fatto Giuda.

Scrive Papa Francesco nella lettera Patris corde: “Il Maligno ci fa guardare con giudizio negativo la nostra fragilità, lo Spirito invece la porta alla luce con tenerezza. È la tenerezza la maniera migliore per toccare ciò che è fragile in noi.” Il maligno evidenzierà sempre il nostro male, e farà così accrescere sempre i nostri conflitti.

Quella lavatrice per il nostro foglio, che è il confessionale, a nulla serve se non sono in grado di tornare a casa e vedere il bello di mia moglie e amarla di più! Parte da qua la pace, dal vedere e vivere l’amore! Quella guerra che vedi in televisione che vuoi vedere finire, nasce dai gesti di non amore che da sempre viviamo. Devo trasformare il mio sguardo e il mio cuore uscendo dal confessionale, perché sia testimone di luce, di amore, di bellezza, di bianco.

Noi ci siamo attributi il nomignolo “cercatori di bellezza” perché anche nella fatica vogliamo imparare a vedere la bellezza della vita che nasce, non possiamo mai dimenticarlo. Il Signore è luce nella nostra vita a volte buia. Provate ad accendere un solo fiammifero in una stanza buia, tutto potrà essere visto, le forme acquisteranno il loro spazio. Non serve un faro potente, basta un fiammifero, per accorgerci di quanto sta attorno a noi. Sta a noi poi non far spegnere quel fiammifero che è Gesù ed alimentarlo, e lasciare che ci guidi, perché possiamo aprire poi le finestre della luce nella nostra stanza del cuore.

Se rimarrà del grigio sul nostro foglio, non sarà un male, tu guarda sempre alla luce, al bene, al bello, quel puntino nero sarà lo stesso importante quale strumento di memoria e di attenzione. Il peccato, l’errore, il litigio è ciò che ci fa tornare limitati, normali, umili, carnali peccatori. È salvifico il peccato, sennò peccheremmo di creder di esser come Dio. Dobbiamo tendere a Dio e non voler essere Dio.

Scrive San Paolo: «Affinché io non monti in superbia, è stata data alla mia carne una spina, un inviato di Satana per percuotermi, perché io non monti in superbia. A causa di questo per tre volte ho pregato il Signore che l’allontanasse da me. Ed egli mi ha detto: “Ti basta la mia grazia; la forza infatti si manifesta pienamente nella debolezza”» (2 Cor 12,7-9).

Avere un pallino nero sul foglio bianco ci permette di stare attenti sempre! Di sforzarci ad amare di più perché quel pallino non cresca, ma ci aiuti a tendere alla santità. Vi salutiamo, augurandovi di poter camminare questi ultimi giorni di quaresima, guardando al bello, alla bellezza che è strumento che ci può salvare dal vedere il peccato nell’altro. Che ci può aiutare ad entrare nel confessionale pentiti dell’amore non amato (vedi articolo precedente), che ci può aiutare a guardare alla bellezza che è l’altro anche se è diverso in tutto da me (abbiamo linguaggi diversi. Bellissimo!), che ci può aiutare a non iniziare una guerra, un litigio perché di fronte alla bellezza non si può guerreggiare, ma solo lasciarsi amare, e ringraziare.

Un caro saluto a tutti, un abbraccio

Buon ultimo giro verso la Pasqua, verso l’Amore!

Vinca la vita, l’amore, la pace in ogni famiglia

Anna Lisa e Stefano – @cercatori di bellezza

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Perdono e confessione, quegli sconosciuti!

Litigare sì è importante ma far pace è ancor più importante! Saper perdonare e lasciarsi perdonare ed amare dev’essere il pilastro della nostra esistenza.

Terzo appuntamento dei lunedì di guerra e pace. Dopo aver fatto la guerra, aver “capito dalla televisione” come si esce dal conflitto, aver compreso che abbiamo e parliamo linguaggi di amore e perdono differenti, è arrivato il momento di riconciliarci. Oggi vogliamo fare un focus sul bene, sulla bellezza che è racchiusa nell’altro, soffermandoci sulla confessione, importantissima in questo tempo liturgico quale è la quaresima, volendo così concludere il nostro trittico di guerra e pace con la riconciliazione tra marito e moglie. Tra sposi.

La confessione non è un raccontare qualcosa che si è sbagliato e sentirsi così assolti. Come fosse un pagare le tasse: tu le paghi, l’altro incassa e siamo contenti. Non è uno scaricare pacchi puzzolenti che abbiamo sulle spalle. La confessione è dialogare con un altro e riconoscere che si è compiuta un’azione, un gesto, si è detto una parola contraria a quel che è l’amore di Dio. La confessione è un riconoscere lo sbaglio che si è fatto e porlo nelle mani di qualcun’altro affinché lo trasformi con il suo amore. O ancora meglio potremmo dire che è riconoscere l’amore che il Padre mi dona nonostante il mio errore.

Proviamo a fare un esempio: ho rubato una caramella alla nonna. Primo passo per accostarsi alla confessione è riconoscere che ho fatto un gesto che non andava fatto, sbagliato. Secondo passo vado a confessare l’errore che ho compiuto. Non vado a “pagare la tassa”, ma confesso il mio peccato al sacerdote che mi assolverà spiritualmente dall’errore. Che vuol dire? In primis se confesso l’errore ad un altro vuol dire che sto ammettendo a me stesso e ad un altro che ho sbagliato, e il ripetersi di questa azione genera nella coscienza umana una risposta che aiuta a non peccare più, se si avverte veramente un senso di colpa per quanto si è fatto. Se uno è ripetitivo nell’errore è come se continuasse a sbattere contro il muro, dopo un po’ dovrebbe smetterla se vive un vero dolore, un vero senso di colpa, e se è anche aiutato da un altro a non andare più contro quel muro. Un altro che non è solo un sacerdote, una persona qualunque o un professionista della psiche, ma è un sacerdote che agisce in Persona Cristi e mi assolve, ovvero cosa mi dice: va non peccare più IL TUO PECCATO LO SCONTO IO Per TE. Cristo ci ama così, dicendoti ti amo, prendendosi i nostri peccati. Accogliendo su di sé il male dell’uomo. Questo è straordinario e cambia, trasforma, cura.

Quale vigile o poliziotto o forza dell’ordine se il ladro gli confessa il furto, risponde, vai pure sconto io la pena per te? È l’amore che riceviamo che ci trasforma! È il pentimento che ci spinge a confessarti, il dolore che provi nell’aver compiuto quell’azione che ti porta nel confessionale, ma è l’amore che trovi dentro che ti rilancia a non peccare più. È sapere che qualcuno ti sta amando nonostante il tuo gesto. È imparare a non rubare più la caramella alla nonna, perché Gesù mi ama, e ferisco lui rubandola non me stesso o non solo la nonna. È sentirsi amati che non ti fa peccare. È sentirsi amati che ti fa vivere il pentimento se sbagli. Di fronte a qualcuno che mi ama così, come posso io fare questa cosa? La confessione allora è una rinascita, un purificarsi perché ci si riaccosta ad un Padre più grande che ci ama! Che bello!

Gli amici frati ci hanno sempre insegnato a dire 3 motivi per cui ringraziamo prima di confessarci. A dichiarare del bene che riceviamo per cui ci sentiamo amati e per cui quindi ci troviamo pentiti per quanto fatto e da cui ripartire da assolti. La confessione ci deve rilanciare nell’amore. Se la sorgente del perdono è l’amore infinito, nel confessionale dovremmo domandarci: come ho risposto all’Amore di Dio? All’amore di mia moglie? All’amore di chi mi sta accanto, del prossimo incontrato per strada, al lavoro.. come ho risposto all’amore che ho ricevuto? Nella confessione mi devo misurare su quale amore ho ricevuto. Mi sto rendendo conto di quanto amore Dio mi sta donando?

Proviamo a spiegarla in altro modo, a guardarla da un’altra prospettiva. Cos’è il peccato? Il peccato è il non-amore. È l’amore non riconosciuto. Quando non mi accorgo che mia moglie mi sta amando, che ha fatto quella cosa per me, che ha cucinato per me. Quando non vedo gli sforzi, i sacrifici di mio marito per me. Lì si inserisce il peccato. Non sono quindi le cose fatte o non fatte ad essere peccato, ma il non-amore, o il poco amore. Il peccato è la risposta che NON abbiamo dato all’amore. Non è il litigio con mia moglie ad essere peccato, ben vengano quei sani litigi che ci fanno crescere e scoprire vulnerabili e umili, per quello che siamo davvero, ma il non averla amata per quanto lei mi ha amato, da cui è scaturito un mio non-amore che ha generato il litigio. Il litigio è sano se mi fa vedere l’amore che non ho dato e l’amore che ho ricevuto, se mi mostra l’altro per come ama e io per come non ho amato. È diverso! È bellissimo questo cambio di prospettiva! Se noi riconosciamo che l’altro ci ama e ha fatto quelle cose per noi, per amore, con amore, nell’amore, noi rincorreremo l’amore verso l’altro cercando di amare di più. Confessando non il peccato, non lo sbaglio fine a sè stesso. Ma il non amore, volendo quindi gareggiare nell’amore (Rm 12,10) questo accorgersi che l’altro mi ama, con le sue forze, con ciò che ha, mi fa vedere la mia mancanza come un voler correre ad amare di più, un voler dare una risposta d’amore, all’amore ricevuto.

Nella confessione, non confesso il mio peccato verso la moglie, e siamo apposto, e mi son tolto un peso. Ma riconosco il suo amore e allora provo ad uscire dal confessionale rilanciandomi-rilanciato. Portiamo nel confessionale la concretezza delle nostre mancanze di amore. E portiamo fuori dal confessionale il nostro riconoscere il non-amore rilanciato. Perché fuori? Perché l’amore lo rincorriamo con gesti concreti. La nostra confessione di non avere amato non è da fare solo davanti a Gesù, ma da far vivere nelle mura domestiche dove viviamo, dove viene vissuto l’amore sponsale. È fuori che lo rincorro, lo vivo. Dentro, di fronte al Padre chiedo la misericordia, la forza, di un amore più grande, ma fuori la metto in gioco! Chiedere la misericordia nella confessione è quindi riconoscerci amati. Riconoscere l’amore per confessare il peccato. È solo la contemplazione dell’amore concreto, infinito, dell’Eucarestia che fa scoprire la grandezza dell’amore che il Signore ci offre con il sacramento del perdono. Se non riconosciamo l’amore datoci dall’altro, il nostro chiedere perdono può diventare un semplice modo educato per chiedere scusa. Bello, segno di educazione, di riconoscere l’errore, ma non segno dell’amore che mi rilancia ad amare. La sorgente del perdono è sempre l’amore ricevuto e accolto da Gesù. Dire “Grazie”, riconoscere l’amore infinito di Dio, i suoi doni, il dono della vita, il dono della famiglia, dello sposo, dei figli, ci fa iniziare a parlare a Lui, non elencando quanto si è fatto, ma come non si è risposto all’infinita sua bontà, e all’uso che abbiamo fatto dei suoi doni. Quel sentirci peccatori in debito verso l’Amore vero ricevuto, ci fa vivere la confessione con sincero pentimento, ed il sacerdote con il suo abbraccio benedicente ci rilancia nella corsa all’amore.

Che bello che senza volerlo abbiamo iniziato 2 lunedì fa questo ciclo di incontri su guerra e pace, perdono e confessione e giusto venerdì anche il papà Francy ci ha guidato ad una penitenziale spiegando il valore della confessione, e anche la sacra scrittura nel tempo di quaresima ci guida al pentimento. Lo Spirito soffia verso la Pasqua.

Questo è il momento allora per lasciarci amare, per accorgerci di quanto amore ci circonda. Come rispondiamo a questo amore? Che direzione ha preso la nostra vita?

Vi salutiamo con le parole di Geremia, dandovi appuntamento a lunedì prossimo per concludere questo ciclo. “Peccatore, ti ho amato di amore eterno, per questo ho pietà e misericordia”.

Buona quaresima, buona confessione!

A presto

Anna Lisa e Stefano – @cercatori di bellezza

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5 linguaggi del perdono

Riprendiamo da dove vi avevamo lasciato lunedì scorso a parlare di guerra in famiglia. Per parlare di altri aspetti che ci aiutano ad uscire dalla guerra con il nostro marito, con la nostra moglie ma anche con il prossimo.

Il primo aspetto, che vogliamo oggi considerare, è la richiesta di perdono-chiedere scusa. Per smorzare un conflitto è normale che occorra il perdono, che occorra saper chiedere scusa, soprattutto in un ambiente familiare, in un ambiante che si frequenta abitualmente, con persone che si conoscono molto bene. Il nostro problema è che più cerchiamo di chiarire, di spiegarci, di scusarci, di dialogare sull’accaduto è più buttiamo benzina sul fuoco! Forse anche a voi capita così.

Questo accade perché ci sono delle differenze fra il mondo maschile ed il mondo femminile, come sapete, e citiamo anche questa volta un Libro da leggere “Gli uomini vengono da Marte e le donne da Venere” (di John Gray), ci sono delle differenze fra marito e moglie, nei vostri modi di essere, nelle differenze caratteriali, nei diversi linguaggi di amore, e anche nei diversi linguaggi di perdono che abbiamo. Vi facciamo due esempi: il linguaggio di amore di Ste è racchiuso nei piccoli gesti, nelle attenzioni, e quindi si sente amato quando Anna gli fa trovare un dolce pronto, una torta o la casa ordinata. Per Anna il linguaggio di amore principale è passare del tempo speciale insieme.

Abbiamo due linguaggi di amore differenti, ma abbiamo due linguaggi anche di perdono differenti. Ognuno ad un errore può rispondere a suo modo, e l’altro può percepire in modo diverso sia la gravità dell’errore che il modo di chiedere scusa. Facciamo un esempio molto semplice: tu sei fermo allo stop in auto e tua moglie arriva da dietro e ti tampona. Scendete dalla macchina e lei ti dice:

A. scusa, non l’ho fatto apposta.

B. scusa, sono mortificata. So di aver sbagliato. Ti chiedo perdono.

C. scusa, è tutta colpa mia.

D. scusa, ho sbagliato. Ma non ti preoccupare ci penso io con le auto e il carrozziere.

Forse ce ne sarebbero altre di risposte, quello che è certo è che non tutte sortiscono lo stesso effetto su chi ha subito il torto. Anna usa spesso con me la risposta A, per lei c’è stato il tamponamento, è dispiaciuta e mi ha chiesto scusa nel suo linguaggio. Ste ad una simile richiesta di scuse “Non l’ho fatto apposta!” si arrabbia ancor più, perché gli risponde: “Ci credo che non l’hai fatto apposta! Chi tampona la gente per volontà?” Il linguaggio del perdono di Ste è la risposta D.

Capite che esistono dei linguaggi diversi di chiedere scusa, e seppur uno ce la metta tutta per scusarsi e per attenuare un conflitto, a volte usa delle parole che lo accendono. Che bellezza queste nostre differenze! Che bellezza questi linguaggi diversi di dirsi l’amore! Tutto questo ci spinge ogni giorno a conoscere di più dell’altro, dell’uomo o della donna che a cui anni fa ho giurato amore e fedeltà.

L’amore è ricerca continua dell’amore. L’amore non si dirà mai arrivato, né sull’altare, né da innamorati, né dopo 50 anni di matrimonio.

Un’altra differenza che sta alla base del chiedere scusa è legata al peso che si dà ad un errore. Quello che per te può essere uno sbaglio da tragedia greca, per me è una mancanza di poco conto, che non ha conseguenze, o che è facilmente risolvibile. Avendo gli errori pesi diversi sulla mia bilancia e sulla tua rispondiamo con scuse di pari peso, non tenendo conto della tara dell’altro.

Solo conoscendo il linguaggio del perdono dell’altro possiamo riuscire a gestire diversamente il conflitto migliorando il rapporto interpersonale con l’altro, accettando le scuse e donandogli il nostro perdono. La persona umana ha insita in sè una sorprendente capacità di perdonare, di voler porre rimedio agli sbagli compiuti.

Qualcosa dentro di noi vuole sempre la riconciliazione. L’uomo quando subisce un torto chiede giustizia e riconciliazione. Ma se la giustizia porta un senso di soddisfazione, la riconciliazione va oltre, costruisce legami, aiuta a crescere, riappacifica il cuore. Gesù ci insegna spesso nelle pagine di Vangelo “misericordia io voglio non sacrificio” Mt 9,13. Cosa vuoi tu da chi ti ha ferito?

All’interno dell’ambito familiare i conflitti nascono perché non siamo stati abituati a chiedere scusa e a perdonare. L’orgoglio ci rende ciechi e non ci fa riconoscere lo sbaglio, e non ci fa inginocchiare ai piedi dell’altro per amarlo e per perdonarlo tutto! Per cancellare il peccato e, lavandogli i piedi, rigenerarlo nell’amore.

Per poter amare così, fino in fondo, dobbiamo guardare ancora a Lui, Maestro di vita. A colui che si è inginocchiato a lavare i piedi a chi lo ha tradito, a chi lo ha rinnegato, a chi è scappato nel momento del bisogno. Tu sapresti lavare i piedi al tuo sposo dopo uno di questi eventi? La quaresima arriva al suo apice nel Triduo Pasquale, che si apre con l’ultima cena e la lavanda dei piedi. Lì ti aspetta tua moglie, lì devi aspettare tuo marito per dirgli “Ti Amo”, “Amo tutto di te” anche se ci sono stati quell’errore, quello sbaglio, quella guerra, quei torti casalinghi.

Il perdono è dono d’amore che noi facciamo agli altri, ma che possiamo fare ad un altro solo se ci lasciamo perdonare da Dio. Solo chi si lascia perdonare sa perdonare fino in fondo. Se pensi di non sbagliare mai come puoi accogliere l’errore dell’altro? Se non ti lasci amare come puoi amare? Se non riconosci che la tua vita è un dono, la bellezza che ti circonda ti è donata, la pace è un dono, come puoi per-donare gli altri?

Il perdono è un dono che facciamo ad un altro, ma che facciamo in primis anche a noi che abbiamo ricevuto il torto. Perdonando l’altro facciamo pace con il nostro cuore. Spesso si resta nervosi, non si dorme la notte, ci si rode il fegato, si distrugge il corpo, si va a far yoga, e a trovare mille distrazioni e hobby per non voler guardare in faccia il peccato e perdonarlo. Per non voler guardare in faccia il fratello che ci ha fatto il male e non voler riconciliarci con lui. La sofferenza del non perdono, l’ira, la cattiveria ha effetti negativi anche sul nostro corpo. Perdonare è fare del bene a noi, al nostro cuore, al nostro corpo!

Non andate a letto se prima non vi siete chiariti, se non avete fatto pace, se non avete chiesto scusa! Edificate il vostro corpo, il vostro cuore, non distruggetelo con la rabbia accumulata. Una bellissima immagine ci viene suggerita da un libro che vi invitiamo ad appuntarvi, “I cinque linguaggi del perdono” di Gary Champan: una sincera richiesta di scusa mitiga anche i sensi di colpa. Immaginate che la vostra coscienza sia un recipiente da venti litri assicurato sulla vostra schiena. Tutte le volte in cui commettere un torto ai danni di un’altra persona, è come se versaste quattro litri di liquidi nella vostra coscienza. Dopo tre o tratto torti, la vostra coscienza di riempirebbe e voi avvertite il peso. Una coscienza oberata lascia l’individuo pieno di sensi di colpa e vergogna. L’unico modo per svuotare in modo efficace la coscienza consiste nel chiedere perdono a Dio e alla persona che avete offeso.

Perdono, ecco allora l’altra parola che ci viene suggerita nel nostro viaggio tra guerra e pace. Ci torneremo lunedì prossimo, donandovi uno spunto per la confessione. Concludiamo con un’ultima riflessione, come lunedì scorso, sottolineando che il perdono è una grazia che riceviamo gratuita ed infinita da Dio ma SE LO VOGLIAMO. E così lo doniamo all’altro se lo vogliamo. Il perdono se agisce senza la volontà dell’altro di riceverlo, non è riconciliante. il perdono di Dio è incondizionato e arriva sempre, ma l’altro devo riconoscersi pentito per farsi raggiungere.

Gesù sa di cosa abbiamo bisogno, sennò non sarebbe Dio, ma di fronte al bisogno umano domanda: cosa vuoi che io faccia per te? Non vedi che è cieco? Non vedi che Lazzaro è morto? Non vedi che è posseduto dal male? Gesù ci invita a fare un passo verso di Lui, a riconoscerlo. Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno, gli dice il ladrone sulla croce. Davvero costui era il figlio di Dio, dice il centurione. È da una nostra professione di fede che agisce la sua grazia.

Giuda non ha accettato il perdono, non ha riconosciuto che era Dio, non si è fatto abitare da quella grazia e, rispetto a Pietro e ai dodici, sappiamo che fine ha fatto. L’unico che non si è fatto abitare dal bene, l’unico rimasto schiavo del male, della guerra, del non perdono, del non chiedere scusa, l’unico ad essere morto quando la vita ha vinto.

Ci fermiamo. Torneremo lunedì prossimo a parlare di perdono e confessione.

Buona giornata

Non dimenticatevi questa sera di Scoprire quale linguaggio del perdono abita nel vostro sposo!

Anna Lisa e Stefano – @cercatori di bellezza

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Guerra o pace.. a noi la scelta!

Un litigio è dare spazio al diavolo consentendogli di sgretolarci, distruggerci da dentro.

Non so se vi capita mai di litigare. Noi, come vedete dalle nostre foto sui social, non litighiamo mai. Siamo la famiglia del Mulino Bianco. Noo!! Saremmo dei bugiardi. Innanzitutto, non esiste quella famiglia e poi vi confessiamo, citando un bel libro, che i piatti volano anche a casa nostra (Il libro è: …E poi volarono i piatti. Come dal litigio può rinascere l’amore di Claudia e Roberto Reis).

A volte capita di litigare in un giorno bello, in un giorno di festa, e di fatto sembra che proprio quel giorno che attendevi, o che forse avevi sognato carico di pace, di bellezza, venga neanche a farlo apposta rovinato. A volte capita di litigare aprendo la porta di casa la sera al ritorno dal lavoro. Quello che doveva essere un ingresso normale in casa, dopo che non vedi il tuo amato dalla sera del giorno prima, si trasforma in un: “è meglio che stavo al lavoro”.

L’atmosfera calma, perfetta, la voglia di amore, la vita di pace che volevi vivere, rotta sul nascere magari per un piccolo evento, gesto, risposta, incomprensione che genera una serie di eventi concatenati che crescono e crescono, e crescono a tal punto che anche alla radio dopo due minuti senti annunciare: edizione straordinaria, è scoppiata la terza guerra mondiale nella famiglia dei “Cercatori di bellezza”. (Questo articolo l’avevamo iniziato il 21/01/2021, e questa che voleva essere una battuta delle nostre, oggi è una triste frase che lasciamo).

Il nostro duello può iniziare per diversi motivi: il possesso, l’orgoglio, la frustrazione per qualcosa, il sentirsi in colpa che può farti agire in modo sbagliato, il tono che si usa nel parlare, le differenze maschili e femminili, i caratteri diversi spesso opposti, lo stress o gli eventi esterni al noi di coppia che influiscono al suo interno e non da ultimo il come si è chiesto scusa. Sì, perché non c’è un modo per scusarsi, non c’è solo un linguaggio per chiedere scusa. Ma questo lo vedremo lunedì prossimo in un bellissimo articolo. ….(stay tuned!!)

In questo primo lunedì di “guerra e pace” vorremmo creare un’analogia tra televisione e vita familiare, sottolineare come i litigi avvengono anche nelle nostre famiglie, non solo fra Stati. Anche in casa nostra ci sono delle guerre, piccole o grandi, passeggere o durature.

Permetteteci allora un paragone molto semplicistico a quanto succede nel mondo. Non vogliamo ora dare una lettura psicologica di quanto sta succedendo, non siamo degli storici, non siamo politici e neppure sociologhi da salotti televisivi. Vorremmo solo mostrarvi che se spegnete la televisione, che in questo momento ci informa sulla guerra in Ucraina, lo schermo nero fungerà da specchio, e potremmo trovare riflessi i nostri volti di marito e di moglie.

Forse anche nelle nostre case viviamo o abbiamo vissuto un conflitto.

Forse anche noi per anni abbiamo portato avanti una situazione che non ci piaceva, magari anche a te moglie fa innervosire quando tuo marito non abbassa la tavoletta del water quando ha finito o non alza la ciambella prima di usarlo. Forse invece a te marito dà fastidio quel modo di fare di tua moglie. Magari ti arrabbi quando rientri a casa e dopo una giornataccia, ci sono i bambini ancora da sistemare, la cena non pronta, togli le scarpe e metti il piede su un lego fuori posto. Per chi ha i figli più grandi, in età adolescenziale, quando la porta di casa sembra quella di un saloon dove non fai in tempo ad entrare che già sei invitato ad uscire per un duello tra pistoleri.

Magari anche per voi una camicia non stirata è la goccia che fa traboccare il vaso e scoppia la guerra che fa ribaltare una giara delle nozze di Cana, e sai quante cattiverie vengono fuori e quanti stracci occorrono per asciugare.

Insomma, avete capito, provate a mettere i vostri esempi di litigio fra le nostre frasi sopra riportate e fate memoria di cosa era successo. Tu non litighi mai? Tu che invochi la pace, sei in pace con tutti? Quale giara stai riempiendo contro il tuo sposo? Quale evento fatichi a dimenticare e sei subito pronto a rinfacciare? ..

Come si esce da un conflitto? Riaccendete la tv, che per una volta ci mostra del buono.

Tanti sono i punti per uscirne

(1) in primis con il DIALOGO, sedersi al tavolo e con calma, parlare, raccontarsi che non vuol dire rinfacciarsi. Imparare a conoscere tua moglie, tuo marito, quali solo le sue preoccupazione, i suoi stati d’animo, quali sono i suoi desideri e cosa lo fa scattare, innervosire. Spesso con il passare degli anni di convivenza, di matrimonio trasformiamo il nostro vivere insieme in un’associazione di vita comune, perché tra il lavoro, gli hobby, i bambini e le cose da fare il dialogo con l’amato scompare, o viene sostituito solo da comunicazioni di vita comune: c’è da togliere i vestiti dall’asciugatrice, vado io a fare la spesa, accompagno io X a calcio o a danza. Ma quando ti sei fermato l’ultima volta a guardare negli occhi il tuo sposo? Quando ti sei fermata a dialogare con lui dei suoi stati d’animo? Provate a fermarvi questa sera, e guardatevi negli occhi per 30 secondi osservando solo il colore del suo iride. Da innamorati lo facevate, ora?

(2) Un secondo aspetto, quando non si riesce ad uscire con le proprie forze, quando non si riesce a sedersi al tavolo a chiacchierare è CHIEDERE AIUTO. Cercare quella figura che in termine bellico si chiama mediatore, può essere uno counselor, uno psicologo, un mediatore familiare, un religioso che vi aiuta a rileggere quanto è successo.

(3) Terzo aspetto sono le fonti di bene. Quando tu sei stanco qual è la tua fonte di bene? Una SPA, un massaggio, magari anche solo una sana dormita di qualche ora in più. Quando tu sei in conflitto con tua moglie, tuo marito, quali sono le FONTI DI BENE? Ce ne sono tante: possono essere degli amici che ti mostrano il bello della vostra coppia, il buono di tuo marito, di tua moglie. Sono amici che hanno parole di benedizione e guarigione. Amici che ti mostrano il volto bello dell’altro aiutandoti a fare memoria del passato. Sono dei percorsi per sposi, che ti lavorano dal di dentro. Possono essere dei libri che indicano la strada dell’amore, dei testi, magari questi articoli del blog.

E poi la parola di Dio che ogni giorno ci è data perché operi in noi. Martedì scorso si leggeva Isaia 55: “così sarà della mia parola uscita dalla mia bocca:non ritornerà a me senza effetto,senza aver operato ciò che desideroe senza aver compiuto ciò per cui l’ho mandata”. La parola di Dio è sempre forza per la nostra vita, per la nostra storia di amore, è incoraggiamento al bene, è aiuto nel bisogno, è medicina che cura, ristora, è sale che cambia le ferite, è lama che taglia il male.

(4) La tua volontà! Non puoi uscire da un conflitto se non vuoi uscire dal conflitto. (Scusate il giro di parole). In molti ti possono venire a parlare, amici dall’America o dalla Francia, arabi, cinesi ed israeliani, ma se non sei tu che vuoi deporre le armi e lasciarti amare il conflitto non si fermerà.

5) Ricorda che anche se hai sbagliato: tu non sei il tuo errore, lui non è il suo errore. Siamo fatti di carne e il male opera sempre e ci fa sbagliare, litigare, semina zizzania, cerca di creare divisione, ma tuo marito, tua moglie non è il suo male, non è il male che ha compiuto. Separa ciò che lui è, da ciò che lui ha fatto. Riparti dal perdono e dall’amore verso la persona, non verso il male commesso. Gesù non si è mai fermato al giudizio sul male commesso, ma ha guardato nel cuore di chi aveva davanti, ha guardato nei suoi occhi, ha amato di più al punto di curare con la forza dell’amore le ferite interiori da dove è uscito il peccato. Solo con l’amore curiamo e vinciamo il male.

Il Santo padre nell’angelus di domenica 6 marzo diceva:Fratelli e sorelle, mai entrare in dialogo con il diavolo: è più astuto di noi. Mai! Essere aggrappati alla Parola di Dio come Gesù e al massimo rispondere sempre con la Parola di Dio. E per questa strada non sbaglieremo.”

Ci sono ancora altri aspetti su cui vorremmo soffermarci, tra cui il perdono, la confessione, la grazia sacramentale. Torneremo nei prossimi lunedì, con altri spunti da guerra e pace.

Concludiamo facendovi ancora specchiare nella televisione, dove potrete vedere che tutto il mondo non vuole la guerra, non vuole conflitti, non vuole distruzione, chiusure. Non vuole costruire muri tra nessuno stato al mondo: quindi perché non credere che anche in famiglia si possa desiderare questa pace?

La famiglia è la prima forma di comunità cristiana benedetta dal Signore fin dalla creazione del mondo, più vecchia di ogni altro organismo sovranazionale: Nato, Onu, comunità europea. È il luogo in cui un uomo e una donna, due entità lontane, diverse, opposte si attraggono lasciando il loro mondo, i loro affetti, le loro famiglie e si uniscono in cammino, in un modo indissolubile per diventare segno tangibile di amore, per essere portatori di pace nel mondo.

Il mondo tifa per te famiglia! Il mondo tifa per la pace in famiglia! Tu che tifi per la pace tra Russia e Ucraina, tifi per la tua pace? Stai costruendo pace nella tua famiglia? Come stai portando la pace nella tua famiglia?

A lunedì prossimo, quando parleremo dei linguaggi del perdono. 

Anna Lisa e Stefano – @cercatori di bellezza

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Ti sazierà in terreni aridi

Nell’articolo di oggi ho voluto riprendere la prima lettura di sabato scorso. Credo che ci possa aiutare moltissimo e dirci tanto su come dobbiamo guardare alla nostra relazione sponsale. Mi soffermo solo su poche righe:

Se offrirai il pane all’affamato, se sazierai chi è digiuno, allora brillerà fra le tenebre la tua luce, la tua tenebra sarà come il meriggio.
Ti guiderà sempre il Signore, ti sazierà in terreni aridi, rinvigorirà le tue ossa; sarai come un giardino irrigato e come una sorgente le cui acque non inaridiscono.
(Isaia 58, 10-11)

E’ un passo della Bibbia che sembra scritto per noi sposi. Una vera missione. E’ esattamente quello che promettiamo durante la celebrazione delle nozze. Questi versetti cancellano tutto il romanticume che caratterizza le nostre relazioni. Innamoramento ed amore non sono la stessa cosa. Innamorarsi è parte della nostra sfera emotiva e sentimentale. Quando mi innamoro ho bisogno di avere accanto quella persona per poterla guardare, per poterla toccare, per poterle parlare. Basta la sua presenza per darmi piacere. Non è così? Io mi sono innamorato di Luisa. Se non mi fossi innamorato di lei non avrei neanche poi scelto di sposarla e di amarla. Però l’innamoramento non è ciò che può e deve fare la differenza poi nella vita matrimoniale.

Lo pensa anche don Fabio Rosini che in modo molto provocatorio tempo fa ebbe a dire: Mai sposarsi da innamorati. Se siete innamorati non sposatevi perché nell’innamoramento non c’è senso del reale. Solo quando avrai realizzato che accanto a te c’è un disgraziato, un bambino oppure una nevrastenica, un’isterica, solo quando i suoi difetti non saranno più buffi, ma odiosi, allora lo/la amerai davvero. 

Don Fabio ha detto una grande verità. Quando si è innamorati è bellissimo! Quando si è innamorati non si fa fatica a stare accanto a quella persona. Quando si è innamorati però non stiamo decentrando il nostro sguardo. Parliamo sempre dell’altro ma sempre in relazione a noi. Quando siamo innamorati, è brutto dirlo, non è per nulla romantico, ma l’altro diventa un mezzo. Perchè al centro ci siamo noi. Strano vero. Quando crediamo che l’altro sia il nostro tutto in realtà stiamo dicendo che l’altro è tutto quello che ci serve per saziare il nostro cuore che anela a lui/lei. Ma il centro di tutto siamo noi con le nostre emozioni. Capite che questo non è amore o meglio non siamo sicuri che sia amore.

Quando diventa amore? Quando il nostro prenderci cura, i nostri abbracci, il nostro ascolto, il nostro esserci, non dipende da quanto ci viene facile e da quanto sentiamo emotivamente l’amore. Già perchè in una vita insieme le emozioni e i sentimenti cambiano perchè noi cambiamo. Le emozioni giovanili non sono quelle dell’età matura. Senza contare che le emozioni dipendono da tantissime variabili. Dipendono da come stiamo, dai problemi e dalle preoccupazioni che ci appesantiscono, da come l’altro si comporta. Insomma se l’amore dipendesse da quanto l’altro sfama il nostro bisogno emotivo staremmo continuamente sulle montagne russe. Invece quando l’amore diventa scelta tutto cambia e impariamo a donarci al modo di Gesù e come promettiamo il giorno delle nozze.

La cosa bella è che Luisa non è sempre perfetta, non è sempre accogliente, io non sono sempre attratto allo stesso modo da lei, non sento sempre un innamoramento che mi provoca un tuffo al cuore. Eppure cerco di amarla sempre. Ancora più bello è sapere che lei fa lo stesso con me. Questo credo che sia il segreto di un matrimonio che funziona. Io scelgo di amare lei e lei sceglie di amare me anche quando attraversiamo periodi difficili ed aridi. Poi l’innamoramento torna, torna arricchito della gratitudine di quell’amore faticoso che ci siamo donati vicendevolmente senza mollare mai. Ed è così che entriamo nell’atteggiamento del vero dono e nel vero dono troviamo il pane che sfama, troviamo Colui che si è fatto pane spezzato per noi. Ed è così che i versetti del libro di Isaia trovano concretezza nella nostra vita: Se offrirai il pane all’affamato……ti guiderà sempre il Signore, ti sazierà in terreni aridi.

Antonio e Luisa

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Un metodo naturale per fare l’amore.

Si può fare l’amore se non si vuole cercare un figlio? Come vivere quel rapporto d’amore perché sia libero e naturale?  Oppure, e se quel figlio non arriva? Se quel dono d’amore che cercate da tempo non ha trovato risposta, come vivere quei rapporti? Chi ci può aiutare? A chi chiedere?

Oggi per svegliarci in questo ultimo lunedì di febbraio, iniziamo con delle domande toste, che forse non son domande da colazione, ma che ci permettono di fare luce su un ultimo aspetto del fare l’amore che sono i metodi naturali. Cosa sono? Sai usarli? Come si imparano? Fai da te?

In primis ci teniamo a sottolineare che i metodi naturali non si imparano con il “fai da te”. Ad amare, si impara dagli esempi che abbiamo davanti fin da bambini. Si impara da mamma e papà la bellezza di un abbraccio, di un bacio, di un sorriso; è dall’amore che ricevo che imparo ad amare. Il più grande insegnante dell’amore è Colui che è Amore, Colui che ci ha saputo amare domando la vita sulla croce, per-donandoci, facendoci cioè dono della salvezza eterna, del suo amore, della sua vita. Così come quindi si impara a guidare la macchina facendo scuola guida, si studia per svolgere una professione, per amare dobbiamo guardare al Maestro dell’amore, mettendoci in ascolto della parola di Dio e in preghiera. Gli stessi metodi naturali quindi si possono imparare in un fai da te? No. Anche se tu avessi due lauree, se tu sapessi leggere tabelle e grafici, se fossi anche il primo chimico o fisico italiano, i metodi naturali non son per il fai da te.

Oggi più che mai, in una società che non insegna l’amore, che non insegna la fedeltà, che non edifica maschi e femmine, che sviluppa una vita provvisoria, che distrugge la sessualità chiamandola piacere non amore, abbiamo bisogno di essere guidati all’amore e a come vivere la nostra relazione sessuale all’interno di una relazione d’amore. Abbiamo bisogno di capire che non ci siamo fatti da soli, e che non è mai un male chiedere.

I metodi naturali non sono una semplice applicazione scientifica e strumentale che va ad analizzare la fertilità, se il corpo dell’uomo e della donna sono idonei alla vita, ma abbracciano aspetti umanistici, pedagogici, psicologici, e religiosi, che si appoggiano certamente a criteri scientifici ma poi li travalicano.

I metodi naturali ci insegnano quindi che ci si può affidare a qualcuno per essere aiutati a vivere una sessualità, una relazione d’amore responsabile ma totalizzante. Ci insegnano che ci si può affidare a qualcuno per essere aiutati nell’attesa del dono della vita. Quante coppie che non riescono ad avere figli, quanti giovani sposi che ricercano una gravidanza ma sono lasciati soli, ed incoraggiati solo da esami che non insegnano l’amore di coppia, amore che è alla base della generatività.

I metodi naturali ci insegnano che l’amore non è un fai da te, ma una conoscenza di sè e dell’altro! Non è solo un uomo ad infilarsi un preservativo o la donna a prendere una pillola. I metodi naturali ci insegnano a conoscerci l’un l’altro, a conoscere il corpo della donna, ma anche quello dell’uomo. I tempi di attesa, di fertilità, di infertilità di una donna.

I metodi naturali ci indicano una strada green del fare l’amore! In un mondo dove ci piace la frutta bio, perché è più buona, e Il mangiar sano, dove ci piacciono le aree verdi, la natura, dove si cerca di non inquinare, di trasformare sempre più il nostro vivere in modo ecologicamente sostenibile, viviamo la contraddizione dei rapporti sessuali artificiali! Ci piace andare in palestra, fare Yoga, attività all’aria aperta, e non ci piacciono le restrizioni come la mascherina da indossare all’aperto o al chiuso, non ci piacciono i limiti imposti alla nostra vita serena che vivevamo fino a 2 anni fa, ma forse non ti sei accorto che il tuo rapporto d’amore indossa la mascherina, che limita la tua vita e la vita dell’altro.

Se le persone fossero dei genitali, scusate l’esempio, capiremmo che le protezioni da covid le usiamo da sempre: se usi il preservativo: è come se indossassi la mascherina ogni volta che vuoi salutare ed abbracciare un tuo parente, ogni volta che vuoi baciare tua moglie indossi la mascherina, oppure se usi la pillola, e sei un genitale, il covid sempre insegna, che esci da quella casa e ti butti addosso tanto di quel gel disinfettante, lavi le scarpe e vestiti per non portare nulla di quel luogo. Ma questo è l’amore naturale che tu vuoi vivere? Questa società è quella che ti piace vivere?

In un mondo dove iniziamo a festeggiavano la fine delle restrizioni, quando festeggerai in camera tua l’inizio dell’amore (senza limitazioni)?

I metodi naturali sono uno strumento che ci permette di conoscere la ciclicità del corpo della donna. Ci permette di imparare a vivere il tempo dell’attesa, il tempo fertile, il tempo del riposo. Tempi che vive anche la natura, che forse fin da bambino conosci. Sai benissimo che d’inverno c’è il freddo e non si semina l’orto e non crescono i fiori, o non si va al mare, d’estate invece… in primavera.. Di sera si va a nanna, la mattina sorge il sole e ci si alza per vivere la giornata. Se ti vuoi alzare alle 3 di notte e andare a fare una nuotata, nonostante la società attuale stia cercando di rendere tutti i servizi h24, forse ti sarà ancora difficile farlo e infatti sai attendere fino alla mattina. Lo stesso vale con il corpo della donna, puoi attendere i giorni non fertili per fare l’amore. E puoi conoscere di più del tempo vostro d’amore.

Sai gli orari del supermercato, quelli della farmacia, ma non sai quanto dura il ciclo di tua moglie. Non sai magari che il corpo della donna è fertile solo 16 ore in un mese, e gli spermatozoi muoiono dopo 72 ore. O sai che in ogni eiaculazione escono tra i 30 milioni a 1 miliardo di spermatozoi. Ma come canta Gianni Morandi: uno su mille ce la fa!  

I metodi naturali sono sicuri al 100%? No! Ma forse non saprai che neanche il preservativo ti dà una sicurezza di non rimanere in gravidanza al 100% e neanche al pillola. Ti riportiamo alcuni dati parziali: secondo l’indice di Pearl la percentuale di gravidanze indesiderate con l’utilizzo dei metodi sintotermici è 0,4 con l’uso del preservativo è pari a 5 con l’uso del diaframma 6.

Sta a te, basarti su una incertezza data da uno strumento artificiale o basarti su una certezza data da una tua conoscenza, un’attesa, un’attenzione. Cosa scegli? 

I metodi naturali sono la strada per vivere un amore vero, pieno e totalizzante. Un Amore vero è quello capace di donarsi tutto, con gratuità e senza paletti. Gli unici limiti sono quelli che caratterizzano il tuo essere uomo/donna, originati dal peccato, ma che l’Amore dell’altro è capace di accogliere. In tutto questo il corpo fa da collante. Il tuo corpo dice ciò che sei, ed esprime ogni singola tua volontà di donare e accogliere al tempo stesso. Se non sei capace di questo, puoi dire di volere davvero il Bene per l’altro?

Amare vuol dire ricercare il bene per l’altro, e il corpo è quella parte di noi che ci permette di vivere questo gesto gratuito. Ci permette quel gesto di dono totale che rimane Sacro anche quando non c’è spazio per un terzo. Smettere di fare l’amore per paura, non è ricercare il bene per l’altro, vuol dire solo vivere l’amore per metà. I metodi naturali ti permettono allora di non vivere per meno di un Amore totale.

La mentalità odierna ci spinge a pensare sempre più che il Tu sia un bisogno per l’Io, e che Tu insieme al tuo corpo sei lo strumento per soddisfare i miei bisogni. I metodi naturali ti insegnano invece il contrario. Ciò che tu doni con il tuo corpo, è sacramentalmente accolto dall’altro, che ne comprende e accoglie le sue bellezze, le sue funzioni, i suoi tempi, le sue capacità e anche i suoi limiti.

I metodi naturali insegnano ad accogliere i limiti dell’uomo e della donna. Di fronte ad una fatica nel ricercare una gravidanza, spesso ci si convince che “no, non è possibile.. faremo di tutto pur di averlo”.. e così si arriva a pensare che l’uomo può tutto e non accetta la sua vulnerabilità.

Ci fermiamo qua, potremmo dire ancora tanto, non è un tema piccolo, e come dicevamo non vogliamo fare un tutorial online dei metodi naturali, inciteremmo il fai da te.

Concludiamo informandoti che esistono delle figure che sono insegnanti di metodi naturali, operatori di BIOfertilità e vorremmo lasciarti alcune domande: come vivo la mia sessualità? Come amo il dono che il Signore mi ha posto accanto? Come faccio l’amore? Sono aperto alla vita? I miei genitali sono in assetto da covid da quanti anni? Oppure, perché non affidarci a qualcuno se quella gravidanza non arriva? Perché non chiedere aiuto? Perché non voler conoscere di più del funzionamento del nostro corpo?

Se vuoi approfondire il tema vi lasciamo la nostra mail: annastecolzani@gmail.com

Contattateci senza vergogna e timore.

 A presto.

Anna Lisa e Stefano – @cercatori di bellezza

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Fare l’amore? … O solo piacere?

Fare l’amore! Solo piacere o rimanere aperti alla vita? Possesso o libertà?

Piacere mio, piacere tuo, o piacere nostro?

Oggi vogliamo unire gli spunti degli articoli dei lunedì precedenti, (potrete ricercare sulla nostra pagina facebook o sul blog di matrimonio Cristiano) quando abbiamo parlato del custodire la vita sempre, e della bellezza del gesto d’amore, della vita che si genera sempre tra la coppia, del dono che è l’altro per me, dell’eternità in cui bisogna vivere un atto di amore.

Oggi proviamo ad intrecciare amore, vita e piacere..

Vi diamo in primis dei dati, i nati in Italia nel 2021 sono stati circa 400.000, in continuo calo.

Sapendo come si fa a procreare tra un uomo ed una donna, riaffermando che i figli sono un dono del Signore, vorremmo dapprima domandarci da cosa dipende questo riduzione della natalità e se ciò ha un nesso con il fare l’amore, con l’amarci, con il nostro vivere la sessualità e il piacere di coppia.

Proviamo a trovare delle ragioni:

  • Forse non si fa più l’amore? O Si fa poco l’amore? L’evoluzione dei media, del digitale, della tecnologia ha portato ad avere un’offerta televisiva più che allargata. Ma può essere che Netflix, Prime, Sky, Dazn, Disney e i cellulari ci abbiano rubato l’amore?
  • Forse i tempi sono peggiorati e sia economicamente che lavorativamente, viviamo una fatica maggiore delle spese familiari, ed è giusto che ognuno faccia scelte responsabili. Bisognerebbe a volte valutare se non scegliamo un benessere a cinque stelle a una nuova vita.
  • Forse la paura per il futuro, l’incertezza per il domani, il surriscaldamento globale, il sovraffollamento terrestre, le politiche antidemografiche statali ci spingono a non scegliere la vita. Una vita che nasce è sempre speranza sul domani! (Vedi il nostro post del 24 gennaio)
  • Forse siamo talmente tutti capaci di seguire i metodi naturali (di cui parleremo lunedì prossimo..) che l’amore lo facciamo 20 giorni su 30 ogni mese senza concepire nuova vita.
  • Forse l’amore è sempre in modalità contraccettiva, che sia pillola o preservativo o altro, scegliete voi quello che vi piace di più. Il risultato è che forse, si fa l’amore sempre attenti, protetti, sicuri, con il freno a mano tirato.
  • Forse stiamo perdendo quel senso naturale di attrazione che ci spinge a fare l’amore, assuefatti dai cellulari, dall’iperconnessione, o stancati da una società che aumenta lo stress, la fatica, che ci chiede sempre di più, non lasciando spazio all’amore.
  • Forse son altri i motivi che ci fanno fare o no l’amore, quel gesto attrattivo, istintivo e procreativo, e al suo interno di scegliere se restare aperti o no alla vita.

I due aspetti, amare e procreare, non son separati, all’interno del gesto d’amore sappiamo che nasce la vita. Non possiamo scindere le due cose o se lo facciamo non si chiamerebbe amore, forse lo si chiamerebbe solo sesso, che è una ricerca del piacere che utilizza il corpo ma non è amore! Allora se il mio fare l’amore ruota intorno ad un godimento, potrei scegliere di ricercare il piacere mangiando il mio piatto preferito o bevendo una bottiglia di vino.

Certe cose sono collegate, io vado a giocare a calcetto per fare anche goal, se tutti giocassimo solo per passarci il pallone non la chiameremmo partita. Non si può fare sempre goal ma sappiamo che giocando si fa quello.

Guido la macchina perché devo andare in un posto, cucino per poi mangiare. Faccio l’amore per generare vita. Invece la differenza sta qua, nel fatto che l’amore lo facciamo castrato, solo per il nostro piacere!

Perché allora amiamo senza essere aperti alla vita? Come si può amare, fare l’amore restando aperti alla vita? Che non vuol dire rischiare di avere un figlio all’anno! Si può essere aperti alla vita, senza rimanere in gravidanza, vivendo una responsabilità familiare.

Amare nel suo senso completo, e fare l’amore, non è rincorrere solo un piacere.

Non si sta con una persona perché è bello avere qualcuno accanto, e non ci si può sposare solo per indossare l’abito bianco una volta nella vita. Amare presuppone una scelta che include gioia, piacere, felicità, ma anche sacrificio, passione, fatica, rinuncia. Amare è accogliere tutto dell’altro, è donarsi interamente ad un altro non solo quando posso o voglio o mi fa piacere, è voler il bene dell’altro prima del mio.

Amare, e quindi anche unirsi nel fare l’amore, non è un più allora un gesto finalizzato al piacere, che viene messo e incastrato nella nostra settimana perché bello. Ma assume un significato più grande, più totale, più completo!

L’amare e il fare l’amore non è un piacere del lunedì sera perché non ci sono le coppe, o del sabato sera perché domani non si lavora, e il resto della settimana lascio che gli altri miei hobby, piaceri, interessi, idoli abbiamo la meglio sull’amore. Amare non è dirsi ti amo, ma al martedì ho piscina, mercoledì calcetto, giovedì bowling, venerdì birra con amici, perché così è fare dell’amore un abbonamento del lunedì o del sabato sera, è ridurlo ad un piacere consumistico come sono gli altri interessi personali che ho, che hai.

Amare è guardare all’altro prima dei miei interessi, del mio piacere, è volere il meglio per l’altro prima del mio.

Quando si ha un figlio i suoi bisogni, le attenzioni, le cure prevarranno in forza dell’amore sui miei, sulle ore di sonno, sul tempo libero del week end, sul tempo post lavorativo, sennò come posso amare mio figlio?

Il proprio coniuge, lo si deve amare con un amore più grande del figlio, perché il primo figlio della coppia è la coppia stessa, perché più grande dev’essere sempre l’amore verso mio marito e verso mia moglie; questo vuol dire che se un bambino chiede 100 del mio tempo, al mio coniuge devo donare 200 anche se non me lo chiede perché da persona adulta, autonoma non ha il necessario bisogno di papà o di mamma.

Se scelgo i miei hobby, il mio piacere, perché son ricurvo su me sesso volendo soddisfare il mio benessere e non quello dell’altro, che amore vivo?

Guardiamo a figure che hanno amato e che non sono diventati biologicamente padri o madri; prendiamo Santa Madre Teresa o San Giovanni Paolo II, chiediamo a loro se sceglievano il loro piacere personale o se sceglievano di donare vita, di spendersi per amore.

Ora ritorniamo al nostro fare l’amore, amare.. e generare vita.

Fare l’amore genera sempre vita, mi apre sempre all’altro, alla comunità, agli amici, o ad un figlio. Fare l’amore è amare in modo totale che genera una forza che spinge ad uscire da se stessi e dalla coppia.

Un figlio che nasce, sia in modo spirituale o carnale, chiede tantissimo tempo, cura, attenzioni, impegno, sacrificio alla coppia, dona gioia, piacere, bellezza, vita. Son le caratteristiche che dicevamo prima dell’amore. Ciò che non toglie è l’amare quindi e il fare l’amore, che si ravviva, cambia, muta, cresce nella coppia ma non viene meno.

Se scelgo di amare ma metto i “se” davanti, per paura di non riuscire ad uscire il sabato sera con gli amici, o di togliere o diminuire i miei hobby, i miei piaceri per far spazio all’altro, non sto amando nè il mio coniuge, nè la vita.

Credere di amare, ma solo quando ho tempo e piacere, è un amore a chiamata.

Amare è sempre, per sempre e totale. E non toglierà mai nulla di ciò che è mio, ma ce lo ridonerà nella libertà dell’amore che l’altro ci donerà, e quindi amplificato, più bello, ripulito da quello che può essere un solo piacere personale.

Vi salutiamo lasciandovi con una domanda: quando fai l’amore cerchi solo un piacere, o vivi l’amore e resti aperto alla vita?

A lunedì prossimo quando parleremo dei metodi naturali.

Anna Lisa e Stefano – @cercatori di bellezza

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