Padre Luca
Lo so è un’americanata, ma mi diverto un sacco nel vedere su YouTube i bloopers dei momenti in cui il fidanzato si inginocchia e porge alla fidanzata l’anello di fidanzamento, proponendole ufficialmente il matrimonio. C’è chi l’ha fatto su un ponte e poi l’anello è scivolato in acqua, c’è chi l’ha fatto in cima alla Torre Eiffel e una raffica di vento lo ha fatto cadere o chi l’ha fatto prima di buttarsi assieme con il paracadute…
E tu ricordi dove e come l’hai fatto? Occhio perché se non è così, tua moglie non ne sarà molto contenta.
Anche Gesù ha fatto una cosa simile alla sua Sposa e l’ha fatto a Gerusalemme in un modo molto ma molto speciale, direi proprio unico.
In questa Domenica delle Palme avviene, in un certo senso, la proposta di fidanzamento di Gesù. Lui entra a Gerusalemme per portare a pienezza il suo amore nuziale. Un grande teologo italiano, don Giorgio Mazzanti (1948-2021) ha scritto al riguardo: “il cuore segreto del mistero pasquale è tale finalità sponsale” (Mistero pasquale. Mistero nuziale, EDB, Bologna 2002, pag. 15). Quindi Gesù viene a Gerusalemme per donare tutto sé stesso alla Sposa.
In questo Vangelo fissiamo lo sguardo però su come si comporta la Sposa. Quale sposa dirai tu? Io non vedo nessuna sposa. In effetti la Sposa, siamo tutti noi, erano gli apostoli, erano le folle di Gerusalemme, erano i farisei e i sacerdoti fino ad arrivare a te e a me…
So che vederci come la sposa non è qualcosa di immediato alla nostra sensibilità ma è questo che scaturisce dall’analogia di San Paolo in Efesini 5, secondo il parallelismo tra marito-moglie e Cristo-Chiesa. Su questo ancora Giorgio Mazzanti dice: “L’atto, con il quale Dio crea l’umanità, è già un disporla alle nozze con sé alle quali la invita con il semplice porla in vita. Per questo, pur facendola «creatura», le si propone in modo sponsale e nuziale” (Persone nuziali, EDB, Bologna 2005, pag. 162). Perciò, con questa premessa, contempliamo come si comporta questa sposa, come tratta il suo Sposo:
Anzitutto c’è un’entrata trionfale. «Osanna! Benedetto colui che viene nel nome del Signore! (Mc 11, 9). La Sposa è proprio innamorata! Guarda come gli vuole bene, lo coccola, gli sta appiccicato, lo guarda con affetto… a ben vedere la sposa sta vivendo la fase della “romanza”. Si sta insieme perché amo tutto di te, mi piace anche il tuo alito cattivo, non hai difetti, sei meraviglioso, unico, incredibile, mi fai stare così bene…
Quante coppie si imbarcano così per il matrimonio! La “pancia” è il criterio di scelta e di verifica dell’amore. Sai quante volte queste frasi le ho sentite in un corso fidanzati? Con grande realismo Papa Francesco ci dice: “L’educazione dell’emotività e dell’istinto è necessaria, e a tal fine a volte è indispensabile porsi qualche limite. L’eccesso, la mancanza di controllo, l’ossessione per un solo tipo di piaceri, finiscono per debilitare e far ammalare lo stesso piacere e danneggiano la vita della famiglia” (AL 148).
Se la Sposa ama così lo Sposo l’esito non può che essere fallimentare. Difatti è esattamente quello che accade poco oltre quando Gesù disse loro: “Tutti rimarrete scandalizzati, perché sta scritto: «Percuoterò il pastore e le pecore saranno disperse»” (Mc 14, 27).
Se il tuo atteggiamento nel matrimonio non è radicato nella fede e nelle virtù umane vai sicuramente verso la delusione, lo scandalo: “ma non credevo fossi così, ho perso anni della mia vita con te, non ti riconosco più, non c’è più quella magia di una volta”.
Come ci ricorda Amoris Laetitia: “È diventato frequente che, quando uno sente di non ricevere quello che desidera, o che non si realizza quello che sognava, ciò sembra essere sufficiente per mettere fine a un matrimonio. Così non ci sarà matrimonio che duri. A volte, per decidere che tutto è finito basta una delusione, un’assenza in un momento in cui si aveva bisogno dell’altro, un orgoglio ferito o un timore indefinito” (AL 237).
Il permanere in questo stato, il vegetare in una relazione mediocre o peggio, credere che resistere a oltranza con questi sentimenti e atteggiamenti nel cuore sia anzi positivo e segno di forza e maturità prima o poi porta solo alla morte della relazione, al disamore.
“Poi venne, li trovò addormentati e disse a Pietro: «Simone, dormi? Non sei riuscito a vegliare una sola ora? Vegliate e pregate per non entrare in tentazione. Lo spirito è pronto, ma la carne è debole»” (Mc 14, 37-38).
Hai proprio ragione Gesù! Non è l’odio, non è la cattiveria, non è la violenza fisica che normalmente uccide il rapporto sponsale (anche se a volte purtroppo sì). Ma è soprattutto la mancanza di amore, le nostre frequenti e prolungate omissioni, il non vegliare con Te, il non starTi vicino, il non coltivare un rapporto vero e personale con Dio. Quanti baci non dati, quanti sguardi indifferenti, quanti “ti amo” non detti, quante parole a vanvera… è il vuoto, è la freddezza ciò che più spesso uccide l’amore nuziale.
Papa Francesco ci ricorda infatti: “Un amore debole o malato, incapace di accettare il matrimonio come una sfida che richiede di lottare, di rinascere, di reinventarsi e ricominciare sempre di nuovo fino alla morte, non è in grado di sostenere un livello alto di impegno. Cede alla cultura del provvisorio, che impedisce un processo costante di crescita” (AL 124).
Il bello però è che alle nostre morti lo Sposo risponde con la Sua Morte che cambia tutto e porta Vita. Se la Sposa non molla lo Sposo, di certo non andrà a finire così.
Tuttavia, oggi il Vangelo è tutto centrato sulla Passione e sembra finire sul Golgota. Non ci dà molta speranza. Eppure, vado alla seconda lettura che ci apre almeno uno spiraglio. “Gesù umiliò sé stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce. Per questo Dio lo esaltò e gli donò il nome che è al di sopra di ogni nome” (Fil 2, 8-9).
Se una coppia cerca di obbedire alla promessa di amore fatta in Dio e con Dio nel sacramento, se sa essere umile, cioè chiedere aiuto a Gesù e chi veramente può sostenerli nella fatica di essere fedeli, se si sforza di sacrificare il proprio egoismo e rinunciare all’ego, di sicuro questo amore ha futuro, questa relazione può elevarsi, può solo crescere e diventare nuova. Ecco, quindi, un barlume di luce pasquale, di resurrezione, che, grazie a Dio, tanti matrimoni hanno già assaporato e vissuto.
Hai visto come è maturata questa Sposa? Hai notato come lo Sposo l’ha portata a crescere da un amore terreno fino a rinascere dai propri fallimenti?
La Settimana Santa è un po’ un paradigma, infatti ogni coppia che vuole prendere sul serio il sacramento non può fare a meno di ripercorrere continuamente questi quattro passaggi, seguendo lo Sposo Gesù. E tu, a che punto sei?
Antonio e Luisa
Siamo convinti che la strada del matrimonio sia una strada di continua scoperta e di lenta consapevolezza. Ha ragione padre Luca quando dice che spesso le coppie basano tutto sulla passione. Su quanto l’altro ti fa stare bene. Su come l’altro riesce a riempire i tuoi vuoti. Il matrimonio è, detto brutalmente, un luogo dove prendere, e l’altro un mezzo per soddisfare i nostri bisogni. Quando io, Antonio, ho sposato Luisa avevo certamente tante buone intenzioni, ma ero ancora inconsapevole su cosa fosse davvero il matrimonio, immerso come ero in quella mentalità. La sposavo perchè ero sicuro che mi avrebbe reso felice. Penso che sia un atteggiamento comune a tantissime altre persone che decidono di sposarsi.
Con gli anni, siamo ormai quasi a venti, vivendo questa relazione fatta di tanta quotidianità, fatta di vita normale, ho capito. Ho capito attraverso i tanti alti e bassi, i momenti meravigliosi ma anche quelli aridi in cui ci siamo sentiti lontani. Attraverso i perdoni e i gesti gratuiti di cura e tenerezza. Ho capito che solo attraverso la mia sposa avrei potuto fare un’esperienza così vera di Gesù. Attraverso il nostro amore benedetto. Scelta d’amore radicale e totale elevata a sacramento. Succede, durante i vari seminari che organizziamo, di rinnovare le nostre promesse. Ogni volta è più bello, perchè ogni volta siamo sempre più consapevoli di quelle promesse. Luisa mi è entrata dentro e la nostra relazione ci ha educato a spostare lo sguardo da quello che proviamo noi a quello che desidera l’altro e a fare di tutto per farci vicendevolmente del bene. Il matrimonio è davvero una palestra per prepararsi all’incontro con Gesù alla fine della nostra vita.
Padre Luca con Antonio e Luisa
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20 anni di matrimonio quest’anno.
Anni di reciproca freddezza hanno scatenato l’inferno dentro di me: mi sono innamorata di un altro, ero viva di nuovo, ma ho rinunciato, ho pagato il tributo peggiore che mi sia stato chiesto da quando sono al mondo… E sono avvezza alle difficoltà gravi: a mia madre è stato diagnosticato l’Alzheimer quando aveva 65 anni e nel giro di poco si è trasformata in una creatura muta bisognosa di tutto… Ma dover rimanere qui per la vita è il peggio del peggio… Ho dato quello che dovevo e che avevo e di Dio non ne voglio più sapere! E non mi risposerei mai, nemmeno con l’uomo che è ancora l’uomo dei sogni nonostante siano passati anni. E non pensiate che la nostra vita sia un inferno: non siamo particolarmente litigiosi, mio marito è oggettivamente una cara persona ed è un pilastro per mio figlio (con disturbo dello spettro autistico). Gli sono affezionata, riconosco il merito, ci faccio anche del discreto sesso, ma non lo amo più e non ho nessun bisogno “emotivo” di lui, mi fa piacere stare senza di lui e non mi manca affatto quando non c’è.
Ne abbiamo parlato tempo fa, davanti a una coppia di counselor. È molto che non torniamo in argomento (è molto cioè che io non entro in argomento, e lui se ne guarda bene…)… La nostra vita è assolutamente accettabile e penso che lui non immagini minimamente la portata della verità.
In una parola… Anzi due… Tiro innanzi
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