Oggi un articolo con tre provocazioni. Perchè dopo alcuni anni che ci occuppiamo di coppie e di amore ci siamo accorti che i problemi nascono spesso dagli stessi errori, da convinzioni sbagliate. Vi propongo le tre convinzioni a mio avviso più dannose.
- L’amore non è un sentimento.
- Ci sposiamo per completarci ed essere felici.
- Le persone non cambiano dopo il matrimonio.
L’amore non è un sentimento! Quante persone si sposano credendo che l’innamoramento con tutte le sue farfalle nella pancia, l’ubriacatura di emozioni e sensazioni sia l’amore. Che solo quello sia l’amore?Tante, troppe. Restano inevitabilmente deluse. Perchè l’innamoramento non è l’amore, è qualcosa che Dio, la natura, l’istinto, la testa chiamatelo come volete ci ha donato per spingerci verso un’alterità diversa da noi. Perchè noi siamo portati a chiuderci e non ad aprirci e l’innamoramento è il meccanismo che ci permette di aprirci. Ma è solo l’inizio, poi passa e subentra altro, subentra l’amore. L’amore che è il nostro desiderio, che si concretizza nelle nostre scelte e nel nostro agire, di rendere felice quella persona che tanto ci ha attirato a sè. L’amore è la trasformazione dell’innamoramento da forza che ci trascina a volontà che trascina. E invece tante persone finito l’innamoramento si rimettono in moto per ritrovare quelle sensazioni forti e, se non riescono con il consorte, le cercano al di fuori della coppia e così, relazione dopo relazione, non riescono mai a dare compimento al loro amore fermandosi sempre all’embrione dell’amore, all’innamoramento.
Due metà della stessa mela? Il secondo punto ci riguarda tutti. Quanti si sposano per essere felici? Penso tutti, Luisa ed io compresi. Ma attenzione. Qui si può nascondere un’insidia terribile per il matrimonio. Quella di far dipendere la nostra felicità, il senso e la compiutezza della nostra vita, da un’altra creatura che cerca in noi le medesime cose. Due imperfezioni che cercano la perfezione. Spesso quando ci si rende conto che l’altro non è quello che credevamo, che non ci rende felici sempre, che sbaglia, che si arrabbia, che ha comportamenti irritanti, ecco che inizia l’insoddisfazione. L’altro non è capace di renderci felici. Gli sposi cristiani dovrebbero invece partire con un’altra idea. L’idea di essere amati già così. Trovare in Gesù il senso di ogni cosa e la pienezza della vita. Solo allora quando ci si sente amati, si è capaci di rispondere a questo amore grande di Dio. Dio ci può chiedere di essere riamato direttamente nella vocazione sacerdotale o nella vita consacrata, oppure in un’altra creatura nel matrimonio. Solo così il nostro coniuge diventa centro delle nostre attenzioni, e il nostro scopo non sarà più quello di cercare in lui la felicità, ma di condividere con lui la nostra felicità rendendola ancora più ricca e piena.
Infine il terzo punto. Nel matrimonio tutto sarà diverso. Il fidanzamento è un tempo che serve per conoscere l’altra persona. E’ un periodo di scelte non irrevocabili, ma importantissimo per poter fare la scelta irrevocabile. Spesso il fidanzamento si vive come un matrimonio senza farsi mancare nulla, neanche i rapporti sessuali. Questo distoglie però dal suo fine fondamentale. Difetti e peccati della persona amata passano spesso in secondo piano rispetto all’innamoramento e all’attrazione fisica. Il rapporto sessuale è assolutizzante. Unisce tanto, da fidanzati troppo. Non permette di essere lucidi. Si rischia un errore gigantesco: sottovalutare atteggiamenti e comportamenti sbagliati. Si rischia di credere che poi nel matrimonio tutto potrà migliorare ed essere meglio. Tutte balle. Una volta sposati quei comportamenti, peccati, difetti non saranno cambiati, anzi tenderanno a peggiorare, e una volta finito l’incanto dell’innamoramento diventeranno insostenibili.
Cosa fare quindi per far durare il matrimonio? Non cadere in queste trappole e impegnarsi giorno dopo giorno, impegnarsi tanto, non dando nulla per scontato e nei momenti in cui il sentimento non sosterrà il nostro amore supplire con la volontà, traendo forza e sostegno dalla nostra relazione con Dio e dai sacramenti. Non è sempre vero che dobbiamo andare dove ci porta il cuore, a volte dobbiamo essere capaci di portare il cuore dove vogliamo noi. Solo così il matrimonio sarà ogni giorno più bello e più vero.
Antonio e Luisa
Ciao Antonio ciao Luisa
Ho letto con interesse l’articolo. È giusto, vero, ma sembra che Dio sia un fattore estraneo alla realtà, una questione che non ha nulla a che fare con il rapporto, se non per il dato della natura umana.
Quando dici la presenza di Gesù, questa non si sente, non si fa sentire, in tutto l’articolo.
La sua presenza è un’incontro reale, conoscibile, esperienziabile – la sostanza della realtà, cioè quella persona incarnata attraverso cui il senso di tutto si fa presente davanti a te. La vita è incontro, fatta per questo incontro, questo dà senso e significato a tutto ciò che fa parte della nostra vita e in particolare quello a cui più teniamo.
Questo sostiene ogni rapporto vero.
Scusatemi se sono stato importuno.
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No non lo sei stato. A volte forse cerco di rimanere troppo su un piano umano per raggiungere tutti ma forse è vero che perdo un po’ di vista la relazione con Gesù che è fondamentale e con la sua Grazia
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Ma è nel piano umano che si manifesta il divino, se l’incarnazione di Gesù cristo non è una carnalità che si incontra, che si vive, che si può seguire non astrattamente, cos’è?
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Si certo.
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