Ecco la prima lettura nella Messa di ieri:
Dal libro dei Proverbi (Prv 3,27-34) Figlio mio : non negare un bene a chi ne ha il diritto, se hai la possibilità di farlo. Non dire al tuo prossimo : «Va’, ripassa, te lo darò domani», se tu possiedi ciò che ti chiede. Non tramare il male contro il tuo prossimo, mentre egli dimora fiducioso presso di te. Non litigare senza motivo con nessuno, se non ti ha fatto nulla di male. Non invidiare l’uomo violento e non irritarti per tutti i suoi successi, perché il Signore ha in orrore il perverso, mentre la sua amicizia è per i giusti. La maledizione del Signore è sulla casa del malvagio, mentre egli benedice la dimora dei giusti. Dei beffardi egli si fa beffe e agli umili concede la sua benevolenza.
Il libro dei Proverbi viene spesso sottovalutato, considerato solo come una raccolta di saggi consigli utili per tutte le circostanze della vita, viene sminuito come se fosse un libro di saggezza meramente umana, ma se la Chiesa ha deciso di elevarlo a Parola di Dio non possiamo leggerlo solo sul piano orizzontale del nostro limitato vivere terreno, ma c’è una dimensione verticale che spesso viene nascosta tra le trame delle frasi e altre volte viene esplicitata come succede in questo brano in cui viene citata la benedizione del Signore nei confronti del giusto ed anche la Sua maledizione per il malvagio.
Siccome questo libro parla ad un popolo con una cultura che non ama molto gli arzigogolamenti, il messaggio più immediato e di facile comprensione è quello che se si desidera avere la benedizione del Signore bisogna seguire le indicazioni date, altrimenti si subisce la maledizione da parte sua. Come a dire “uomo avvisato, mezzo salvato” , tanto per restare in tema di proverbi.
Lungo il nostro cammino abbiamo incontrato tante coppie che fanno fatica a comprendersi reciprocamente, non tanto per la già evidente differenza che portano il maschile e il femminile, quanto per la mancanza di dialogo profondo, quel dialogo che aiuta gli sposi a scoprire l’altro/a nel suo modo di agire, di reagire, di vivere una situazione sia essa piacevole o non, ci fa scoprire in pratica il mondo interiore dell’altro/a.
E questo dialogo profondo aiuta non solo chi ascolta ma anche colui/colei che si svela, perché aiuta a riporre la propria fiducia nell’altro sempre di più, in un crescente “abbraccio” nell’altro, ci si abbandona l’uno nelle mani dell’altra sempre più in profondità.
Ricordiamo sempre come i due sposi diventino (e sono chiamati a divenirlo sempre di più) un solo corpo, una sola anima ed un solo cuore; sembra una frase da cioccolatini, da romanticoni di fronte ad un tramonto con una pioggia di petali di rose, ma in realtà la Chiesa ci insegna che i due non sono una mera somma di due individualità, non sono nemmeno una società di due “gestori della logistica”, non sono neanche due che semplicemente si vogliono bene e si stanno simpatici per non invecchiare da soli, non sono due che vanno d’accordo su tutto cosicché ognuno sfrutti l’altro per le doti che mancano a sé stesso. No! Per essere e fare questo non è necessario sposarsi, basta essere due persone di buona volontà, così come si riesce a far “funzionare” un reparto/ufficio al lavoro, si può benissimo far “funzionare” una convivenza tra due persone magari con figli, ma così però non si è sposi.
Essere sposi è ben altro, è molto di più, anzi, è ontologicamente un’altra realtà, non è questione di opinioni, tantomeno di cultura, né di periodi storici, è questione di sostanza, di essenza.
Mentre si leggono questi versi di Proverbi ci si potrebbe rasserenare circa il fatto che essi siano norme buone da rispettare nei rapporti verso il prossimo ( se Dio vorrà un giorno vedremo cosa ci racconta Gesù di questa storia del “prossimo”), e qui siamo soliti pensare ai colleghi, ai vicini di casa, ai parenti, alle amicizie, alle persone in coda al supermercato, alla cassiera, al gruppo di mamme della scuola, al gruppo dei catechisti, ai volontari di questa o quella associazione… tutto ciò è buono e nobile, bello e giusto, ma ci pensiamo mai che il più prossimo ce l’abbiamo in casa, e che l’abbiamo anche sposato?
“[…] non negare un bene a chi ne ha il diritto, se hai la possibilità di farlo. Non dire al tuo prossimo: «Va’, ripassa, te lo darò domani», se tu possiedi ciò che ti chiede. […] I due sposi hanno il dovere di essere fedeli, ed è un dovere che deriva dalla natura stessa del matrimonio non solo dalle proprie promesse fatte solennemente il primo giorno di nozze, ma questa fedeltà non è solo un dovere dell’uno, ma diventa diritto dell’altro. Naturalmente questa fedeltà deve essere integrale: è una fedeltà che comprende la fedeltà del mio pensiero, dei miei sguardi, delle mie azioni, delle mie parole, e va vissuta aldilà del comportamento dell’altro… praticamente è una fedeltà “all inclusive”. Quanti sposi negano al proprio consorte il diritto alla fedeltà? E lo stesso discorso vale per l’unicità e per l’indissolubilità matrimoniale. Quanti negano al proprio sposo o sposa questo bene prezioso che è l’unicità? Quanti negano all’altro il diritto all’indissolubilità? Spesso invece cadiamo nel tranello del mondo che vuole svilire il matrimonio, ad allora neghiamo a noi stessi e all’altro la fedeltà o l’indissolubilità.
Fin dal primo corso fidanzati ci insegnarono a non andare a letto “litigati”, cioè a non addormentarci prima di essersi riconciliati e perdonati vicendevolmente (“Non tramonti il sole sulla vostra ira” Ef4,26 ). Purtroppo qualche volta ci siamo cascati pure noi in questo tranello dell’orgoglio, ma il giorno dopo siamo stati tanto male che ci è sembrato di vivere una giornata infernale, e di fatto è così, perché dentro il cuore alberga l’inferno quando c’è la ripicca, la vendetta, la superbia… senza perdono il cuore si atrofizza.
Cari sposi, quando litighiamo tra noi, non aspettiamo mai domani, non dobbiamo mai dire al nostro coniuge “[…] «Va’, ripassa, te lo darò domani», se tu possiedi ciò che ti chiede.[…]“ , se la Parola ci dice di agire così con il prossimo, a maggior ragione bisogna agire così col proprio consorte. Abbiamo già “in tasca” il perdono, la fedeltà, abbiamo l’unicità, l’indissolubilità.. basta controllare bene nelle “tasche” del nostro sacramento che c’è già tutto questo… e molto di più.
Coraggio sposi, il Signore ha inventato il matrimonio per fare di noi quel capolavoro che aveva in mente fin dall’eternità. Non lasciamoci ingannare dal mondo, la vita che ci offre il mondo punta al ribasso e ci chiede poco impegno; il matrimonio in Cristo invece non è mica all’acqua di rose, chiede tutto ma offre ancora di più oltre ogni immaginazione!
Giorgio e Valentina.
L’amore è impegno verso l’altro, volere il bene dell’altro, a volte è sacrificio, donazione, rinuncia ecc. Non quella cosa mielosa che ci hanno trasmesso la letteratura, il cinema e la TV. È una gara a chi fa di più per il bene dell’altro. Ecco perché è difficile, perché occorre lottare contro il proprio ego ed il piacere personale! Ho capito questo, ma non che io sia bravo a metterlo in pratica!
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Grazie della testimonianza, avanti con la lotta che stai con il Vincitore.
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per me xhe vado a senso unico come faccio.lui dice che devono passare gg prima che gli passi la rabbia. come non voler divorziare da uno che con me ricorda il diverbio di 20 anni fa. non si impegna e anche violento verbalmente da sempre e manca di rispetto. cosa fare? starci ancora o no?
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Ciao Cristina, certamente la sofferenza che provi è tanta, il divorzio però non è mai la soluzione di un problema, ne evita uno ma ne attiri tantissimi altri ben peggiori. L’unico atteggiamento che la Chiesa tollera è la cessazione della convivenza (temporanea oppure a data da destinarsi) solamente in casi estremi nei quali è in pericolo la salute fisica, mentale e psicologica del consorte che “subisce” oppure degli eventuali bambini che vanno preservati dalla violenza… in questi casi estremi il consorte che “subisce” può lecitamente ricorrere all’interruzione della convivenza per il bene proprio o per protezione dei bambini. Attenzione però che l’unica cosa che cessa è la convivenza sotto lo stesso tetto, il matrimonio resta valido… per intenderci… è come se tuo marito fosse via per lavoro, capito ? Se ritieni che ci siano questi estremi parlane con il tuo Vescovo o il suo delegato per queste situazioni. Questa è la risposta tecnica solo alla tua legittima domanda dubbiosa, per cominciare a trovare un rimedio chiamami/chiamaci se vuoi che ne parliamo al telefono con più distensione. 338-8733631. Non lasciarti scappare l’occasione di poter amare più a fondo tuo marito, tra famiglie ci si aiuta ben volentieri, non farti scrupoli a chiamare. Ti aspetto. Dio ti benedica. Intanto preghiamo per voi.
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grazie
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siete stati molto chiari finalmente ho delle risposte.ira ha problemi di salute mi ero detta di kasciar perdere. an je io ho fatto i miei sbagli ed ammettendo questo sembra di essere come quelle donne che subiscono violenza verbale e pensano sia colpa sua. non voglio cadere in questa trappola. sono un po confusa devo fare chiarezza. ho orlato con una psicologa di un corso oer uomini violenti e mi ha detto quando ho proposto la mia visione Cristiana che bisogna guardare il tutto con una visione un pochino più ampia che a livello Cristiano Non si è capito bene quando è violenza e quando bisogna veramente lasciare una persona mi ha messo un po’ in crisi questa cosa però penso che un cristiano soccomba ora devo stargli dietro perché ha problemi seri di salute ma non so come fare Non soccombere mi sento ferita mi sento tradita Nel mio intimo e poi anche i figli mi tra ttano Ma vedendo il padre così lo dovrei allontanare ad inizio matrimonio non era culturalmente messa male Ora sembra che sia proprio un ignorante
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Grazie
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