Appartenere è più che possedere

Cari sposi,

abbiamo appena celebrato i Santi e i fedeli defunti, quindi lo sguardo adesso è rivolto al cielo, al Dopo. Abbiamo sentito nel prefazio della Messa la celebre frase: “Vita mutatur non tollitur”, la vita non è tolta ma mutata. Questo vale anche per la vita degli sposi, difatti nella vita eterna la loro relazione coniugale non è tolta, stroncata, scissa ma semplicemente nuova nella modalità di espressione. In che senso? Nel senso in cui Gesù si è espresso rispetto alla novità che Lui stava portando nel mondo. Quando Lui ha detto che non veniva a togliere nemmeno una virgola alla Legge e ai Profeti ma solo a dare compimento, a condurre al loro vero senso (cfr. Mt 5, 17) può applicarsi anche, servatis servandis, all’amore nuziale. Cosicché l’amore coniugale di ogni singola coppia, nella Comunione con Dio, è elevato alla sua migliore espressione, a diventare quello che è chiamato ad essere.

Qui è bene non rendere terrena la vita eterna, infatti “le cose che occhio non vide, e che orecchio non udì, e che mai salirono nel cuore dell’uomo sono quelle che Dio ha preparate per coloro che lo amano” (1 Cor 2, 9). Quello che possiamo dire è che l’amore coniugale in Cristo arriverà alla massima capacità di una creatura umana. Vorrei lasciare la parola al Card. Raniero Cantalamessa che spiega egregiamente questo passaggio:

È possibile che due sposi, dopo una vita che li ha associati a Dio nel miracolo della creazione, nella vita eterna non abbiamo più niente in comune, come se tutto fosse dimenticato, perduto? Non sarebbe questo in contrasto con la parola di Cristo che non si deve dividere ciò che Dio ha unito? Se Dio li ha uniti sulla terra, come potrebbe dividerli in cielo? Può tutta una vita insieme finire nel nulla senza che si smentisca il senso stesso della vita di quaggiù che è di preparare l’avvento del regno, i cieli nuovi e la terra nuova?” (Intervista Zenit, 9 novembre 2007).

Ma in definitiva due sposi in Cielo che faranno? Mi sa che alcuni non siete del tutto convinti di quello che scrivo. Qui ci vuole sapienza e contemplazione per entrare in un’altra dimensione che non è più quella spazio-temporale, abbiamo bisogno dello Spirito per cogliere la novità che Cristo ha preparato per ciascuno di noi, in particolare gli sposi. Credo che una via che può gettare grande luce stia nel vedere la differenza di linguaggio che adottano i sadducei e quella di Gesù nella sua risposta. Mentre i primi utilizzano espressioni come “avere moglie, prendere moglie…”, Gesù va oltre tale concezione possessiva, difatti siamo sempre tentati di trasferire in Cielo le nostre sicurezze e i nostri diritti di proprietà. Come qui vogliamo la nostra moglie/marito, i nostri figli e tutto quello che pensiamo di aver conquistato solo per noi, di là non avrà più senso, perché non esisterà più il mio e il tuo, ma tutti saremo in Cristo. È semplicemente meraviglioso notare come Gesù si riferisca a suo Padre, come il Dio di qualcuno, è un Dio che si lega personalmente ad ognuno di noi, è un Dio che ci appartiene. Ma ci pensate quanto è bello questo!!! Non è possesso ma è una relazione di reciprocità che si vive nell’amore e nella libertà. Come non vedere in questo un riflesso genuino della Trinità stessa!

C’è un fatto avvenuto nella vita Santa Teresa di Avila, proprio nel monastero dell’Incarnazione. Lei stava scendendo le scale e vi trovò un bel bambino che le sorrideva. Teresa, sorpresa nel vedere un bambino all’interno della clausura, gli chiese: “E tu chi sei?”, al che il bambino rispose con un’altra domanda: “E chi sei tu?”. La Madre disse: “Io sono Teresa di Gesù”. Il bambino, con un sorriso ampio e luminoso, le disse; “Io sono Gesù di Teresa”. Il nostro Dio vuole unirsi a noi per sempre rispettando immensamente la nostra libertà. È questo il vero fondamento del matrimonio cristiano, per questo Lui vi concede il sacramento, perché siate specchio di questo modo di amare, di una piena appartenenza che a un tempo rispetta l’unicità dell’altro. Quando sarà Cristo stesso il nostro vero legame e vincolo, quando Cristo sarà unito pienamente a ciascuno di noi in Cielo allora saremo effettivamente e pienamente uniti gli uni agli altri. E laddove c’è stata una vera unione matrimoniale, sarà Cristo a rendere compiuto e sublime l’amore che adesso sperimentate con i limiti propri della vita presente. Cari sposi, in definitiva il vangelo di oggi ci insegna quanto è importante guardare non tanto alla fine della vostra vita di coppia quanto piuttosto al fine, all’obiettivo che Cristo vuole che raggiungiate assieme: la piena comunione in Lui, in modo che siate davvero uniti per l’eternità.

ANTONIO E LUISA

Padre Luca ci ha offerto una riflessione meravigliosa. Io non ho le sue conoscenze teologiche però ho una certa esperienza di matrimonio. Ormai sono sposato con Luisa da vent’anni e credo di avere capito una cosa. Non con la testa ma con il cuore. E’ una consapevolezza che si è fatta sempre più chiara e nitida. Gesù non è geloso. Quando saremo nella vita eterna non avrà più senso un matrimonio. Il matrimonio è un modo che Dio ci offre per amarLo con la mediazione di un’altra persona. Detto in altre parole, nel dono che io faccio di me stesso a Luisa sto amando sicuramente lei ma sto amando anche Dio, ricambiando il Suo amore gratuito e che è all’origine di tutto. Quando saremo nella vita eterna, sempre che riusciremo a raggiungere il paradiso, saremo immersi in quell’amore infinito e la nostra gioia sarà nell’avere accanto quell’uomo o quella donna con cui abbiamo condiviso tutto nella nostra vita. Non ci sarà più il matrimonio ma ci porteremo tutto l’amore che ci siamo scambiati. Tutti i gesti di tenerezza, di cura, di intimità, di perdono, di ascolto, di presenza, di condivisione di gioie e dolori, tutte queste esperienze restano impresse in modo indelebile nel mio cuore. Il giorno della mia morte lascerò tutto qui in questa vita. Nella mia valigia porterò solo il mio cuore, l’amore dato e ricevuto e lei ne è parte integrante. Sono sicuro che il giorno del nostro matrimonio, il 29 giugno 2002, è iniziata una relazione che durerà per sempre.

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