(Dopo l’orazione e prima della Benedizione si possono dare, quando occorre, brevi comunicazioni al popolo. Segue il congedo. Il sacerdote, allargando le braccia, rivolto verso il popolo, dice:) Il Signore sia con voi. (Il popolo risponde:) E con il tuo spirito. (Il sacerdote benedice il popolo:) Vi benedica Dio onnipotente, Padre e Figlio e Spirito Santo. (Il popolo risponde:) Amen. (Infine il diacono o il sacerdote stesso, rivolto al popolo, a mani giunte, dice:) Andate in pace. (Oppure:) La Messa è finita : andate in pace. (Oppure:) Andate e annunciate il Vangelo del Signore. (Oppure:) Glorificate il Signore con la vostra vita. Andate in pace. (Oppure:) La gioia del Signore sia la vostra forza. Andate in pace. (Oppure:) Nel nome del Signore, andate in pace. (Oppure, specialmente nelle domeniche di Pasqua:) Portate a tutti la gioia del Signore risorto. Andate in pace. (Il popolo risponde:) Rendiamo grazie a Dio. (Oppure in canto:) Ite, missa est. (R/.) Deo grátias. (Il sacerdote bacia l’altare in segno di venerazione come all’inizio; fa quindi con i ministri un profondo inchino e torna in sacrestia. Quando segue immediatamente un’altra azione liturgica, si tralasciano i riti di conclusione.)
Questa è l’ultima parte della Messa, e a nostro parere purtroppo è stata voluta (nell’ultima riforma liturgica) troppo sbrigativa e fulminea che non lascia tempo ai fedeli (ma nemmeno al sacerdote) di rendersi conto di quanto appena compiuto e celebrato.
Ci è capitato tante volte di essere anche quasi catapultati fuori perché c’era fretta di disinfettare i banchi oppure perché la chiesa sarebbe servita immediatamente libera per l’incontro X con i genitori oppure per un Battesimo o altro, senza contare le volte che siamo stati accompagnati fuori dai rigidi bodyguard che manco nelle discoteche, insomma… la chiesa si trasforma nel raggio di pochi secondi in un mercato proliferante di voci e grida e schiamazzi, e questo avviene appena il prete ha messo piede in sacrestia, ma a volte anche prima. Quando ci va bene riusciamo a pregare un pochino per la Comunione Eucaristica appena ricevuta durante gli “annunci pubblicitari” da parte del parroco.
Perché tutto ciò? Dov’è finita la sacralità in tutto questo?
Le famiglie sanno bene che quando si sta a tavola tutti insieme è un momento di “liturgia domestica“, per molte succede ogni sera a cena, per altre succede solo la domenica e per altre ancora più raramente; in ogni caso per la famiglia è un momento particolarmente intimo: è un momento in cui ci si ascolta vicendevolmente, ci si racconta la giornata, si affrontano problemi per trovare una comune soluzione, si organizzano gli impegni settimanali, ci si racconta barzellette, aneddoti della giornata, si condividono preoccupazioni, si impara l’arte di amarsi a vicenda, di sopportarsi e di sostenersi.
Ed è ritenuto così importante che insegniamo ai bambini a comportarsi bene a tavola, perché se fosse solo un problema di nutrimento non servirebbe apparecchiare la tavola con dignità, si potrebbe anche mangiare in piedi in giro per casa, oppure ognuno potrebbe nutrirsi quando ne ha voglia senza aspettarsi a vicenda, la mamma non preparerebbe una pietanza per tutti ma ognuno aprirebbe il frigo stile self-service oppure in perfetto stile fast-food… ma questo ci farebbe assomigliare più ad un assembramento malriuscito di essere umani che per caso vivono nella stessa casa e attingono dallo stesso frigorifero… sarebbe disumano e indegno dell’umana natura, sarebbe più degno degli animali i quali mangiano solo per nutrimento ignorandosi l’un l’altro anche se sono in centinaia nello stesso pollaio o nella stessa stalla.
A volte succede che un membro si segga a tavola con gli altri, si nutra voracemente nel giro di 3 minuti, si alzi e abbandoni la compagnia perché ha di meglio da fare… ovviamente chi rimane a tavola vive un misto tra rabbia, indignazione, stupore, incredulità, perché manca la relazione e il tutto è ridotto a nutrimento per il corpo, la famiglia a tavola viene ridotta ad un dispenser di cibo, ma la famiglia sappiamo bene che è molto di più. Similmente la Messa non può assomigliare ad un pollaio o ad una stalla, c’è bisogno di relazione con Dio, di dignità umana, deve assomigliare alla relazione d’amore che si instaura quando la famiglia è riunita a cena, e chi meglio può dare dignità all’uomo se non Colui che è l’uomo perfetto, cioè Cristo stesso, Colui che, essendo di natura divina si è abbassato ed umiliato a tal punto da assumere la nostra condizione umana?
Non possiamo quindi sperare di ottenere buoni frutti dal mistero appena celebrato se una volta ricevuta la benedizione trattiamo la Messa come quando si spengono i riflettori sul palco… anzi, a ben vedere quando usciamo da un cinema o da un teatro ci si scambia opinioni ed emozioni con gli amici su quanto appena vissuto, quasi che lasciamo vivere lo spettacolo ancora un po’ dentro di noi… e perché non dovremmo fare lo stesso con la Santa Messa? Perché ci ostiniamo a non farla vivere per un po’ dentro di noi?
Nel bellissimo rito della Messa in “vetus ordo” dopo la benedizione non c’è il mercato in piazza, ma c’è ancora del tempo per “digerire” il mistero appena celebrato (per tornare all’esempio della cena in famiglia), per farlo entrare dentro di noi, per assaporarne tutta la bellezza di Grazia, per continuare a restare in contemplazione di quel pezzo di Paradiso in terra che è la Messa; e questo i nostri avi l’avevano ben capito, ecco perché in quel rito, dopo la benedizione finale, si resta ancora in silenzio ad ascoltare il prologo del Vangelo di S. Giovanni, e poi ci sono le preghiere di ringraziamento ai piedi dell’altare, e solamente dopo quest’ultime preghiere il sacerdote rientra in sacrestia in un clima di silenzio e raccoglimento che perdura tra i banchi dei fedeli sin da quando si entra in chiesa prima dell’inizio della Messa.
Cari sposi, se vogliamo che il nostro matrimonio cresca in bellezza, intensità e santità, è necessario lasciar penetrare dentro il nostro cuore i misteri di Grazia che scaturiscono dalla Santa Messa e quindi dall’Eucarestia, ma per fare ciò dobbiamo dare il tempo alla Grazia di agire in noi, dobbiamo imparare a preparare bene e curare ogni aspetto esteriore ed interiore prima, durante e dopo la Messa; quello a cui ci riferiamo oggi è quello dopo la benedizione finale, chiamato dalla Tradizione “il tempo del ringraziamento”. Questo tempo è dunque preziosissimo affinché l’Eucarestia appena ricevuta ed il mistero appena celebrato trovino spazio ed accoglienza nel nostro cuore e producano i loro frutti nella vita concreta.
In alcune parrocchie i fedeli si preparano alla Santa Messa (almeno quella domenicale) con la recita devota di una corona del Santo Rosario, e dopo la Messa ne recitano un’altra come ringraziamento del dono ricevuto ; inutile sottolineare gli effetti di Grazia che si moltiplicano in codeste parrocchie soprattutto riguardo la rinascita e la riscoperta della fede nei matrimoni e nelle famiglie.
Coraggio famiglie, viviamo in un tempo in cui c’è estremo bisogno della riscoperta della sacralità della Santa Messa e i protagonisti di questa rinascita non possono essere soltanto i nostri amati e benedetti sacerdoti, ma siamo noi famiglie che dobbiamo cominciare a viverla come si deve, anche i preti hanno bisogno della nostra testimonianza di fede vissuta per alimentare la loro fede.
Giorgio e Valentina.