Dagli Atti degli Apostoli (At 16,11-15) Salpati da Tròade, facemmo vela direttamente verso Samotràcia e, il giorno dopo, verso Neàpoli e di qui a Filippi, colonia romana e città del primo distretto della Macedònia. Restammo in questa città alcuni giorni. Il sabato uscimmo fuori della porta lungo il fiume, dove ritenevamo che si facesse la preghiera e, dopo aver preso posto, rivolgevamo la parola alle donne là riunite. Ad ascoltare c’era anche una donna di nome Lidia, commerciante di porpora, della città di Tiàtira, una credente in Dio, e il Signore le aprì il cuore per aderire alle parole di Paolo. Dopo essere stata battezzata insieme alla sua famiglia, ci invitò dicendo: «Se mi avete giudicata fedele al Signore, venite e rimanete nella mia casa». E ci costrinse ad accettare.
Oggi ci lasciamo stuzzicare da questo breve passaggio descritto nel libro degli Atti per mettere a fuoco una caratteristica che si vive nel matrimonio: l’accoglienza femminile. Di solito la Parola di Dio non contiene troppi particolari descrittivi riguardo alle circostanze in cui un fatto è avvenuto, anzi, spesso è piuttosto scarna ed essenziale; per esempio di Zaccheo sappiamo solo il nome e che era il capo dei pubblicani, ricco e piccolo di statura… quattro elementi ma quelli essenziali per inquadrarlo subito e perché il resto non interessa ai fini della salvezza. Nel Vangelo di Giovanni troviamo questa utile spiegazione:
<<Questi testi sono stati scritti, perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio e perché, credendo, abbiate la vita nel Suo nome. […] Vi sono ancora molte altre cose compiute da Gesù, che, se fossero scritte una per una, penso che il mondo stesso non basterebbe a contenere i libri che si dovrebbero scrivere.>>
Se dunque sono arrivate a noi solo quelle pagine utili alla nostra salvezza, cosa vorrà dire a noi la vicenda di questa Lidia? Innanzitutto è significativo che le donne trovino ampio spazio nella Bibbia, considerando che la società in cui si svolgono gli eventi era una società di stampo maschilista, le donne vivevano un po’ ai margini della vita pubblica e politica, e forse questo è uno tra i motivi per cui la dignità della donna viene posta sullo stesso piano di quella dell’uomo nella Parola di Dio. Vogliamo ribadire che questa parità tra i due sessi creati da Dio è parità nella dignità, lo abbiamo ripetuto spesso su questo blog – citando l’immutato Magistero di sempre – , maschio e femmina sono come le due facce della stessa medaglia, differenti ma complementari; solo rispettando le differenze che i due sessi portano con sé si compie – seppur con tanti limiti – il disegno originale della Creazione.
Ma torniamo alle donne del brano di oggi: come per Zaccheo, anche di Lidia sappiamo alcuni particolari, ci pare che il più rilevante tra essi sia quel credente in Dio, evidentemente non ancora credente nel Signore Gesù. La nostra prima riflessione: in questo tempo pasquale la Chiesa non si stanca di ripeterci in tutte le salse che quel Gesù appeso alla Croce è il Figlio di Dio, il Cristo, l’Unto, il Messia tanto atteso e che il Suo Sacrificio come Agnello di Dio è NECESSARIO per la nostra salvezza, NON C’E’ altro nome nel quale possiamo essere salvati. In sostanza non è sufficiente credere che Dio esista (a ciò basta la ragione umana) non è sufficiente credere in Dio, nel senso più generico del termine, ma è importante credere che Gesù è il Figlio di Dio morto e risorto per la nostra salvezza. Questa Lidia aveva una fede a cui mancava qualcosa, come un motore a cui manca un ingranaggio essenziale che fa girare tutto, gli mancava la fede in Gesù Cristo.
Seconda riflessione: è probabile che l’uditorio a cui si rivolge S. Paolo sia formato per la maggior parte da donne con appresso i figli, in ogni caso l’autore mette in evidenza solo le donne; non conosciamo i motivi di tale scelta ma possiamo dedurne che questo “ritrovarsi” tra donne sia prolifico per se stesse ma anche per la diffusione del Vangelo, infatti la nostra Lidia, viene battezzata insieme alla sua famiglia. E l’esperienza ci insegna che per tante famiglie la vita di fede o la loro conversione è partita dalla donna di casa, dalla sposa, dalla mamma. Lo testimoniano tanti mariti “portati” alla fede grazie alla loro fedele sposa, lo testimoniano tanti figli che ritrovano la fede da adulti, riscoprendo la testimonianza di vita della madre ed i suoi insegnamenti.
Terza riflessione: in questo brano irrompe con tutta la sua vitalità l’accoglienza tipica del mondo femminile, non che i maschi ne siano privi, ma è una caratteristica peculiare della donna l’essere accogliente, ne è prova anche il corpo femminile quando accoglie il marito nell’intimità coniugale; ne è prova eccellente la maternità, il momento meraviglioso in cui la donna si fa accoglienza con tutta se stessa, momento delicato e sublime in cui la donna fa spazio dentro di sé, spazio che è simbolicamente riassunto nello spazio che il suo corpo crea ma che si dilata in ogni sua fibra. Ed è proprio questa esperienza della maternità che ci aiuta nel capire come fare spazio dentro di noi al Signore Gesù, dobbiamo imitare il corpo femminile che crea uno spazio dove prima sembrava che non ci fosse, eppure si crea ed è vitale.
Care sposi e care spose, imitiamo con tutto noi stessi l’accoglienza del Signore Gesù che Lidia ci insegna in questo brano degli Atti, non solo dobbiamo imparare a fare spazio dentro di noi per accogliere il nostro coniuge, ma, anche e soprattutto, affinché l’accoglienza dell’altro sia segno esteriore dell’accoglienza del Signore Gesù… accoglienza dimostrata con i fatti.
Coraggio sposi, Dio non si stanca di chiederci accoglienza nel nostro cuore, a volte lo fa attraverso lei/lui.
Giorgio e Valentina.