Salirai anche tu sul Golgota insieme a me.

SIMONA E ANDREA (ABRAMO E SARA)

Domenica 22 Gennaio ho avuto la possibilità di assistere ad un incontro tenuto nella chiesa di sant’Andrea delle fratte, una comunità che ha avuto la grazia di accogliere la mamma del beato Carlo Acutis. Sapete già che io sono devota di Carlo, e molte mie scelte di vita, che alla fine hanno coinvolto anche Andrea, le ho prese stando seduta nella chiesa della spogliazione ad Assisi.

Non è stato un semplice racconto della vita del figlio, ma piuttosto un accorato appello di una madre che esorta i propri figli a tornare al cuore dell’essenza della vita stessa: la preghiera. E’ stata una vera catechesi. Ci ha invitato a curare il dialogo a cuore aperto con Gesù. Come? Sostando davanti ai tabernacoli. Vi racconto le parti della riflessioni della mamma di Carlo che più mi sono rimaste impresse. Ci ho ritrovato alcuni passaggi che secondo me sono perfetti per aiutare le persone ad uscire dai propri sepolcri.

Prendete me ad esempio, come sapete ho impiegato del tempo per uscire dal dolore scaturito dall’impossibilità di avere un figlio biologico. Cosa facevo secondo voi? Piangevo. Perché è un dolore, è un lutto per la coppia. Ero un lamento continuo. Mi lamentavo H24. A Roma si dice che facevo sanguinare le orecchie al mio povero don Francesco per non parlare di mio marito Andrea. Il lamento perpetuo è stato da apripista per l’invidia, l’invidia nel vedere donne che riuscivano in pochissimo tempo dal matrimonio a rimanere incinte. Ripiegarmi sul mio dolore ha generato nel tempo un distacco, prima da Dio, e di conseguenza da Andrea. L’invidia, siatene consapevoli, è dentro di noi, Caino e Abele ce lo ricordano. Ma se ne esce con una sana confessione. A piccoli passi con l’aiuto di Dio tutti noi possiamo risanare noi stessi e i rapporti con chi abbiamo accanto. Provate. Uscite di casa e andate a confessarvi. Se il Padre ci ha concesso degli strumenti per aiutarci utilizziamoli. Sono gratis. Pensate quanto ci ama. Spesso quando mi lamentavo mi veniva risposto: ci sono cose peggiori nella vita. È vero. Questa cosa l’ho sperimentata e capita nel tempo. Prendiamo la mamma di Carlo. Le è morto un figlio nella maniera più dolorosa, perché la leucemia di grado M3 è dolorosa. Carlo è morto affrontando dei dolori fortissimi. Ecco. Mettete in relazione il dolore di Carlo, o anche uno dei vostri dolori, corporei o spirituali, con il dolore di un chiodo che viene martellato con forza nel corpo di Gesù. Chi sono io per lamentarmi H24 di una qualsiasi cosa che magari non mi è accaduta nella vita? Come posso rimanere nel mio divano di casa a piangere più del dovuto, quando ho ancora una vita che mi è stata data in dono? O magari mi nascondo dietro la mia pigrizia che si allea con la depressione per farmi vedere solo la parte negativa della mia vita?

Ecco perché la mamma di Carlo esorta a tornare in chiesa. Solo imparando a sostare davanti all’Altissimo si può crescere e guarire le nostre ferite. Partecipate alla Santa Messa. Nel suo discorso spiegava bene anche questo. Diceva che ovviamente nei nostri tempi moderni i sacrifici che ci chiede la Madonna, durante le apparizioni, sono proprio questi, sforzarci di essere presenti in chiesa. Sacrificarsi come Gesù che ha dato la vita per noi. Si è sacrificato per mantenere le sue promesse con noi. Ci aveva promesso che sarebbe stato sempre con noi, e la sua promessa l’ha mantenuta. Dove sta? Nel Tabernacolo. E ci sta aspettando.

Se ci pensate bene, per una coppia di sposi che è in perenne attesa di un figlio biologico, quel vuoto che uno prova è, al pari del Tabernacolo che è lì, nell’attesa che arrivi qualcuno a sostare in preghiera. Il grembo è paragonabile al Tabernacolo perché ci sono gravidanze che non sai mai quanto durano, un po’ come il tempo che dedichiamo in sosta in preghiera. È un miracolo di gioia arrivare ai nove mesi, un po’ come si sussulta di gioia quando vedi entrare i gruppi giovanili per l ‘adorazione per non parlare di famiglie al completo. Domenica la chiesa era piena anche di neo mamme, nonostante il freddo. Ed è stato bello. Viviamo una vita frenetica è vero, si corre sempre. Ad alcuni amici certe volte dico di farsi un planning che possa aiutarli nella preghiera. Deve esistere un giusto equilibrio tra la vita umana e spirituale. L’ascolto della testimonianza ci ha ispirato un nuovo progetto, sarà una bella sfida per il tempo della Quaresima, si chiama “40 giorni 40 tabernacoli”.

MARIANNA ED EMANUELE (UN CORPO MI HAI DATO)

La riflessione di Simona ed Andrea ci ha provocato alcuni pensieri che vorremmo condividere con tutti voi.

Tabernacolo. Il tabernacolo è grembo dell’Eucarestia, grembo della Vita, grembo dell’Umanità. Sempre gravido di amore per noi, pieno del desiderio di incontrarci. Sì a volte l’incontro non è come ce lo aspettiamo e, in fondo, forse, è molto di più. Davanti a quell’ostia consacrata impariamo il gusto profondo dell’attesa. Nel silenzio assordante che spazza via la frenesia delle nostre giornate, incontriamo, spogliati di tutto, la nostra nudità. E nella nudità facciamo spazio, lasciamo che il nostro cuore possa animarsi, palpitare di vita, battere al ritmo del cuore di Gesù. Un ritmo impercettibile inizialmente, uno sfarfallio, del tutto simile a quello che nell’utero ci rivela la presenza reale di una piccola creatura che sta crescendo. Una dolce presenza, annidata segretamente sotto la pelle, sotto la superficie. Noi mamme ci raggomitoliamo attorno a questa meraviglia, “ci sei davvero, allora” esclamiamo dentro, protendendoci per ascoltare nel profondo la rivelazione della vita.
Ci sei. E chi sei piccolo mio? Che odore avrai? Cosa è scritto nel tuo cuore? Quale sarà la tua missione? Leggo nelle trame nascoste del tuo arrivo una storia fatta di eternità, una storia che non si legge a parole, con la testa, con la logica. Una storia che si vive, che porta speranza, feconda oltre me. Io e te. Una cosa sola, eppure due. Tu sei stato fecondo oltre me. Mi hai insegnato che tutto è dono, lo sei stato tu con la tua silenziosa presenza che ha scardinato la mia vita e quella di papà. Lo sono stata io, o meglio ho imparato ad esserlo totalmente, per accoglierti, per fare spazio al tuo progetto. Il Suo sogno su di te, su di noi. Tu hai provocato noi, ci hai spinto avanti nella nostra vocazione di sposi. Una chiamata alla fecondità oltre noi, oltre il nostro limitato spazio. Tu hai trasfigurato il mio grembo da tomba di morte a sepolcro della risurrezione.. e non è questo forse il Tabernacolo? Un pezzo di pane, nascosto nel silenzio, per il mondo morto.. ma per l’anima vivo e traboccante di Grazia.

2 Pensieri su &Idquo;Salirai anche tu sul Golgota insieme a me.

  1. …ed ecco che, come al solito, si associano pigrizia e depressione. Negli ambienti cristiani, girala come vuoi, si va sempre a parare lì, alla “sgridata” contro chi ha problemi psicologici perché alla fine è sempre colpa sua. Tutti sempre con questo “ma devi aprirti agli altri”, come se fosse magia, quando invece è proprio quello il problema. Nell’accoglienza nei confronti di chi soffre.

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