Alla tua luce vediamo La Luce

Cari sposi,

nell’avanzare verso la Pasqua, dopo il tema dell’acqua viva che Gesù Cristo dona al credente in Lui, la Chiesa ci fa meditare sulla luce, o meglio, sull’illuminazione, perché altro non è che l’azione compiuta da Gesù affinché noi vediamo e siamo strappati dalle tenebre. Illuminazione che forma parte dei 7 segni che Gesù compie prima della sua morte. Che significato ha questo gesto per noi oggi?

Per prima cosa desta attenzione che sia proprio Gesù a prendere, inaspettatamente, l’iniziativa di guarire questa persona cieca, al contrario di quanto di solito accadeva. Questo per sottolineare che è sempre il Buon Pastore a cercarci e che quindi la grazia di Dio ha sempre il primato nella nostra vita. Dopo la guarigione, sarà però il cieco a incamminarsi verso Cristo e così a portare a pienezza la sua guarigione: dai gradini del tempio camminerà verso quell’acqua con l’impasto di fango e saliva che Gesù gli ha applicato sugli occhi. A parte forse la nostra istintiva ripugnanza a questo gesto, vi è un senso ben più profondo. La saliva difatti è la Sua Parola che si unisce ad un elemento corporeo, il fango, rimembranza della polvere della Genesi. Qui sta accadendo una sorte di nuova creazione, in cui Gesù, applicando la sua Parola onnipotente alla nostra povera polvere ci redime, ci rigenera, pure nelle nostre parti più brutte e dolorose. Ecco allora che la cecità è la cifra proprio della mia imperfezione e non pienezza di vita. Dinanzi ad essa possiamo ragionare da farisei e farcene un enorme senso di colpa, volendola allontanare, nascondere, sminuire, a noi ma soprattutto a chi ci sta accanto. Ma allora ciechi erano e rimarranno loro – e magari pure noi – se continueremo a stare inchiodati davanti al male e alle sue conseguenze, invece di domandarci: perché questa nostra insufficienza e incompiutezza? Un po’ come hanno fatto gli apostoli, domandando a Cristo il senso ultimo della cecità.

Gesù difatti risponde “perché siano manifestate le opere di Dio” e quindi anche la nostra incompiutezza ed imperfezione umana, nella misteriosa pedagogia divina, esiste perché Cristo possa da lì e non da altrove portarci alla Sua pienezza. Pienezza poi non è mai la perfezione ma vivere in Cristo, vivere con il Risorto e gioire della sua Presenza. Il cieco fa proprio questo cammino verso la pienezza, verso una piena conoscenza ed esperienza di Cristo, proprio come era accaduto domenica scorsa alla Samaritana. Il cieco nato acquista anzitutto la vista, e poi a poco a poco, progressivamente, cresce nella comprensione della realtà e di Chi questa realtà l’ha svelata. All’inizio il cieco nato pensa a Gesù come ad “un uomo”, ma del quale non sa nulla; poi però lo dichiara un “profeta”, poi ancora un “inviato di Dio”, ed infine lo riconosce come “Figlio dell’uomo” e “Signore”.

Dice al riguardo Papa Benedetto: “Infatti, la vita cristiana è una continua conformazione a Cristo, immagine dell’uomo nuovo, per giungere alla piena comunione con Dio. Il Signore Gesù è “la luce del mondo” (Gv 8,12), perché in Lui “risplende la conoscenza della gloria di Dio” (2 Cor 4,6) che continua a rivelare nella complessa trama della storia quale sia il senso dell’esistenza umana” (Angelus, 3 aprile 2011). Così cari sposi, mi auguro che accada nella vostra vita, in cui l’imperfezione è così spesso dilatata dalla continua convivenza e vicinanza. Possa essere, sulla scia del cieco nato, una via di illuminazione della Presenza di Cristo nella vostra relazione. Che il Signore vi conceda di vedere oltre il visibile ed oltre la vostra prospettiva.

ANTONIO E LUISA

E’ proprio così. La coppia perfetta è fatta da due imperfezioni capaci di accogliersi di perdonarsi. Proprio ieri Luisa mi ha amato nonostante io non fossi stato per nulla perfetto. Questo suo atteggiamento mi ha davvero fatto pensare all’amore di Dio. Lei mi ha accolto e basta senza misurare quanto le stavo dando. Ieri ho provato tantissima riconoscenza verso di lei per essere così come è e per Dio che me l’ha posta accanto.

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