La nostra speranza è nei cieli

Cari sposi,

            scrivo nel bel mezzo dell’alluvione che ha colpito la Romagna nei giorni scorso. Mi trovo con i miei famigliari mentre spaliamo fango e buttiamo via tante cose belle del nostro passato. Un fatto sconvolgente, che ti cambia la vita e lo sguardo su tutte le cose, ti fa sentire estremamente impotente quando pensavi che mai cose del genere sarebbero potute accadere a te. Meditando il Vangelo del giorno, riguardante l’Ascensione, la salita di Gesù con la sua persona intera al Cielo, non potevo non continuare a pensare al fango che si è insinuato ovunque e che porto ancora sotto le unghie.

Il Cielo, la vita eterna, la comunione con Gesù e i santi… quanto poco medito su questa realtà oggettiva e vera! Ma mentre buttavo via, con un nodo in gola, ricordi di famiglia, libri di valore appartenuti ai nonni, oggetti che provengono da generazioni addietro mi chiedevo: dov’è la mia speranza? Dove ripongo il mio cuore? A quale certezza mi “attacco”? È così che questa solennità meravigliosa deve farci guardare sempre in alto. Non è affatto un caso che l’albero rovesciato, con le radici protese verso l’alto, affondate nella Trinità e il resto del tronco, con il diffuso fogliame, immerso nel mondo sia uno dei simboli più antichi della Chiesa e dei cristiani.

Cari sposi, questa festa è per voi in modo speciale, voi che vivete nel corpo la vostra chiamata nuziale e tramite quel corpo del coniuge siete chiamati ad andare in Cielo. Che belle parole usa Papa Francesco per esprimere questa verità: “Quella persona, con tutte le sue debolezze, è chiamata alla pienezza del Cielo. Là, completamente trasformata dalla risurrezione di Cristo, non esisteranno più le sue fragilità, le sue oscurità né le sue patologie. Là l’essere autentico di quella persona brillerà con tutta la sua potenza di bene e di bellezza. Questo altresì ci permette, in mezzo ai fastidi di questa terra, di contemplare quella persona con uno sguardo soprannaturale, alla luce della speranza, e attendere quella pienezza che un giorno riceverà nel Regno celeste, benché ora non sia visibile” (Amoris Laetitia 117).            

Che l’Ascensione di Gesù ridia vigore e slancio a questo sguardo profondamente verticale che dobbiamo avere sulla realtà che ci circonda, in modo che possiamo vedere ogni cosa che abbiamo e usiamo attraverso il prima della speranza cristiana.

ANTONIO E LUISA

Cosa ci dice l’Ascensione? Ci dice che non perderemo nulla di ciò che abbiamo qui, ma tutto sarà trasfigurato e reso pieno anche il nostro corpo. E il nostro matrimonio? Quello finirà perché non avrà più motivo di perdurare. Il matrimonio serve per amare Dio attraverso il coniuge. Nella vita eterna ameremo Dio direttamente. Ma resterà l’amore. L’amore sarà l’unico bagaglio che porteremo con noi nella vita eterna. Davvero possiamo pensare che i coniugi Quattrocchi, i coniugi Martin, Pietro e Gianna Beretta Molla, e tante altre coppie che hanno incarnato un amore matrimoniale stupendo poi non ne portino i segni anche nella vita eterna? Non ci credo. Di sicuro, più che una certezza è una speranza, resterà un’amicizia particolare. Sono sicuro, per quanto mi riguarda, che Luisa avrà un posto speciale nel mio cuore anche in Paradiso. Tutto quello che ho costruito con lei in questa vita non si cancella, non si resetta. Tutti i gesti di tenerezza, di cura, di intimità, di perdono, di ascolto, di presenza, di condivisione di gioie e dolori, tutte queste esperienze restano impresse in modo indelebile nel mio cuore. Il giorno della mia morte lascerò tutto qui in questa vita. Nella mia valigia porterò solo il mio cuore, l’amore dato e ricevuto e lei ne è parte integrante. Sono sicuro che il giorno del nostro matrimonio, il 29 giugno 2002, è iniziato un amore che durerà per sempre. 

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