Recentemente una donna mi ha posto questa domanda: “Mi sono separata e successivamente ho conosciuto un uomo bravo, che mi riempie di attenzioni, che sa stare con i figli e che non lascerei per niente al mondo. Se fosse capitato a te, avresti rinunciato a tutto questo?”.
È una domanda simile a tante altre e che si può riassumere così: “Per quale motivo dovrei rinunciare a un qualcosa che io reputo bello, buono e che mi fa stare bene?”. Sinceramente è una domanda che mi sono fatto anch’io diverse volte, durante i vari anni e che deve trovare una risposta non banale, non superficiale o dettata da un sentimento momentaneo.
Innanzitutto, la parola rinunciare la percepisco come una nota stonata su una scelta di tutta una vita, perché mi richiama alla mente un qualcosa di negativo: è vero, ora siamo in Quaresima e siamo chiamati a fare qualche rinuncia, un fioretto, qualcosa che ci richiede un piccolo sacrificio; c’è chi rinuncia ai dolci, chi a Instagram o a qualche vizio, per togliere tutto quello che ci appesantisce nel cammino e che ci porta lontano da Quello che realmente conta.
Tuttavia si tratta di un periodo ben preciso e limitato, quaranta giorni, appunto, non mesi, anni o tutta la vita. Ritengo infatti che fare una scelta di vita e percepirla come una rinuncia, non può essere sostenibile o comunque mette già in conto numerose cadute o momenti in cui, per vari motivi (come stanchezza, stress, problemi vari), il vaso sarà talmente colmo da farci perdere il controllo.
Inoltre, non tutto quello che noi percepiamo come bene e bello, è effettivamente così, basti banalmente pensare ad esempio a chi fuma o a chi esagera nel bere: c’è qualcosa di piacevole che ci attira, ma alla fine il ritorno non è positivo per il nostro corpo; per questo motivo esistono il Vangelo e i comandamenti, per farci capire cosa è giusto e buono.
Specialmente all’inizio, quando mi sono separato a 37 anni, non avrei avuto difficoltà a trovare una ragazza, perché, anche se non ero interessato a frequentare altre persone, ho ricevuto delle proposte esplicite e mi sarei potuto “divertire”, secondo come la pensa il mondo.
Sarei un ipocrita se negassi di aver fantasticato a volte su quella che potrebbe essere stata la mia vita “se avessi accettato”, “se fossi uscito”, magari a quest’ora mi sarei trovato anche con altri figli; tuttavia, puntualmente, arrivo alla conclusione che non ho rinunciato a niente, ho solo scelto una strada, quella che reputo migliore, perché, anche dopo notti di passione, mi sarei comunque ritrovato solo con me stesso a domandarmi: “sto facendo una cosa giusta, cos’è davvero l’Amore, perché viviamo, perché accadono le cose, qual è lo scopo della vita e davvero con la morte finisce tutto?” (tralasciando poi il fatto che il mio benessere/egoismo sarebbe stato in contrasto con il bene delle figlie che hanno bisogno solo di un papà e di una mamma).
Aggiungo poi che, frequentando persone divorziate riaccompagnate o risposate, non è tutto oro quello che luccica: ci sono sempre difficoltà da superare, litigi e situazioni davvero complesse da gestire quando convivono figli delle precedenti relazioni e a volte anche quelli della nuova unione. San Francesco all’inizio amava i vestiti belli, trascorreva le giornate con gli amici, tra feste e divertimenti, desiderava diventare cavaliere, ma ad un certo punto “ha rinunciato” a tutto questo, o meglio, ha capito che non era la strada migliore da percorrere in questa vita per arrivare alla Vera pace, la perfetta letizia.
Se non si fosse spogliato dei suoi abiti, avremmo avuto un mercante in più e invece, grazie a lui, abbiamo avuto un benefattore dell’umanità che ha stravolto la chiesa di allora, con frutti numerosissimi ancora oggi, tanto da farlo diventare Patrono d’Italia, altro che mercante!
Scoprire che posso amare tante donne come sorelle senza andare oltre un abbraccio e che posso considerare i bambini che incontro come figli miei, anche se non li ho generati fisicamente, ha fatto si che la mia vita abbia preso una svolta inaspettata anche per me, dove anche la castità non è una rinuncia, ma un amare diversamente, a 360 gradi, senza barriere e confini di nessun tipo.
La croce, infatti, non è una scelta masochistica o da pazzi come molti credono, ma un abbassarsi per dare la vita, per servire e per amare ancora più intensamente: mi rendo conto che non è facile capirlo, ma se nostro Signore, Creatore di tutto, è venuto sulla Terra, non per essere servito e riverito, ma per morire per noi, allora significa che quella è la strada giusta. Credo non solo alla promessa che ho fatto a mia moglie, ma soprattutto a quella che ho fatto a Dio, cioè quella di esserGli fedele per tutta la mia vita, indipendentemente da quello che accade.
Dentro di me sento che sto facendo del bene a me stesso e alle persone che mi stanno intorno, a cominciare dalle figlie (e lo vedo dai numerosi frutti in questi dieci anni); infine credo sia evidente a tutti quanto i tradimenti, le separazioni e i divorzi influiscano sulla società in cui viviamo, dove alla base della violenza, spesso ci sono comportamenti che vanno contro la famiglia, cellula della comunità, formata da uomo/donna che rappresentano insieme il volto con cui Dio ha scelto di mostrarsi fin dall’inizio.
Ettore Leandri (Presidente Fraternità Sposi per Sempre)
Grazie!
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Se la “rinuncia” (come la intende il mondo) è un bene per i nostri figli, allora è solo fonte di gioia. Ci sono anche persone che non sanno stare da sole, come dice don Fabio Rosini, ma se la solitudine è abitata dal Signore, non è più solitudine.
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Onestamenta leggere questi articoli mi mette tanta tristezza…
Sono felicemente sposato, ma ritengo che imporre un “pensiero unico” sulle opzioni dopo un matrimonio finito (spero siate d’accordo almeno sul fatto che possa accadere di sbagliare…) mi sembra assolutamente fuori luogo, deprimente brutto… agghiacciante …..
Anche perche’ ci sono seconde nozze molto riuscite …che quindi sconfessano la tesi secondo cui non ci si debba sposare nuovamente, detto cio’ solo la chiesa cattolica impone un peso del genere dopo un matrimonio non andato bene…. anche gli ortodossi sono piu’ misericordiosi.
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Ettore vedi è perfetto per raccontare questa situazione. Perché la vive e racconta in prima persona la sua scelta senza imporre nulla a nessuno. Se tu la vivi come giudicante mi spiace ma è una scelta che sicuramente crea scandalo e tocca le coscienze. Questo forse non è così negativo. Poi se uno si sente sereno facendo un’altra scelta sono felice per lui e auguro lui il meglio.
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Ciao, puoi cercare statistiche o chiedere a psicologi, tutti ti diranno che le seconde nozze hanno un tasso di fallimento decisamente superiore alle prime nozze. Inoltre non si tratta di un “pensiero unico”, è un atto di fede, puoi credere o no, liberissimo di farlo, ma Gesù non avrebbe potuto essere più chiaro sul matrimonio che è una vocazione, di pari dignità e complementare al sacerdozio. Non è un peso, ma una Grazia, perchè tutto concorre al bene…..buone cose!
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Non trovo giusto paragonare una nuova relazione amorosa al divertirsi con varie avventure, al fumare, al bere…siamo su piani diversi.
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Credo che la questione sia molto complessa. Pensiamo, ad esempio, ai matrimoni finiti a causa di violenze subite e/o perpetrate all’interno della coppia…credo che il desiderio di felicità da parte di chi ha subìto violenza sia legittimo, anche se questo significa venir meno alla promessa fatta in origine nel Sacramento.
Capisco, ad ogni modo, il punto di vista di Ettore. Lui ha semplicemente riportato la sua testimonianza per dimostrare come, in Dio, anche la sofferenza dovuta a un abbandono si possa trasformare. Poi, è chiaro che purtroppo non è sempre così.
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Parole sante, in cui credo.
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