Cari sposi, uno dei ricordi più forti del grande Giubileo del 2000 per me, oltre all’indimenticabile veglia di Tor Vergata, è stata la commemorazione dei martiri della fede del XX secolo al Colosseo. Il testo che faceva da sfondo all’evento fu proprio quello del chicco di grano, come lo è anche nell’odierna liturgia.
In occasione di questo incontro con pellegrini di origine greca, venuti anch’essi a Gerusalemme per la Pasqua, Gesù utilizza un’immagine mutuata dal mondo agricolo per esprimere una logica di fede nuova: la morte che prepara una nuova vita.
Questa logica ben si adatta alla vita sponsale ed in essa troviamo le tre “effe”. La prima è FEDELTA’. La fedeltà sponsale è appunto promettere di “esserti fedele sempre, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, e di amarti e onorarti tutti i giorni della mia vita”.
Questa fedeltà implica morire a sé stessi, rinunciare a qualcosa di noi, a volte buono, a volte meno buono, ma in definitiva che mi porta a crescere nella disponibilità e nella donazione reciproca. Nella mia vita sacerdotale ho visto persone trasfigurarsi con il matrimonio, diventare davvero migliori e più mature. Ma questo sempre è costato loro abbandonarsi all’Amore e lasciarsi “potare”.
Quello che sempre mi ha colpito del matrimonio è che non si fonda su rinunce perché esso si fonda su un costante “darsi e riceversi” (Catechismo 1626) e quindi nella misura in cui mi dono, ricevo anche e cresco come persona.
Il dono di sé, la fedeltà nell’amore fino alla rinuncia, apre la via alla FECONDITA’ e quindi ai frutti di bene che la nostra unione produce, sotto la spinta dello Spirito Santo. È questa la Gloria di cui parla Gesù. Egli ha un attimo di turbamento pensando all’imminente Passione ma sa anche che sarà feconda e darà Gloria al Padre. Così anche voi sposi, nella misura in cui vivete una fedeltà combattuta, incerottata e illividita per quanto vi è costata, sapete comunque che essa darà frutto secondo i piani di Dio, senza alcuna ombra di dubbio.
Da ultimo tutto ciò porta ad una conseguenza ineludibile, la terza effe: FELICITA’, ossia la gioia cristiana, uno dei frutti dello Spirito, segno della presenza di Dio in noi, anche in mezzo alle prove della vita. La gioia di aver dato tutto, di non essersi risparmiati nulla, di appartenere completamente a Cristo.
Cari sposi, Gesù oggi ci apre la strada per vivere anche noi questo percorso che, tramite il Calvario, porta diritto alla luce della Risurrezione. Lasciamoci guidare e corrispondiamo generosamente allo Sposo che ci invita.
ANTONIO E LUISA
La felicità cristiana non è una gioia vuota. Non viene da un’euforia effimera. Non viene dall’avere tutto e dal non avere problemi e preoccupazioni. La gioia cristiana viene dal dono. Noi siamo fatti a immagine e somiglianza di Dio che è relazione d’amore tra le tre Persone. La gioia viene nel morire per l’altro. Viene dal dare tutto. Perchè dando tutto troviamo Dio e il senso della nostra vita. Questo l’abbiamo capito non solo ascoltando delle catechesi ma soprattutto facendone esperienza.
Grazie!
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Grazie, grazie, grazie!!
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Dare tutto e non ricevere niente…
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