La Divina Misericordia nelle relazioni familiari

Domenica sarà un giorno speciale: quello dedicato alla Divina Misericordia. Di che cosa si tratta esattamente? E che rapporto c’è tra essa e le relazioni familiari, tra coniugi e con i figli?

Innanzitutto è importante dire che la Divina Misericordia è considerata – come si recita nelle litanie stesse – “il massimo attributo della divinità”: questo significa, l’abbiamo appena sperimentato nella Resurrezione, che il Signore non è solo giusto giudice ma è anche un Dio che perdona chiunque si penta dei propri peccati, riconosca i suoi sbagli e ritorni a Lui con cuore pentito. Diciamo la verità: se Gesù non fosse stato misericordioso come avrebbe potuto dire “Padre perdona loro, perché non sanno quello che fanno” (Lc 23,34), all’apice delle sofferenze fisiche e morali, straziato e appeso al legno della croce? Egli ci ha lasciato un esempio grandissimo e rivoluzionario, capace non solo di superare la cosiddetta legge del taglione – occhio per occhio, dente per dente – ma di offrire uno sguardo nuovo sui rapporti tra noi e tra noi con Dio.

La Chiesa, nella prima domenica dopo la Santa Pasqua, ci invia a riflettere sul mistero della misericordia: per noi adesso, concretamente, che cosa significa festeggiare e onorare la Divina Misericordia? Che cosa può aiutarci nel comprendere, prima, e nel mettere in pratica, poi, l’invito di Gesù:siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso” (Lc 6,36)? Ci sono due componenti che dobbiamo essere capaci di fondere insieme: quella liturgico-spirituale e quella affettivo-familiare. Per penetrare con il cuore questa caratteristica unica del nostro Dio – distante anni luce dalle logiche umane, di ieri come di oggi – è fondamentale sapere, o ricordare, che oltre agli accenni evangelici tutto ciò che ruota attorno alla Divina Misericordia è stato rivelato da Gesù a Faustina Kowalska, santa suora polacca vissuta agli inizi del Novecento e universalmente nota come “apostola” della misericordia. Capiamo la portata di questa manifestazione? È Dio stesso che ha desiderato svelarci le fattezze del Suo volto, donandoci la bellissima preghiera della Coroncina e indicandoci le tre del pomeriggio come “ora della misericordia”, per ricordarci il momento esatto in cui Cristo spirò.

Disse Gesù a Santa Faustina: “Desidero che la festa della Misericordia sia di riparo e rifugio per tutte le anime, e specialmente per i poveri peccatori (…) riverserò tutto un mare di grazie sulle anime che si avvicinano alla sorgente della Mia Misericordia. L’anima che si accosta alla confessione ed alla Santa Comunione riceve il perdono totale delle colpe e delle pene. In quel giorno sono aperti tutti i canali attraverso i quali scorrono le grazie Divine. Nessuna anima abbia paura di accostarsi a Me, anche se i suoi peccati fossero come lo scarlatto” (Diario, 699). Riveló anche: “La sorgente della mia Misericordia venne spalancata dalla lancia sulla croce per tutte le anime; non ho escluso nessuno” (Diario, 1182). E ancora: “L’umanità non troverà pace finché non si rivolgerà con fiducia alla Mia Misericordia” (Diario 300).

Come detto prima, però, oltre alla conoscenza ed alla pratica nella preghiera è necessario essere in grado di trasformare in vita gli inviti ricevuti, a proposito dei quali è sempre Gesù che ne ha indicato la via: “Devi mostrare Misericordia sempre e ovunque verso il prossimo; non puoi esimerti da questo, né rifiutarti né giustificarti. Ti sottopongo tre modi per dimostrare Misericordia verso il prossimo: il primo è l’azione, il secondo è la parola, il terzo la preghiera. In questi tre gradi è racchiusa la pienezza della Misericordia ed è una dimostrazione irrefutabile dell’amore verso di Me. In questo modo l’anima esalta e rende culto alla Mia Misericordia” (Diario, 742).

Ecco dunque che il Cielo ci ha fornito sia la ricetta che il farmaco: essere misericordiosi verso il coniuge, i figli o chiunque entri in relazione con noi significa guardare oltre la pagliuzza che c’è nei loro occhi, oltre i difetti, le povertà materiali o spirituali e al di là delle mancanze o delle leggerezze perché in essi c’è innanzitutto una persona voluta e amata da Dio. Non possiamo invocare la misericordia e poi essere i primi tiranni, i primi accusatori, i primi giudici degli altri! Approcciarsi alle persone in questo modo non significa solo tradurre nella pratica il comandamento dell’amore ma provare ad amare Dio nella maniera che Lui stesso ha voluto.

La misericordia, attenzione, non è un premio vinto una volta per tutte ma un percorso, una scelta da compiersi ogni giorno e nessuno può dirsi esperto né arrivato perché le relazioni, a volte, mettono a dura prova; la cosa importante è non lasciarsi abbattere ma vincere quotidianamente pigrizia e mentalità dominante per amare e lasciarsi amare, sentirsi perdonati e sforzarsi di perdonare. Guardare al marito, alla moglie, ai genitori, ai figli, ai parenti, agli amici o ai colleghi con gli occhi della misericordia, allora, non vuol dire essere illusi, disincantati e disposti a subire passivamente offese o soprusi ma provare ad andare al di là della scorza puramente umana per scorgere l’anelito divino e la bontà che Dio ha posto nel fondo del cuore di ciascuno di noi. Solo così potremo essere veramente coerenti con quanto pronunciamo nel Padre Nostro: “rimetti a noi i nostri debiti come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori”.

Che bellezza, che grandezza, che sconcertante modernità l’amore misericordioso di Gesù! Altro che favolette per deboli … questa sì che è roba forte! Preghiamo, quindi, di essere capaci di accogliere e vivere questo messaggio straordinario ed essere pronti ad unirci, con le labbra ma soprattutto con il cuore, al coro che inneggia: “Misericordias Domini in aetenum cantabo!”.

Fabrizia Perrachon

Lascia un commento