Oggi il Vangelo ci interroga tantissimo. Interroga tutti i credenti ma in particolare noi che siamo genitori. Viene raccontata la presentazione di Gesù al Tempio.
Giuseppe e Maria portarono il bambino a Gerusalemme per offrirlo al Signore. Questo era un rito prescritto all’epoca. Era prescritto per il primogenito. Questa usanza risaliva al tempo di Mosé. Ricordate quando i figli primogeniti degli egiziani vennero uccisi dall’angelo del Signore mentre quelli degli ebrei no? Da allora gli ebrei riconoscono il primogenito come dono del Signore ed è come se lo restituissero a Lui. Per riscattarlo poi con l’offerta in sacrificio di una coppia di tortore o di giovani colombi, come prescrive la Legge del Signore. Gli ebrei riconoscono che il figlio appartiene a Dio.
Questo testo va letto alla luce di un’altra storia biblica di famiglia, di rapporto tra genitori e figli. In particolare tra padre e figlio. Mi riferisco alla storia di Abramo e di Isacco. Abramo per diventare padre fecondo, padre autentico ha dovuto offrire il proprio figlio a Dio. Ha dovuto trovare la forza di uccidere il figlio. Ucciderlo nel possesso. Isacco non era suo figlio ma era prima di ogni altra cosa di Dio. E il sacrificio che Abramo era pronto a portare a termine esprime proprio questo salto di qualità a cui noi tutti genitori siamo chiamati.
Cosa possiamo imparare noi genitori? I figli non sono nostri! Soprattutto non dipende da loro la nostra felicità. Ci sono alcuni pericoli da disinnescare.
È importante non trasferire sui nostri figli il nostro bisogno di attenzione e affetto. C’è il rischio reale di compromettere vari aspetti, tra cui il nostro matrimonio e la capacità dei nostri figli di distaccarsi da noi quando sarà il momento di formare una loro famiglia. Dobbiamo permettere loro di affrontare quel difficile ma necessario processo di individuazione. Smorzare il nostro coinvolgimento e consentire loro di trovare il proprio percorso. Questo non significa non amarli, ma farlo nel modo più appropriato. Il mio ruolo di coniuge implica anzitutto amare mia moglie, così come la vocazione di mia moglie implica anzitutto amarmi. I nostri figli sono frutto dell’amore che ci unisce. Pertanto, è sbagliato trascurare l’amore coniugale e la relazione di coppia per concentrarsi quasi esclusivamente sul ruolo genitoriale. Questo non significa che l’amore per i figli sia meno importante o venga in secondo piano. Al contrario, i nostri figli hanno bisogno di percepire non solo l’amore diretto dei singoli genitori, ma anche di cogliere l’amore che essi provano l’uno per l’altro, poiché i figli sono il frutto di quell’amore. È un grave errore per i coniugi smettere di trovare momenti di intimità, dialogo e mutuo sostegno, magari anche di fare l’amore. Ci rendiamo conto della fatica, specialmente avendo noi quattro figli nati a breve distanza l’uno dall’altro, ma non possiamo trascurare il nostro legame coniugale. Ci prendiamo cura di tante cose anche quando siamo stanchi, quindi perché trascurare la nostra relazione, che dovrebbe essere la priorità? Alla fine, i nodi vengono al pettine.
Accogliere i nostri figli con amore e comprensione. Luisa, insegnante, conosce bene le dinamiche delicate legate alla valutazione degli alunni e alla necessità di redigere note disciplinari. Tuttavia, si trova spesso di fronte alla reazione dei genitori, che faticano ad accettare critiche o giudizi negativi nei confronti dei propri figli. È comprensibile che questi genitori si sentano coinvolti personalmente nell’errore dei loro figli, ma è importante comprendere che questo approccio non è costruttivo. I nostri figli hanno bisogno di sentirsi amati incondizionatamente, altrimenti rischiano di associare l’amore genitoriale al proprio comportamento o ai propri risultati, generando un senso di mancanza e inadeguatezza. Dobbiamo imparare a gestire le nostre aspettative e a accogliere i nostri figli per ciò che sono, senza condizionare il nostro amore alle loro azioni. È cruciale guidarli e sostenerli lungo il cammino della crescita, evidenziando i loro errori ma evitando di identificare la loro persona con tali sbagli. Inoltre, non è giusto far pesare loro la responsabilità della nostra infelicità, poiché i nostri figli devono già affrontare le sfide proprie della vita senza aggiungere il peso del nostro malessere.
Antonio e Luisa
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