Quanto è difficile l’obbedienza!

Dalla lettera agli Ebrei (Eb 5,1-10) Fratelli, ogni sommo sacerdote è scelto fra gli uomini e per il bene degli uomini viene costituito tale nelle cose che riguardano Dio, per offrire doni e sacrifici per i peccati. Egli è in grado di sentire giusta compassione per quelli che sono nell’ignoranza e nell’errore, essendo anche lui rivestito di debolezza. A causa di questa egli deve offrire sacrifici per i peccati anche per se stesso, come fa per il popolo. Nessuno attribuisce a se stesso questo onore, se non chi è chiamato da Dio, come Aronne. Nello stesso modo Cristo non attribuì a se stesso la gloria di sommo sacerdote, ma colui che gli disse: «Tu sei mio figlio, oggi ti ho generato», gliela conferì come è detto in un altro passo : «Tu sei sacerdote per sempre, secondo l’ordine di Melchìsedek». Nei giorni della sua vita terrena egli offrì preghiere e suppliche, con forti grida e lacrime, a Dio che poteva salvarlo da morte e, per il suo pieno abbandono a lui, venne esaudito. Pur essendo Figlio, imparò l’obbedienza da ciò che patì e, reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono, essendo stato proclamato da Dio sommo sacerdote secondo l’ordine di Melchìsedek.

Continuano le letture che ci raccontano Gesù, un po’ come quando prima facciamo un regalo e poi ne spieghiamo i pregi affinché chi lo riceve possa goderne appieno… similmente la Chiesa, subito dopo il Natale, continua a spiegarci chi è Gesù mettendone in rilievo ora un particolare ora un altro. Di sicuro il tema centrale della Lettera agli Ebrei è quello di Gesù sommo sacerdote, ma in questo brano scorgiamo alcuni particolari. All’inizio del brano S. Paolo ricorda agli Ebrei, che già conoscevano molto bene la figura del sommo sacerdote, come quest’ultimo sia in grado di sentire giusta compassione in quanto anch’egli uomo… ebbene se ne è capace il sommo sacerdote figuriamoci se non ne è capace il vero ed eterno sommo sacerdote.

Cari sposi, quando ci rapportiamo con Gesù non dobbiamo pensare che siccome Lui è Dio ci debba esaudire punto e basta. Tante volte, per la verità quasi tutte, quando raccontiamo le nostre tribolazioni ad una persona amica non ci aspettiamo innanzitutto che essa ci dia una soluzione ai nostri problemi, ci basta che ci ascolti, poi magari potrà capitare che ci aiuti nello sbrigare tanti nodi aggrovigliati, ma come situazione primaria chiediamo almeno l’accoglienza dell’ascolto… e spesso ci congediamo dall’altro più leggeri, rincuorati e incoraggiati, spronati nell’affrontare le varie vicissitudini sicuri della comprensione dell’amico.

Ecco con quale spirito dobbiamo innanzitutto accostarci a Gesù, come faremmo con quella persona amica, sicuri che in Lui troviamo qualcuno che ci ascolti nel profondo, qualcuno che sappia usare compassione e comprenda la nostra fatica perché anche Lui ha la nostra stessa natura, se ne intende di dolori e fatiche, S. Paolo stesso ci ricorda che patì. Cari sposi, il momento migliore per parlarGli è quello della Santa Comunione eucaristica, e dobbiamo avere questo colloquio intimo singolarmente, ma nulla vieta che poi i due sposi si ritrovino in un altro momento per parlare cuore a cuore con Gesù.

Un altro particolare che intendiamo evidenziare è la parte finale del brano : Pur essendo Figlio, imparò l’obbedienza da ciò che patì e, reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono, […] . In questa frase è riassunta bene la verità che in Gesù coesistono le due nature, quella umana e quella divina, ognuna piena al 100%. Infatti scrive Figlio con la maiuscola e anche nel resto del brano è esplicitato che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, ma qui aggiunge che pur essendo Figlio, cioè Dio per natura, tuttavia aveva qualcosa da imparare come uomo. Ed ha imparato l’obbedienza, una virtù oggi più che mai disattesa e sottovalutata anche in casa cristiana. Quante volte abbiamo disubbidito come sposi ai comandi del Signore? Quante volte abbiamo disubbidito come genitori? E come fidanzati com’è andata? Ognuno ha le proprie risposte, quello che è certo è che dietro ad ogni obbedienza c’è una fatica più o meno grande a seconda di quanto ci è stato chiesto, è duro ammettere che stiamo sbagliando, è duro piegare le nostre inclinazioni, le nostre tendenze, la nostra volontà alla volontà di un Altro… ma dietro ad ogni fatica c’è una ricompensa, e la nostra ricompensa è la salvezza. Dio non ci chiede mai nulla che non sia per il nostro bene.

Finché siamo convinti che la vita sia tutta qui non metteremo mai mano alla nostra conversione per imparare ad obbedire, perché la vita eterna resterà in secondo piano, alla stregua di una pia illusione. Quanto più cominciamo a capire che questa vita è una prova, anche di obbedienza, allora la prenderemo sul serio e cominceremo ad obbedire, all’inizio solo per essere salvati; ma è man mano che si progredisce nella virtù dell’obbedienza che si capisce come la salvezza sia già presente dentro l’opera e dentro i frutti della obbedienza stessa perché l’obbedienza conduce sempre al bene.

Coraggio sposi, anche Gesù è stato esaudito, ma ha dovuto sudarselo, Lui che era perfetto, non vedo perché noi dovremmo avere la vita eterna a basso prezzo.

Giorgio e Valentina.

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