Dalla prima lettera di san Pietro apostolo (1 Pt 5,5b-14) Carissimi, rivestitevi tutti di umiltà gli uni verso gli altri, perché Dio resiste ai superbi, ma dà grazia agli umili. Umiliatevi dunque sotto la potente mano di Dio, affinché vi esalti al tempo opportuno, riversando su di lui ogni vostra preoccupazione, perché egli ha cura di voi. Siate sobri, vegliate. Il vostro nemico, il diavolo, come leone ruggente va in giro cercando chi divorare. Resistetegli saldi nella fede, sapendo che le medesime sofferenze sono imposte ai vostri fratelli sparsi per il mondo. […]
Oggi ci viene proposto quello spezzone della prima lettera di Pietro nella quale viene citato l’evangelista Marco, perché oggi cade proprio la sua festa, è come se la Chiesa volesse ricordarci che l’evangelista Marco non è uno che si è alzato una mattina con la strampalata idea di scrivere un Vangelo, ma è uno che ha vissuto fianco a fianco con S. Pietro, praticamente è stato il suo segretario per tanto tempo… come a dire che il Vangelo di S. Marco non è nient’altro che una raccolta ordinata delle prediche di S. Pietro.
Se in apparenza questo ci sembra un dato di poco conto, in realtà, ci aiuta a comprendere come davvero la nostra fede sia fondata sulla predicazione apostolica sia orale che scritta; ed è proprio così che “funziona” la trasmissione della fede, non è un fulmine a ciel sereno, essa ha bisogno di umanità, necessità di incontri, di volti, di testimonianze, di rapporti veri dentro un’ amicizia bella.
E qual è il rapporto più prossimo a noi per trasmettere e vivere una vita impastata di fede concreta? Naturalmente il matrimonio, anzi, il sacramento del matrimonio. Va specificato, perché il matrimonio da solo non ce la fa, presto o tardi si scontra con le bassezze umane, per vivere questa trasmissione della fede è necessaria la Grazia, e il luogo dove si incontra la Grazia nell’esperienza cristiana si chiama sacramento.
Le poche parole su cui ci soffermiamo oggi sono le seguenti: “[…] riversando su di lui ogni vostra preoccupazione, perché egli ha cura di voi. Siate sobri, vegliate.” Sono parole accorate di Pietro, il quale vuole incoraggiare e irrobustire la fede delle varie comunità a cui sta scrivendo. Probabilmente sta parlando delle preoccupazioni che questi fratelli nutrivano per le persecuzioni nei loro confronti, o comunque cercava di dare risposte alle varie circostanze che giungevano ai suoi orecchi da vari messaggeri.
Se non viviamo la nostra figliolanza divina, finisce che restiamo intorcigliati nella faccende di questo mondo, come succede ad una mosca che non riesce più a liberarsi dalla ragnatela nella quale si è impigliata… pensiamo, sbrighiamo faccende, ci diamo da fare, ci affaccendiamo per cose di poco conto, ci arrabbiamo se non tutto procede secondo i nostri piani… praticamente viviamo come se tutto dipendesse da noi. E qui sta il problema: siccome noi avvertiamo la nostra limitatezza, ne avvertiamo la fragilità, ci scontriamo giorno dopo giorno con la nostra incapacità a stare dietro a tutto, sbattiamo continuamente contro il muro dei nostri limiti, della nostra incapacità di avere tutto sotto controllo – perché qualcosa inevitabilmente sfugge al nostro controllo – … avvertiamo di non avere il pieno controllo, e questo ci disorienta, ci lascia un senso di incompiutezza, e così nascono le ansie, le paure, gli attacchi di panico.
Quando siamo pre-occupati significa che ci occupiamo prima di una realtà senza viverla ancora, significa che il cuore sta già lavorando dentro quella realtà prima che essa diventi reale avvenimento che ci interpella, ma questo è angosciante proprio perché mette in moto tutti quei meccanismi di cui sopra… col cuore viviamo già quella – probabile – realtà ma avvertiamo di non poter controllare nemmeno il futuro. Che fare dunque?
Bisogna tornare come bambini, e i bambini che realtà vivono? Quella di essere figli, di appartenere ad un papà e ad una mamma, e non conoscono l’ansia del non controllo, perché lasciano il controllo a papà e mamma. Anche noi sposi dobbiamo imitare questo modo di vivere dei bambini, dobbiamo riscoprire la nostra figliolanza divina: se abbiamo un Creatore che è un padre, o meglio, che è Il Padre – non un padre qualunque – e ci conosce nelle nostre fibre più intime perché le ha pensate Lui, quale padre lascerebbe un bimbo in balìa dei pericoli del mondo che lo circonda?
Cari sposi, nella vita matrimoniale non mancano tempi difficili e duri, tempi in cui la nostra figliolanza divina – dono del Battesimo – è messa a dura prova, ma Pietro ci assicura di riversare in Dio ogni nostra preoccupazione affinché essa non ci soffochi il cuore, se infatti abbiamo fiducia nel Padre abbiamo la certezza che Lui avrà cura di noi. Ce lo assicura questa Parola: Egli avrà cura di noi.
Lo sposo e la sposa sono l’uno per l’altra questa manifestazione nella carne della cura di Dio, coraggio allora, cari sposi, il Signore ha talmente fiducia di noi che ci fa Suoi vicari della Sua cura presso il nostro coniuge. Chi si affida a Lui non rimane mai deluso, coraggio!
Giorgio e Valentina.
Bello, grazie!
"Mi piace"Piace a 1 persona