Siamo sposi e nel nostro blog raccontiamo la bellezza del sacramento del matrimonio e le fatiche e le gioie di questa relazione tanto bella e impegnativa. Siamo però consapevoli della bellezza e dell’importanza anche della vocazione sacerdotale e religiosa e siamo grati a Dio per averci messo accanto sacerdoti e religiosi che sono stati fondamentali per la nostra crescita umana e spirituale. A tutti loro va il nostro grazie. Ora due brevi riflessioni dedicate a loro.
Livia Carendente
Ne ho conosciuti tanti, diversi per indole, per carismi, per caratteri e caratteristiche. A loro, a ciascuno di loro, devo la mia storia di conversione (non terminata, ovviamente). I sacerdoti sono un dono prezioso; una sorgente da cui attingere, senza orari, stagioni, condizioni particolari. Sempre lì, a disposizione di chi necessita, nella loro infinita umanità. Dunque sono più o meno simpatici anche loro, più o meno frettolosi anche loro, più o meno sorridenti anche loro. Ma ci sono. E già il loro esserci è grazia.
Forse non ci soffermiamo abbastanza sulla scelta di chi decide di offrire il proprio si, la propria vita, affinchè a me ed a te non manchi: sostegno nelle ore buie, conciliazione quando siamo nel peccato, ristoro se difettiamo del necessario, benedizione nella fragilità e soprattutto Eucarestia. Cosa diventeremmo se non ci fossero i sacerdoti? Io, personalmente, sarei nulla. E se mancassero quelli che (poveretti) mi aiutano, costantemente, nel mio tentativo di cammino spirituale, non riuscirei neppure a distinguere le mele dalle pere, per intenderci.
Ricordo bene il giorno in cui ho incontrato il prete che mi avrebbe cambiato la vita. Le sue parole, lo sguardo d’amore, la conoscenza del Signore, mi riempirono talmente tanto il cuore da farmi scoppiare in un pianto di inadeguatezza. Piccola, mi sentivo piccola e indegna, dinanzi ad un amore così pieno, gratuito, rassicurante. Fu un incontro straordinario che aprì nel mio cuore, abituato a vivere come un monolocale, una serie di stanze gigantesche, riuscendo a trasformarlo in un castello accogliente che poteva finalmente ospitare tutti coloro che si trovassero di passaggio.
E’ stato un (altro) sacerdote a farmi scoprire che si può amare in taglie forti, e si può allargare le braccia a chiunque, senza distinzioni di alcun tipo, sgretolando tutte le etichette del mio bon ton arido e impolverato. E’ stato un (altro) sacerdote ad accogliermi quando ero distrutta dal dolore, incompreso dai più, ricordandomi dell’Amore che sana. E’ stato un (altro) sacerdote ad insegnarmi il senso della misericordia (che ancora non esercito in modo autentico) quando ho subito delle ingiustizie, arrestando la sete di vendetta ed educandomi a pregare per i miei nemici. E’ stato un (altro) sacerdote ad accompagnarmi nelle scelte difficili, quelle controcorrente; quelle che il mondo giudica illogiche, sconvenienti, disarmanti e che mi hanno fatto sentire così sola, un po’ folle, giudicata anche, ma che nel tempo – quello della preghiera- e nello spazio, – quello che il Signore estende ad ogni invocazione- mi hanno permesso invece di incontrare così da vicino il mio Signore. I sacerdoti sono ponti, scorciatoie, tramiti, salvagenti; sono la strada verso quell’infinito a cui tutti tendiamo, più o meno consapevolmente.
Antonio e Luisa
I sacerdoti non si bastano, come non ci bastiamo noi. Hanno bisogno, come noi sposi, di relazione, ma il senso della loro vita viene primariamente dalla relazione che hanno con Gesù. Una relazione che riempie il loro cuore e permette loro di donarsi alla comunità che la Chiesa affida loro. Noi sposi invece cosa possiamo insegnare ai consacrati? Noi mostriamo ai consacrati come essi possono amare Cristo e come
Cristo li ama. Guardando come noi sposi ci amiamo, possono capire tanto della loro sponsalità. Noi sposi diamo un volto all’amore di Dio. Almeno dovremmo provarci. Sicuramente ne abbiamo le capacità in quanto sostenuti dal sacramento. I consacrati ci indicano il fine della nostra vita, noi indichiamo loro il modo. Due vocazioni entrambe meravigliose. Il Signore ci ha dato doni diversi, affinché ognuno di noi possa rispondere alla sua chiamata all’amore. C’è un aneddoto riguardante San Giovanni Paolo II che evidenzia molto bene la relazione tra questi due sacramenti. Il card. Ersilio Tonini ha raccontato durante un’intervista al sito Pontifex:
So per certo che la pianeta con la quale Karol Wojtyla celebrò la sua prima Messa a Cracovia, nella cripta di San Leonardo, al Wawel, venne confezionata con i merletti e la stoffa dell’abito da sposa di sua madre. Quando mostrai privatamente al Papa il documento e la prova di quanto oggi affermo, lui, che forse non lo sapeva o lo taceva, si commosse profondamente. In quell’abito si nascondevano due sacramenti: il matrimonio e l’ordinazione sacerdotale. (Questa riflessione è tratta dal nostro libro Sposi profeti dell’amore – Tau Editrice)