Il matrimonio non aggiunge nulla? La testimonianza di Lucia

Molti credono che il matrimonio in Chiesa non porti “nulla di nuovo”: non serve, in quanto non aggiunge niente all’amore di una coppia. Certo, aggiunge poco o nulla se gli sposi non accolgono la presenza di Dio in loro, tra loro. Quel dono va fa fatto fruttare con fede, altrimenti resta un tesoro sepolto. Il punto è che il Signore non può amarci e arricchirci contro la nostra volontà. Se, però, “sposarsi in chiesa” diventa “sposarsi in Cristo” allora cambia tutto. Segue la testimonianza di Lucia, una storia molto delicata e travagliata che, però, ci dà tanta luce.

Sono Lucia e, da alcuni anni, sono seguita dal mio vescovo, un esorcista. Tutti i vescovi sono esorcisti, lo so, ma quello della mia diocesi ha accolto il ministero, lo pratica, e mi sta aiutando a guarire da una situazione particolare, di cui non parlo quasi con nessuno, perché le poche volte in cui l’ho fatto – anche con i sacerdoti – ho trovato poca comprensione, se non indifferenza e resistenza.

Alcuni, poi, ci credono, ma dicono che la mia esperienza “impressioni” e che raccontarla può fare più male che bene. Eppure, è la mia storia, è qualcosa che vivo quotidianamente e se Dio permette una simile croce sicuramente ci deve essere dietro un bene più grande. E io voglio essere testimone della luce, non delle tenebre.

Mia nonna, che non ho mai conosciuto di persona, era satanista. Risalgono a quando aveva quattro anni i primi ricordi che mia madre aveva di una messa nera. Spesso diceva a noi figli, in adolescenza, di guardarci bene da queste cose: perché chi pratica l’occulto non lo fa “per scherzo”.

Una volta divenuta adulta, mia madre ha conosciuto e sposato un uomo di chiesa. I miei, insieme, hanno scelto Gesù, ma questo è costato molto a entrambi, perfino minacce di una certa gravità. Sono riusciti ad allontanarsi da mia nonna e dal suo giro, senza che ci fossero ripercussioni fisiche.

Eppure, mamma non è “guarita automaticamente”. Troppe volte mia nonna con i suoi “compagni” aveva operato riti su di lei.

Non so molto sulle modalità in cui avvenivano queste cose, mamma ha cercato di preservarci da tanta bruttura: ho saputo solo vagamente di galline sgozzate e sacrificate a Satana, di ostie consacrate profanate, di amuleti maledetti. Mia madre era costretta, da piccola, a portare indosso uno di quegli oggetti, sul petto, perché il suo cuore doveva essere “consacrato a Satana”.

Non chiedetemi come si possa arrivare a una simile perversione nella vita e come si possa fare questo ad una bambina. Non me ne capacito. Oggi so solo che tutto questo non si cancella in un giorno.

Io e i miei fratelli siamo cresciuti nel cortile di un convento, dove mia madre “andava a parlare” con un frate che era anche sacerdote. Io non sapevo cosa succedesse lì dentro, l’ho saputo solo una volta diventata più grande: mia madre, in quel convento, riceveva esorcismi, mio padre stava al suo fianco, mentre noi bambini, ignari, giocavamo fuori, con i cagnolini, insieme agli altri frati (super simpatici, questo lo ricordo bene!).

I miei genitori temevano che la nonna, nel suo ambiente, continuasse a farci del male, anche da lontano. Per questo non ci siamo mai allontanati dai sacramenti e da una vita di preghiera assidua, quotidiana. Mentre dico questo, voglio sottolineare che mamma è stata per me una vera testimone di fede, di quella fede che “ti salva letteralmente dal male”. Si è aggrappata a Gesù e lui l’ha riempita di grazie, nonostante non le abbia risparmiato le sofferenze. Però, in effetti, quello che è toccato a mia madre è toccato, in parte, anche a noi tre figli.

Per quanto riguarda me, era fine novembre del 2012, avevo vent’anni, mi ero da poco fidanzata con il mio attuale marito, quando ho avuto le prime manifestazioni fisiche dell’infestazione. Eravamo in un grande santuario dedicato alla Madonna, quando, durante la messa prefestiva di quel sabato, già all’inizio della celebrazione, i miei occhi hanno iniziato a ruotare verso l’alto (mi capita tutt’ora e, spesso, soprattutto durante la Consacrazione, devo mettere le mani davanti agli occhi per nascondere quella reazione involontaria e non impressionare i presenti).

Quel giorno di novembre, per la prima volta, ho visto la mia pancia muoversi avanti e indietro (senza che io facessi nulla) ogni volta che il sacerdote pronunciava il nome di Gesù o dello Spirito Santo.

Sentivo anche le gambe tremare. Al momento della comunione non riuscivo a ingoiare l’ostia, c’era qualcosa che faceva ostruzione nella gola. Mi sentivo soffocare. Quello è stato solo l’inizio.

Non voglio suggestionare nessuno, sono situazioni rarissime. E vorrei anche dire che l’azione ordinaria del diavolo (molto più nascosta) con cui tutti abbiamo a che fare, è sicuramente peggio: la vessazione è dolorosissima, ma per l’anima è “peggio” fare il volere di questo nemico, non riconoscendolo nei pensieri e nei consigli sbagliati che dà al nostro cuore. Insomma, peggio non credere nella sua esistenza che doverci combattere. La lotta spirituale contro di lui, in realtà, avvicina tantissimo a Cristo.

Tornando al racconto, nei giorni, nelle settimane, negli anni a seguire il malessere interiore, le manifestazioni fisiche sono aumentate. Da allora il combattimento è stato incessante, ma con Gesù ho sempre saputo che non dovevo temere.

Ricordo che, da studentessa fuori sede, a volte camminavo per strada per tornare a casa e quasi mi bloccavo per il peso di quella presenza che mi schiacciava. Entravo in chiesa, facevo un segno di croce con l’acqua benedetta, ed era come un refrigerio. Recuperavo le forze e riuscivo a rimettermi in cammino fino a casa. Dio non mi ha mai lasciata, mai.

Da un po’ di tempo sto meglio, i fastidi sono più lievi, sebbene la presenza ci sia ancora e faccia male, ma l’amarezza più grande è avere una “malattia” che per la maggior parte delle persone (compresi sacerdoti!) non esiste. Quanti mi hanno detto, più o meno carinamente, che è tutto frutto della mia fantasia. Capite che fa male sentirsi dire questo, quando tu passi una vita normale fino ai 20 anni, poi, ad un certo punto, devi trascorrere la vita universitaria a nasconderti in bagno perché non riesci a “contenere” i segni di una presenza (che tu senti e riconosci come estranea!) che ti “abita” contro la tua volontà!

Non voglio fare polemica: capisco, davvero, capisco chi non riesce a comprendere… se non lo vivi, le cose sono due: o ti fidi del Vangelo (Gesù parla continuamente di spiriti impuri e persone disturbate in modo anche serio) e di chi te lo racconta …o non puoi sapere cosa significhi e ne prendi le distanze pensando che sia da “creduloni”.

Ad ogni modo, il motivo per cui scrivo qui è che voglio sottolineare il fastidio del diavolo verso il matrimonio. Gioele, fidanzato con me da pochissimo quando tutto questo è venuto alla luce, mi è stato sempre vicino e, seppure a volte si sentisse inadeguato rispetto alla situazione, non ha mai dubitato di noi e di un futuro con me. Dopo tre anni insieme, mi ha chiesto di sposarlo.

Ricordo ancora che da fidanzati, quando ero in preda alla vessazione che si manifestava in modo violento (succedeva soprattutto quando io e Gioele eravamo soli), quando non riuscivo ad alzarmi da una sedia o da un letto per il malessere generalizzato o quando urlavo, lui si metteva lì, vicino a me, pregava il rosario per me e pian piano la situazione rientrava; se eravamo in macchina, con lucidità lui accostava e pregava. Oppure mi accompagnava in chiesa, dove, davanti al tabernacolo, il demonio si calmava. (Il demonio si sottomette solo a Cristo!).

La nostra situazione, però, è cambiata da quando siamo sposati: in Gioele il demonio, da quel momento, riconosce Gesù, allo stesso modo in cui lo riconosce nella Confessione e nell’Eucaristia.

Da fidanzati Gioele pregava, ma non rappresentava Cristo stesso per il diavolo come invece succede da otto anni a questa parte (esattamente dal giorno del nostro matrimonio). Mi credete se vi dico che la stola del mio esorcista e la mano di mio marito (lo ripeto, dal giorno della consacrazione nuziale), su quegli occhi che ruotano impazziti hanno lo stesso effetto? Scende su di me la stessa grazia. Il diavolo trema davanti alla fede benedetta, come trema davanti al crocifisso che il vescovo usa durante le sue benedizioni.

E quando facciamo l’amore (dobbiamo pregare molto prima, perché il demonio mi considera erroneamente “sua” e non vuole che mi doni a mio marito), la pace che vivo è una pace dell’anima. Il diavolo trema letteralmente durante ogni amplesso. Ciò che gli sposi cristiani sanno per fede, io lo sperimento: in ogni atto coniugale avverto la discesa dello Spirito Santo, che rinnova il sacramento. Lo avverto perché il demonio trema, come quando ricevo la comunione.

Ditemi pure che sono pazza: ho sofferto così tanto e ho visto così chiaramente ciò che vi sto dicendo, che i vostri giudizi non mi offendono, né hanno potere di cancellare qualcosa che sperimento e pure con una grande intensità. Oggi so cosa significa il buio dell’inferno, so cosa significa essere tormentati nel profondo e so cosa significa che Gesù lotta per noi e vince, alla fine, le tenebre.

Se racconto la mia storia – a costo di sembrare visionaria – non è per avere compassione, né per spaventarvi: è per dirvi di confidare in Gesù e di restare nella Chiesa anche se a volte delude. E perché sappiate quale grandezza abbiamo nei sacramenti, anche in quello del matrimonio, spesso troppo sottovalutato…

Voglio lasciarvi con un messaggio di speranza: tutto concorre al bene per coloro che amano Dio, anche il male, anche l’azione stessa del demonio! Non si contano le grazie che Dio mi ha donato, non si contano i frutti di bene, le scoperte che ho fatto sul suo amore. Se voi mi chiedeste che cosa mi ha lasciato, soprattutto, questa prova durissima, io vi direi “Tante benedizioni”. Attraverso questa croce grande, ho visto tanto, tanto bene e – paradossalmente, lo so – ho smesso di avere paura del demonio. Perché ho capito quanto Dio mi ama e che gli spiriti impuri si sottomettono a Lui. Oggi so che nulla potrà mai strappare la mia mano da quella di Gesù: nemmeno il diavolo in persona!

Cecilia Galatolo

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