Guarigione affettiva: presupposto necessario per parlare di amore

Qualche giorno fa mi capita sotto agli occhi un articolo dove si parlava di due donne che si sono unite in un’unione civile davanti ai loro figli, avuti da precedenti relazioni. Preferisco non citare il giornale che pubblicava il pezzo, né i luoghi e i nomi delle persone coinvolte, perché mi preme molto di più riflettere su tematiche urgentissime nel nostro tempo e che riguardano tutti: in primis la differenza tra “infatuazione” e “amore”; in secondo luogo, il legame che può esserci tra “scelte avventate” e “ferite affettive pregresse”. Il giornalista metteva in chiaro, fin dall’inizio, che nell’articolo si sarebbe trovato “materiale in abbondanza” per “mandare in tilt” i sostenitori delle cosiddette “famiglie naturali”. Poiché mi trovo tra costoro (nel rispetto delle persone che la pensano diversamente, credo sia la relazione coniugale di un uomo e di una donna il fondamento della famiglia) incuriosita da questo incipit, che aveva tutta l’aria di preludere a qualcosa di rivoluzionario al suo interno, ho proseguito la lettura.

La prima cosa che mi è ha “mandato in tilt” è stato vedere che si parlava di “amore”, quando la relazione in questione aveva tutti i tratti di un’“infatuazione”. Andiamo con ordine. Protagoniste della vicenda sono due donne, entrambe sopra ai trent’anni, le quali si sono “unite in matrimonio” – così scriveva il giornalista – “lasciandosi alle spalle le precedenti relazioni”. Queste due donne avevano più di un figlio ciascuna, da altre storie, alcuni adolescenti, altri molto piccoli (sotto ai 10 anni). Le due mamme si conoscevano da tempo – si tenevano aggiornate sulle rispettive gravidanze ecc. – ma tra loro c’era una semplice amicizia. Entrambe avevano, appunto, una famiglia. Ad un certo momento, hanno iniziato a messaggiarsi, fino a passare delle notti sveglie per parlarsi e hanno sentito sbocciare un’attrazione tra di loro. Un giorno si sono incontrate e c’è stato un bacio. Un mese dopo questo bacio hanno iniziato a parlare di “matrimonio”. (Infatti, una ha chiesto all’altra di “sposarla” … sì, dopo appena un mese).

Senza voler giudicare la vita di nessuno (non spetta di certo a me!), ammetto che mi sono posta delle domande. La prima è stata dove si trovassero i padri dei loro figli mentre le due donne messaggiavano tutta la notte. Nell’articolo non si capisce se ci sia stato un tradimento oppure se le due si fossero incontrate da single…

Se erano storie già concluse, forse avevano lasciato delle ferite tanto profonde da far desiderare una fuga? (Me lo domando non perchè sono omofoba o perchè mi piace viaggiare con la fantasia, ma perché ho ascoltato la testimonianza di una ragazza che mi raccontava proprio questo. Era sposata con un uomo che faceva uso compulsivo della pornografia e lei si sentiva “trattata come un oggetto” nella sfera intima. Un giorno mi ha detto, molto seria: “Se dovessi riaccompagnarmi con qualcuno, sarà con una donna!”).

Forse le storie precedenti di queste due mamme hanno generato delusione, rammarico e un’immensa sete di comprensione?Se invece le due donne erano ancora sposate, forse non c’era reale comunione?

Non conosco bene la vicenda, ma parlo di quello che vedo nelle mie conoscenti e nelle persone che mi scrivono: una relazione dove non c’è profonda unità – o peggio, si verificano abusi o si vive male l’intimità – lascia un senso di amara solitudine. Questo può portare a cercare affetto altrove (talvolta, purtroppo, ovunque), senza, però, prima aver risolto e sanato le ferite generate da quella relazione nociva. E se due mamme parlano di “matrimonio” dopo un mese dal primo bacio, è giustificato chiederselo: cosa c’è nel loro passato?

Non sto scrivendo questo articolo per fare l’inquisizione, nè per generare pettegolezzi, ma perchè simili storie le leggono tanti giovani alla ricerca di sè stessi. Il giornalista dice che il pezzo è pensato per mandare in tilt chi difende la famiglia naturale… ma il pezzo, in realtà, a prescindere dalla comprensione della famiglia che si ha, ha tutte le carte in regola per mandare in tilt chiunque pensa che delle scelte importanti (e vincolanti per intere famiglie!) vadano soppesate con cura e prudenza…

Personalmente, troverei sconcertante sentir parlare di matrimonio dopo un mese di frequentazione (soprattutto quando si hanno dei figli a cui render conto delle proprie azioni!) anche se si trattasse di un uomo e di una donna. Queste storie mi fanno pensare che abbiamo bisogno urgente – ma che urgente? Di più! – di evangelizzatori che si prendano a cuore in modo particolare l’educazione all’affettività dei giovanissimi, che li aiutino a comprendere il peso delle proprie scelte, prima che finiscano in relazioni che lacerano i loro cuori e lasciano questo vuoto.

I ragazzi hanno bisogno – e diritto! – di sapere come costruire storie solide, che diano senso e pienezza alla vita. Come vivere un serio discernimento.

I nostri lettori conoscono la comprensione che abbiamo della famiglia (sposiamo, infatti, la visione del Magistero della Chiesa, che poggia sul Vangelo), ma lascia perplessi che anche chi abbia una comprensione diversa della famiglia esalti scelte così affrettate, senza intravedere dietro a tutto questo delle fragilità, che, forse, hanno bisogno di essere sanate (anche nell’interesse dei figli, che prendono come primi modelli relazionali proprio i genitori!).

Dopo cinque mesi dal primo appuntamento arriva la celebrazione dell’unione civile in comune davanti ai bambini e ai ragazzi delle due donne. La storia si conclude così: “‘Gli abbiamo detto come stavano le cose. Ci hanno detto: ‘Vediamo come sorridete, come siete felici, e lo siamo anche noi’. Più facile di così…”

Proprio questo lascia perplessi: sembra tutto troppo facile. Senza giudicare nessuno (auguriamo tutto il bene del mondo a queste donne e alle persone loro care) ai ragazzi che ci leggono vorrei dire: non abbiate fretta, scavatevi dentro, fate discernimento, cercate di capire quello che vi sta succedendo, risolvete la vostra affettività e infine sappiate che, anche in un mondo iper-sessualizzato come il nostro, si possono sperimentare ancora amicizie vere anche senza erotismo, nella gratuità. Cercatele e le troverete.

Cecilia Galatolo

Sesso… come si fa e cos’è?

Oggi vogliamo partite da questa parola, un po’ forte, un po’ ambigua, che fatichiamo a pronunciare, che sembra togliere pudore alla lingua che la pronuncia. Che significato ha la parola sesso? Cosa vuol dire Fare sesso? A cosa associamo il sesso?

Se cerchiamo un po’ in internet, o guardiamo quanto abbiamo intorno, quanto i media ci mostrano e quindi ci educano a pensare, il sesso è possesso, è sfamare un istinto, è raggiungere il piacere. Sesso è poter fare tutto, è non avere regole, sesso è tante cose. (non stiamo ad elencarle per non stuzzicarci la carne proprio in questo tempo di quaresima). Ora fermiamoci! Fermiamo i cattivi pensieri carnali che la mente ci produce e facciamo pulizia insieme, aprendo la porta del cuore.

Per sesso possiamo intendere gli organi maschili e femminili, oppure il genere sessuale maschile o femminile con cui si presenta una persona, “di che sesso sei?”, oppure il complesso dei caratteri anatomici, morfologici e fisiologi o aggiungiamo anche psicologici che determinano l’essere di una persona. Ma il significato su cui vogliamo far luce, è l’etimologia greca della parola. Sesso, dal greco TEKOS, generato, Tek generare, intessere, creare. A sua volta dal verbo τίκτω (tikto) = generare, procreare, produrre, (da cui deriva anche la parola ostetrica) ancora più in origine dalla radice tak- (con la mutazione della t in s).

Sesso= generare

Quanta bellezza! L’avreste detto? Noi che stavamo a farci nella testa i film porno (=dalla radice di prostituzione) invece dietro una delle parole più nascoste, non pronunciate per pudore, per vergogna, che ne hanno fatto un tabù della società, della vita di coppia, c’è la generatività. Fare sesso, fare l’amore che all’orecchio è sicuramente più consueto e dolce, nasconde la generatività di vita. Sesso che non può essere dunque inteso e vissuto come solo ed esclusivo piacere come lo è il masturbarsi, sennò l’atto sessuale si chiamerebbe masturbazione tra sessi opposti o masturbazione in compagnia. Sesso che dev’essere inteso come il gesto grande con cui si sancisce l’unione tra un uomo e una donna, che è dettata dall’amore che c’è tra i due, che genera vita perché il sesso ci fa stare bene, rilassa, sviluppa gli ormoni del piacere, le endorfine, le ossitocine, che agiscono positivamente su entrambi gli amanti.

Sesso che produce forza, energia attorno a noi e che genera vita, perché sappiamo che in certe condizioni fisiche del corpo maschile e femminile si può generare da quell’unione, da quell’amore, da quell’atto sessuale, la vita trasformandoci in creatori, da amanti innamorati che eravamo. Oggi, come negli ultimi 50 anni, la parola sesso è tra le meno pronunciate nelle nostre case, tabù silenzioso, come se noi non fossimo nati da sesso/da un atto sessuale/da un atto di amore. Tabù silenzioso come se fin dalle prima cotte adolescenziali il corpo umano non è richiamato in maniera naturale ad un contatto che nel suo apice vive l’unione dei corpi, che può essere generativo: il sesso.

Tabù silenzioso perché non ne conosciamo il significato. Se ne può parlare ma fraintendendo la bellezza dell’amore che racchiude. In questo vuoto, in questo silenzio, in questo tabù silenzioso che la società, la famiglia e anche la Chiesa stessa ha creato dietro una parola dal significato così etimologicamente semplice e bello, si è inserita la rivoluzione sessuale che ha fatto suo il termine stravolgendolo. Una luce si è spenta sul significato splendente che ha il termine nel suo senso generativo, per lasciare spazio al buio riconducendo alla parola tutto ciò che è piacere rapido, veloce, peccaminoso, accostandolo più al porno, all’erotismo possessivo invece che all’amore e alla vita.

Cos’è il sesso?

È vivere l’amore. L’amore nell’azione della generatività, l’amore nell’unione dei corpi. L’amore, che non è dunque fatto di possesso, di potere, ma di tenerezza che accoglie la libertà dell’altro. Una coppia di sposi che si ama, vive la tenerezza, vive le carezze, gli abbracci, i baci, vive la cura, vive parole e gesti di tenerezza, di dolcezza. Vive il farsi dono l’uno per l’altro. Vive il sostenersi a vicenda, vive il rendere l’altro migliore. Vive l’amarsi nella gioia e nel dolore, nell’ obbedienza, nella fatica, nella malattia. E molto altro… parlare di amore è cercare di rendere finito l’infinito e non si ha mai fine quindi per descriverlo.

Un ultimo aspetto: vivere l’amore di coppia è vivere il morire per l’altro, non nel senso esclusivo del sacrificio, ma nella gioia stessa che è insita nell’amore e che ci porta a dire all’altro io ti amo, sono disposto a morire per te, a lasciare ciò che è mio per amore tuo. Chi si ama, vive l’amore e quindi può arrivare a vivere anche il sesso per ciò che è veramente. L’unione che dà vita, che genera, sempre e comunque, indipendentemente che sia vita che nasce dal grembo o vita che nasce dai frutti di bene seminati dalla coppia. Unione che genera Vita, che genera Amore. Non si può vivere il sesso senza amore! Quale male sarebbe per il corpo e lo spirito di entrambi!

Ferite grandi si aprono dal dono del corpo dato nel piacere.

Non si può vivere il sesso senza amore e pensare che questo non porti vita. Perché l’unione, lo stesso amarsi genera vita in senso biologico ma anche in senso spirituale per la coppia.

Al prossimo lunedì.

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Amore o non amore!?…Grazie!

Ah l’amore! Domani è San Valentino!

Il giorno degli innamorati, il giorno in cui si celebra l’amore. Il giorno in cui un mazzo di rose o una cena fuori o un cioccolatino lo si riceve o lo si regala. Il giorno in cui un’attenzione in più tra le mura domestiche ti raggiunge, il giorno in cui anche solo con un abbraccio o un bacio provi ad amare e ti lasci amare.

Grazie! Perché anche se è una festa dettata un po’ dal consumismo, san Valentino celebra l’amore!

Grazie perché una volta all’anno sul calendario troviamo segnato un cuore che ci ricorda di amare.

Ora svoltiamo: se lo guardiamo dall’altro lato della medaglia, dal lato, credo, della maggioranza delle persone, san Valentino è una festa tutt’altro che bella. Chi perché l’amore fatica a incontrarlo e si ritrova a vivere il giorno degli innamorati, volendo amare, ma senza avere una persona accanto da amare. Chi con l’amore si è ferito e non ci crede più, e non si mette in gioco più, e non gli apre più la porta del cuore. Chi “con l’amore ha già dato”: con una storia lunga, un matrimonio, una convivenza e ora vive con l’indifferenza all’amore, come se si potesse vivere senza amore.

Eh già! L’amore, è la cosa più bella di tutte, eppure anch’esso ci mette in disaccordo, ci fa schierare fra gli amanti e i non amanti. Fra i pro amore e i non amore.

Eh già! L’amore, il sentimento più forte che fa smuovere le montagne, che ti rialza dalla morte, che ti trasforma e ti rende folle nel periodo dell’innamoramento, che ti chiama a donare tutto di te, che ti chiama a generare vita, è anche quello che se non lo si sa usare ti butta nella fossa.

Quante coppie spaccate, quanti divorzi, quante convivenze che dopo saltano, quanti matrimoni che magari dopo molti anni finiscono. È questo il risultato dell’amore?

No! Come può succedere? Come si può cambiare schieramento? Come si può passare dal vedere il bello del vivere l’amore, al vivere la rassegnazione o l’odio o l’indifferenza?

Tutto quel che si rompe non ha origine nell’amore! Perché l’amore è vita, è dono.

Il problema è che bisogna ogni giorno interrogarsi e cercare la bellezza dell’amore!

Stolto chi pensa di saper amare, di saper cos’è l’amore. Perché l’amore è qualcosa di infinito più grande di noi, pertanto irraggiungibile, ma che dobbiamo provare a vivere con tutte le nostre forze.

Oggi è la vigilia di san Valentino, la vigilia del giorno di chi è innamorato, di chi si ama, eppure non troviamo facilmente chi ci spiega come vivere l’amore! L’amore quello vero, quello per sempre, quello che si fa spreco e dono gratuito. L’amore che si lascia lavare i piedi, servire e che ti cambia il cuore.

Che poi, come diceva un frate amico, l’amore o è vero o non lo si può chiamare amore. Lo chiameremo vogliamoci bene, vogliamoci tanto tantissimo bene, ma non amore.

Oggi vogliamo incoraggiarci tutti a risvegliare l’appetito dell’amore! Tutti! Chi si è da poco innamorato, chi è sposato da cinque, dieci o quarant’anni di matrimonio, chi è stato appena lasciato, chi lo cerca senza trovarlo, chi continua sempre a fallire. Tutti!

Diceva Chiara Corbella: “L’Amore è il centro della nostra vita, perché nasciamo da un atto d’amore, viviamo per amare e per essere amati, e moriamo per conoscere l’amore vero di Dio”.

Quante volte ripetiamo questa frase! Quanto ci piace!

L’amore è il centro della nostra vita! Non possiamo stare senza! Coraggio! Senza amore non si può vivere!

Perché il contrario dell’amore è il possesso, è la morte.

Il significato della parola amore è “senza morte”.

Allora la bellezza della parola amore è andare oltre la morte, è la vita, è dare la vita. Amare è far trionfare sempre per sua natura la vita sulla morte, il bene sul male. Bellissimo!

Certo poi la parola amore racchiude in sé anche le sue forme di Eros, Agape e Philia. Termini che descrivono l’amore secondo caratteristiche che predominano l’una sull’altra come attrazione, bisogno, condivisione, donazione perché L’Amore non è solo quello sponsale o più superficialmente genitale, ma racchiude in sé anche una relazione genitoriale, materna e paterna, filiale, fraterna, amicale, filantropica…

Che cosa grande l’amore!

L’amore è insito in ogni uomo e donna. Fin dalla nascita siamo spinti ad andare l’uno verso l’altro, ad entrare in dialogo, ad interagire.

L’amore è insito in noi dalla creazione nostra e del mondo. C’è qualcuno che con un atto di amore ci ha generato, c’è qualcuno che con un atto di amore ci ha portato in grembo, ci ha voluto, custodito, desiderato, accolto, dato alla luce.

E c’è qualcuno più grande ancora che ci ha chiamato alla vita con il soffio dello Spirito, e ci ha dato le istruzioni per vivere la nostra vita: amarci! (rileggiti Genesi 2)

Va bene, forse la stiamo facendo lunga.. avremmo pagine di appunti e spunti che vorremmo condividere.

Diamo un colpo di forbice e vi diciamo: oggi, domani, sempre, accogliti/accorgiti di quanto sei amato!

Domani dovete amare la vostra vita!

Mettere i piedi giù dal letto e dire: grazie!

Grazie perché mi ami, grazie perché sono in piedi, sveglio, grazie perché magari vado al lavoro, ho una moglie, ho dei figli. Grazie perché ho fatto colazione.

Grazie per il sole e questa Alba splendida, grazie per il freddo e l’alternarsi delle stagioni. Per tutta questa grande ricchezza.

Solo riconoscendosi figli amati dal Padre e da chi abbiamo attorno possiamo amare dello stesso amore che ci è dato.

Cosa aspetti a dire il tuo grazie?

Buona festa di san Valentino, buona festa degli innamorati! Aggiungiamo noi buona festa dell’amore!

Non si esaurisca a domani però la gratitudine di essere figli amati, ma da domani viviamo ogni giorno amando e lasciandoci amare.

Solo nell’amore troviamo la nostra vocazione vitale per affrontare ogni giorno, sia che siamo sposi, single, sacerdoti, religiosi, vedovi o divorziati.

Concludiamo con un breve monito di Papa Benedetto XVI, che in poche righe esprime quanto detto fino a qui, ricordandoci qual è il vero e unico senso della nostra chiamata alla vita:

“Fa sì che l’amore unificante sia la tua misura, l’amore durevole la tua sfida, l’amore che si dona la tua missione”

 (Papa Benedetto XVI)


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45° giornata per la vita! Ama e vivi.

Ieri una domenica bella! Bellissima! Una domenica bella come il Natale, dove non c’era spazio per la tristezza, per il grigiore. Ieri si celebrava la vita!

La giornata per la vita non dev’essere volta solo a celebrare l’aspetto della natalità. Tema importante, centrale, radicale. Ma come il Natale non è solo la nascita di un bambino in una mangiatoia ma molto, molto di più. La giornata per la vita riguarda tutti, perché non solo chi è in gravidanza, chi vive la maternità, chi ha vissuto un dolore neonatale deve sentirsi parte di essa. Anche tu, vivi e hai il dovere di vivere e non vivacchiare! Anche tu puoi donare vita, puoi aiutare la vita, puoi incoraggiare la vita, puoi custodire la vita, puoi accogliere la vita. Pensiamo al ruolo dei nonni quando in casa c’è un bambino piccolo. Pensiamo all’importanza delle coppie di amici affianco nel cammino. Pensiamo ai bambini, come hanno bisogno di giocare tra loro per vivere la vita. Pensiamo ai giovani che cercano la bellezza della vita, che vivono l’amore, che si interrogano sulla loro vocazione, che fanno del bene. Pensiamo ai volontari, agli educatori, …Anche tu hai il dovere di prender parte alla vita!

Ma cos’è la vita? Convenite con noi che è qualcosa di importante, un po’ come il cibo o l’acqua. L’uomo ha bisogno di sfamarsi, ha bisogno di bere, ha bisogno di vita e di vivere. Ma io mangio regolarmente, faccio colazione, pranzo, cena… ma vivo? Genero vita? Se la vita è importante come il cibo, forse di più, cosa faccio per la vita? Cos’è la vita? vediamo etimologicamente cosa vuol dire:

Vita: che è da ricondursi alla radice ariana giv- ed, in particolare, al sanscrito g’ivathas = vita, dove la g’ aspirata è stata sostituita dalla v nel latino arcaico vivita che, a sua volta, si è contratta nel latino vita. Per vita si intende lo “stato di attività della sostanza organizzata”. Si dice che la vita sia l’unica bolla di resistenza contro il caos, l’unico sistema capace di mantenere costante il livello di entropia (caos…) al proprio interno. La vita è ciò che ci permette di essere qui ancora oggi a parlare perché qualcuno l’ha donata a noi, perché noi possiamo donarla ad altri. La vita è ciò che non è morto, finito, esaurito, distrutto; la vita è la speranza di un futuro, è immagine di eternità.

Amore e vita si intrecciano, la vita è incatenata all’amore, è unita ad esso e non ci può essere vita se non c’è amore. Ed è folle l’uomo che pretende di vivere senza amare e di amare senza vivere. Impossibile pensare di non amare, poter dire “io non amo”, io non so cosa sia l’amore. Una persona che vive senza amare non riesce a vivere. Una persona che ama senza vivere è fuori natura perché la natura dell’amore è la vita. Cos’è allora la vita se non Amare! La spiegazione di ciò che è vita è racchiusa nell’amore.

Vivi tu? Ami tu? Chi vive ama! E chi ama vive! E crea vita! Proviamo a dircelo in un altro modo:

Vita, parola che illumina, come se fosse lo spazio bianco attorno a tutte queste lettere nere di inchiostro, messo a dura prova nel mondo attuale dalle variabili di un mondo che ci sta togliendo la bellezza dell’amore e del sesso, sue parti vitali. Dove sta la bellezza dell’amare se ho paura di far nascere nuova vita? Come un contadino che ara e lavora la terra ma non vuol vedere nascere il frutto del suo lavoro.

Amore vuol dire etimologicamente SENZA MORTE e quindi VITA. Amore è Vita. La vita è amare e riconoscerci amati, sentirsi amati, e comprendere che la vocazione inscritta nel cuore di ognuno di noi è l’amore, siamo fatti per amare. “L’uomo non può vivere senza amore. Egli rimane per se stesso un essere incomprensibile, la sua vita è priva di senso, se non gli viene rivelato l’amore, se non s’incontra con l’amore, se non l’esperimenta e lo fa proprio, se non vi partecipa vivamente” (Giovanni Paolo II Redemptor hominis n. 10.)

È meraviglioso amare ed essere amati, ma tale fascino non cresce spontaneamente, richiede un impegno di tutte le energie. Bisogna imparare ad amare con il cuore e con il corpo. Non ami se sei posseduto dal sesso, che brucia in te la vera capacità di amare. Il corpo è mezzo espressivo dell’amore. Non hai amore se sei abbandonato e guidato dai tuoi istinti, intrisi d’egoismo. Non sei libero nel vortice dei sensi, ma posseduto. Solo nella libertà si ama veramente. Dominare l’egoismo e le passioni ad esso legate dovrebbe essere la tua gioia, per far emergere l’autenticità della tua umanità, che è fatta per l’amore.

Solo impegnandoci a comprendere cos’è l’amore diventiamo gaudi, felici, vivi perché l’amore è vita e solo l’amore rende attraente la vita. Possa la giornata di ieri farci riconoscere che è importante celebrare la vita. Possa incoraggiarci ad amare per far crescere la vita intorno a noi. Possa risvegliarci dal nostro sonno in cui viviamo anestetizzati in una vita che non vive. In una vita che vivacchia. In una vita dove i piedi sono in due scarpe. Dove camminiamo ma in una rotatoria dove il bello e il brutto si ripetono ma non si prende mai una direzione. Vivi! Possa risvegliarci dal vivere appoggiati come parassiti ad un altro, o ad un idolo che non ci fa vivere ma ci toglie vita. Vivi! Un santo Papa disse una frase semplice un giorno, ma che forse tutti ricordiamo: Prendete in mano la vostra vita e fatene un capolavoro!! Abbiamo solo questa vita per vivere! Fanne un capolavoro. Non vivendo esperienze estreme, egoistiche, che nascono dal tuo io. Ma vivendo l’amore!! Abbiamo solo una vita per amare! Il capolavoro lo dipingi se pitturi un quadro -per gli altri!

Ci hai già provato? E sei caduto? Hai fallito? Rialzati subito! Non hai un’altra occasione. Riparti!! Non ti abbiamo detto che era facile fare un capolavoro. Anzi te lo diciamo: è faticoso! Ma per questo sarà stupendo…Concludiamo citando un altro gigante bianco: Fa sì che l’amore unificante sia la tua misura, l’amore durevole la tua sfida, l’amore che si dona la tua missione (Papa Benedetto XVI). Alla prossima: restare vivi!!

Anna e Ste – @Cercatori di bellezza

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E se l’attesa del piacere fosse essa stessa (parte del piacere)?

E se l’attesa del piacere fosse essa stessa (parte del piacere)?

L’estate andiamo sempre al mare. Due settimane, quando va proprio bene tre. Aspetto quel momento tutto l’anno. Riuscite a immaginarlo? Cinquanta settimane ad aspettare quei quindici giorni di mare. E Natale? Vogliamo parlare di Natale? Adoro Natale. Lo aspetto tutto l’anno. Trecentosessanta quattro giorni di attesa. Trecentosessanta cinque, negli anni bisestili. Eppure, è un’attesa ampiamente ricompensata. E del matrimonio non ne parliamo? Il giorno tanto sognato, magari dopo anni di fidanzamento. E finalmente arriva. Il giorno del coronamento. Quello in cui ci giuriamo amore eterno.

E il sesso? No, col sesso no. Per quello non si può attendere, dice il mondo. Quello va consumato il più presto possibile. Magari già al primo appuntamento. Comunque, entro il terzo. Così recitano le regole non scritte del galateo amoroso, nel mondo moderno. Anche se questo tizio qua tu lo conosci appena. Non hai idea se ci sarà un altro appuntamento. Se avrai voglia di vederlo di nuovo. Perché mica hai ancora deciso se ti piace o no. Ma intanto, già che ci sei, potresti andarci a letto. Che male c’è? E poi, lui un po’ se lo aspetta. Così fan tutte, direbbe Mozart. E tu? Perché vuoi fare quella stramba? Non sarai mica vergine? Cioè, non di segno zodiacale. Proprio vergine-vergine. Vergine che non ha mai… Vergine che non ha ancora… no dai, non è possibile. E invece.

Diciamo subito una cosa: una volta era più semplice. Esisteva un confine netto, quasi invalicabile, fra castità e sessualità. Il confine, il fotofinish della verginità, era il matrimonio. Tagliato quel traguardo, si cominciava a esplorare anche l’intimità fisica. D’altro canto, a quel punto era anche la cosa più naturale del mondo: si era una carne sola. Poi è arrivata la modernità. Sinonimo di rivoluzione sessuale. Sinonimo di proposte indecenti a cui non puoi dire di no. Perché sennò sei bigotta. Sei frigida. Sei un po’ bacata. Aggiungete pure aggettivi spregevoli a piacere.

Credetemi, le donne sessualmente più libere sono le cattoliche. Non è una provocazione. Se la libertà vuol dire poter scegliere, le uniche rimaste a scegliere sono loro. Quelle che non hanno paura di dire di no. La castità è una cosa incomprensibile per i più. E molto fraintesa. Viene dipinta come una innaturale e crudele rinuncia. Una sofferenza inutile. Perché l’istinto è buono per definizione. E va sempre soddisfatto. La nostra è una cultura bulimica, che fa scorpacciate di tutto. Di cibo, di droga, di oggetti. E, naturalmente, di sesso. La gente ne consuma così tanto, così spesso, che ogni tanto ne fa indigestione. Lo chiamano “calo del desiderio”. Metà degli psicologi che conosco ci si paga il mutuo, col calo del desiderio dei suoi pazienti. Non c’è niente di male nel sesso. Questa idea che ai cattolici il sesso non interessi, che addirittura ci faccia un po’ schifo, è una bugia. Una delle tante, inventate dalla propaganda del nemico (l’altra è che siamo gente noiosa, invece ho amici credenti, con cui mi faccio un mare di risate).

I cattolici non condannano il sesso, non ne hanno paura. Sanno, come diceva Fulton Sheen, che il corpo non può donarsi, se l’anima non si dona. Che il sesso, fuori da una relazione di vero e profondo amore, è solo ginnastica. (del suo bellissimo libro sul matrimonio, ho parlato qui: https://annaporchetti.it/2022/11/10/lamore-cose/) La castità non è privazione ma attesa. Come col Natale. E’ consapevolezza che non ogni momento è quello giusto. Che arriva il tempo per ogni cosa. La verità è che, oggi, non vogliamo più attendere. Lo facciamo mal volentieri, vorremmo tutto e subito. Desideriamo soddisfare i nostri desideri, appena si presentano. Ogni lasciata è persa. E se invece l’attesa del piacere, fosse essa stessa (una parte) del piacere? Basterebbe capire che, in fondo, l’attesa delle cose belle non ci ammazza.

Attendiamo con trepidazione il nostro compleanno per essere festeggiati, la finale di Champions per vedere la nostra squadra vincere o il concerto del gruppo preferito, che non abbiamo mai ascoltato dal vero. Tutta la vita è fatta di traguardi, intervallati da lunghe, talvolta lunghissime attese. La castità è l’attesa che precede il piacere, acuisce il desiderio. Lo rende più puro, più consapevole. L’amore frutto di attesa non è solo un istinto da soddisfare, è una scelta, una decisione, un gesto che mette insieme la parte razionale e quella emotiva, il cuore e la testa, l’anima e il corpo. Richiede disciplina ed è per questo che forma la volontà. La castità ci protegge da noi stessi, dall’istinto animale ed egoistico che ci porterebbe a usare l’altro come mezzo per soddisfare i nostri desideri e non come fine per crescere umanamente e spiritualmente. Il sesso coniugale è un frutto dell’amore. Quello vero. Come ogni frutto, va colto al momento opportuno, quando è maturo. Un frutto acerbo ci lascerebbe un sapore aspro. Per questo l’attesa è essenziale, è preparazione a cogliere il meglio. Gabriel Garcia Marquez, premio Nobel per la letteratura (mica una mezza calza con all’attivo un manualetto e un blog, come me), racconta che Florentino Ariza attese Fermina, la donna che amava, per cinquantun anni, nove mesi e quattro giorni. Per questo il suo romanzo: “l’amore ai tempi del colera” è una grande storia d’amore e non una lettera strappalacrime a una qualunque posta del cuore, scritta da una donna sedotta e abbandonata.

Chi ama davvero, non teme l’attesa del piacere… sa che essa stessa ne è parte!

Il bellissimo romanzo di Gabriel Garcia Marquez, Nobel per la letteratura, si trova qui: https://amzn.to/3gysHWd

seguimi sul blog: www.AnnaPorchetti.it. il mio libro si trova qui: https://amzn.to/3VqM5nu

Invito, relazioni e accoglienza per una Chiesa missionaria! 

Qualche settimana fa, un sabato pomeriggio, abbiamo partecipato ad un momento semplice di preghiera, di affidamento e benedizione dei bambini alla Madonna. Appuntamento ricorrente, organizzato dalla nostra parrocchia in occasione della festa della Madonna di ottobre. È stato bellissimo veder la chiesa quasi piena. Quel pomeriggio era gremita di famiglie, di genitori e figli come quasi mai succede durante l’anno. Sembrava che una BENEDIZIONE avesse attirato tutti quei bambini! Che bellezza! A far riempire la Chiesa non è stata solo una “voglia” di benedizione, ma a contribuire è stato anche un INVITO fatto dalle scuole materne del comune ai bambini. 

Prima parola: INVITO. Se basta un invito della maestra dell’asilo per portare tutti quei bambini in chiesa, tutte quelle famiglie, dovremmo chiedere alle maestre di invitare tutte le domeniche i bambini a messa. Non è nel compito e vocazione di una maestra invitare alla liturgia, ma allora a chi spetta questo compito? Chi dovrebbe invitare a messa? Ma davvero, se ci fosse un invito le nostre chiese sarebbero più piene? Noi invitiamo qualcuno a messa? noi invitiamo qualcuno alla preghiera?

Riflettiamo su questo aspetto dell’INVITO. In genere non si va da soli al bar, non si va da soli al cinema, non si va da soli allo stadio o in tanti altri luoghi ma si invita qualcuno. E chi inviti? Qualcuno che abbia più o meno la stessa passione, che vuole vedere lo stesso film, che tifa la tua stessa squadra, qualcuno con cui si ha voglia di passare del tempo nutriente, del tempo assieme, facendo qualcosa che ci piace. In chiesa la domenica tu chi inviti? La messa domenicale può essere il tempo dell’incontro (post celebrazione) sul sagrato, il tempo per un caffè o un aperitivo insieme, un saluto. 

Riflettiamo ancora insieme. Certe cose come: andare al bar, a teatro, al cinema, allo stadio, o dove vi piace a voi andare, le si fanno per passione, o in alcuni casi per tradizione, perché ho sempre fatto così. Facciamo due esempi: il pane l’ho sempre comprato lì, la carne per la grigliata mia mamma la prendeva sempre da quel macellaio, oppure: vado allo stadio per passione per una squadra, sono appassionato di cinema, etc. E in chiesa perché si va? Perché si ha voglia? Per voglia, Si finirebbe subito. 

Tu perché vai in Chiesa? Forse per tradizione? Sì, forse molti ancora vanno per quello, ma come vedete passano gli anni e le tradizioni iniziano a perdersi. Allora forse dovremmo andare per passione, passione di Cristo, del Vangelo, della celebrazione, dell’Eucarestia, della preghiera. Ma si sa forse si fatica a restare appassionati di Gesù.

Perché vai in Chiesa? Il cinema o le squadre di calcio attirano le persone con dei grandi eventi. La Chiesa in che modo lo fa? Con nuovi Santi? Con un miracolo? .. non è la strada di Gesù. Ognuno risponda per se alla domanda. Forse per ascoltare la Parola di Dio, per nutrirsi, per fede, perché crede e quindi è appassionato di Gesù. Forse se ci andassimo perché ci giunge anche un invito, perché sappiamo di trovare una relazione, ci andremmo molto più volentieri. È la RELAZIONE quella che sta venendo a mancare nelle nostre comunità parrocchiali, tra noi e Lui e ancora più tra di noi.

Sicuramente abbiamo visto in questi anni di lockdown quanto siano importanti le relazioni. Forse siamo un po’ matti, anzi lo siamo di certo, ma crediamo che un primo passo verso una riscoperta della messa domenicale lo si ha restaurando RELAZIONI, invitando i propri amici e imparando ad accoglierci. Invitare l’altro non è altro che essere missionari, il missionario esce di casa e ti porta un annuncio di bene, di amore, ti invita a seguirlo. Oggi abbiamo bisogno che le famiglie diventino vere missionarie! 

Non il prete che da solo deve gestire parrocchie e impegni come manager di multinazionali. Lui è uno solo in un comune di mila e mila abitanti, noi siamo già più di uno tra i mila abitanti dello stesso comune. Tu che aiuto dai alla tua Chiesa? Ricordo quando in fondo alle panche si vedevano sempre quel gruppo di vecchietti che per amicizia si trovavano tutto insieme alla stessa messa, occasione poi per far due chiacchere, per stare insieme, per salutarsi. Ricordo quando facevo il chierichetto con i miei amici e l’andare alle funzioni era anche occasione per vederci. Ricordo quando mia nonna andando a messa la domenica, trovava tutte le sue amiche fuori di chiesa e tra un saluto e una chiacchierata tornava a casa alle 12.00, ma la messa era finita alle 10.

Oggi chi fa così? Forse non abbiamo il tempo per due ore di saluti e chiacchere la domenica mattina? Forse non ci piace più stare in compagnia? Cosa è cambiato? Son cambiate le relazioni? Ci viene da pensare che mia nonna aveva e ha delle relazioni più salde delle tue e delle mie nonostante non conosca né i social né i telefonini. Riflettiamoci! Che bellezza poter vivere non solo la celebrazione liturgica come un tempo che ci arricchisce ma anche il fuori chiesa, il post messa, come un tempo nutriente che ci rende comunità. Cristiani felici insieme! Siamo battezzati e camminiamo nella e con la comunità cristiana, coltiviamo allora le relazioni perché non vengano mai a mancare, sono il bisogno primario del cristiano di oggi! Coltiviamo unitamente la relazione con Dio! Oggi vi lasciamo qua. Andremo avanti domani con uno spunto ancora più bello! .. buona giornata e stay Tuned!

Anna Lisa e Stefano – @cercatori di bellezza

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Va e ripara la mia casa

San Francesco!

Oggi vogliamo fermarci a contemplare ancora una volta la bellezza del poverello di Assisi! Santo a noi molto caro, patrono della nostra Italia, piccolo giovane proveniente da una città per noi seconda casa.

C’è quell’aggettivo che abbiamo usato prima per descriverlo che però dovrebbe stonare con la bellezza: poverello.

Un povero ma bel giovane!

Francesco ha scelto davvero una vita povera, Francesco ha lasciato una famiglia ricca per farsi vicino al povero, per vivere secondo il Vangelo! Un gesto estremo per i nostri giorni, ma anche per 800 anni fa!

Trovare il coraggio di lasciare tutto per vivere nella verità del cuore, per vivere per l’Amore. Trovare il coraggio anzitutto di cercare il significato di quelle parole che risuonavano nella sua mente. È da un ascolto profondo, da una ricerca di verità, di bellezza che lui è partito e ancora oggi si mostra a noi.

Fra le tante parole che Francesco ha ascoltato ce n’è una che gli è arrivata dal crocefisso di San Damiano: VA E RIPARA LA MIA CASA.

Una frase semplice, breve, da far risuonare nel cuore.

Va: mettiti in cammino, alzati, parti, non star fermo. L’amore è un verbo di movimento non statico. L’amore ha fretta di amare, domani sarà tardi. Va allora! Cosa aspetti? Non lasciare che le cose le faccia qualcun altro.

Ripara: aggiusta, sistema, non scartare, non buttare, non dividere, non vedere la fine come se non ci fosse più speranza. Va e aggiusta, abbi fede! C’è speranza! Ripara! Fidati!

Che bello! Il Signore ci rilancia (va..), ci spinge a partire ma non per nuove costruzioni ma per riparare, verso quel che c’è già! Bellissimo!

Il nostro non è un Dio dello spreco, non è il general manager di una compagnia usa e getta, acquista – monta e quando ti stanchi o si rompe: cambia! No, ripara!

Nel libro dell’apocalisse al capitolo 21 sta scritto “ecco io faccio nuove tutte le cose”, il Signore non fa nuove cosa ma fa nuove tutte le cose! Bellissimo!

Il Signore Gesù: artigiano d’amore!

La mia casa: cos’è questa casa? La Chiesa in senso di struttura fisica? La Chiesa in quanto istituzione? Cos’è “la mia casa”? Come posso fare a risanare la mia casa, la chiesa?

È qua che ci siamo soffermati, è qua che nasce il dubbio, l’incomprensione, il vuoto, forse ci sentiamo spaesati, sembrava una frase semplice che avevamo compreso ora sorge una domanda “dov’è la tua casa Signore? Cosa vuoi che ripari? Dove mi mandi? “

Per noi, questa casa è il tuo cuore!

Per noi, questa casa è la tua vocazione!

Per noi questa casa, è il tuo vivere quotidiano! Quanto calcestruzzo serve per curare la vita di ognuno di noi, ognuno con i propri limiti, i propri peccati, le proprie cadute più o meno grandi, le abitudini sbagliate etc

Quanti cuori feriti, infranti, traditi, freddi, insensibili.

VA E RIPARA il tuo cuore, LA MIA CASA!

Quante vocazioni non curate, non scelte, non allenate con il passare degli anni che si smarriscono, rallentano, si inaridiscono. Quanta difficoltà a dire sì, quanta fatica oggi a scegliere di mettersi in ascolto della Parola che dona vita, invece di continuare ad inseguire come Francesco i propri sterili sogni di gloria, il sogno di diventare cavaliere. Lui ha avuto la (s)fortuna di cadere da cavallo. Te che aspetti a dire sì all’amore?

VA E RIPARA la tua vocazione, LA MIA CASA.

Ed il significato più bello, il più nostro, per questo blog. Va e ripara la mia casa; per noi, questa casa è la famiglia! La tua famiglia!

La tua relazione sponsale. Da qui si può aiutare e riparare la Sua casa, la Chiesa: che altro non è che famiglia di famiglie.

Come riparare la chiesa se litigo con mia moglie? se non so essere volto di amore per i miei figli? se non coltivo la mia relazione? se non dialogo con lei/lui? Se non ho tempo per lei/lui? Se non vivo la nuzialità, l’unione, quell’eros e agape che rende saldo il nostro essere marito e moglie?

Quante crepe, quanti litigi, quante fatiche anche nelle nostre famiglie! Cosa aspetti, la festa del Poverello di Assisi arriva anche quest’anno e ci riporta quelle parole “VA E RIPARA la tua famiglia, LA MIA CASA”.

Sposi sì ma testimoni di amore! Famiglia sì ma che viva con ambizione di santità, in casa, con i figli, ma anche in ogni ambito in cui papà, mamma e figli vivono!

Da come ci amiamo dovranno capire che il Signore è risorto!

“Va e ripara la mia casa”

Forse anche noi oggi possiamo fermarci a contemplare san Francesco chiedendogli di aiutare a vivere in risposta a questa richiesta vivendo l’amore che oggi son chiamato a dare, per me, per il mio prossimo, per il mio collega, per mia moglie, per mio marito, per i miei figli.

Mettendoci in ascolto, facendo spazio a Lui, alla sua parola.

Questo è il il lavoro più bello che possiamo fare per riparare la SUA CASA.

La sua casa sei te! È la tua vocazione! È la tua famiglia! È il tuo cuore!

Anna Lisa e Stefano – @cercatori di bellezza

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La castità ha bisogno di una meta

Sto scrivendo con Luisa il nuovo libro. Un testo dove cercheremo di approfondire il matrimonio nella sua dimensione regale. Come ho già più volte scritto il matrimonio è un sacramento che si fonda sul nostro battesimo, come del resto tutti i sacramenti. Il battesimo ci permette di essere re, sacerdoti e profeti con Gesù. In due libri già pubblicati, Luisa ed io abbiamo approfondito il nostro essere profeti e sacerdoti ed ora stiamo completando l’analisi con l’ultima dimensione. Noi siamo re. Siamo re quando sappiamo alzare lo sguardo e smettere di essere ripiegati su noi stessi.

E’ sbagliato quindi cercare di essere felici? No nient’affatto. E’ sbagliato legare la nostra felicità ai nostri sentimenti. Lo dice benissimo don Luigi Maria Epicoco in un suo libricino L’amore che decide. Noi abbiamo un oceano dentro. Un oceano fatto di sentimenti, emozioni e, don Luigi aggiunge giustamente, anche le nostre personali ferite che cercano di influenzarci. Corriamo il rischio di restare ripiegati su tutto questo bagaglio perdendo di vista quello che davvero conta per la nostra felicità e per dare senso a tutto: la destinazione. A volte viviamo come non ci fosse una destinazione. Viviamo alla giornata cercando di trovare la gioia in quei piaceri, spesso illusori ed effimeri, che possiamo avere nel dare soddisfazione alle nostre emozioni e ai nostri sentimenti. A volte, se parliamo di sesso, ai nostri semplici impulsi ormonali. Una dimensione davvero basica. Che povertà! Poi però non cerchiamo la nostra meta e se non la cerchiamo non la trovaremo mai. Capite la sofferenza dei nostri tempi? Il card. Biffi aveva descritto benissimo tutto questo apostrofando la sua Bologna come sazia e disperata. Siamo così. Cerchiamo di saziarci di piacere ma poi siamo disperati perchè non troviamo il senso della nostra esistenza. E più non troviamo senso e più abbiamo bisogno di cercare un anestetico fatto di piaceri. Diventa un circolo vizioso.

Da tutto questo ci può salvare la nostra vocazione. Prendere quindi coscienza che abbiamo un destino. Non intendo certo il fato cioè qualcosa di ineluttabile che dobbiamo accettare, ma un progetto su di noi che dobbiamo scoprire ed accogliere. Solo questa ricerca può aiutare a trovare un senso a questa vita. Vasco Rossi nella sua famosissima canzone Un senso diceva: Voglio trovare un senso a questa vita anche se questa vita un senso non ce l’ha. Solo prendere coscienza di avere una vocazione, cioè una meta può aiutarci a vivere la castità in ogni stato di vita. Io sono cresciuto con le canzoni di Vasco perchè ero disperato come lui. Poi ho trovato Luisa e la mia vocazione. Avere una meta può aiutare tutti. Può aiutare i fidanzati, i consacrati, le persone che hanno orientamento omosessuale. Tutti! La castità indica che abbiamo compreso che vale la pena scegliere di agire per il bene, e se necessario in modo diverso da ciò che ci spinge a fare il nostro mondo emotivo.

Alla fine è tutto qui. La nostra vita è fatta di scelte. La mia storia con Luisa è fatta di scelte. Non sempre scelte grandi, ma anche continue piccole scelte. Il fatto di non avere rapporti prima del matrimonio. Pensate che non ne avessi voglia? E’ stata una fatica enorme per me. Eppure Luisa ed io abbiamo scelto di aspettare. Il fatto di non guardare pornografia dicendo di no quando ne avevo voglia. Il fatto di non uscire durante la pausa pranzo con quella collega che mi piaceva. Il fatto di smettere di usare gli anticoncezionali. Per me è stato faticoso rinunciare ad avere rapporti in certi giorni, avevo voglia di usare il preservativo ma ho scelto di fare altro, ho scelto con Luisa quello che faceva bene alla relazione e non quello che volevo.

Se ho avuto la forza di fare tutte queste piccole ma costanti scelte è perchè avevo una meta. Luisa ed io abbiamo sempre cercato di costruire la nostra relazione affinché fosse nella gioia in questa vita e ci aiutasse entrambi ad arrivare pronti alla vita eterna, all’incontro con Cristo.

Ora, sul secondo punto non posso metterci la mano sul fuoco, anzi so di avere ancora tanto da cambiare in me, ma sul primo punto ho sperimentato di aver fatto la scelta giusta. Luisa ed io siamo sposati da vent’anni e la nostra relazione è più viva che mai. La desidero immensamente, la nostra intimità è bellissima, molto più di quando ci siamo sposati. Questo non perchè siamo particolarmente bravi o abbiamo talenti particolari. Tutt’altro. Questo perchè abbiamo fatto la nostra scelta e, ogni volta che abbiamo scelto per il bene e non per la voglia del momento, abbiamo aggiunto un tassello in più alla nostra relazione. Siamo cresciuto un po’ di più. L’amore, come ho già avuto modo di scrivere, è una scelta. Con questo articolo ho cercato di spiegare come questa scelta sia fatta di tante piccole scelte quotidiane. Non è un concetto astratto ma molto concreto ed ordinario. Per questo il nostro essere re passa dal controllo delle nostre emozioni. La libertà non è abbandonarci a tutto ciò che vogliamo fare. Quella è piuttosto una schiavitù. La libertà, quella del re, è fare la cosa giusta. Se sarà piacevole bene, se ci costerà fatica meglio, perchè ci aiuterà a diventare sempre più quell’uomo o quella donna che siamo.

Antonio e Luisa

Cos’è l’amore?

Cos’è l’amore?

In tanti lo cercano, forse tutti lo vorrebbero trovare. Si può amare una ragazza, si può amare sè stessi, si può amare il creato, si può amare il prossimo, si può amare il Signore e le persone da Lui affidateci. Ma cos’è l’amore? Quale definizione gli diamo?

In tante cercano il ragazzo, in tanti cercano la ragazza. Cercano quell’amore che quindi è una persona da amare. Ma cos’è l’amore? O con che criteri scelgo la persona da amare e che mi dovrà, dovrebbe poi amare? Cosa cerchi? cosa guardi nell’altro, nell’amato?

Guardo mia moglie da circa una settimana, nel buio notturno della camera da letto, che con la lucina del cellulare un po’ oscurata o usando solo quella del display: è sveglia, allatta il piccolo Tommy, ogni due ore. (Alle 24, alle 2, alle 4, alle 6..). I primi giorni i bimbi richiedono un’allattamento frequente, poi si può passare ad avere dei ritmi più allargati o a chiamata.

Guardo mia moglie che in quella penombra alle 3 o alle 4 di notte, lo coccola, gli massaggi il pancino, si alza per cambiargli l’ennesimo pannolino, per lavarlo. La guardo la mattina, che con la stessa forza, tenacia, bellezza si dedica a lui, si dedica all’altro “tornado di casa” che si sveglia e vive con un unico pensiero fisso: “giochiamo?”. La guardo che fra i bimbi cerca di salvare qualcosa di sè, del suo essere donna, del suo essere sposa, moglie. Cos’è l’amore?

Hai mai puntato la sveglia alle 24, alle 2, alle 4, alle 6? Ti sei mai svegliato, messo seduto, alzato, andato in bagno, e poi tornato a dormire, fino alla sveglia dopo, così per giorni? Senza sapere quando cambieranno i ritmi. Quando passeranno le colichette. Per chi? Sopratutto. Per chi? Per un bambino che di professione dorme e impara a far la cacca tutto il giorno e piange. Per un bambino che non ti può dare nulla in cambio se non i pannolini usati. Per un bambino che fino a ieri non avevi mai visto, con cui non hai mai parlato. Cos’è l’amore?

In quella luce bassa della notte, nella penombra della stanza vedo l’amore. L’amore di una madre per un figlio, l’amore che si fa carne. L’amore che è dono di vita, per l’altro, che mi toglie non quel piacere come il calcetto, o la palestra, o pilates, o quale altro hobby possiate avere, ma mi chiede addirittura di rinunciare ad un bisogno primario: il sonno. L’amore verso chi ha bisogno davvero di tutto, che non mi ridona nulla in cambio, che non sa dire Grazie. L’amore verso chi non conosco, che cerco ogni giorno amandolo di conoscerlo. Stupendo!

Cos’è l’amore?

Se questo è l’amore, allora tu che ne sei in ricerca che cosa guardi nell’altro? Ricordiamo quando eravamo adolescenti e si guardava nell’altro l’aspetto fisico, o gli occhi, c’è chi guarda le mani. Le ragazze cercano l’uomo colto, intelligente. I ragazzi che hanno meno sale guardano il fondoschiena e le gambe.. (forse pure le ragazze..).

C’è chi guarda al portafoglio. C’è chi guarda agli interessi, alle attitudini sportive. C’è chi deve sapere come fa l’amore, per capire se quella è la persona giusta. Qui potremmo aprire un capitolo fatto di martellate in testa.. ma andiamo avanti. Chi come san Tommaso, ha bisogno di testare l’altro in un tempo di convivenza. Per conoscersi meglio, per viverlo di più.

Noi NON siamo contro la convivenza, ma dipende con che ragioni la si inizia. Se credi che con la convivenza vivrai di più con quella persona, ti diciamo che purtroppo spesso non è così. Vivere sotto lo stesso tetto comporta un collaborare insieme per la gestione della casa e della quotidianità che rischia di togliere il tempo di conoscenza, non di accrescerlo. Spesso nella nuova casa non si va scegliendosi e facendo spazio all’altro, ma al contrario si riempie quello spazio con tutto ciò che sono i nostri interessi, gli hobby, le abitudini, le nostre esigenze, i nostri bisogni. In questo modo non ci si vuole compromettere, non si vuole far spazio ma solo provare a vivere insieme. Equivale a vedere se la persona che hai trovato è un buon coinquilino, un buon socio in affari, mentre diverso è conoscerlo in amore. Cos’è l’ amore?

Ecco guardare l’amore nell’altro allora è guardare al cuore. Imparate cari giovani a cercare l’amato guardando alla sua capacità di amare, al suo cuore. Cosa guardi in una donna? Il suo cuore. Cosa guardi in un uomo? Il suo cuore. Innamoratevi dell’amore se volete vivere l’amore e ricercate ogni giorno il significato concreto di quell’amore che volete vivere.

Ogni tanto qualcuno ci scrive chiedendoci consigli, circa i ragazzi di oggi che sono senza valori, o su come trovare un bravo ragazzo. Guardate al suo cuore. Tutti nasciamo per amare e lasciarci amare, ma bisogna imparare ad amare l’altro, guardando il suo centro. Imparate ad amare, cercate l’amore, andate a scuola dal Maestro dell’amore e non rimarrete delusi. La prima scuola, la prima laurea di vita dev’essere nell’amore.

Anna Lisa e Stefano – @cercatori di bellezza

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Gravidanza, scuola di amore nuziale!

Attendere, infinito del verbo amare.

La gravidanza è un tempo di attesa. Attendere che lo possiamo tradurre anche in Tendere a..

tendere a quel bambino che nascerà, a quella vita nuova che diciamo entro una ventina di giorni avremo tra le braccia.

La gravidanza è un tempo bellissimo, e bellissima è la donna in gravidanza. Gravidanza tempo bello ma anche tempo di fatiche. Quasi in contraddizione a ciò che dall’esterno si vede. Tra le più comuni: Esami, ecografie, mal di schiena, nei primi mesi vomito, per qualcuno non solo nei primi mesi. Negli ultimi mesi, continue pipì anche durante la notte, ogni due e tre ore la donna ha quel bisogno. Difficoltà a muoversi. Alimentazione controllata, è una leggenda quella che in gravidanza si mangia il doppio, piuttosto ci sono tutti i controlli legati al ferro, al glucosio. Si cerca di evitare il diabete gestazionale, modificando l’alimentazione con cibi integrali. Non si possono mangiare salami ed insaccati crudi. Togli alcuni pesci, i crostacei, togli il vino, alcool, bevande gassate. Frutta e verdura da sterilizzare. Etc etc

Che rimane dopo questo elenco della bellezza della gravidanza? Ma è davvero un tempo bello?

La gravidanza ci insegna a portare il bello al di fuori di noi, con un pancione che cresce, che si mostra. Con la vita che cresce e che la mamma è chiamata a custodire, a proteggere, stando attenta, amandola senza conoscerla.

La gravidanza ci insegna che nel vivere la grande bellezza del fiorire della vita, ci sono anche fatiche, dolori, attenzioni, preoccupazioni che ci abitano ma che non sono tutto.

La gravidanza diventa scuola di amore, avete mai amato qualcuno che non conoscete? Che non avete mai visto? Che non avete mai toccato? Sentito? Con cui non avete mai parlato? Che non vi ama, perché ancora non sa cos’è l’amore? Che prende tutto da voi, senza darvi in cambio niente?

Il bimbo nella pancia è dono di amore, è frutto del nostro, vostro amore. Amandoci, il nostro amore, la nostra pianta, fatta da quell’io e te, ha compreso che c’era spazio per un’altra fioritura, e in un atto di amore ha iniziato a far crescere nuova vita.

Che bellezza la gravidanza!

La gravidanza allora è davvero bellezza, anche se il cambiamento passa dalla fatica. Non c’è alba se prima non si attraversa il buio della notte. La donna è l’essere vivente che ci può raccontare la bellezza di un cambiamento che vive, qualcosa di unico. Altri mammiferi lo vivono ma la donna può raccontartelo, descrivertelo, renderti partecipe di come si vive il miracolo della vita, di come si custodisce dentro di sè e si fa crescere la vita.

Che bellezza!

Scrive anche il papa Francy: “Ci è stato dato un figlio. Si sente spesso dire che la gioia più grande della vita è la nascita di un bambino. È qualcosa che mette in moto energie impensate e fa superare fatiche, disagi e veglie insonni, perché la felicità che porta è così grande che di fronte a lui niente sembra pesare.

Ora passiamo a te caro Tommasino, tra poco ti vedremo, ti toccheremo, ti conosceremo.

Mamma Anna qualche giorno fa mi domandava: ma tu non hai voglia di conoscerlo?

Proprio così, sei in mezzo a noi, ma non ti conosciamo. Ogni tanto i medici controllandoti ci han detto che sei agitato, ci han detto le tue misure, il tuo peso, mostrato il tuo profilo in bianco e nero, fatto sentire il cuore.

Un battito: tum tum, tum tum, è quel che abbiamo di tuo.

Alcuni scatti, su delle foto tascabili che per noi umani senza il camice, alcune son davvero incomprensibili. Noi che amiamo le foto quelle belle, noi che andiamo dai fotografi per gli shooting, le prime foto tue le abbiamo fatte fare a ostetriche e ginecologhe e son uscite tutte in bianco e nero.

Papà e mamma, quei due che senti più spesso parlare, desiderosi di conoscere qualcuno di sconosciuto. Un bambino che deve prendere ancora forma, deve svilupparsi, crescere, imparare a parlare, a mangiare, a toccare, a camminare.

Tommaso, questo è il nome, che non sai di avere, che non ti sei dato, che ti abbiamo dato per chiamarti, con cui ti sentirai chiamato. Ti piacerà? Forse un giorno ce lo dirai.

Tommaso, stai per entrare nella nostra vita da sconosciuto, per restarci da figlio amato. Stai per entrare dalla porta di casa, a scombinare le nostre giornate e quello che più di tranquillo vivevamo io e mamma fino a qualche anno fa e che ora aveva ripreso una parvenza di normalità: il riposo notturno.

Stai per prenderti uno spazio in casa, a tavola, in camera da letto, in bagno, in cameretta, dove non sai ma ti attende tuo fratello. Non vi siete scelti, lui ti avrà lì a cambiar la sua giornata, il suo mondo genitoriale. Te non lo sceglierai, te lo troverai li a darti fastidio o forse a curarti.

Un figlio che arriva, è totalmente sconosciuto a mamma e papà, eppure ti accoglieremo in casa nostra, non ti potremo cambiare, entrerai nelle nostre vite per restarci per viverle.

A pensarci, un lavoro lo scegliamo e se non ci piace, possiamo cambiarlo, possiamo stracciare noi il contratto.

La propria moglie o il marito, lo scegliamo, lo conosciamo, lo corteggiamo, e forse quando siamo convinti lo/la sposiamo.

Ci scegliamo gli amici, la casa, l’arredamento la macchina, e se non ci va bene: si cambia.

Le altre cose, persone, le abbiamo scelte noi eppure dopo un po’ spesso le cambiamo, non ci piacciono più.

Un figlio non lo scegli, non lo conosci, è un dono a sorpresa, te lo tieni, non lo puoi sostituire con un altro.. ma il bello di tutto ciò è che è l’unica creatura che Ami ancora prima di conoscerla..

Sconvolgente!

Ed è in questa logica unica dell’amore che ti attendiamo Tommasino! È per questo che desideriamo tantissimo poterti conoscere, vivere e amare.

Sei ancora nella pancia di mamma e ci insegni la logica dell’amore, ci educhi al desiderio, ci insegni ad aver fiducia.

Ci dimostri che l’amore non è qualcosa di costruito da noi, scelto da noi, comprato da noi. Ma è dono! Non dono fatto, ma dono ricevuto che ci viene fatto! Amore è accogliere l’altro come un dono! Bellissimo!

Ci mostri, come ci dice il caro papa Francy, “che tu sei dono gratuito, senza merito di ognuno di noi, pura grazia.”

Ci insegni che un figlio nasce già amato, e anche noi come figli siamo amati da un Padre che ci conosce, ci ha pensato, ancor prima che altri sulla terra potessero farlo.

Ci dimostri che possiamo amare solo partendo da un Padre, che è donatore, solo accogliendo Lui nella nostra vita. Lui che ci da la forza e gli strumenti come la tenacia, la fedeltà, che da soli neanche lontanamente avremmo per amare uno sconosciuto.

Chi da solo saprebbe farlo?

Ci insegni ad affidarci che è oramai difficilissimo! Ad avere fiducia in se stessi e nell’altro. Se ne avessimo di più non vivremmo fidanzamenti indecisi, ma sceglieremmo l’amore: un per sempre un po’ a scatola chiusa, un per sempre come quello che abbiamo detto quando abbiamo capito di attendere.

Questo affidarci, non si basa ancora una volta sulle proprie capacità di amare, non si basa sulle capacità di un bambino di amare, al cui posto puoi pensare ci sia il tuo compagno, la tua compagna. Ma sulla capacità di Dio di riuscire a star in quel dono, in quell’amore.

Anche il matrimonio è un affidarsi, chi sa come sarà la vita da sposato con quella persona? Ci siamo inventati la convivenza per provare. Ma non è lo stesso, non sarà mai vivere il per sempre dell’amore. Come dire sì ad un figlio che nasce per sempre per stare con te.

Ci fermiamo qua, tanto si può ancora dire, vi lasciamo solo con l’augurio di vivere la bellezza dell’amore, di scoprire che siamo amati, di imparare ad accogliere i doni della vita, di abbandonarsi nelle braccia del donatore che vuole la tua felicità!

La vita, la gravidanza, unicità infinita di amore!

Giovedì 14/07/2022 alle 20.13 è nato Tommaso! Un parto splendido, veloce, naturale!

Anna Lisa e Stefano – @cercatori di bellezza

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Il fascino della diversità

Uomo e donna sono uno spettacolo. Come canta Jovanotti Il più grande spettacolo dopo il big bang siamo noi io e teSiamo il vertice della creazione. Non solo l’uomo, non solo la donna, ma l’uomo e la donna insieme. Perchè in quella relazione c’è l’immagine più vera di Dio stesso. Non nell’uomo, non nella donna, ma nella relazione. Davvero Dio ci ha creato come solo Dio avrebbe saputo fare. Siamo meravigliosi non solo in quanto persone, ma ancor di più come coppia in una relazione sponsale che davvero è affascinante e misteriosa. Il nostro corpo non è un limite ma un’opportunità immensa.

Mentre scrivo ho qui accanto Luisa. La guardo e non posso non pensare quanto sia diversa da me, quanto sia proprio all’opposto da me per tante cose, ed è proprio questo che la rende così attraente. Il matrimonio è una sfida, una sfida che ci chiede di entrare sempre più in profondità in un mistero, nel mistero di una donna che è qualcosa di totalmente altro rispetto ad un uomo, nel mistero di una relazione che ci chiede una comunione non solo di cuore ma anche di corpo. Che bello ma anche come è difficile e quanti errori si fanno. Errori che nascono proprio dalla sicurezza che abbiamo di conoscere l’altro e cosa piace all’altro. L’errore di relazionarci come se l’altro fosse un altro noi, nel modo che piace a noi.

Se ci pensate bene il rapporto intimo tra gli sposi è davvero l’incontro tra due persone che sono distanti anni luce l’uno dall’altra. Hanno necessità diverse, stimoli diversi, impulsi diversi. Sono però accumunati dallo stesso desiderio di essere uno. Hanno lo stesso desiderio di comunione, e per realizzarlo è importante che imparino a dialogare. Ad aprirsi l’un l’altra per amarlo/a come l’altro/a desidera. Per conoscerlo/a profondamente.

Vi siete mai chiesti perchè nella Bibbia il verbo conoscere viene spesso associato all’atto sessuale? Perchè l’atto coniugale descrive la pienezza della conoscenza. Dio ci “conosce” come uno sposo e noi dobbiamo “conoscerlo” come la Sua sposa che accoglie completamente il suo sposo. Si capisce, allora, che il culmine della conoscenza è l’intimità, dove tutto è comune e dove la prevalenza è quella dell’amore. Ecco noi sposi, proprio nell’amplesso, siamo così in intimità da vivere una piena comunione. Siamo una carne e un cuore solo. Siamo immagine della Trinità.

Guardate anche solo come siamo fatti. Fisicamente e sessualmente. Gli organi genitali maschili fuoriescono quasi completamente dal corpo. Le donne al contrario possiedono organi genitali che sono quasi completamente all’interno del corpo. Il corpo parla. Il corpo ci dice chi siamo. L’uomo si sente realizzato in una relazione quando riesce ad uscire da sè stesso, dal suo egoismo, dal suo individualismo. E in questo suo uscire si scopre pienamente uomo. Non a caso nella famosa lettere agli Efesini San Paolo scrive: E voi, mariti, amate le vostre mogli, come Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei. Concretamente significa morire a noi stessi per donarci completamente all’amata, esattamente come Gesù si è dato totalmente per noi. La donna al contrario desidera accogliere in sè l’uomo per sentirsi amata e realizzata e scoprirsi pienamente donna. San Paolo infatti scrive: le mogli siano sottomesse ai mariti come al Signore. La donna, che vuole avere tutto sotto controllo, ha bisogno di abbandonarsi nella piena fiducia verso l’amato per vivere una vera comunione nella vita e nel rapporto intimo. Capite quale profondità c’è dietro le parole di San Paolo? Non è la semplice tiritera maschilista e patriarcale di una società arretrata e lontanissima dalla nostra. Sì, il linguaggio usato da San Paolo, oggi andrebbe rivisto e adattato alla nostra sensibilità ma il significato profondo è ancora attuale e verissmo, perchè parla di come siamo fatti.

Uomo e donna sono diversissimi anche in ciò che li stimola sessualmente. L’uomo ha fretta. L’uomo non ama i preliminari. Andrebbe subito al sodo. Gli basta guardare e toccare il corpo dell’amata per partire a mille. La donna no. Desidera essere corteggiata anche nel rapporto. Desidera essere al centro delle attenzioni del marito e solo così riesce ad abbandonarsi a lui. Luisa ascolta molte spose che raccontano le loro difficoltà. Si è accorta che tutte hanno le stesse necessità. Hanno tutte, almeno quelle che si sono confidate con lei, bisogno di preliminari lenti e teneri per riuscire ad abbandonarsi e ad aprirsi all’incontro.

Capite come siamo diversi? Ed è bellissimo così. Già perchè la relazione diventa attenzione per l’altro/a. Diventa cura e rispetto delle rispettive sensibilità. E alla fine diventa comunione del corpo e anche dei cuori. L’errore più grossolano e fatale che possiamo fare è piegare l’altro al nostro modo e alla nostra sensibilità di vivere l’intimità. E’ bello invece imparare, con il dialogo e con l’osservazione, ciò che l’altro desidera per crescere sempre più in piacere e in comunione, perchè gioia e comunione vanno di pari passo, crescono insieme.

Il sesso nel matrimonio permette di assaporare la comunione e la relazione in pienezza facendone esperienza nel corpo ed educa il cuore dei due sposi. I due sposi, proprio attraverso l’unione intima, acquisiscono uno sguardo diverso. Sempre più attento all’altro prima che a sè.

Come capire se vivete il vostro rapporto con questo atteggiamento? Semplice dopo tanti anni di matrimonio avrete ancora voglia di fare l’amore perchè dell’amore autentico non ci si stanca mai. Dell’egoismo invece ci si stanca presto.

Antonio e Luisa

Summer 2022! Guida alle vacanze…

Son passate le vacanze di quest’anno, le abbiamo fatte pre parto per poter dare la giusta attenzione a Pippo prima che Tommy ci tolga tempo ed energie. Le abbiamo passate cercando di riposarci, cercando di essere comodi e rinunciando a viaggi lunghi e nuove mete. La pancia c’è, si sente e si vede. Con essa c’è la necessità di riposare per mamma Anna, di non fare i Pellegrini come in altri anni a fare 15km al giorno.

Ma soprattutto una vacanza in cui se guardiamo i servizi offerti dal bagno in spiaggia: niente partite a bocce o a Ping pong, niente tintarella in modalità lucertola. O se guardiamo ai giorni in montagna: niente lunghe camminate in alta montagna, niente ascese a rifugi alpini, niente spa o Resort per coppie, volete metterci dell’altro che magari fate in vacanza voi di solito? E invece:

Ci siamo ritrovati a fare buche e gallerie, discese per biglie, castelli di sabbia, a tirare sassi nel lago e a girare volanti di giostrine. A fare passeggiate sul lungomare o gite passegginabili, sentieri famiglia. Dove sta allora la bellezza dell’essere famiglia? Dove sta il bello di avere dei figli? Il bello di essere sposi?

La bellezza sta nell’amare, sta nel volere ciò che vivo, nel vivere la libertà. La libertà è volere ciò che faccio non fare ciò che voglio. Amare vuol dire fare spazio all’altro non guardare i miei interessi. Se dico di amare l’altro ma poi voglio vivere i miei piaceri, le mie passioni h24, che amore vivo o meglio: cosa, chi sto amando davvero?

Questo non vuol dire annullarsi, rinunciando a tutto ma scegliere l’amore e la vita ad un individualismo possessivo. La bellezza dell’essere famiglia è nel vivere questo tempo, il tempo presente, nel dono all’altro, ad una moglie mamma che ha bisogno di riposo, nel dono ad un figlio che ha bisogno di un padre che scava buche. E fa niente se dovrò perdere qualcosa di mio, perché l’amore che ricevi in cambio è enorme!

Pensiamo a tutti quei ragazzi che sognano una ragazza o a quelle ragazze che attendono l’amore. Pensa a tutte quelle coppie che non riescono ad avere figli. A me, a te, son stati dati dei doni e allora che faccio? li sciupo volendo vivere da single? Li sciupiamo volendo vivere senza figli, senza donare vita? Ad ognuno gli è dato di vivere questo tempo in modo speciale e con tutta la sua capacità di amare. Ringraziando per i doni che oggi la provvidenza ci ha fatto.

A chi è single, gli ha dato di vivere questo tempo di vita nella sua autonomia, nella possibilità di vivere passioni, coltivare interessi. Edificarsi a camminare da solo, imparando a conoscere il bello di se’ e di ciò che ci circonda.

A chi è fidanzato o convive, gli è dato di vivere questo tempo di vita, nella conoscenza, nello scambio di amore ed attenzioni, nella crescita alla fedeltà, nel prendersi cura dell’ altro, nel custodire il proprio io ancora staccato dall’altro.

A chi è sposato senza figli, gli è dato di vivere questo tempo di vita mettendo a frutto la bellezza dell’amore, della sponsalità, vivendo l’amore coniugale in maniera piena e totalizzante, concimando ogni giorno con gesti di amore la propria pianta della vita.

A chi è sposato con figli…(oramai avete capito, completate voi leggendo nella vostra famiglia la bellezza del vivere il tempo di vacanza. La grazia sacramentale vi rende pittori di opere d’arte!) Poi verranno dei domani in cui ci sarà quel figlio che cambierà le vostre scelte, poi verranno dei domani in cui tornerai a giocare a bocce o a calcetto o ad andare in montagna con tuo figlio, poi verranno dei domani in cui avrai una ragazza e farai altre scelte..

Ma nel mentre c’è da vivere il presente quel qui ed ora che ha tutto per dirsi bello, unico, irripetibile. L’amore è questo, è giocarsi tutto verso l’altro, decidendo di scegliere di lasciare qualcosa che è mio per far spazio al tuo. L’amore è vivere con il cuore grato per la grandezza di tutto ciò che ricevi. Un ricevere non conquistato seguendo la logica del mondo per il quale se lavoro mi danno lo stipendio, se vendo guadagno, se son bravo mi applaudono; piuttosto un ricevere che non è immediato, che non puoi calcolare, ma che è più grande.

Un ricevere che nasce da una variabile certa: ho dato tutto me stesso e l’ho dato con gioia e volontà e questo mi basta oggi per avere il cuore felice, grato. Un cuore che guarda al futuro con speranza ma è grato del presente e ha fatto pace con il passato.

Buone vacanze! A chi ancora deve andare… buona vita nell’amore a tutti gli altri. Ogni giorno ci è dato per amare e lasciarci amare, per vivere nell’amore. Non sprechiamolo. Buona giornata!

Anna Lisa e Stefano – @cercatori di bellezza

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ANNIVERSARIO DI MATRIMONIO! La gioia dell’amore

Continuiamo oggi in questo Monday in love, a parlare di anniversario, ripartendo da dove vi avevamo lasciato lunedì scorso, ovvero dal dire Grazie! (clicca qui se vuoi rileggere il precedente articolo) Dall’imparare a ringraziare per quanto abbiamo vissuto, e andando poi a svelarvi l’originale del nostro 2-3 giugno. Come avremo passato l’anniversario? In una Spa? In un rifugio di montagna isolato? In una grande Città ricca di fascino, bellezza e amore? … buona lettura

Nel nostro ringraziamento, un piccolo spazio lo tagliamo per la realtà che ci ha reso ciò che siamo. Realtà che è la Chiesa stessa, e che si manifesta attraverso i documenti conciliari, le encicliche, tradotte e spiegate a noi da sacerdoti, sposi e famiglie che fanno parte di un progetto volto proprio ad aiutare ogni coppia di fidanzati e sposi a scoprire la grazia del Sacramento del matrimonio. Il matrimonio è un Mistero Grande che non si può vivere da soli, chiusi nella nostra casa ma ci chiede di metterci in cammino con la Chiesa, con altre famiglie, con altri sposi e in complementarietà con i sacerdoti, e con tutti i religiosi che incontriamo nel nostro percorso di crescita, nel nostro essere famiglia, nel nostro avvicinarci a Gesù sposo.

Noi abbiamo deciso di passare il nostro anniversario di matrimonio nella casa madre di Mistero Grande, realtà al servizio della Chiesa intera, che propone dei corsi per giovani coppie, per fidanzati. Realtà che non nasce con l’intento di creare un’appartenenza, ma semplicemente mette a disposizione di tutti degli strumenti che aiutano, e ci hanno aiutato, ad essere famiglia con tutti i nostri limiti ed errori di cui a loro non attribuiamo colpa. Eheh. Perché questa scelta?

Perché quando abbiamo pensato a come e con chi passare il nostro anniversario di nozze, ci è venuto in mente che quel giorno ci siamo sposati con Gesù in Chiesa. Senza di Lui quel matrimonio sarebbe stato un accordo politico, una cerimonia civile o che altro ma non il nostro matrimonio. Ben vengano gli anniversari festeggiati in città d’arte, in Resort o spa di lusso, noi non sapendo con quale hotel vivere l’anniversario, non sapendo a quale località regalare la possibilità di ospitarci nel giorno del nostro far memoria del Sì all’amore abbiamo scelto una Chiesa, abbiamo scelto Gesù.

Abbiamo pensato, in un tocco di pazzia o inventiva d’amore che sarebbe stato bello poter passare a celebrare il rinnovo delle promesse nuziali presso la casa madre del…presso la casa madre del progetto Mistero Grande. Realtà che da quando abbiamo scelto di sposarci ci ha aiutato ad essere quel che siamo: famiglia – sposi! Realtà che con corsi, seminari, convegni, ascolto di catechesi, ci ha aiutato a rimanere saldi, uniti. Ci ha aiutato ad essere famiglia non a fare la famiglia. Realtà che non ci ha chiesto nulla in cambio e tutt’ora non ce ne chiede, perché a far crescere belle famiglie chi ci guadagna è la Chiesa stessa.

Realtà che mette poco di suo e tanto dei documenti che scrive la chiesa, riletti e spezzati per le coppie: dall’enciclica Amoris Laetitia, alla gaudium te spes, ai vangeli, etc. Realtà che aiuta ogni coppia ad essere parte di un unico corpo, anche se in quella Chiesa di paese, non ci sono altre coppie giovani, o ci si sente soli, o ci si sente non accolti. Percorsi anche online o che si fanno comodamente in casa con i quali si può mantenere viva la grazia sacramentale e imparare cosa si cela dietro il Mistero Grande del matrimonio cristiano.

Un grazie quindi al dono che ci ha fatto il Signore nelle sue Dioincidenze di trovare 2 splendidi sacerdoti che hanno potuto passare con noi del tempo il giorno del nostro anniversario, celebrando l’eucarestia, rinnovando le promesse matrimoniali, spezzando per noi la parola e vivendo del tempo in semplice ma necessaria, vitale complementarietà. Perché passare con Lui il giorno dell’anniversario?

Perché è Lui che ci ha costituito. Ogni coppia dovrebbe rileggere il suo stare insieme e farne memoria, come occasione per ringraziare del dono ricevuto. L’uomo, o la donna che ci stanno accanto non son frutto di conquiste, di caparbietà o di ingegno. Con l’ingegno si fa altro nella vita ma non si porta avanti per anni un matrimonio. L’altro è un dono che ci è dato per vivere l’amore e lasciarci amare, per generare la vita e l’amore.

Se uno ti regala una casa, una macchina, cosa fai? non lo ringrazi? Non lo andresti a trovare nel giorno dell’anniversario per vedere se magari ti regala qualcos’altro? Per questo ci è sembrato giusto passarlo con Lui. Perché è Lui che ci ha confermato con la grazia del Sacramento del Matrimonio, intrecciando la sua vita con le nostre. Mischiandoci e donandoci quell’unicità, quell’ indissolubilità, quella bellezza, quell’amore, quella forza che ci abita e ci fa camminare ogni giorno mano nella mano.

Le caratteristiche del matrimonio forse non sono proprio umane: chi sa promettere amore per sempre? Esclusivo? Fedele? Nelle difficoltà?.. nella nostra perfezione di esseri umani, siamo tutti imperfetti, abitati dai nostri limiti, dalle nostre ferite. Come possiamo pensare di essere totalmente fedeli all’altro, e che l’altro lo sia altrettanto con noi? forse se la si legge dal basso verso l’alto può sembrare facile, l’indissolubilità, la fedeltà, il perdono reciproco.. ma chiedete alle coppie sposate da tanti anni, se ogni tanto non si è faticato. Se quello stare insieme è capacità umana o c’è di più. Senza quel collante che è Gesù, non riusciremmo ad essere quel che siamo. Gesù è l’unico collante che non ti lascia mai.

Perché è Lui l’unica presenza certa che riconferma ogni giorno il nostro amore. Che vuole festeggiare con ogni coppia il proprio anniversario, la propria voglia di amare. Chi altro farà festa per il vostro anniversario? Forse i genitori, forse i familiari stretti che si ricordano la data, o che sanno che lo festeggerai. Forse i figli che sanno di essere frutto di quell’amore per sempre. Il numero si è già è ridotto; eravate in tanti il giorno del sì a far festa, a ballare, a pranzare, ma non tutti oggi si ricordano della vostra data. Più passano gli anni, più la memoria toglierà invitati a quel giorno. Ed è giusto, è normale, perché è il vostro, è il nostro giorno di amore, di Anna e di Ste e di Gesù. Non della nonna, dell’amico, del testimone; ognuno avrà la sua strada di amore da percorrere. Gesù invece non ci lascerà mai, anche durante un lockdown lui è presenza certa. Primo tifoso di ogni storia di amore!

Perché Lui è l’unico maestro d’amore, e se vogliamo continuare a camminare su questa via, lo possiamo fare solo stando in cordata con Lui. Perché poi in amore, e nessuno lo può negare, non si è mai arrivati! Abbiamo bisogno di continui corsi di aggiornamento sul lavoro… e sull’amore no? Lui è il maestro a cui rivolgerci. Lui è lo sposo della Chiesa Sposa, Lui insegnante di misericordia, Lui che si inginocchia a lavarci i piedi, che li bacia, li asciuga. Lui che entra in casa nostra. Lui che ci chiama Amici, Fratelli. Lui che ci bene-dice. Lui Re fatto uomo, fatto bambino. Lui parola fatta carne. Lui amore fatto carne. Stupendo!

Che bello aver scelto di passare con Lui il giorno del nostro anniversario, aver partecipato all’eucarestia. Quel giorno, venerdì 3 giugno, la Liturgia ci ha fatto leggere il Vangelo dell’amore, quando Gesù sul lago di Tiberiade dialoga con Pietro, il quale non capisce e sembra non comprendere perché quella domanda ripetuta tre volte; quasi a voler rassicurare, confermare quanto rispondeva. Che bello aver ascoltato quella lettura, spezzata in chiave sponsale. Gesù chiede a Pietro: “mi ami tu Pietro”? .. “ Si ti voglio bene” e anche noi, ci siamo ridetti il nostro TI AMO, ci siamo ripromessi lo stesso amore. Che bello che in quel dialogo di Vangelo, Gesù Amore, ci viene incontro, va in contro a Pietro. Scende quegli scalini sulla riva del mar di Galilea per arrivare ad amare allo stesso livello di come riesce ad amare Pietro. Che bello che proprio quel giorno ci ha voluto dire “mi ami più di costoro?” Più del tuo coniuge? Ecco così vuole che ci amiamo…amandolo perché da Lui possiamo amare nostro marito, nostra moglie.

Ecco questa è la bellezza di passare l’anniversario con Gesù, farci amare da Lui. Farci amare dall’Amore. Provare ad amare nel nostro piccolo l’Amore.

Grazie!

L’augurio nostro è che tutti possano vivere la propria vocazione sentendosi amati, celebrare il proprio anniversario lasciandosi amare dall’amore! Vivere il proprio matrimonio riuscendo a benedirlo con l’aiuto di Gesù e imparando da Lui ad amare!

Compito di quest’oggi? Mettersi nelle Sue mani.. mettersi in ascolto del Maestro grande dell’Amore che è Gesù!

Buona lunedì

Anna Lisa e Stefano – @cercatori di bellezza

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La castità non toglie ma dà (2 parte)

Riprendiamo la nostra riflessione da dove l’abbiamo interrotta ieri (clicca per leggere la prima parte)

Antonio e Luisa: cosa abbiamo imparato da questa nostra esperienza? Uomo e donna sono diversi. La castità dipende soprattutto dalle donne. Non sempre è così ci sono certamente delle eccezioni. Spesso è così. Costitutivamente gli uomini sono portati a pensare spesso al sesso. Hanno in testa solo quella cosa lì? Certamente no ma ci pensano molto più delle donne. Lo dice la scienza. L’uomo dal momento della pubertà cresce nel desiderio sessuale di 20 volte, la donna solo di due. L’uomo pensa al sesso in media 19 volte al giorno. La donna molte di meno. Questo secondo una recente ricerca americana. E questo è normale. Questa evidente differenza sessuale tra uomo e donna ci dice due realtà:

  • La vera prova d’amore non è quando l’uomo chiede di fare sesso, ma è esattamente l’opposto. E’ quella che la donna può chiedere al suo amato. Una donna è molto affascinata e si sente amata e rispettata quando il suo uomo è capace di controllare la parte più istintiva che c’è in lui. Desidera ardentemente l’incontro fisico, ma è capace di dire con le parole e con l’atteggiamento: ti voglio così bene che sono disposto ad aspettare perché tu lo desideri. Se capisse poi che vivere quel gesto prima del matrimonio sarebbe una menzogna, sarebbe il top. Ma ci può arrivare per gradi. Per Antonio, come abbiamo raccontato ieri, è stato così. L’ha compreso dopo.
  • La castità dipende soprattutto dalla donna. E’ la donna che deve contenere l’uomo. Lo dice come siamo fatti. Venti volte contro due; ricordate? Molte donne hanno paura di non essere accettate se dicono di no. Credono che in fin dei conti vada bene così, vi ripetiamo che non vogliamo giudicare chi fa scelte diverse, ma raccontiamo la nostra testimonianza, di come Luisa mi ha conquistato. Dicendomi di no mi ha fatto comprendere il suo valore e gliene sono grato La fatica è rimasta, continuavo ad essere attratto da lei e a desiderarla, ma ero sempre più affascinato da questa scelta. Per la prima volta sperimentavo con una donna una profondità, una consapevolezza e una ricchezza che fino ad allora non credevo fosse possibile. Per la prima volta comprendevo quanto preziosa fosse lei per me e quale significato avesse l’amplesso nella relazione tra un uomo e una donna. Non sono arrivato a comprenderlo da solo. Devo ringraziare padre Raimondo Bardelli che mi ha aiutato a capire come la castità non fosse una frustrazione da subire, ma al contrario fosse la consapevole preparazione del terreno. Attraverso la castità io e Luisa ci stavamo preparando a cogliere i frutti del nostro amore il giorno delle nozze. Ha cambiato la mia prospettiva. Non stavo rinunciando a qualcosa che avrei potuto avere subito, ma stavo rinunciando a un piacere immediato per averne, al tempo giusto, il centuplo. E così è stato.

Quindi nel fidanzamento casto non c’è contatto fisico? Cosa è giusto fare nel fidanzamento? Parlare la tenerezza. Tenerezza che si concretizza nei baci, negli abbracci, nelle carezze e in tutte le manifestazioni caste che ci possono essere. Parlare quindi il linguaggio proprio della stato in cui i due amanti si trovano. Uno stato provvisorio che non contempla ancora il dono totale del corpo. E’ pazzesco come le nostre relazioni siano costruite sbagliate. Fin dall’inizio. Nel fidanzamento si sperimenta il sesso in tutte le sue manifestazioni e poi, nel matrimonio, non si è più capaci di desiderarlo e di viverlo. Per tanti, dopo alcuni anni, si aprono le porte del deserto sessuale. Cosa succede? Semplice. Si è capaci di parlare un linguaggio solo. Quello dell’amplesso e dell’incontro intimo. Non si è usato questo periodo di conoscenza, il fidanzamento, per perfezionare tutti gli altri linguaggi. Anche quando ci sono, baci, carezze, abbracci e attenzioni sono sempre finalizzati a concludersi nell’amplesso. Nel matrimonio non c’è tutto il tempo, la voglia e il desiderio per queste manifestazioni di amore tenero e concreto. C’è tanto altro a cui pensare e che ci occupa il tempo. Nel fidanzamento invece, almeno di solito, c’è molto più tempo. Nel matrimonio serve impegnarsi. Serve parlare il linguaggio della tenerezza anche quando per tanti motivi non è possibile arrivare all’amplesso. Figli, gravidanze, metodi naturali, mancanza di tempo e di forze, rendono l’incontro intimo non più così semplice da cercare e desiderare. Qui bisogna attingere a quanto imparato nel fidanzamento. Solo se nel fidanzamento ci si è educati a parlare diversi linguaggi d’amore, trovando gratificazione e piacere in quelle stesse manifestazioni, senza quindi renderle finalizzate e usate al solo fine di raggiungere il piacere sessuale, si potrà affrontare con i giusti strumenti il matrimonio. Solo così i momenti di astinenza non saranno momenti di aridità e di distanza tra gli sposi, ma saranno periodi di corteggiamento e di tenerezza. Periodi altrettanto dolci e belli e, cosa più importante, fecondi. Utili a mantenere e ad alimentare la fiamma del desiderio. E’ fondamentale educarsi a questo modo di vivere l’amore. Se non si impara poi è difficile. Quando verrà per tanti motivi a mancare l’incontro sessuale si perderà il desiderio di vivere altre modalità e tutto diventerà povero e senza gioia. Un circolo vizioso che porterà sempre più in basso fino alla completa distanza emotiva, affettiva e sessuale tra gli sposi. Capite l’importanza di imparare la tenerezza nel fidanzamento. Non è una richiesta assurda, ma una base necessaria sulla quale costruire tutta la casa del nostro matrimonio. Se volete un matrimonio santo imparate a vivere questi gesti come parte meravigliosa del vostro rapporto. A volte condurranno all’amplesso e altre volte no. Saranno comunque momenti di meravigliosa e feconda unità. Lo saranno però solo se avrete imparato a viverli in modo autentico. Il fidanzamento è la prima scuola per educarsi a questo atteggiamento importantissimo.

Antonio e Luisa

Anniversario di matrimonio!

3/06/2017-3/06/2022…5 anni da quella promessa di Bene.. 4 doni grandi di cui due pronti per il Cielo, un Amore il nostro che si nutre di Lui. Una complementarietà che ci ha permesso di rivivere le nostre promesse e di offrire di nuovo oggi le nostre vite a quel Padre che ci ha voluto l’uno per l’altro. Per tutto questo e tanto ancora diciamo GRAZIE!!!

Da questo semplice pensiero di auguri, partiamo quest’oggi per darvi la lettura di cosa per noi vuol dire anniversario. Tu come lo hai passato il tuo anniversario? Lo festeggi ancora? È occasione di memoria bella di un giorno speciale? È occasione per rinnovare quella benedizione che hai ricevuto, di rinnovare quella scelta di vita nell’amore che hai fatto?

L’anniversario crediamo in primis che sia un’occasione speciale di crescita, è il far memoria della bellezza vissuta in un giorno passato ed il rinnovarsi nell’amore, rifacendo la stessa scelta libera di amore fatta allora, guardando ai passi fatti e a quelli che ancora sono da fare.

Vi doniamo allora queste righe, in cu abbiamo riletto il nostro anniversario che ad inizio mese abbiamo vissuto in un modo nuovo, speciale… buona lettura.

5 anni, il tempo passa, il corpo inizia a registrare la vita che scorre. Le fatiche e responsabilità che crescono, l’essere sposi che non basta più, si diventa padre, si diventa madre, si diventa adulti nel prendersi responsabilmente cura dell’altro, nell’accorgersi come il vivere familiare ci trasforma.

5 anni, di litigi che son rimasti sempre quelli, di conoscenza reciproca che non basta mai, perché l’altro non è un oggetto di cui ne conosci la forma o il colore, ma è una persona che vive e cambia, e così la bellezza dell’imparare a conoscerti ogni giorno, sempre di più, dell’imparare insieme a conoscere quel vulcano di nostro figlio che come noi cambia ogni giorno.

5 anni, un piccolo traguardo che non ci dice che siamo arrivati, ma che ci permette di guardare al passato con il cuore grato, perché ogni giorno lo rivivremmo in ugual misura, e a pensare oggi a qualcosa del passato che cambieremmo, la risposta sarebbe: l’amore donato. Ma per questo c’è il presente, c’è il guardare avanti, volendo amare di più.

La vita ci è data per amare, e per lasciarci amare, e questo è ciò che possiamo impegnarci a fare, di tutto il resto non ne rimarrà traccia, dell’amore donato e dell’amore ricevuto sì.

L’amore è ciò che della vita resta infinito, per generazioni. Il nostro corpo scomparirà. Gli anniversari servono per accorgerci con gioia che siamo finiti ma viviamo la bellezza infinita dell’amore. Gli anniversari servono per dire Grazie! E allora… L’anniversario cos’è allora?

Un giorno per dire GRAZIE, grazie per il dono del mio sposo, della mia sposa, grazie per il dono della vita, grazie per il dono dei figli, grazie per gli amici tanti, per le coppie di sposi, di fidanzati che camminano con noi, o che hanno fatto un tratto di strada insieme a noi.

Grazie a tutti gli invitati di quel giorno, che hanno reso il nostro matrimonio una festa, grazie a chi si è donato per noi, a chi ha cantato, a chi ha cucinato, a chi ha gioito, ballato, animato, amato con noi l’amore. Viene voglia di ritaggarvi tutti, per dire ad ognuno il nostro grazie, ma si sa i social son limitati e non si può taggare più di un certo numero di persone, l’amore invece è infinito nel numero di posti a tavola, di invitati, di abbracci calorosi di gesti di amore.

Grazie ai parenti che son con noi per legame, che ci hanno insegnato il valore della famiglia, dove fin da piccoli siamo cresciuti.

Grazie ai sacerdoti, alle suore, ai religiosi, a chi ci ha aiutato a conoscere di più l’amore, a chi senza saperlo è stato seminatore, gettando semi di bene su di noi, gettando benedizioni e amore gratuito.

Grazie a chi prega e ha pregato per noi, perché è invisibile ma necessaria la preghiera, come quel sale che gettato nell’acqua della pasta non vedi, ma dona gusto.

Grazie alle nostre famiglie che ci aiutano ad essere ciò che siamo.

Grazie alla Chiesa tutta, e non guardiamo solo a quella parrocchia, o a quella chiesetta, a quel sacerdote, ma alla Chiesa Sposa senza la quale vivere il matrimonio sarebbe più difficile.

Grazie a chi ci guarda da lassù e ci protegge, e ci aiuta a guardare alla nostra vita finita come ad un passaggio sulla via dell’amore da percorrere vivendo, non vivacchiando.

Grazie alla parola di Dio che lavora in noi, che ci plasma e ci dona forma e forza, che ogni giorno ci dice: “io sono con voi” e “non abbiate paura”.

Grazie a mamma Maria, al santo Giuseppe e all’amico Gesù che si son trovati con degli scappati di casa come noi a rivivere il mistero della famiglia.

Grazie alle figure dei santi che sono entrati in casa nostra, per portarci un esempio, un insegnamento, una parola che ci aiuta a camminare più in alto.

Sicuramente abbiamo dimenticato qualcosa o qualcuno in questo nostro salmo di ringraziamento, e quindi ci scusiamo con chi non abbiamo ringraziato, con chi soprattutto non siamo più riusciti ad incontrare, a vedere, in questi anni. Chi abbiamo perso di vista, non per volere, ma che portiamo con benedizione nel cuore.

Che bello fermarsi il giorno dell’anniversario e rivivere quel giorno con l’aiuto di foto, dei filmini, delle dediche o messaggi conservati. Che bello ripensare alla gioia di quel giorno, che bello ricordare i momenti di amore e quelli di fatica da cui siamo passati in questi 5 anni.

Far memoria con gratitudine, così si può camminare in avanti.

E allora a lunedì prossimo, quando insieme a voi, proveremo a raccontare di più del nostro anniversario di matrimonio. … to be continued

Vogliamo provare a lasciarvi un compito, perché queste righe non rimangano solo lette, ma diventino concrete, e quindi vi chiediamo di prendervi del tempo, perché l’amore ne ha bisogno, fermati e prova anche a te a rispondere a queste domande.

Cosa cambieresti del tuo vissuto, celebrando il tuo anniversario?

Per cosa dici grazie? A chi dici grazie? Quale pagine scriveresti sul tuo diario di questi anni di bellezza di amore trapassato sicuramente anche dalla fatica, ma che profuma di resurrezione?

Anna Lisa e Stefano – @cercatori di bellezza

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Il rapporto intimo tra bellezza e monotonia

Un amico tempo fa mi chiese: come fai a non stancarti di fare l’amore sempre con la stessa donna? Una domanda che sembra banale ma che nasconde un grande rischio del matrimonio e delle relazioni stabili e durature in genere. Il rischio dell’abitudine, della monotonia. Cosa è la monotonia se non la incapacità di meravigliarsi. L’incapacità di assaporare qualcosa di bello. D’altronde anche le lasagne se mangiate tutti i giorni possono venire a noia. Cosa possiamo fare per rendere il nostro incontro intimo sempre bello e desiderabile?

Guardiamoci intorno. Cosa propone il mondo? Già, perchè questo problema non riguarda solo i cristiani ma tutti. Basta fare un giro sui socia per capirlo. Tantissime persone, più o meno esperte, propongono la stessa ricetta. Ricetta che si può sintetizzare in è tutto lecito per ravvivare il desiderio. Tutti questi esperti consigliano di rendere il rapporto sempre diverso e nuovo. Alcuni consigliano di utilizzare sextoys, di vestirsi in modo provocante, di esplorare nuovi limiti, alcuni più audaci arrivano a consigliare il tradimento, il rapporto a tre o a più, lo scambio di coppia. Insomma tutto fa brodo per accendere un desiderio verso un partner che, dopo un po’ di tempo diventa prevedibile e poco allettante. Chi vive l’amplesso in questo modo sta semplicemente usando l’altro. Per questo ci si stanca in fretta e servono sempre nuove modalità o nuovi partner per ravvivare un desiderio incentrato semplicemente sul proprio piacere.

Noi sposi cristiani sappiamo, o dovremmo sapere, che il piacere viene dalla comunione di corpi e cuori. Per questo fare l’amore sempre con la stessa persona tutta la vita non è una condanna ma una grande opportunità. La proposta cristiana è la più bella anche per questo. Crescere nell’amore con la stessa persona in una relazione fedele ed indissolubile è una una vera grazia. Anche nel rapporto fisico. Non è però scontato pensarla così. Siamo tutti, chi più chi meno, influenzati dall’idea comune che ha fatto del “sentire” e dell’egocentrismo/individualismo un vero dogma. Tanti sposi cristiani ci sono completamente dentro. Sposi che hanno magari anche una vita di fede, che pregano e vanno a Messa, che però poi nel rapporto con l’altro non riescono a fare il salto di qualità. Non riescono cioè ad uscire dal mood del nostro mondo. Entrano nella monotonia. Monotonia che con il tempo porta la coppia a diradare e spesso addirittura ad interrompere i rapporti intimi. Oppure si seguono le idee del mondo, rappresentate benissimo dagli “esperti” dei social. E tutto crolla. Può durare un po’ di tempo, qualche anno, ma poi si finisce desertificare tutta la relazione. Perchè si esprime con il corpo qualcosa che nulla ha a che vedere con l’amore e con una vita di fede. Non c’è comunione nel cuore. Non possiamo credere che quanto viviamo attraverso il corpo poi non abbia ripercussioni su tutta la persona. Se io tocco mia moglie sto toccando una persona e non il corpo di una persona. Se io sto usando mia moglie sto usando una persona e non il corpo di una persona. Capite come poi tutto questo ricada sulla relazione a 360 gradi?

Riprendo ora la domanda iniziale. Qual è la proposta cristiana alla monotonia? La proposta cristiana è la più bella e la più vera. Anche però la più impegnativa. Costa fatica ma sappiamo bene che le cose belle difficilmente si ottengono senza fatica. Vi lascio alcuni consigli con la consapevolezza che ogni relazione è unica e il modo di viverla è molto soggettivo. Credo però questi consigli possano esservi utili.

Ciò che cambia è l’amore non la modalità. Come ho già scritto altre volte il rapporto fisico non è un’esperienza slegata dalla vita ordinaria. Nell’intimità portiamo tutto non solo il nostro corpo. Ci mettiamo tutti gli sguardi, i gesti di servizio, le attenzioni, l’ascolto, il dialogo, i litigi, i perdoni. Tutto! Più sapremo crescere nell’amore di tutti i giorni e più ci piacerà fare l’amore con nostro marito o nostra moglie. Costa fatica? Certo guardare un porno per caricarsi o usare un sextoy è più facile e veloce. Però poi nel rapporto cosa porto? Una pulsione che si basa sulle mie fantasie, il centro sono io. Con l’amore invece porto un desiderio nutrito giorno dopo giorno che mi spinge ad essere sempre più uno con l’altro. Mi spinge alla comunione. Fare l’amore sempre con la stessa persona può essere sempre nuovo e diverso perchè noi siamo diversi e il nostro amore può crescere e rinnovarsi sempre.

L’amore è volontà. Iniziare un rapporto sessuale non è sempre spontaneo e naturale. Non nascondiamoci. Il menage familiare tende ad allontanarci. Siamo presi da mille preoccupazioni ed impegni e la sera non ci sono quasi mai i presupposti e la predisposizione mentale. Non è mancanza di desiderio in questo caso, ma solo stress e stanchezza. C’è una regola non scritta nel sesso. Più si fa (bene) e più si desidera farlo. Ecco spesso basta cominciare, anche se non ne avete voglia, e poi arriverà anche il desiderio e il piacere. Meglio ancora se si riesce a trovare un momento di qualità. Magari non alle tre di notte quando finalmente i pargoli russano e non rompono. Cercate il momento giusto. Io prendo permessi al lavoro quando so che Luisa è a casa la mattina.

Saper fare bene l’amore significa conoscere l’altro. Spesso ciò che non funziona non è la monotonia ma la nostra incapacità di donarci nel modo giusto. Per questo è importante un dialogo di coppia. Dialogo che senza paura e vergogna affronti la nosta intimità. Cosa ci piace? Cosa non ci piace? Non c’è nulla di male nel desiderio di essere capaci di amare come è più gradito all’altro, anche attraverso il corpo. Con il tempo gli sposi possono migliorare il rapporto fisico perchè sono sempre più capaci di amarsi. Si conoscono sempre meglio e questo abbatte eventuali rigidità, consente una piena fiducia nell’abbandonarsi e permette una comunione sempre più bella anche nel piacere fisico.

Prendetevi delle pause. Premessa doverosa: non c’è una frequenza giusta, ogni coppia deve trovare il proprio equilibrio. Detto questo è altresì vero affermare che non vada bene non fare mai l’amore, ma non vada bene neanche farlo spesso tanto per farlo. Se fosse così è meglio prendersi qualche giorno di pausa tra un rapporto e l’altro privilegiando la qualità alla quantità perchè rende tutto più bello. Meglio un rapporto a settimana a cui si dedica tanto tempo “perdendosi” nei preliminari, nella contemplazione dell’altro, negli abbracci, nel dialogo d’amore che tre rapporti a settimana vissuti velocemente che sembrano più sveltine che momenti di comunione autentica. Ci credo che poi vengono a noia.

Cerchiamo di essere cristiani in ogni circostanza. Anche quando viviamo la nostra intimità. Perchè rinunciare a questa bellezza proprio dove l’amore si fa carne? Dio ci offre sempre il meglio. Non accontentiamoci delle proposte del mondo, apparentemente più immediate e sicuramente più facili ma che alla lunga non aiutano la relazione ma la logorano sempre più.

Antonio e Luisa

Per acquistare i nostri libri Influencer dell’amore – L’ecologia dell’amore – Sposi sacerdoti dell’amore – Sposi profeti dell’amore

Cosa sono gli atti impuri nel matrimonio? Accontentarsi delle briciole

Oggi cercherò di rispondere ad una domanda che mi è arrivata direttamente sul blog. Una domanda che si fanno in tanti e a cui spesso viene data una risposta superficiale o dogmatica. La domanda arrivata è stata: chiedo scusa volevo sapere quali sono i peccati impuri nel matrimonio? Cerco di interpretare la richiesta e la riscrivo con: quando un atto è impuro e quindi contrario all’amore e quando invece è un vero gesto di amore?

La questione si potrebbe affrontare facendo un elenco di pratiche moralmente buone e altre che non lo sono. Sarebbe però un modo troppo semplice e superficiale di affrontare la questione. Un tempo si faceva così. Sono convinto che un elenco possa magari dare un’idea generale ma poi non basta, è importante comprendere il senso dell’atto coniugale, la sua pienezza, i suoi frutti. Guardando alla grandezza del sesso e la sua finalità ultima allora si hanno le coordinate perchè ognuno possa fare la propria scelta consapevole e motivata. Il peccato che mi interessa mettere in evidenza non è tanto quello religioso (che pure c’è ma non sono io a doverlo giudicare), ma quello umano e relazionale : è un peccato che gli sposi sprechino l’occasione di un’esperienza meravigliosa che è la sessualità nel matrimonio impoverendo tutto con gesti appunto impuri. Atti dove non c’è trasparenza, dove non c’è verità tra quanto il corpo esprime e quanto abbiamo nel cuore.

Non è solo un elenco ma una vera scelta di vita. Io non sono il vostro confessore che può dirvi questo sì e questo no. Quello che mi sento di poter condividere è altro. Mi sento di parlare come uno sposo tra gli sposi che cerca di trovare la strada più bella e appagante anche in questo ambito. Qui si tratta di andare al cuore della sessualità. Noi siamo uomini e donne dotati di un corpo sessuato e che manifestano l’amore attraverso di esso. Uomini e donne differenti e complementari anche nel corpo. Uomini e donne sessuati proprio perchè l’incontro fisico di queste due alterità potesse essere nel contempo unitivo e procreativo. Dio ha scelto questo modo non solo per permettere la procreazione ma anche perchè potessimo fare esperienza di Trinità. Dio che è costituito da tre Persone che sono così unite tra loro da essere uno. Tre e una nel contempo. Cosa che noi sposi possiamo sperimentare e replicare proprio nel corpo attraverso l’amplesso. Siamo due ma uno nello stesso tempo. Lo sposo si sente nella sposa e la sposa nello sposo. Non solo nel corpo ma anche nei cuori. Quindi cosa si può fare? Come possiamo rendere concreto il nostro amore nel corpo? Con quali gesti? L’abbiamo detto, sono atti puri quelli che permettono tutta questa bellezza. Per questo serve l’apertura alla vita (seme depositato in vagina) e la comunione delle due persone attraverso il corpo. Apertura alla vita non significa ricercare un figlio ad ogni rapporto. Lo spiego meglio in questo articolo.

La sessualità non è genitalità. Ogni volta che ricerchiamo un rapporto intimo è importante partecipi tutta la persona. Non esiste il rapporto intimo puro dove al centro di tutto ci sono solo i genitali maschili o femminili. L’incontro intimo è partecipazione di tutta la persona, il coinvolgimento di tutto, corpo, sguardo, cuore. Insomma non ci può essere rapporto bello dove tutto si concentra solo sui genitali. Perchè? Manca di sicuro la comunione e spesso anche l’apertura alla vita. Capite come ogni gesto vada letto in questa consapevolezza di cosa sia l’amore erotico?

Ogni gesto va letto alla luce di questo significato umano e cristiano che viene dato al corpo e all’amore. Ogni volta quindi che vogliamo comprendere se un determinato modo di vivere la sessualità sia buono e bello oppure sia dettato da egoismo e dall’impulso di usare l’altro dobbiamo confrontarlo con queste due caratteristiche entrambe necessarie. Ora avete gli strumenti per comprendere se un determinato atto sia puro oppure non lo sia.

Il Cantico dei Cantici esalta i preliminari. Il nostro padre spirituale ci raccontava come alcuni sposi andassero da lui a confessare di essersi abbandonati al piacere dei preliminari. Lui rispondeva sempre che il peccato da confessare sarebbe stato quello di non averli fatti. Non c’è nulla di male nell’assaporare e fare esperienza del corpo dell’altro durante la preparazione dell’amplesso. Non esistono parti del corpo meno degne di altre. Tutto il corpo dell’altro è bellezza. L’amore ci chiede solo che siano gesti che non urtino la sensibilità e la dignità dell’altro, che ci si guardi (come potrebbe esserci comunione altrimenti) e che siano tutti gesti preparatori all’amplesso dove avverrà poi il rapporto completo. Il resto è tutto lasciato al desiderio e alla fantasia dei due sposi che anzi sono chiamati a perfezionare questo momento nel tempo. E’ un vero talento da perfezionare per entrare sempre più in comunione e godere del piacere che ne deriva. Non c’è nulla di sbagliato in questo. Se volete approfondire Luisa ed io abbiamo scritto il libro Sposi sacerdoti dell’amore. Il Cantico dei Cantici letto da due sposi per gli sposi dove approfondiamo proprio la bellezza della contemplazione reciproca e la bellezza di un amore erotico vissuto in questo modo. E’ amare da Dio perchè è quello che Lui ha voluto per noi facendoci così con un corpo e sessuati.

Alla luce di quanto ho scritto fino ad ora si può comprendere come non sia adeguato fare un semplice elenco. Lo stesso atto può essere gesto d’amore o modo per usare l’altro. Faccio un esempio. La stimolazione orale dei genitali. Quando è offerta all’altro durante i preliminari, sempre sia gradita ad entrambi e non forzata, non è moralmente sbagliata. Il Cantico dei Cantici ci aiuta proprio a comprendere come tutto il corpo dell’amato/a sia bello e degno. Non c’è nulla di male in questo gesto, ma in un contesto di preparazione poi alla comunione completa dell’amplesso. Diventa gesto moralmente sbagliato quando vissuto fine a se stesso (dove è la comunione? dove è l’apertura alla vita?)

Anche l’amplesso vissuto in modo completo tra due sposi può invece essere un atto impuro. Come è possibile? San Giovanni Paolo II parla di adulterio del cuore. Quando viviamo l’amplesso per realizzare fantasie pornografiche e usiamo l’altro per il mero piacere fisico senza cercare la comunione stiamo compiendo un atto impuro anche se è un gesto sacro e sacramentale.

Quindi per concludere lasciatemi dire che non è importante fare un elenco ma è importante preparare il cuore e accostarsi sessualmente a nostro marito e a nostra moglie con purezza cioè con il desiderio di vivere un momento di vera comunione, di dono reciproco e di amore autentico. Questo non perchè ce lo dice la Chiesa ma perchè possiamo davvero fare un’esperienza meravigliosa. Scegliamo questa modalità perchè è più bella e perchè non vogliamo accontentarci di un semplice orgasmo.

Per approfondire vi consiglio questi testi:

  1. L’ecologia dell’amore
  2. Sposi sacerdoti dell’amore
  3. L’amore sponsale (a breve sarà pubblicata nuova edizione)
  4. La mistica dell’intimità nuziale

Antonio e Luisa

Colomba di pace!

Amare sì ma che cosa vuol dire? Non vogliamo la guerra, vogliamo la pace perché?

È oramai tempo di bilanci, i contabili, i commercialisti stanno per approcciarsi a chiudere quelli dell’anno passato. Per chi fa la dichiarazione del 730 è tempo di preparare i documenti, gli scontrini, le spese sostenute.

Per un cristiano il tempo del bilancio arriva con l’avvicinarsi della Pasqua. Con il termine della quaresima, tempo di preparazione, tempo di redenzione, tempo di misericordia. Tempo di prova, di assenza di quel canto di gioia che tra non molto verrà gridato nelle chiese. Tempo di silenzio che verrà interrotto dal suono delle campane, dei campanelli, della gioia.

Sta arrivando un’altra Pasqua, sta finendo la quaresima 2022, te ne sei accorto? Forse la pandemia prima, la guerra poi, i rincari di gas e luce hanno tolto l’attenzione al tempo speciale che erano e sono ancora questi giorni. Nessuno ne parla, se non il prete in chiesa la domenica, come puoi ricordarti che si è in quaresima? Come puoi ricordarti dei buoni prepositi che un mese fa ti eri preso?

Eppure eccola lì, segnata sul calendario con un giorno in più di festa. Eppure eccola lì attesa da tanti per staccare dal lavoro. Eppure eccola lì con la scuola che chiude e ci obbliga ad incastrare i bambini tra un nonno e una babysitter.

Pasqua è giorno di pace, Pasqua è simboleggiata dalla colomba, e dal ramo di ulivo. Colomba che vola e colomba anche in tavola che non manca in ogni casa. Quale lavoro hai fatto in questa quaresima per la pace?

La tua famiglia è in pace, o rimane quel muro oltre il quale nascondersi da quel parente, dal quale ci si sporge ogni tanto per sparare colpi di cattiveria?

Siamo partiti in questo mini ciclo di guerra e pace alcuni lunedì fa, dal creare un parallelo, con quanto sta avvenendo nel conflitto Russo Ucraino e quanto avviene in casa nostra tra moglie e marito. Abbiamo visto che ciò che sta avvenendo tra due potenze internazionali, lo viviamo anche nelle nostre case, la pace è qualcosa che creiamo fin da piccoli, che impariamo a costruire fin da dentro i legami più stretti familiari. La pace la si costruisce tra fratelli, tra padri e figli, tra coniugi. È da lì che nasce la nostra missione di pace, la nostra educazione alla pace. Ci aspettiamo tutti la pace, perché la guerra ci fa paura, ma siamo davvero costruttori di pace o siamo spesso tentati dalla divisione?

Lunedì 21 marzo sottolineavamo che spesso parliamo linguaggi differenti fra moglie e marito, e che esistono delle differenze che ci portano a non percepire l’errore che ha causato il conflitto allo stesso modo. Ognuno ha una sua tara sulla bilancia degli sbagli, ognuno ha un suo linguaggio del perdono e dell’amore. Abbiamo poi evidenziamo come bisogna imparare a scendere dai nostri pilastri di orgoglio, e imparare a chiedere scusa, mostrandoci umili ed imparando ad accettare e accogliere i nostri limiti, che non ci rendono onniscienti. Il nostro maestro, è l’unico che sta in alto sul suo vessillo che è la croce; è da lì che impariamo ad amare, a perdonare e guardando a Lui a lasciarci perdonare. Spesso non ci lasciamo perdonare, non lasciamo che la grazia del perdono ci possa raggiungere.

Lunedì 27 marzo abbiamo poi parlato della confessione, ricordandoci che non confesso il male che ho compiuto ma la mia NON risposta all’amore ricevuto. Confessarsi è sentirsi amati, è lasciarsi amare, è accorgerci che c’è qualcuno che ha dato la vita per noi. Entro in confessionale come entrassi nel tunnel dell’autolavaggio dell’amore, come se facessi il pieno di energia d’amore, per chi gioca ancora ai videogame. La sfida bella è tornare a casa e spenderlo quel barattolo di amore che abbiamo appena guadagnato, spenderlo perché spendendolo non finirà ma si auto-produrrà. L’amore lo perdo solo se lo trattengo lasciando che nel mio possesso trovi spazio il peccato, l’orgoglio, il potere. Quando una coppia non sta tanto dialogando, fatica a capirsi, ad amarsi bisogna andare nel confessionale, a ricaricarci d’amore.

Ripartiamo da qui oggi, per concludere il nostro ciclo di guerra e pace, volendo fare un focus sul bene, sulla bellezza che è racchiusa nell’altro, è arrivato il momento di riconciliarci. Il momento di accorgerci che la colomba che ha invaso le corsie del supermercato, che è già pronta a casa per essere tagliata, deve spingerci a fare di più verso la pace, verso l’amore.

Ci torna alla mente una frase che riguarda San Francesco e il lupo di Gubbio “non esistono lupi cattivi, ma soltanto lupi non amati.”

Il primo errore che compiamo quando qualcuno sbaglia, è etichettarlo e metterlo alla gogna per quanto ha fatto! Chiamarlo Lupo cattivo. Di fronte ad uno sbaglio fatichiamo a comprendere come si è generato quell’errore, e soprattutto non andiamo più a visualizzare l’altro per il bene che è!

L’errore ha sempre con sé una causa che lo ha generato. Spesso le tante cose da fare quotidiane che una moglie o un marito vivono, i pensieri, gli imprevisti sono causa di errori che in una situazione normale non si sarebbero verificati. Di fronte a questo riaffermiamo che lui non è il suo errore.

La causa dell’errore spesso è la non fiducia, il non amore. Di fronte agli sbagli dell’altro bisogna riuscire ad amarlo di più, non ad incolparlo di più. Spesso è un non amore che genera l’errore nell’altro, una non fiducia, una non tranquillità psicoaffettiva. Da questo punto di vista riaffermiamo che non esistono lupi cattivi, ma solo lupi non amati.

L’errore spesso nasconde il bene. Se tu disegni un puntino nero su un foglio tutto bianco, dove il puntino nero è l’errore e il bianco i gesti di bene, quando guarderai il foglio vedrai il puntino nero e non tutto il bene che lo circonda. Questo succede quando tuo marito arriva tardi la sera e prima ancora di sapere il bene che si cela dietro al ritardo lo si colpevolizza. Oppure succede quando tua moglie sbaglia quella semplice azione, quel gesto, ma non sai le altre 142 azioni giuste che ha fatto per te e per i figli durante tutta la giornata.

Se vogliamo uscire dal conflitto, non dobbiamo giudicare l’altro come fosse l’errore, dobbiamo amare di più l’altro, e dobbiamo cambiare la nostra prospettiva cercando di vedere il foglio bianco sul quale è disegnato il pallino nero.

Dobbiamo avere uno sguardo diverso, che sa vedere il bene. Ti accorgi mai di cosa fa l’altro per te ogni giorno? I gesti piccoli passano sempre nell’indifferenza quotidiana soprattutto con il passare degli anni, ma hanno un valore enorme. Sono loro che dipingono il bianco del nostro foglio. Tanti puntini piccoli bianchi fanno una pagina bianca! Non serve una grande azione per amare, ma fare piccoli passi possibili.

Cos’è la Pasqua se non la vittoria della vita sulla morte. La rinascita della gioia, della felicità, dell’amore! La vittoria del bianco sul nero. Ribaltiamo la prospettiva, possiamo vedere gli spazi bianchi del foglio e da lì far entrare la luce, la salvezza, e sbiancare tutto o possiamo vedere gli spazi di colore scuro, di azioni sbagliate e rimanere piegati su quelli, colpevolizzandoci, colpevolizzando. Non vivendo la misericordia di Dio, non camminando verso la croce ma incontro all’albero di fichi come ha fatto Giuda.

Scrive Papa Francesco nella lettera Patris corde: “Il Maligno ci fa guardare con giudizio negativo la nostra fragilità, lo Spirito invece la porta alla luce con tenerezza. È la tenerezza la maniera migliore per toccare ciò che è fragile in noi.” Il maligno evidenzierà sempre il nostro male, e farà così accrescere sempre i nostri conflitti.

Quella lavatrice per il nostro foglio, che è il confessionale, a nulla serve se non sono in grado di tornare a casa e vedere il bello di mia moglie e amarla di più! Parte da qua la pace, dal vedere e vivere l’amore! Quella guerra che vedi in televisione che vuoi vedere finire, nasce dai gesti di non amore che da sempre viviamo. Devo trasformare il mio sguardo e il mio cuore uscendo dal confessionale, perché sia testimone di luce, di amore, di bellezza, di bianco.

Noi ci siamo attributi il nomignolo “cercatori di bellezza” perché anche nella fatica vogliamo imparare a vedere la bellezza della vita che nasce, non possiamo mai dimenticarlo. Il Signore è luce nella nostra vita a volte buia. Provate ad accendere un solo fiammifero in una stanza buia, tutto potrà essere visto, le forme acquisteranno il loro spazio. Non serve un faro potente, basta un fiammifero, per accorgerci di quanto sta attorno a noi. Sta a noi poi non far spegnere quel fiammifero che è Gesù ed alimentarlo, e lasciare che ci guidi, perché possiamo aprire poi le finestre della luce nella nostra stanza del cuore.

Se rimarrà del grigio sul nostro foglio, non sarà un male, tu guarda sempre alla luce, al bene, al bello, quel puntino nero sarà lo stesso importante quale strumento di memoria e di attenzione. Il peccato, l’errore, il litigio è ciò che ci fa tornare limitati, normali, umili, carnali peccatori. È salvifico il peccato, sennò peccheremmo di creder di esser come Dio. Dobbiamo tendere a Dio e non voler essere Dio.

Scrive San Paolo: «Affinché io non monti in superbia, è stata data alla mia carne una spina, un inviato di Satana per percuotermi, perché io non monti in superbia. A causa di questo per tre volte ho pregato il Signore che l’allontanasse da me. Ed egli mi ha detto: “Ti basta la mia grazia; la forza infatti si manifesta pienamente nella debolezza”» (2 Cor 12,7-9).

Avere un pallino nero sul foglio bianco ci permette di stare attenti sempre! Di sforzarci ad amare di più perché quel pallino non cresca, ma ci aiuti a tendere alla santità. Vi salutiamo, augurandovi di poter camminare questi ultimi giorni di quaresima, guardando al bello, alla bellezza che è strumento che ci può salvare dal vedere il peccato nell’altro. Che ci può aiutare ad entrare nel confessionale pentiti dell’amore non amato (vedi articolo precedente), che ci può aiutare a guardare alla bellezza che è l’altro anche se è diverso in tutto da me (abbiamo linguaggi diversi. Bellissimo!), che ci può aiutare a non iniziare una guerra, un litigio perché di fronte alla bellezza non si può guerreggiare, ma solo lasciarsi amare, e ringraziare.

Un caro saluto a tutti, un abbraccio

Buon ultimo giro verso la Pasqua, verso l’Amore!

Vinca la vita, l’amore, la pace in ogni famiglia

Anna Lisa e Stefano – @cercatori di bellezza

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Perdono e confessione, quegli sconosciuti!

Litigare sì è importante ma far pace è ancor più importante! Saper perdonare e lasciarsi perdonare ed amare dev’essere il pilastro della nostra esistenza.

Terzo appuntamento dei lunedì di guerra e pace. Dopo aver fatto la guerra, aver “capito dalla televisione” come si esce dal conflitto, aver compreso che abbiamo e parliamo linguaggi di amore e perdono differenti, è arrivato il momento di riconciliarci. Oggi vogliamo fare un focus sul bene, sulla bellezza che è racchiusa nell’altro, soffermandoci sulla confessione, importantissima in questo tempo liturgico quale è la quaresima, volendo così concludere il nostro trittico di guerra e pace con la riconciliazione tra marito e moglie. Tra sposi.

La confessione non è un raccontare qualcosa che si è sbagliato e sentirsi così assolti. Come fosse un pagare le tasse: tu le paghi, l’altro incassa e siamo contenti. Non è uno scaricare pacchi puzzolenti che abbiamo sulle spalle. La confessione è dialogare con un altro e riconoscere che si è compiuta un’azione, un gesto, si è detto una parola contraria a quel che è l’amore di Dio. La confessione è un riconoscere lo sbaglio che si è fatto e porlo nelle mani di qualcun’altro affinché lo trasformi con il suo amore. O ancora meglio potremmo dire che è riconoscere l’amore che il Padre mi dona nonostante il mio errore.

Proviamo a fare un esempio: ho rubato una caramella alla nonna. Primo passo per accostarsi alla confessione è riconoscere che ho fatto un gesto che non andava fatto, sbagliato. Secondo passo vado a confessare l’errore che ho compiuto. Non vado a “pagare la tassa”, ma confesso il mio peccato al sacerdote che mi assolverà spiritualmente dall’errore. Che vuol dire? In primis se confesso l’errore ad un altro vuol dire che sto ammettendo a me stesso e ad un altro che ho sbagliato, e il ripetersi di questa azione genera nella coscienza umana una risposta che aiuta a non peccare più, se si avverte veramente un senso di colpa per quanto si è fatto. Se uno è ripetitivo nell’errore è come se continuasse a sbattere contro il muro, dopo un po’ dovrebbe smetterla se vive un vero dolore, un vero senso di colpa, e se è anche aiutato da un altro a non andare più contro quel muro. Un altro che non è solo un sacerdote, una persona qualunque o un professionista della psiche, ma è un sacerdote che agisce in Persona Cristi e mi assolve, ovvero cosa mi dice: va non peccare più IL TUO PECCATO LO SCONTO IO Per TE. Cristo ci ama così, dicendoti ti amo, prendendosi i nostri peccati. Accogliendo su di sé il male dell’uomo. Questo è straordinario e cambia, trasforma, cura.

Quale vigile o poliziotto o forza dell’ordine se il ladro gli confessa il furto, risponde, vai pure sconto io la pena per te? È l’amore che riceviamo che ci trasforma! È il pentimento che ci spinge a confessarti, il dolore che provi nell’aver compiuto quell’azione che ti porta nel confessionale, ma è l’amore che trovi dentro che ti rilancia a non peccare più. È sapere che qualcuno ti sta amando nonostante il tuo gesto. È imparare a non rubare più la caramella alla nonna, perché Gesù mi ama, e ferisco lui rubandola non me stesso o non solo la nonna. È sentirsi amati che non ti fa peccare. È sentirsi amati che ti fa vivere il pentimento se sbagli. Di fronte a qualcuno che mi ama così, come posso io fare questa cosa? La confessione allora è una rinascita, un purificarsi perché ci si riaccosta ad un Padre più grande che ci ama! Che bello!

Gli amici frati ci hanno sempre insegnato a dire 3 motivi per cui ringraziamo prima di confessarci. A dichiarare del bene che riceviamo per cui ci sentiamo amati e per cui quindi ci troviamo pentiti per quanto fatto e da cui ripartire da assolti. La confessione ci deve rilanciare nell’amore. Se la sorgente del perdono è l’amore infinito, nel confessionale dovremmo domandarci: come ho risposto all’Amore di Dio? All’amore di mia moglie? All’amore di chi mi sta accanto, del prossimo incontrato per strada, al lavoro.. come ho risposto all’amore che ho ricevuto? Nella confessione mi devo misurare su quale amore ho ricevuto. Mi sto rendendo conto di quanto amore Dio mi sta donando?

Proviamo a spiegarla in altro modo, a guardarla da un’altra prospettiva. Cos’è il peccato? Il peccato è il non-amore. È l’amore non riconosciuto. Quando non mi accorgo che mia moglie mi sta amando, che ha fatto quella cosa per me, che ha cucinato per me. Quando non vedo gli sforzi, i sacrifici di mio marito per me. Lì si inserisce il peccato. Non sono quindi le cose fatte o non fatte ad essere peccato, ma il non-amore, o il poco amore. Il peccato è la risposta che NON abbiamo dato all’amore. Non è il litigio con mia moglie ad essere peccato, ben vengano quei sani litigi che ci fanno crescere e scoprire vulnerabili e umili, per quello che siamo davvero, ma il non averla amata per quanto lei mi ha amato, da cui è scaturito un mio non-amore che ha generato il litigio. Il litigio è sano se mi fa vedere l’amore che non ho dato e l’amore che ho ricevuto, se mi mostra l’altro per come ama e io per come non ho amato. È diverso! È bellissimo questo cambio di prospettiva! Se noi riconosciamo che l’altro ci ama e ha fatto quelle cose per noi, per amore, con amore, nell’amore, noi rincorreremo l’amore verso l’altro cercando di amare di più. Confessando non il peccato, non lo sbaglio fine a sè stesso. Ma il non amore, volendo quindi gareggiare nell’amore (Rm 12,10) questo accorgersi che l’altro mi ama, con le sue forze, con ciò che ha, mi fa vedere la mia mancanza come un voler correre ad amare di più, un voler dare una risposta d’amore, all’amore ricevuto.

Nella confessione, non confesso il mio peccato verso la moglie, e siamo apposto, e mi son tolto un peso. Ma riconosco il suo amore e allora provo ad uscire dal confessionale rilanciandomi-rilanciato. Portiamo nel confessionale la concretezza delle nostre mancanze di amore. E portiamo fuori dal confessionale il nostro riconoscere il non-amore rilanciato. Perché fuori? Perché l’amore lo rincorriamo con gesti concreti. La nostra confessione di non avere amato non è da fare solo davanti a Gesù, ma da far vivere nelle mura domestiche dove viviamo, dove viene vissuto l’amore sponsale. È fuori che lo rincorro, lo vivo. Dentro, di fronte al Padre chiedo la misericordia, la forza, di un amore più grande, ma fuori la metto in gioco! Chiedere la misericordia nella confessione è quindi riconoscerci amati. Riconoscere l’amore per confessare il peccato. È solo la contemplazione dell’amore concreto, infinito, dell’Eucarestia che fa scoprire la grandezza dell’amore che il Signore ci offre con il sacramento del perdono. Se non riconosciamo l’amore datoci dall’altro, il nostro chiedere perdono può diventare un semplice modo educato per chiedere scusa. Bello, segno di educazione, di riconoscere l’errore, ma non segno dell’amore che mi rilancia ad amare. La sorgente del perdono è sempre l’amore ricevuto e accolto da Gesù. Dire “Grazie”, riconoscere l’amore infinito di Dio, i suoi doni, il dono della vita, il dono della famiglia, dello sposo, dei figli, ci fa iniziare a parlare a Lui, non elencando quanto si è fatto, ma come non si è risposto all’infinita sua bontà, e all’uso che abbiamo fatto dei suoi doni. Quel sentirci peccatori in debito verso l’Amore vero ricevuto, ci fa vivere la confessione con sincero pentimento, ed il sacerdote con il suo abbraccio benedicente ci rilancia nella corsa all’amore.

Che bello che senza volerlo abbiamo iniziato 2 lunedì fa questo ciclo di incontri su guerra e pace, perdono e confessione e giusto venerdì anche il papà Francy ci ha guidato ad una penitenziale spiegando il valore della confessione, e anche la sacra scrittura nel tempo di quaresima ci guida al pentimento. Lo Spirito soffia verso la Pasqua.

Questo è il momento allora per lasciarci amare, per accorgerci di quanto amore ci circonda. Come rispondiamo a questo amore? Che direzione ha preso la nostra vita?

Vi salutiamo con le parole di Geremia, dandovi appuntamento a lunedì prossimo per concludere questo ciclo. “Peccatore, ti ho amato di amore eterno, per questo ho pietà e misericordia”.

Buona quaresima, buona confessione!

A presto

Anna Lisa e Stefano – @cercatori di bellezza

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5 linguaggi del perdono

Riprendiamo da dove vi avevamo lasciato lunedì scorso a parlare di guerra in famiglia. Per parlare di altri aspetti che ci aiutano ad uscire dalla guerra con il nostro marito, con la nostra moglie ma anche con il prossimo.

Il primo aspetto, che vogliamo oggi considerare, è la richiesta di perdono-chiedere scusa. Per smorzare un conflitto è normale che occorra il perdono, che occorra saper chiedere scusa, soprattutto in un ambiente familiare, in un ambiante che si frequenta abitualmente, con persone che si conoscono molto bene. Il nostro problema è che più cerchiamo di chiarire, di spiegarci, di scusarci, di dialogare sull’accaduto è più buttiamo benzina sul fuoco! Forse anche a voi capita così.

Questo accade perché ci sono delle differenze fra il mondo maschile ed il mondo femminile, come sapete, e citiamo anche questa volta un Libro da leggere “Gli uomini vengono da Marte e le donne da Venere” (di John Gray), ci sono delle differenze fra marito e moglie, nei vostri modi di essere, nelle differenze caratteriali, nei diversi linguaggi di amore, e anche nei diversi linguaggi di perdono che abbiamo. Vi facciamo due esempi: il linguaggio di amore di Ste è racchiuso nei piccoli gesti, nelle attenzioni, e quindi si sente amato quando Anna gli fa trovare un dolce pronto, una torta o la casa ordinata. Per Anna il linguaggio di amore principale è passare del tempo speciale insieme.

Abbiamo due linguaggi di amore differenti, ma abbiamo due linguaggi anche di perdono differenti. Ognuno ad un errore può rispondere a suo modo, e l’altro può percepire in modo diverso sia la gravità dell’errore che il modo di chiedere scusa. Facciamo un esempio molto semplice: tu sei fermo allo stop in auto e tua moglie arriva da dietro e ti tampona. Scendete dalla macchina e lei ti dice:

A. scusa, non l’ho fatto apposta.

B. scusa, sono mortificata. So di aver sbagliato. Ti chiedo perdono.

C. scusa, è tutta colpa mia.

D. scusa, ho sbagliato. Ma non ti preoccupare ci penso io con le auto e il carrozziere.

Forse ce ne sarebbero altre di risposte, quello che è certo è che non tutte sortiscono lo stesso effetto su chi ha subito il torto. Anna usa spesso con me la risposta A, per lei c’è stato il tamponamento, è dispiaciuta e mi ha chiesto scusa nel suo linguaggio. Ste ad una simile richiesta di scuse “Non l’ho fatto apposta!” si arrabbia ancor più, perché gli risponde: “Ci credo che non l’hai fatto apposta! Chi tampona la gente per volontà?” Il linguaggio del perdono di Ste è la risposta D.

Capite che esistono dei linguaggi diversi di chiedere scusa, e seppur uno ce la metta tutta per scusarsi e per attenuare un conflitto, a volte usa delle parole che lo accendono. Che bellezza queste nostre differenze! Che bellezza questi linguaggi diversi di dirsi l’amore! Tutto questo ci spinge ogni giorno a conoscere di più dell’altro, dell’uomo o della donna che a cui anni fa ho giurato amore e fedeltà.

L’amore è ricerca continua dell’amore. L’amore non si dirà mai arrivato, né sull’altare, né da innamorati, né dopo 50 anni di matrimonio.

Un’altra differenza che sta alla base del chiedere scusa è legata al peso che si dà ad un errore. Quello che per te può essere uno sbaglio da tragedia greca, per me è una mancanza di poco conto, che non ha conseguenze, o che è facilmente risolvibile. Avendo gli errori pesi diversi sulla mia bilancia e sulla tua rispondiamo con scuse di pari peso, non tenendo conto della tara dell’altro.

Solo conoscendo il linguaggio del perdono dell’altro possiamo riuscire a gestire diversamente il conflitto migliorando il rapporto interpersonale con l’altro, accettando le scuse e donandogli il nostro perdono. La persona umana ha insita in sè una sorprendente capacità di perdonare, di voler porre rimedio agli sbagli compiuti.

Qualcosa dentro di noi vuole sempre la riconciliazione. L’uomo quando subisce un torto chiede giustizia e riconciliazione. Ma se la giustizia porta un senso di soddisfazione, la riconciliazione va oltre, costruisce legami, aiuta a crescere, riappacifica il cuore. Gesù ci insegna spesso nelle pagine di Vangelo “misericordia io voglio non sacrificio” Mt 9,13. Cosa vuoi tu da chi ti ha ferito?

All’interno dell’ambito familiare i conflitti nascono perché non siamo stati abituati a chiedere scusa e a perdonare. L’orgoglio ci rende ciechi e non ci fa riconoscere lo sbaglio, e non ci fa inginocchiare ai piedi dell’altro per amarlo e per perdonarlo tutto! Per cancellare il peccato e, lavandogli i piedi, rigenerarlo nell’amore.

Per poter amare così, fino in fondo, dobbiamo guardare ancora a Lui, Maestro di vita. A colui che si è inginocchiato a lavare i piedi a chi lo ha tradito, a chi lo ha rinnegato, a chi è scappato nel momento del bisogno. Tu sapresti lavare i piedi al tuo sposo dopo uno di questi eventi? La quaresima arriva al suo apice nel Triduo Pasquale, che si apre con l’ultima cena e la lavanda dei piedi. Lì ti aspetta tua moglie, lì devi aspettare tuo marito per dirgli “Ti Amo”, “Amo tutto di te” anche se ci sono stati quell’errore, quello sbaglio, quella guerra, quei torti casalinghi.

Il perdono è dono d’amore che noi facciamo agli altri, ma che possiamo fare ad un altro solo se ci lasciamo perdonare da Dio. Solo chi si lascia perdonare sa perdonare fino in fondo. Se pensi di non sbagliare mai come puoi accogliere l’errore dell’altro? Se non ti lasci amare come puoi amare? Se non riconosci che la tua vita è un dono, la bellezza che ti circonda ti è donata, la pace è un dono, come puoi per-donare gli altri?

Il perdono è un dono che facciamo ad un altro, ma che facciamo in primis anche a noi che abbiamo ricevuto il torto. Perdonando l’altro facciamo pace con il nostro cuore. Spesso si resta nervosi, non si dorme la notte, ci si rode il fegato, si distrugge il corpo, si va a far yoga, e a trovare mille distrazioni e hobby per non voler guardare in faccia il peccato e perdonarlo. Per non voler guardare in faccia il fratello che ci ha fatto il male e non voler riconciliarci con lui. La sofferenza del non perdono, l’ira, la cattiveria ha effetti negativi anche sul nostro corpo. Perdonare è fare del bene a noi, al nostro cuore, al nostro corpo!

Non andate a letto se prima non vi siete chiariti, se non avete fatto pace, se non avete chiesto scusa! Edificate il vostro corpo, il vostro cuore, non distruggetelo con la rabbia accumulata. Una bellissima immagine ci viene suggerita da un libro che vi invitiamo ad appuntarvi, “I cinque linguaggi del perdono” di Gary Champan: una sincera richiesta di scusa mitiga anche i sensi di colpa. Immaginate che la vostra coscienza sia un recipiente da venti litri assicurato sulla vostra schiena. Tutte le volte in cui commettere un torto ai danni di un’altra persona, è come se versaste quattro litri di liquidi nella vostra coscienza. Dopo tre o tratto torti, la vostra coscienza di riempirebbe e voi avvertite il peso. Una coscienza oberata lascia l’individuo pieno di sensi di colpa e vergogna. L’unico modo per svuotare in modo efficace la coscienza consiste nel chiedere perdono a Dio e alla persona che avete offeso.

Perdono, ecco allora l’altra parola che ci viene suggerita nel nostro viaggio tra guerra e pace. Ci torneremo lunedì prossimo, donandovi uno spunto per la confessione. Concludiamo con un’ultima riflessione, come lunedì scorso, sottolineando che il perdono è una grazia che riceviamo gratuita ed infinita da Dio ma SE LO VOGLIAMO. E così lo doniamo all’altro se lo vogliamo. Il perdono se agisce senza la volontà dell’altro di riceverlo, non è riconciliante. il perdono di Dio è incondizionato e arriva sempre, ma l’altro devo riconoscersi pentito per farsi raggiungere.

Gesù sa di cosa abbiamo bisogno, sennò non sarebbe Dio, ma di fronte al bisogno umano domanda: cosa vuoi che io faccia per te? Non vedi che è cieco? Non vedi che Lazzaro è morto? Non vedi che è posseduto dal male? Gesù ci invita a fare un passo verso di Lui, a riconoscerlo. Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno, gli dice il ladrone sulla croce. Davvero costui era il figlio di Dio, dice il centurione. È da una nostra professione di fede che agisce la sua grazia.

Giuda non ha accettato il perdono, non ha riconosciuto che era Dio, non si è fatto abitare da quella grazia e, rispetto a Pietro e ai dodici, sappiamo che fine ha fatto. L’unico che non si è fatto abitare dal bene, l’unico rimasto schiavo del male, della guerra, del non perdono, del non chiedere scusa, l’unico ad essere morto quando la vita ha vinto.

Ci fermiamo. Torneremo lunedì prossimo a parlare di perdono e confessione.

Buona giornata

Non dimenticatevi questa sera di Scoprire quale linguaggio del perdono abita nel vostro sposo!

Anna Lisa e Stefano – @cercatori di bellezza

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La castità degli sposi è meravigliosa (2 parte)

Concludiamo oggi la riflessione sulla castità con le sue ulteriori tre caratteristiche concrete. Cosa è casto nel rapporto intimo degli sposi? Cliccate qui per leggere le prime tre già pubblicate nel precedente articolo.

  1. No agli anticoncezionali. I metodi naturali permettono di accogliere la propria sposa o il proprio sposo interamente nella sua fertilità femminile o maschile. Gli anticoncezionali escludono una parte della donna o dell’uomo lasciando spesso una sensazione negativa di incompiutezza e frustrazione. Noi abbiamo fatto esperienza di entrambi. In un periodo di forte difficoltà e fragilità abbiamo scelto di lasciare i metodi naturali per l’uso del preservativo. Sono stati i mesi più aridi della nostra relazione. Escludere artificialmente e volontariamente l’aspetto procreativo ha indebolito di molto l’aspetto unitivo tra di noi. C’era il piacere fisico ma mancava una gran parte dell’unione profonda dei nostri cuori. Mancava l’ingrediente più importante. Quello che fa differenza. La differenza tra chi fa del sesso e chi concretizza, attraverso il corpo, l’unione intima che lega due sposi che vivono il loro matrimonio nel dono e nell’accoglienza autentica, piena e vicendevole. Avvalersi dei metodi naturali è castità perchè l’amore matriminiale chiede di accogliere tutta la persona amata. Se non possiamo accogliere tutto di lei o di lui siamo pronti ad attendere perchè non vogliamo accontentarci di una sola parte dell’altro. Solo vivendo l’intimità accogliendo tutto dell’altro saremo casti perchè c’è aderenza tra cuore e corpo.
  2. Un incontro non carnale ma totale. Non basta un solo corpo e non basta un solo spirito, una sola anima. Per avere una relazione d’amore autentica servono entrambi. Il matrimonio è proprio la relazione dove si può sperimentare un solo corpo e un solo cuore. Siamo uno. Luisa dal giorno delle nozze abita il mio cuore. C’era anche prima, ma non è la stessa cosa. Dopo le nozze ho promesso di essere suo per tutta la vita. La mia promessa diventa carne e si manifesta nell’incontro intimo. Nell’amplesso il nostro corpo sta dicendo sono uno con te. Il corpo diventa luogo di una comunione profonda dove l’invisibile diventa visibile e l’amore prende forma e concretezza. Qualcosa di meraviglioso che travalica il piacere fisico per diventare, quando vissuto autenticamente, un momento di eternità. Davvero l’orgasmo non è che una piccolissima parte di un piacere e di una gioia molto più profondi e belli. I preliminari, l’amplesso e l’abbraccio dopo sono un’insieme di sensazioni ed emozioni per nulla superficiali ma che portano benefici per tutta la persona. Le ore e i giorni dopo aver fatto l’amore così viviamo con più forza la nostra vita, il nostro lavoro, il rapporto con i nostri figli e anche la nostra fede perchè abbiamo , attraverso il nostro corpo, nutrito tutta la nostra persona di amore vero e concreto. La castità è un piacere completo e non un semplice orgasmo.
  3. E’ un gesto sacramentale e liturgico. Cosa fanno gli sposi quando celebrano il sacramento del matrimonio? Danno il loro consenso del cuore (volontà-impegno), che si esprime con la parola , e poi confermano quel consenso del cuore con il corpo, si uniscono in intimità fisica, e da quel momento il sacramento del matrimonio è avvenuto e diventa efficace. Non entriamo qui in rare eccezioni. Questa è la normalità. Il sacramento da quel momento c’è e ci sarà sempre. Tutte le volte che quindi noi torniamo ad unirci con tutto il nostro essere (cuore, volontà, anima, corpo) nell’intimità sessuale, rendiamo di nuovo presente quella realtà che ha fatto insorgere il nostro sacramento. Ci doniamo totalmente di nuovo l’uno all’altra e quindi cosa succede? Come nell’Eucarestia, che è molto simile in questo, lo Spirito Santo rende di nuovo presente, rinnova quei doni che ci sono stati fatti una volta per sempre durante la celebrazione delle nozze e vengono così rigenerati. Con questo gesto aumentiamo l’apertura del cuore, per accogliere lo Spirito Santo. Capite ora che gesto grande e profondo sia l’unione fisica degli sposi? Di come sia importante curarla, prepararla e perfezionarla? Che doni riceviamo? Ve li elenco soltanto. Se volete approfondirli ho scritto articoli specifici e li riprendo nel libro Sposi profeti dell’amore. I doni sono: effusione dello Spirito Santo (ne ho già accennato sopra), aumento della grazia santificante (comprendiamo meglio l’amore di Dio per noi facendone esperienza attraverso il nostro coniuge e al nostro dono reciproco), aumento dell’amore naturale e generazione di vita nuova (un rapporto fisico vissuto bene nella verità è sempre fecondo e generativo. Si genera sempre amore nuovo che poi gli sposi potranno spendere tra loro, con i figli e con tutte le persone che incontreranno durante i giorni a seguire)

Concludendo posso affermare che se sto cercando nella mia vita di essere casto non è perchè me lo dice la Chiesa, perchè voglio essere più bello e santo degli altri, ma lo faccio per un sano “egoismo”. Lasciatemi questo termine che rende l’idea. Perchè iniziando a percorrere questa strada ho sperimentato come il fare l’amore così, sia molto, ma mooooolto più bello e più pieno. Per questo non tornerei indietro. Non voglio accontentarmi di meno di questo. Costa fatica ma ne vale la pena. Come dice sempre Costanza Miriano: i cattolici lo fanno meglio. Questo è il modo per vivere questo gesto anche dopo vent’anni di matrimonio come noi, come una meraviglia sempre più grande. Per non finire quindi come tante altre coppie nel deserto sessuale e, di conseguenza, relazionale.

Antonio e Luisa

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La castità degli sposi è meravigliosa (1 parte)

Questo vuole essere un articolo di sintesi. Dove metto insieme tante riflessioni già fatte. Quando ci capita nei nostri interventi di parlare di castità iniziano spesso i mugugni. Castità è una parola che non piace. Evoca sinonimi quali frustrazione e castrazione. Il contrario della libertà. La castità sembra poi essere qualcosa che riguardi solo la vita di alcuni giovani cristiani, i più bigotti e complessati, gente chiusa e incapace di aprirsi alla gioia. Il cristianesimo è gioia, e cosa c’è di più bello che fare l’amore quando ci si vuole bene. Questa è l’idea che serpeggia un po’ nel pensiero della maggioranza dei cristiani, che hanno smesso da un pezzo di ascoltare la Chiesa su questi temi. Alla fine che male c’è a seguire le nostre pulsioni? Se siamo entrambi d’accordo naturalmente. Sembra un atteggiamento saggio e rispettoso ma stanno davvero così le cose? Vedendo la sofferenza che c’è nelle relazioni affettive di oggi e il numero di separazioni anche tra chi si sposa sacramentalmente in chiesa forse non è tutto oro quello che luccica. Non è forse vera libertà.

Ora senza voler tornare alla dialettica del passato dove si esagerava nell’approccio verso il sesso e la sessualità, ricordiamo però che erano altri tempi, c’è da parlarne comunque. Non certo quindi evocando l’inferno, il peccato mortale e il demonio. Non ce n’è bisogno. Spesso l’inferno ce lo creiamo da soli con le nostre mani nel matrimonio. Bisogna cambiare approccio. Voglio parlare al vostro cuore. Esattamente come hanno fatto a suo tempo con me e Luisa. Io non avrei mai ascoltato un discorso moralista. Ho invece ascoltato chi mi ha proposto una meraviglia che poteva essere anche per noi. Un modo di vivere la relazione affettiva e sessuale in modo più bello, soddisfacente e pieno. La castità alla fine è questo. Nulla di castrante, ma al contrario è il solo atteggiamento che libera la nostra persona per aprirsi completamente all’altro nella fiducia e nella verità. Non me ne sono mai pentito.

In questo articolo non voglio parlare della castità prematrimoniale, ma della nostra di sposi cristiani. Già perchè la castità non riguarda solo i fidanzati che non possono lasciarsi andare alle gioie del sesso. Riguarda anche noi sposi che magari abbiamo 4 figli e vent’anni di matrimonio alle e sulle spalle. Che bello quando crescendo negli anni di matrimonio riusciamo a crescere anche nel saperci donare attraverso il corpo. Quando c’è sempre più aderenza tra quanto abbiamo nel cuore e quanto manifestiamo ed esprimiamo con il nostro corpo. Per noi sposi la castità significa saper far bene l’amore. Che bello quando il nostro dono reciproco diventa sempre più comunione di anima e corpo.

Come vivere concretamente la castità nel nostro matrimonio? Ho pensato di elencare alcuni punti che sono, a mio parere, fondamentali per vivere nella verità le nostre espressioni corporee dell’amore e quindi anche l’amplesso fisico.

  1. Corte continua. È importante che il nostro amore cresca e che sia vissuto in un contesto di corte continua. Corte continua significa collocare l’intimità sessuale in uno stile di vita fondato sull’amore reciproco visibilmente manifestato. Corte continua significa preparare il terreno alla nostra pianta. Continui gesti di tenerezza, di servizio, e di cura l’uno per l’altra durante tutto l’arco della giornata. Basta poco, una carezza, una parola dolce, uno sguardo, una telefonata e cose così. In passato non lo praticavo con costanza e la mia sposa ne soffriva. Capiva benissimo quando desideravo un rapporto intimo con lei. Bastava osservare il mio comportamento. Diventavo servizievole e tenero. Questo la faceva sentire usata. I miei, infatti, non erano gesti sinceri, ma finalizzati ad ottenere la mia soddisfazione. Ho dovuto impegnarmi ed educarmi per migliorare questa mia insensibilità. Avere cura di questa dinamica significa trasformare il piacere da semplice orgasmo a culmine di un dialogo d’amore parlato al modo degli sposi: con la tenerezza. Il piacere viene arricchito di comunione di cuore e corpo. Tutta un’altra cosa. Questa è castità perchè il desiderio nasce da una vita di dono reciproco. Cuore e corpo sono allineati!
  2. Fedeltà. Credo sia importante dirlo perchè la fedeltà è molto più che non avere rapporti con altre donne o altri uomini. Questa è la base. La fedeltà è accogliere tutto dell’altro. Significa accogliere la persona nella sua interezza. Non c’è nulla che rifiuto di lei. Sto affermando che l’ho conosciuta e sono pronto ad accoglierla con tutte le sue virtù, ma anche tutte le sue fragilità. Sto dicendo che non voglio escludere o cambiare nulla di lei. Semmai voglio intraprendere con lei un cammino di perfezionamento e di crescita. Essere fedele  significa non rimangiarsi questa promessa. Quante coppie si distruggono perchè non hanno riflettuto abbastanza su questo? Quante donne si illudono di cambiare il marito nel matrimonio o viceversa? No, non funziona così. Voi vi state prendendo il pacchetto intero. Se non avete valutato bene la persona con cui vi legate per la vita non potete poi accusare lui di non essere quello che voi pensavate fosse o volevate che lui diventasse. Solo così quello che staremo dicendo con il corpo, voglio tutto di te, avrà un’aderenza con il nostro cuore. Solo così sarà casto!
  3. No alla pornografia. Che male c’è a guardare video pornografici? Il male purtroppo c’è, e non solo per chi ne diventa dipendente. Cambia il nostro sguardo sull’altro. Non siamo più capaci di vedere tutta la persona ma solo parte di essa. E’ un problema che colpisce maggiormente l’uomo ma ultimamente sono sempre più coivolte anche le donne. Parlo quindi al marito ma non è solo per lui. L’uomo non è più capace di avere rapporti teneri con la propria donna. Il marito non riesce ad avere più rapporti teneri con la propria moglie. In genere vale per tutti. Questo accade perchè la donna è vista come un oggetto per il proprio appagamento sessuale. Perché ricercare la tenerezza (è il linguaggio dell’amore ndr) quando l’unico scopo è trarre un piacere sessuale? La donna viene usata. Se avete avuto modo di vederne, nei video pornografici la donna non è una persona che ha pensieri o sentimenti. E’ una che ha solo desiderio di fare sesso. Quindi l’uomo la usa per questo. Tra l’altro, è importante metterlo in evidenza, non c’è bisogno di una relazione. Guardando la pornografia questa dinamica è molto evidente. Quindi il sesso è un qualcosa che si può avere in qualsiasi momento e in qualsiasi modo, senza bisogno di relazione. E’ come far ginnastica. Qualcosa di piacevole da fare lì per lì e poi venirne fuori. Qualcosa da consumare. Si dice, non a caso, consumare pornografia. Qualcosa che provoca una tensione, una agitazione, che deve essere consumata nel più breve tempo possibile. Quello è ciò che conta. Non la relazione, non la tenerezza, non l’amore. Questo non accade solo tra i giovani, ma anche tra coppie mature, già formate da tempo. Coppie che hanno nel cuore il desiderio di avere una sessualità normale e bella. Questo però non accade. Nella sessualità non si può mentire. E’ dove il corpo si incontra con il cuore. Se la persona che hai di fronte la vedi come oggetto, si capisce da come la tratti. Se invece vedi in quella persona l’occasione che il Signore ti ha dato per arrivare a Lui, allora cambia tutto. Allora sì che c’è la tenerezza. Allora sì che c’è il dono. Accogli il suo dono e ti dai totalmente a lei. Allora c’è una reciprocità, non c’è soltano uno sfruttamento dell’altro per il soddisfacimento di un impulso sessuale. C’è bisogno davvero di passare dal consumare pornografia a consumare il matrimonio. da consumare nella sua accezione latina cumsumere (usare/logorare) a quella di consummare (portare a compimento). La castità non logora il rapporto ma lo porta a compimento.

Domani proseguieremo con ulteriori tre caratteristiche. Non mancate!

Antonio e Luisa

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Guerra o pace.. a noi la scelta!

Un litigio è dare spazio al diavolo consentendogli di sgretolarci, distruggerci da dentro.

Non so se vi capita mai di litigare. Noi, come vedete dalle nostre foto sui social, non litighiamo mai. Siamo la famiglia del Mulino Bianco. Noo!! Saremmo dei bugiardi. Innanzitutto, non esiste quella famiglia e poi vi confessiamo, citando un bel libro, che i piatti volano anche a casa nostra (Il libro è: …E poi volarono i piatti. Come dal litigio può rinascere l’amore di Claudia e Roberto Reis).

A volte capita di litigare in un giorno bello, in un giorno di festa, e di fatto sembra che proprio quel giorno che attendevi, o che forse avevi sognato carico di pace, di bellezza, venga neanche a farlo apposta rovinato. A volte capita di litigare aprendo la porta di casa la sera al ritorno dal lavoro. Quello che doveva essere un ingresso normale in casa, dopo che non vedi il tuo amato dalla sera del giorno prima, si trasforma in un: “è meglio che stavo al lavoro”.

L’atmosfera calma, perfetta, la voglia di amore, la vita di pace che volevi vivere, rotta sul nascere magari per un piccolo evento, gesto, risposta, incomprensione che genera una serie di eventi concatenati che crescono e crescono, e crescono a tal punto che anche alla radio dopo due minuti senti annunciare: edizione straordinaria, è scoppiata la terza guerra mondiale nella famiglia dei “Cercatori di bellezza”. (Questo articolo l’avevamo iniziato il 21/01/2021, e questa che voleva essere una battuta delle nostre, oggi è una triste frase che lasciamo).

Il nostro duello può iniziare per diversi motivi: il possesso, l’orgoglio, la frustrazione per qualcosa, il sentirsi in colpa che può farti agire in modo sbagliato, il tono che si usa nel parlare, le differenze maschili e femminili, i caratteri diversi spesso opposti, lo stress o gli eventi esterni al noi di coppia che influiscono al suo interno e non da ultimo il come si è chiesto scusa. Sì, perché non c’è un modo per scusarsi, non c’è solo un linguaggio per chiedere scusa. Ma questo lo vedremo lunedì prossimo in un bellissimo articolo. ….(stay tuned!!)

In questo primo lunedì di “guerra e pace” vorremmo creare un’analogia tra televisione e vita familiare, sottolineare come i litigi avvengono anche nelle nostre famiglie, non solo fra Stati. Anche in casa nostra ci sono delle guerre, piccole o grandi, passeggere o durature.

Permetteteci allora un paragone molto semplicistico a quanto succede nel mondo. Non vogliamo ora dare una lettura psicologica di quanto sta succedendo, non siamo degli storici, non siamo politici e neppure sociologhi da salotti televisivi. Vorremmo solo mostrarvi che se spegnete la televisione, che in questo momento ci informa sulla guerra in Ucraina, lo schermo nero fungerà da specchio, e potremmo trovare riflessi i nostri volti di marito e di moglie.

Forse anche nelle nostre case viviamo o abbiamo vissuto un conflitto.

Forse anche noi per anni abbiamo portato avanti una situazione che non ci piaceva, magari anche a te moglie fa innervosire quando tuo marito non abbassa la tavoletta del water quando ha finito o non alza la ciambella prima di usarlo. Forse invece a te marito dà fastidio quel modo di fare di tua moglie. Magari ti arrabbi quando rientri a casa e dopo una giornataccia, ci sono i bambini ancora da sistemare, la cena non pronta, togli le scarpe e metti il piede su un lego fuori posto. Per chi ha i figli più grandi, in età adolescenziale, quando la porta di casa sembra quella di un saloon dove non fai in tempo ad entrare che già sei invitato ad uscire per un duello tra pistoleri.

Magari anche per voi una camicia non stirata è la goccia che fa traboccare il vaso e scoppia la guerra che fa ribaltare una giara delle nozze di Cana, e sai quante cattiverie vengono fuori e quanti stracci occorrono per asciugare.

Insomma, avete capito, provate a mettere i vostri esempi di litigio fra le nostre frasi sopra riportate e fate memoria di cosa era successo. Tu non litighi mai? Tu che invochi la pace, sei in pace con tutti? Quale giara stai riempiendo contro il tuo sposo? Quale evento fatichi a dimenticare e sei subito pronto a rinfacciare? ..

Come si esce da un conflitto? Riaccendete la tv, che per una volta ci mostra del buono.

Tanti sono i punti per uscirne

(1) in primis con il DIALOGO, sedersi al tavolo e con calma, parlare, raccontarsi che non vuol dire rinfacciarsi. Imparare a conoscere tua moglie, tuo marito, quali solo le sue preoccupazione, i suoi stati d’animo, quali sono i suoi desideri e cosa lo fa scattare, innervosire. Spesso con il passare degli anni di convivenza, di matrimonio trasformiamo il nostro vivere insieme in un’associazione di vita comune, perché tra il lavoro, gli hobby, i bambini e le cose da fare il dialogo con l’amato scompare, o viene sostituito solo da comunicazioni di vita comune: c’è da togliere i vestiti dall’asciugatrice, vado io a fare la spesa, accompagno io X a calcio o a danza. Ma quando ti sei fermato l’ultima volta a guardare negli occhi il tuo sposo? Quando ti sei fermata a dialogare con lui dei suoi stati d’animo? Provate a fermarvi questa sera, e guardatevi negli occhi per 30 secondi osservando solo il colore del suo iride. Da innamorati lo facevate, ora?

(2) Un secondo aspetto, quando non si riesce ad uscire con le proprie forze, quando non si riesce a sedersi al tavolo a chiacchierare è CHIEDERE AIUTO. Cercare quella figura che in termine bellico si chiama mediatore, può essere uno counselor, uno psicologo, un mediatore familiare, un religioso che vi aiuta a rileggere quanto è successo.

(3) Terzo aspetto sono le fonti di bene. Quando tu sei stanco qual è la tua fonte di bene? Una SPA, un massaggio, magari anche solo una sana dormita di qualche ora in più. Quando tu sei in conflitto con tua moglie, tuo marito, quali sono le FONTI DI BENE? Ce ne sono tante: possono essere degli amici che ti mostrano il bello della vostra coppia, il buono di tuo marito, di tua moglie. Sono amici che hanno parole di benedizione e guarigione. Amici che ti mostrano il volto bello dell’altro aiutandoti a fare memoria del passato. Sono dei percorsi per sposi, che ti lavorano dal di dentro. Possono essere dei libri che indicano la strada dell’amore, dei testi, magari questi articoli del blog.

E poi la parola di Dio che ogni giorno ci è data perché operi in noi. Martedì scorso si leggeva Isaia 55: “così sarà della mia parola uscita dalla mia bocca:non ritornerà a me senza effetto,senza aver operato ciò che desideroe senza aver compiuto ciò per cui l’ho mandata”. La parola di Dio è sempre forza per la nostra vita, per la nostra storia di amore, è incoraggiamento al bene, è aiuto nel bisogno, è medicina che cura, ristora, è sale che cambia le ferite, è lama che taglia il male.

(4) La tua volontà! Non puoi uscire da un conflitto se non vuoi uscire dal conflitto. (Scusate il giro di parole). In molti ti possono venire a parlare, amici dall’America o dalla Francia, arabi, cinesi ed israeliani, ma se non sei tu che vuoi deporre le armi e lasciarti amare il conflitto non si fermerà.

5) Ricorda che anche se hai sbagliato: tu non sei il tuo errore, lui non è il suo errore. Siamo fatti di carne e il male opera sempre e ci fa sbagliare, litigare, semina zizzania, cerca di creare divisione, ma tuo marito, tua moglie non è il suo male, non è il male che ha compiuto. Separa ciò che lui è, da ciò che lui ha fatto. Riparti dal perdono e dall’amore verso la persona, non verso il male commesso. Gesù non si è mai fermato al giudizio sul male commesso, ma ha guardato nel cuore di chi aveva davanti, ha guardato nei suoi occhi, ha amato di più al punto di curare con la forza dell’amore le ferite interiori da dove è uscito il peccato. Solo con l’amore curiamo e vinciamo il male.

Il Santo padre nell’angelus di domenica 6 marzo diceva:Fratelli e sorelle, mai entrare in dialogo con il diavolo: è più astuto di noi. Mai! Essere aggrappati alla Parola di Dio come Gesù e al massimo rispondere sempre con la Parola di Dio. E per questa strada non sbaglieremo.”

Ci sono ancora altri aspetti su cui vorremmo soffermarci, tra cui il perdono, la confessione, la grazia sacramentale. Torneremo nei prossimi lunedì, con altri spunti da guerra e pace.

Concludiamo facendovi ancora specchiare nella televisione, dove potrete vedere che tutto il mondo non vuole la guerra, non vuole conflitti, non vuole distruzione, chiusure. Non vuole costruire muri tra nessuno stato al mondo: quindi perché non credere che anche in famiglia si possa desiderare questa pace?

La famiglia è la prima forma di comunità cristiana benedetta dal Signore fin dalla creazione del mondo, più vecchia di ogni altro organismo sovranazionale: Nato, Onu, comunità europea. È il luogo in cui un uomo e una donna, due entità lontane, diverse, opposte si attraggono lasciando il loro mondo, i loro affetti, le loro famiglie e si uniscono in cammino, in un modo indissolubile per diventare segno tangibile di amore, per essere portatori di pace nel mondo.

Il mondo tifa per te famiglia! Il mondo tifa per la pace in famiglia! Tu che tifi per la pace tra Russia e Ucraina, tifi per la tua pace? Stai costruendo pace nella tua famiglia? Come stai portando la pace nella tua famiglia?

A lunedì prossimo, quando parleremo dei linguaggi del perdono. 

Anna Lisa e Stefano – @cercatori di bellezza

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Un metodo naturale per fare l’amore.

Si può fare l’amore se non si vuole cercare un figlio? Come vivere quel rapporto d’amore perché sia libero e naturale?  Oppure, e se quel figlio non arriva? Se quel dono d’amore che cercate da tempo non ha trovato risposta, come vivere quei rapporti? Chi ci può aiutare? A chi chiedere?

Oggi per svegliarci in questo ultimo lunedì di febbraio, iniziamo con delle domande toste, che forse non son domande da colazione, ma che ci permettono di fare luce su un ultimo aspetto del fare l’amore che sono i metodi naturali. Cosa sono? Sai usarli? Come si imparano? Fai da te?

In primis ci teniamo a sottolineare che i metodi naturali non si imparano con il “fai da te”. Ad amare, si impara dagli esempi che abbiamo davanti fin da bambini. Si impara da mamma e papà la bellezza di un abbraccio, di un bacio, di un sorriso; è dall’amore che ricevo che imparo ad amare. Il più grande insegnante dell’amore è Colui che è Amore, Colui che ci ha saputo amare domando la vita sulla croce, per-donandoci, facendoci cioè dono della salvezza eterna, del suo amore, della sua vita. Così come quindi si impara a guidare la macchina facendo scuola guida, si studia per svolgere una professione, per amare dobbiamo guardare al Maestro dell’amore, mettendoci in ascolto della parola di Dio e in preghiera. Gli stessi metodi naturali quindi si possono imparare in un fai da te? No. Anche se tu avessi due lauree, se tu sapessi leggere tabelle e grafici, se fossi anche il primo chimico o fisico italiano, i metodi naturali non son per il fai da te.

Oggi più che mai, in una società che non insegna l’amore, che non insegna la fedeltà, che non edifica maschi e femmine, che sviluppa una vita provvisoria, che distrugge la sessualità chiamandola piacere non amore, abbiamo bisogno di essere guidati all’amore e a come vivere la nostra relazione sessuale all’interno di una relazione d’amore. Abbiamo bisogno di capire che non ci siamo fatti da soli, e che non è mai un male chiedere.

I metodi naturali non sono una semplice applicazione scientifica e strumentale che va ad analizzare la fertilità, se il corpo dell’uomo e della donna sono idonei alla vita, ma abbracciano aspetti umanistici, pedagogici, psicologici, e religiosi, che si appoggiano certamente a criteri scientifici ma poi li travalicano.

I metodi naturali ci insegnano quindi che ci si può affidare a qualcuno per essere aiutati a vivere una sessualità, una relazione d’amore responsabile ma totalizzante. Ci insegnano che ci si può affidare a qualcuno per essere aiutati nell’attesa del dono della vita. Quante coppie che non riescono ad avere figli, quanti giovani sposi che ricercano una gravidanza ma sono lasciati soli, ed incoraggiati solo da esami che non insegnano l’amore di coppia, amore che è alla base della generatività.

I metodi naturali ci insegnano che l’amore non è un fai da te, ma una conoscenza di sè e dell’altro! Non è solo un uomo ad infilarsi un preservativo o la donna a prendere una pillola. I metodi naturali ci insegnano a conoscerci l’un l’altro, a conoscere il corpo della donna, ma anche quello dell’uomo. I tempi di attesa, di fertilità, di infertilità di una donna.

I metodi naturali ci indicano una strada green del fare l’amore! In un mondo dove ci piace la frutta bio, perché è più buona, e Il mangiar sano, dove ci piacciono le aree verdi, la natura, dove si cerca di non inquinare, di trasformare sempre più il nostro vivere in modo ecologicamente sostenibile, viviamo la contraddizione dei rapporti sessuali artificiali! Ci piace andare in palestra, fare Yoga, attività all’aria aperta, e non ci piacciono le restrizioni come la mascherina da indossare all’aperto o al chiuso, non ci piacciono i limiti imposti alla nostra vita serena che vivevamo fino a 2 anni fa, ma forse non ti sei accorto che il tuo rapporto d’amore indossa la mascherina, che limita la tua vita e la vita dell’altro.

Se le persone fossero dei genitali, scusate l’esempio, capiremmo che le protezioni da covid le usiamo da sempre: se usi il preservativo: è come se indossassi la mascherina ogni volta che vuoi salutare ed abbracciare un tuo parente, ogni volta che vuoi baciare tua moglie indossi la mascherina, oppure se usi la pillola, e sei un genitale, il covid sempre insegna, che esci da quella casa e ti butti addosso tanto di quel gel disinfettante, lavi le scarpe e vestiti per non portare nulla di quel luogo. Ma questo è l’amore naturale che tu vuoi vivere? Questa società è quella che ti piace vivere?

In un mondo dove iniziamo a festeggiavano la fine delle restrizioni, quando festeggerai in camera tua l’inizio dell’amore (senza limitazioni)?

I metodi naturali sono uno strumento che ci permette di conoscere la ciclicità del corpo della donna. Ci permette di imparare a vivere il tempo dell’attesa, il tempo fertile, il tempo del riposo. Tempi che vive anche la natura, che forse fin da bambino conosci. Sai benissimo che d’inverno c’è il freddo e non si semina l’orto e non crescono i fiori, o non si va al mare, d’estate invece… in primavera.. Di sera si va a nanna, la mattina sorge il sole e ci si alza per vivere la giornata. Se ti vuoi alzare alle 3 di notte e andare a fare una nuotata, nonostante la società attuale stia cercando di rendere tutti i servizi h24, forse ti sarà ancora difficile farlo e infatti sai attendere fino alla mattina. Lo stesso vale con il corpo della donna, puoi attendere i giorni non fertili per fare l’amore. E puoi conoscere di più del tempo vostro d’amore.

Sai gli orari del supermercato, quelli della farmacia, ma non sai quanto dura il ciclo di tua moglie. Non sai magari che il corpo della donna è fertile solo 16 ore in un mese, e gli spermatozoi muoiono dopo 72 ore. O sai che in ogni eiaculazione escono tra i 30 milioni a 1 miliardo di spermatozoi. Ma come canta Gianni Morandi: uno su mille ce la fa!  

I metodi naturali sono sicuri al 100%? No! Ma forse non saprai che neanche il preservativo ti dà una sicurezza di non rimanere in gravidanza al 100% e neanche al pillola. Ti riportiamo alcuni dati parziali: secondo l’indice di Pearl la percentuale di gravidanze indesiderate con l’utilizzo dei metodi sintotermici è 0,4 con l’uso del preservativo è pari a 5 con l’uso del diaframma 6.

Sta a te, basarti su una incertezza data da uno strumento artificiale o basarti su una certezza data da una tua conoscenza, un’attesa, un’attenzione. Cosa scegli? 

I metodi naturali sono la strada per vivere un amore vero, pieno e totalizzante. Un Amore vero è quello capace di donarsi tutto, con gratuità e senza paletti. Gli unici limiti sono quelli che caratterizzano il tuo essere uomo/donna, originati dal peccato, ma che l’Amore dell’altro è capace di accogliere. In tutto questo il corpo fa da collante. Il tuo corpo dice ciò che sei, ed esprime ogni singola tua volontà di donare e accogliere al tempo stesso. Se non sei capace di questo, puoi dire di volere davvero il Bene per l’altro?

Amare vuol dire ricercare il bene per l’altro, e il corpo è quella parte di noi che ci permette di vivere questo gesto gratuito. Ci permette quel gesto di dono totale che rimane Sacro anche quando non c’è spazio per un terzo. Smettere di fare l’amore per paura, non è ricercare il bene per l’altro, vuol dire solo vivere l’amore per metà. I metodi naturali ti permettono allora di non vivere per meno di un Amore totale.

La mentalità odierna ci spinge a pensare sempre più che il Tu sia un bisogno per l’Io, e che Tu insieme al tuo corpo sei lo strumento per soddisfare i miei bisogni. I metodi naturali ti insegnano invece il contrario. Ciò che tu doni con il tuo corpo, è sacramentalmente accolto dall’altro, che ne comprende e accoglie le sue bellezze, le sue funzioni, i suoi tempi, le sue capacità e anche i suoi limiti.

I metodi naturali insegnano ad accogliere i limiti dell’uomo e della donna. Di fronte ad una fatica nel ricercare una gravidanza, spesso ci si convince che “no, non è possibile.. faremo di tutto pur di averlo”.. e così si arriva a pensare che l’uomo può tutto e non accetta la sua vulnerabilità.

Ci fermiamo qua, potremmo dire ancora tanto, non è un tema piccolo, e come dicevamo non vogliamo fare un tutorial online dei metodi naturali, inciteremmo il fai da te.

Concludiamo informandoti che esistono delle figure che sono insegnanti di metodi naturali, operatori di BIOfertilità e vorremmo lasciarti alcune domande: come vivo la mia sessualità? Come amo il dono che il Signore mi ha posto accanto? Come faccio l’amore? Sono aperto alla vita? I miei genitali sono in assetto da covid da quanti anni? Oppure, perché non affidarci a qualcuno se quella gravidanza non arriva? Perché non chiedere aiuto? Perché non voler conoscere di più del funzionamento del nostro corpo?

Se vuoi approfondire il tema vi lasciamo la nostra mail: annastecolzani@gmail.com

Contattateci senza vergogna e timore.

 A presto.

Anna Lisa e Stefano – @cercatori di bellezza

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Facciamo l’amore! .. buon San Valentino

Facciamo l’amore ..

Lo scorso lunedì abbiamo iniziato a scrivere circa l’accoglienza al dono della vita, al prendersi cura della vita. Oggi vogliamo andare un po’ di più sotto le coperte, domandarvi quando è stata l’ultima volta che hai fatto l’amore? Hai mai parlato con lei di cosa le piace di quei gesti? Hai mai parlato con lui di quanti figli vorreste?

Fare l’amore vuol dire aprirsi alla vita. Dietro ad un gesto bello troviamo una conseguenza gigante, altrettanto bella, ma che ti cambia la vita. Fare l’amore non include solo tutto ciò che potremmo chiamare Eros, un’attrazione che porta a dei gesti che anche in natura gli animali compiono e da cui se ne trae piacere, ma include quella parte grande che possiamo chiamare tenerezza che deve abitare l’amore della coppia. Quella parte che spesso è più femminile, ma che deve invece appartenere ad entrambi. Fare l’amore è un’azione che non è finalizzata al piacere di coppia, o personale, ma a generare vita, a generare amore.

Molte coppie in certi periodi si trovano a vivere una sessualità che lascia poco spazio all’amore e tanto al solo piacere personale. In questo modo si rischia nel lungo periodo di svilire, sprecare, abbassare la bellezza che racchiude, si rischia di trovare solo noia, routine, che trasforma il gesto più bello dell’amore coniugale in una fatica, in qualcosa di difficile, di doloroso. Questi son campanelli di allarme che ci devono far interrogare su come viviamo la nostra intimità, ci devono spingere a dialogare, a domandarci cosa provi tu, capendo dove si è creata quella routine o quella ferita non detta. Imparando dal dialogo ad educarci vicendevolmente ad un amore sempre più bello.

Fare l’amore è un gesto bellissimo! Che la Chiesa dice di fare! Che Dio ha messo nelle mani dell’uomo fin dalla sua creazione. È l’unione dei corpi, il compimento del dono totale d’amore, l’uno e l’altro che si donano totalmente, che si mostrano nudi, senza vergogna, senza paura, ma in totale tranquillità, affidamento, apertura all’altro. In un habitat di gesti di tenerezza, in un habitat di fedeltà, di libertà, e in uno spazio temporale che non ha fine e non ha inizio. Fare l’amore per una coppia di sposi è sancire con il corpo quello che si è promesso con la voce, con un anello, con una cerimonia, è vivere il dono che è l’altro, che Qualcun’altro ha pensato per te, senza possesso, senza pretesa, con cura, attenzione, preziosità.

Fare l’amore è un gesto che genera vita sempre! Non solo quando si concepisce un figlio, ma ogni volta genera vita, perché una coppia che si ama, non riesce a trattenere quella gioia solo per lei, ma la esterna anche agli altri, aprendosi all’accoglienza e all’amore del prossimo. Come dicevamo, il primo figlio della coppia è la coppia stessa, e allora fare l’amore è generare vita nella coppia, alla coppia!

Fare l’amore, è un’azione che non si conclude in quel tempo specifico, non è guardare un film alla tv: spenta la tv finito l’amore. Il corpo dell’altro non è un interruttore della luce: accendi la luce facciamo l’amore. Fare l’amore è un’azione attiva che coinvolge tutta la mia persona, la mia giornata, la mia vita e la tua vita, la giornata dell’altro con tutti i suoi pensieri, con quello che ha vissuto, che deve fare, che prova. È da preparare allora l’amore, è da cercare, è da costruire. Da fidanzato facevi di tutto per lei, per stupirla, per conquistarla, per amarla.. la portavi a cena fuori, la portavi al cinema o a ballare, gli facevi regali, gli compravi un mazzo di fiori, sceglievi di portarla in posti unici a vedere il sole sorgere o tramontare. Lei si preparava tutta bella, truccata, vestita elegante, e facilmente si lasciava stupire da te. In tutti questi gesti di cura e attenzione, preparavi il terreno per un amore più grande, per imparare ad amarvi di più! Ora prepari il tuo terreno? Non si può andare in palestra se non prepari con cura la borsa e curi la tua alimentazione, non puoi mangiare una torta se non hai gli ingredienti, se non la prepari se non ci perdi del tempo.

Prepara l’amore! Ogni mattina..

Oggi ci fermiamo qua, di spunti per questa sera ce ne sono: Buon San Valentino!

To Be continued – Lunedì prossimo parleremo di amore-vita-piacere

Anna Lisa e Stefano – @cercatori di bellezza

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C’è un regalo per te: una vita!

Ieri era la 44^ giornata mondiale per la vita. 

Nel 2021 ci sono stati 42.600.000 casi di aborto (42 milioni e 600 mila casi di aborto), vi diamo altri numeri: la popolazione italiana si aggira intorno ai 60 milioni, lo stadio San Siro capienza piena sugli 80 mila. 

La giornata per la vita non può che farci evidenziare tutte quelle vite indifese, che prive di diritto, sono state uccise dal peccato dell’uomo. 

Quanti aborti volontari vengono perpetrati ogni anno, ogni mese, ogni giorno, nel mondo. Quante vite innocenti vengono fatte tacere, perché scomode. Questa giornata è anche per loro e per ricordarci che ciascuno di noi, al contrario di quanto il mondo ti faccia credere, è prezioso, unico e vale! Nessuno, può arrecarsi il diritto di decidere se tu devi vivere o morire.

Scusateci per questo incipit un po’ forte, forse anche un po’ scomodo, ora proveremo a ricondurci nella bellezza partendo dal titolo che è stato dato alla giornata di ieri: CUSTODIRE OGNI VITA 

“Il Signore prese l’uomo e lo pose nel giardino dell’Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse” Gen 2,15

Ciascuno ha bisogno che qualcun altro si prenda cura di lui, che custodisca la sua vita dal male, dal bisogno, dalla solitudine, dalla disperazione.” (dal messaggio della Conferenza Episcopale Italiana per la 44° giornata nazionale per la vita)

Un messaggio più bello e chiaro di questo non potrebbe esserci: un dono ci viene fatto, e noi abbiamo il solo e più nobile compito di farlo crescere e custodirlo! Niente di più! Per fare questo ci vuole il coraggio della scelta! Il coraggio di accogliere un dono che ti viene fatto e custodirlo, un coraggio che può arrivare dalla consapevolezza che chi ti fa il dono lo ha pensato per te. Non per qualcun altro, ma per te; perché sa che tu puoi portarlo, curarlo e custodirlo nonostante le tue vicissitudini, le tue fatiche, i tuoi inciampi. Tu rimani e resterai per il Donatore talmente prezioso ai suoi occhi, che non può non pensare per te a qualcosa di grande, di meraviglioso per la tua stessa vita.

Da genitori quali siamo, per Grazia, e ancor più da Sposi, comprendiamo quanto coraggio ci voglia per accogliere un dono grande come quello di un figlio. 

Abbiamo bisogno di coraggio perché di fronte ad un bambino, piccolo indifeso, di fronte ad una vita nuova, che stravolge tutta la nostra vita, i tempi, la casa, lo spazio, di fronte a chi non conosciamo abbiamo una paura gigante. Avremmo allora bisogno di un angelo accanto che ci ripeta in continuazione: non avere paura! Hai trovato grazia presso Dio! È un dono quello che ricevi. Non temere! 

È questo che vogliamo oggi dire noi a te, a tutti perché tutti siamo responsabili del custodire la vita dell’altro. Non avere paura di accogliere una vita qualunque essa sia, e in qualunque modo si formi. 

Non avere paura di accogliere una vita anche solo per poche settimane, e poi inaspettatamente doverla lasciare andare e restituire al Donatore. 

Non avere paura di accogliere anche quando ti viene chiesto di custodire quel figlio, pur sapendo che non è compatibile con la vita e che dopo averlo accompagnato a nascere in questo mondo, devi accompagnarlo a rinascere in Cielo. 

Non avere paura di accogliere una vita anche quando quel figlio che tanto hai desiderato e sognato secondo i tuoi giusti criteri, non è come lo avevi pensato tu, ma si presenta al mondo con una preziosa disarmonia. 

Non avere paura di accogliere una vita anche quando non l’avevi programmata o quando questa vita che cresce nel tuo grembo non è frutto di una relazione d’amore. 

Non avere paura di accogliere una vita anche quando nasce da un atto d’amore che si basa sul puro piacere e non guarda oltre. 

Non avere paura di rimanere accogliente alla vita anche di fronte alla fatica di avere figli, alla fatica che coinvolge tantissime coppie oggi, che vorrebbero diventare padri e madri ma ogni giorno che passa vedono allontanarsi questo desiderio, pensando così che sia un desiderio sempre più irrealizzabile e magari arrivando a pensare che non è più da desiderare perché non è per loro. A queste coppie diciamo che non sono sole! Che si può continuare a desiderare qualcosa di bello e alto e che si può insieme al sostegno di altri, realizzare questo sogno di apertura e accoglienza. Non dimenticando però che ciò che desideriamo ci viene donato.

Non avere paura se per ragioni biologiche, non puoi avere figli. Il primo figlio della coppia è la coppia stessa! Non basta poter generare nella carne per essere padri e madri generativi. È importante che si curi in primis sempre il “figlio coppia”, che si curi la nostra capacità di generare vita nell’accogliere l’altro, nell’amarci noi e il prossimo che ci è dato. Quante famiglie hanno fatto della loro storia un capolavoro non generando nella carne, ma divenendo strumenti di amore in mano a Dio! Quanti più figli hanno avuto! 

Non avere paura! 

Custodire la vita è sentirsi amati, affiancati da un angelo che ogni giorno ci dice. “Non avere paura! Tu sei prezioso, agli occhi di tuo Padre che ti ha dato in dono un frutto dell’amore”. Accogliere la vita è accogliere l’amore! Dobbiamo imparare a lasciarci amare da un Padre che ci ama e ci mette in un giardino perché lo custodiamo, che ci fa dono della vita di un altro, e dobbiamo imparare ad amare quel Padre con riconoscenza e gratitudine infinita. 

Ogni vita è pensata perché tu possa accompagnarla nel sentiero della vita; pensata unica, irripetibile e preziosa agli occhi di chi ancora prima di te, l’ha pensata, desiderata e generata.

Non temere di custodirla!

La giornata in difesa della vita, ci aiuti ad essere un poco più angeli custodi, che si fanno prossimi verso il collega, l’amico, il parente, il fratello o la sorella. 

Ci aiuti ad essere un poco più testimoni della bellezza della vita e dell’amore. Coraggio non avere paura! 

To Be continued 

Anna Lisa e Stefano – @cercatori di bellezza

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Famiglia vuol dire speranza! 

Famiglia è sinonimo di speranza, è sinonimo di vita nascente, è bellezza, è testimonianza del volto di amore concreto del Padre, è amore vivente, è esperienza di futuro, è investimento coraggioso sul quale ci giochiamo tutto noi stessi. Sì perché “dove nasce un bambino, nasce la speranza”, diceva la voce di un presepe molto bello che abbiamo visitato nel tempo di Natale in una parrocchia vicino a casa. Dove nasce un bambino, nasce il futuro, nasce la vita, germoglia l’infinito. Che bello! 

Viaggiando in questi fine settimana fuori dalla nostra parrocchia ci siamo accorti di quale ruolo grande abbiamo come famiglie, di quale progetto grande ci aspetta dal giorno del nostro matrimonio. Un mistero grande tutto da scoprire, missione che la famiglia è chiamata a vivere, che trova il suo fulcro nell’amore che deve crescere e moltiplicarsi. La famiglia deve scoprirsi fabbrica di amore sempre in produzione. 

Dove c’è una famiglia, c’è un amore che può generare vita, sia essa di carne o spirituale. E al giorno d’oggi abbiamo terribilmente bisogno di questo ruolo che hanno due sposi: di chi ci dona la vita che nasce, e di chi ci fa nascere nella vita all’amore. 

Forse non ce ne rendiamo conto, abituati a stare nel nostro mondo fatto di altre famiglie, fatto di asili dove ci sono altri figli, di scuole dove ci sono altri ragazzi, fatto di amicizie, di posti affollati, di code, di parcheggi pieni e centri commerciali sempre più grandi, rischiamo di perdere la visione della nostra unicità, bellezza, importanza. Rischiamo di vivere come uno fra tanti. Ascoltiamo i dati istat relativi alle nascite e ai matrimoni come qualcosa che non ci riguarda, perché attorno a noi c’è ancora vita e amore che nasce. 

Viviamo la nostra vita di famiglie nella nebbia della collettività, dove crediamo di non essere visti. Viviamo la nostra vita di famiglia nel quartiere ristretto delle solite relazioni familiari, lavorative, parrocchiali, hobbistiche o sportive, pensando che quanto succede poco più in là non sia per me. 

Spingiamo più in là il nostro sguardo, fermiamoci pochi secondi, usciamo da quel circolo scolastico o parrocchiale, spingiamo via la nebbia che ci nasconde in mezzo a tanti. La famiglia, ogni famiglia, la tua famiglia, la mia è unica ed indispensabile, benedetta, ed ha un ruolo grande, gigante nel mondo: quello di portare speranza, quello di generare vita, quello di rendere visibile l’amore! L’amore di Gesù.

Facciamo un esempio: prendiamo una piazza, tante persone, dei giovani, delle famiglie, dei bambini, degli anziani, e delle forze dell’ordine in divisa. Questi ultimi potrebbero sembrare ai nostri occhi gli unici che nella folla si distinguono, che hanno un ruolo nella piazza: garantire la sicurezza. Non sono i soli! Una famiglia in quella piazza ha una divisa speciale: quella dell’amore, e dobbiamo mostrarlo! Non facendo gesti gloriosi, non indossando costumi da super eroi, ma curando il nostro stesso amore di sposi, il nostro essere genitori. Vivendo nell’amore, amandoci, amando i nostri figli e amando il prossimo. Chi ci osserva nella vita quotidiana non può vedere solo come nella folla in piazza, una persona, una mamma, una moglie, un’amica qualunque e lo stesso per il.. genitore 2 ma deve riuscire a vedere il nostro amore, devo vedere il nostro essere Cristiani, e ancor più, facilitati nei gesti che ci è dato di compiere, vedere nella coppia di sposi, una famiglia che testimonia il volto d’amore di Gesù, semplicemente vivendo. 

Dobbiamo imparare ad amarci di più, ad amare di più, a scoprire la grazia ricevuta il giorno delle nozze, il Mistero Grande del matrimonio, la nostra missione di sposi, per poter essere segno concreto di amore che attrae, che dona bellezza, che dona speranza, che dona vita. Che bello poter scegliere il vestito della famiglia vivendo l’amore! 

Vedere una coppia è vedere l’amore! Vedere una coppia è vedere il volto di Dio amore. Vedere una coppia che passeggia mano nella mano, che si aiuta, che si stringe in un abbraccio, è vedere l’amore! Essere una famiglia per mostrare e raccontarci non solo le difficoltà, le notti in bianco, le fatiche, ma la bellezza di avere un figlio, dei piccoli nuovi passi che compie, della sua crescita, delle sue scelte, è vedere la vita e l’amore! Vedere una famiglia con dei figli è vedere il futuro, la vita, è vedere una start up bellissima che profuma d’infinito! Un figlio è il titolo azionario più ad alto rischio ma allo stesso tempo con più certezza, sicurezza di futuro. Chiedetelo ad un nonno se non investirebbe sul suo nipote che ancora non sa neanche parlare. 

È difficile quello che diciamo? È presuntuoso forse?  Qualcuno potrebbe dirci che spesso litiga con il marito, con la moglie. Che non siete una così brava coppia cristiana e neanche una famiglia DOC o una famiglia sempre felice. Qualcuno che non ha i mezzi e modi, le conoscenze, le capacità. È vero! Avete ragione! Ma sappiate che anche noi ci sentiamo poveri, ultimi, peccatori, vediamo il nostro matrimonio a volte in bilico, ci sentiamo genitori non all’altezza e spesso incapaci. Le fatiche tue sono anche le nostre e di tante altre famiglie. Non è un certificato di qualità che ti rende famiglia, ma la disponibilità ad amare e lasciarsi amare. È la voglia di mettersi in cammino come i Magi e di ascoltare come i pastori, due figure che di famiglia non ne sapevano quasi nulla, ma che sono stati tra i primi ad andare, adorare, ringraziare e testimoniare l’amore! 

Là dove è grande il peccato più grande è la grazia! (Rm 5,20 – 1 Tm 1,12 -14)

Quando sono debole è allora che sono forte perché Tu sei la mia forza. (2 Cor 12,10)

Il nostro Signore è il re dei deboli, degli ultimi, dei peccatori. Non dimenticarlo.

Concludiamo con un ultimo pensiero, perché oggi ci siamo fatti prendere la mano e ti abbiamo rubato già troppo tempo di lettura. 

I Cristiani in Medio Oriente hanno trovato nella “stella” un’immagine della vocazione cristiana. I Cristiani stessi, e ancora più le famiglie devono essere un simbolo come la stella, che conduce tutti i popoli verso Cristo. I Magi, come ha affermato Benedetto XVI, erano: “uomini dal cuore inquieto. Uomini in attesa, che non si accontentavano del loro reddito assicurato e della loro posizione sociale. Erano ricercatori di Dio”. Questa sana inquietudine nasce dal desiderio. Ecco il loro segreto interiore: saper desiderare. 

Allora buona ricerca, lasciate che il vostro cuore sia inquieto di cercare la stella, fatevi poi trasformare per essere voi bellezza che attrae e volto d’amore! Famiglia sorgente di vita e speranza! 

Anna Lisa e Stefano – @cercatori di bellezza

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Inscatolando il Natale!

WOW! Annuncio della Pasqua! .. Con questo monitor di bellezza guardiamo all’oggi, lasciamo l’Epifania, smontiamo tutto, il presepe, gli addobbi, l’albero. L’Epifania -dice il detto- tutte le feste porta via. Per tradizione si smonta tutto dopo la venuta dei Magi, le luci, le palline, le statuine tornano strette strette in cantina, rinchiuse in uno scatolone. Cosa resta del Natale? Cosa resta dell’atmosfera natalizia, dell’amore che caratterizza quei giorni, dei gesti gratuiti, dei doni, dei pranzi con la famiglia riunita?

RESTA TUTTO! A noi piace vedere che non si archiviano le statuine, ma si prosegue nel cammino come fanno i Magi carichi di una bellezza incontrata!

La Sacra Famiglia si è fatta presenza simbolica nel presepe casalingo per circa 20 giorni perché imparassimo da loro come essere famiglia! Il presepe voleva essere in questo tempo, scuola di famiglia in casa nostra. Scuola di amore! Scuola di genitorialità, scuola di fede nelle difficoltà, scuola di semplicità e povertà, di letizie e perdono. Scuola di incontro, di relazione, di tenerezza, di obbedienza.

Ora la famiglia di pietra torna nello scatolone, ma in casa resta la famiglia di carne, fatta da noi. Resta la famiglia sulla quale il presepe ha guardato e si è specchiato per tutti questi giorni. Non eri tu che in questo tempo di Natale e di Avvento dovevi guardare a loro, ma loro che, fatti entrare in casa tua, hanno guardato a te! Ospiti di casa tua, nel loro essere Santi e Maestri d’amore, venuti tra le mura domestiche per dirti di non avere paura, per vivere la bellezza della mia/tua famiglia alla presenza della loro Santa Famiglia!

Ci piace pensare che loro tornano nello scatolone, lasciando il testimone a noi. Dicendoci: continua tu ora! Continua a vivere con lo stesso amore!

Fermati oggi, ancora una volta davanti al presepe! E guardaci, e accorgiti che non hai messo in sala delle statuine sotto una capanna, ma uno specchio che mostra la bellezza del tuo essere amore!

Ora hai capito che non ti serve un albero, delle luci, degli addobbi per correre e gareggiare nell’amore!

Ora hai capito che le tue difficoltà le abbiamo avute anche noi, ma ci hai trovato riuniti nel presepe come ci hai messo il primo giorno!

La Chiesa ieri non archiviava nulla del Natale, ma rilanciava a qualcosa di più grande: la Pasqua!

Quando pensi di essere arrivato, come i Magi, quando credi sia finito tutto, quando termini le feste: rullo di tamburi, squillino le trombe, fuochi d’artificio: “..permettendo la misericordia di Dio .. il giorno 17 del mese di aprile celebreremo con gioia la Pasqua del Signore! “

Che gioia! Che bellezza! Che emozione!

Non sei arrivato! Hai forse superato un livello, raggiunto una tappa,… ora più su, più avanti! Verso la Pasqua.. Wow!

Anna Lisa e Stefano – @cercatori di bellezza

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