In quel tempo, Gesù vide un pubblicano di nome Levi seduto al banco delle imposte, e gli disse: «Seguimi!». Egli, lasciando tutto, si alzò e lo seguì.
Queste profonde righe tratte dal Vangelo della liturgia odierna catturano davvero l’animo. È affascinante notare come Gesù veda oltre le apparenze. Egli non giudica Levi soltanto per il suo ruolo e le sue azioni. Gesù guarda il cuore. Matteo (Levi) era un esattore delle tasse, un individuo disprezzato dalla comunità, considerato un mafioso e un avido sfruttatore, un collaborazionista degli oppressori. Tuttavia, c’è un lato di lui che non possiamo trascurare. Il suo cuore non era ancora interamente corrotto. Forse era tormentato, infelice, eppure non privo di bontà. Pur nascondendo il suo tormento interiore, il suo cuore sanguinava per il male che commetteva. Se non fosse stato così, neppure lo sguardo di Gesù avrebbe potuto toccarlo.
Era una persona triste. Faceva ciò che tutti si aspettavano da lui. Tutti lo consideravano un poco di buono e lui stesso era convinto di esserlo. Il giudizio delle persone può causare tanto male. Gesù si ferma e lo osserva. Lo osserva mentre è immerso nei suoi traffici. Lo osserva in tutta la sua miseria e desolazione in quel momento. Lo osserva mentre sottrae alla gente bisognosa. Lo osserva e vede un miserabile? No, vede una meraviglia. Scruta dentro di lui, come solo lui sa fare, e percepisce quell’inquietudine di un cuore che non si è arreso al male. Lo osserva e vede un uomo alla ricerca, un uomo privo di pace, un uomo infelice, perché nel suo intimo sa che la bellezza della vita è qualcosa di diverso. Sente che la bellezza proviene da un’altra parte, non certo da denaro o beni materiali. Lo osserva e lo chiama.
Matteo aveva davvero bisogno di quello sguardo. Si è visto riflesso negli occhi di Gesù e ha visto ciò che avrebbe potuto diventare. Ha visto il suo potenziale. Non era la persona che stava vivendo. Era una meravigliosa creatura amata dal suo Dio. Forse in Gesù ha riscoperto ciò che sapeva già nel profondo. Seguirlo è stata semplicemente l’ovvia conseguenza. Finalmente si è sentito bello e desiderato. Ha trovato qualcuno che lo guardava con meraviglia. Chiami me? Sei sicuro? Capisci chi sono? Capisci cosa faccio?
Gesù è straordinario per questo. Nel nostro matrimonio può e deve essere così. C’è una forza salvifica che viene dallo sguardo dell’altra persona. Dalla sua fiducia che non cessa mai. Per chi ne ha fatto esperienza sa cosa significa. Ricordo che nel matrimonio l’altro è mediatore tra noi è Dio. Lo sguardo del nostro coniuge può davvero essere lo sguardo di Dio su di noi. Tutte quelle volte che ho sbagliato, che mi sono comportato male, che non sono stato capace di mostrare amore, che sono stato egoista. Tutte quelle volte ho trovato lo sguardo della mia sposa che non ha mai smesso di amarmi. Ha sempre continuato a credere in me anche quando mi sentivo povero in canna. Questo suo amore mi ha dato una forza incredibile. Lei aveva due possibilità. Poteva considerarmi come il mondo. Poteva distruggermi con le sue parole e il suo giudizio. Oppure poteva scegliere di prestare i suoi occhi a Gesù. Mi ha guardato con un amore che andava oltre il mio comportamento.
Quello sguardo ha continuato a dirmi So che sei bellissimo. Hai sbagliato, ma so che tu non sei quell’errore. E’ uno sguardo che fa davvero miracoli e che ti provoca il desiderio fortissimo di essere ciò che l’altro vede in te. Di essere completamente uomo per lei. Di essere completamente donna per lui. Allora fare esperienza di questo amore può davvero cambiare la vita. Può davvero dare una svolta, una conversione. Come disse Papa Benedetto:
Nella figura di Matteo i Vangeli ci propongono un vero e proprio paradosso: chi è apparentemente più lontano dalla santità può diventare persino un modello di accoglienza della misericordia di Dio e lasciarne intravedere i meravigliosi effetti nella propria esistenza.
L’amore della persona che hai accanto può darti la motivazione che ti mancava per diventare finalmente ciò per cui sei stato creato. Una persona capace di dare e accogliere amore. Don Giussani spiegava bene questo concetto con una frase molto semplice, ma illuminante: Sposarsi significa assumere la vocazione dell’altro come propria.
Lo sguardo di Luisa mi ha aiutato a incamminarmi verso la mia vocazione personale all’amore.
Antonio e Luisa