Siamo alla fine dell’anno scolastico. Ieri è squillata l’ultima campanella. Nell’ultimo mese non abbiamo respirato un attimo. Saggi, tornei, esibizioni, feste. Un turbinio di impegni da aggiungere all’ordinaria amministrazione. Ho sempre pensato che questa nostra società contemporanea occidentale sia un po’ schizofrenica e non adatta a chi decide di avere più della canonica coppia di figli. Fortunatamente quest’anno non avevamo sacramenti in casa altrimenti maggio sarebbe stato un delirio completo. Poi c’è il lavoro. Luisa, essendo insegnante di tedesco alle medie, in questi giorni è assorbita completamente dalla scuola. Sta cercando di preparare al meglio i suoi alunni per l’esame di metà giugno. Perchè scrivo di questo? Perchè credo sia una situazione comune a tanti genitori. In periodi così la coppia rischia di andare in sofferenza e di perdersi u po’ di vista. Mi capita spesso di tornare a casa e trovare Luisa in condizioni “estreme”. Stravolta, spettinata, una faccia tirata e occhi bassi sui suoi compiti da correggere. Non solo. E’ anche di pessimo umore. Come potrebbe essere altrimenti? Non dorme praticamente. La casa che sembra una bettola. Roba in giro, piatti da lavare, panni sporchi che fuoriescono dal bidone. Appena entrato mi prende lo sconforto. Avrei la tentazione di chiudere la porta e tornarmene al lavoro. Starei più tranquillo. La nostra non somiglia per nulla alla casa del mulino bianco e noi non siamo la famiglia perfetta. Superata la tentazione di scappare entro. La guardo meglio. E’ sempre lei. Anche con le occhiaie e quel viso stravolto. Riconosco il mio amore. Non mi interessa più il disordine, mi interessa lei. Vedo la mia sposa che ha bisogno di me. Non c’è altro che conta. La tentazione, non lo nego, è sempre quella di lamentarmi Vorrei dirle quanto passi troppo tempo sui libri e dedichi poco o nulla alla casa. Un tempo lo facevo. Le rinfacciavo il tempo che strappava alla famiglia per il lavoro. Poi ho capito. A cosa serve dirlo? Solo a litigare e a caricarla ancora più di ansia e difficoltà. La farei sentire inadeguata. Ormai so come è fatta. So che il suo lavoro vuole farlo bene. Tocca a me fare qualcosa in più. Lo faccio volentieri, perchè so che quello è il miglior modo di mostrarle il mio amore. E’ un’occasione privilegiata per farla sentire amata, supportata e sostenuta. Dovrei essere grato di avere queste occasioni. Non devo trascurarla. Anche se sono stanco, se avrei voglia di dormire, e non sono in vena di tenerezze e di dialogo, non mi devo sottrarre. Costa fatica? Meglio. Non devo dimenticarmi di abbracciarla, di sorriderle, di piccoli gesti di attenzione. Di amorevole presenza nel silenzio, se lo gradisce maggiormente. Ne ha bisogno anche in questi giorni di stress. Ne ha soprattutto bisogno in questi giorni. Ha bisogno che io l’ascolti quando mi racconta delle sue difficoltà, del tempo che non basta, delle mille varianti che deve predisporre per alunni H, BES, DSA e non mi ricordo quali altri tipi. Mi dice sempre le stesse cose, ma le fa bene. Ha bisogno di essere compresa nella sua difficoltà di fare tutto. E io, pur nella stanchezza, lo faccio. Lo faccio e ringrazio Dio di poterlo fare. Significa che esiste complicità tra di noi, che il rapporto è saldo e vivo. Alla fine anche lo stress è vinto. Perchè la bellezza dello stare insieme supera ogni altra difficoltà. Jovanotti, in una sua canzone, ha scritto:
A te che riesci a render la fatica
Un immenso piacere
A te che sei il mio grande amore
Ed il mio amore grande
A te che hai preso la mia vitaE ne hai fatto molto di più