Matrimonio Cristiano

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Invito, relazioni e accoglienza per una Chiesa missionaria! .. 2 IL SEGUITO

Posted by Cercatori di bellezza

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ACCOGLIENZA

Quando si va in montagna si è soliti salutare chi si incontra sui sentieri. Quando si va in bici o in moto ci si fa spesso un cenno di riconoscenza, anche tra runner può succedere o quando si va in palestra. Si è soliti quindi essere innanzitutto educati e viene naturale instaurare una relazione quantomeno di semplice saluto con chi sta compiendo la tua stessa attività. Se anche andassimo allo stadio da soli, forse verrebbe naturale dopo un po’ che si è seduti accanto ad una persona con cui si condividono gli stessi pensieri, scambiare due parole. Ci sono gli anziani che attaccano bottone anche al supermercato, al banco dei salumi mentre aspettano il proprio turno. E in Chiesa? E fra noi cristiani? 

La Chiesa è il luogo dove viviamo il miracolo eucaristico, il luogo dell’amore che si fa carne, il luogo dove viviamo lo scambio della pace, che è più di un saluto tra montanari, l’unico luogo che ci invita alla pace, all’amore, al bene, all’accoglienza, gesti che son oltre il semplice saluto! Lo scambio della pace è fatto di due mani che si incontrano, toccano, stringono, di occhi che si guardano eppure quanto silenzio, anonimato, quanta mancanza di gioia, di relazione c’è al termine della liturgia, fuori dì chiesa. Chi saluta al termine della messa la persona a cui ha dato la mano? Chi scambia due parole al termine della messa con chi gli è seduto a fianco? 

Noi da qualche anno andiamo a messa non più nella chiesa del paese, ma in quella parrocchiale della comunità pastorale , dove conosciamo poca gente, dove non abbiamo parenti che frequentano la messa. Quando si esce sul sagrato, vedi della gente che si saluta, piccoli gruppetti che si fermano a chiacchierare. Ma noi da forestieri spesso siamo rientrati a casa senza incontrare nessuno, eppure in chiesa eravamo in tanti. A chi non succede? Pensiamo che se avessimo incontrato in montagna ognuna di quelle persone ci avrebbe salutato, invece in chiesa ci han detto anche PACE, ma che fatica fuori da messa accogliere, entrare in relazione, semplicemente salutare. Forse la fatica è anche nostra! Il saluto si fa sempre in due! 

Ecco forse dove dobbiamo far crescere le nostre chiese, nell’accoglienza, nelle relazioni verso il prossimo. I cristiani dovrebbero riconoscersi da come si amano, dal loro stare insieme. Spesso usciamo da messa, dopo aver fatto la comunione, siamo dei tabernacoli viventi ma che si spengono e tornano a casa. Una coppia giovane, che magari ha cambiato paese, che si approccia a frequentare la messa domenica dove risiede, cosa trova? Chi la accoglie? Chi entra in relazione con loro? 

Permetteteci di dire che forse oggi lo stadio, il bar o un sentiero di montagna ci è avanti in quanto a luogo di relazione, accoglienza, invito. E questo limite non è della Chiesa ma nostro, mio, tuo. I sacerdoti e le suore vivono per missione incontro al prossimo. Quante coppie che si sono allontanate per indifferenza, lasciate sole, non introdotte, non incontrate, conosciute, agganciate, invitate. Non possiamo aspettare che sia l’arrivo dei figli e quindi il battesimo o l’attività oratoriana o catechistica a riportarli in relazione con noi! Noi cristiani (e ci mettiamo noi primi della lista) abbiamo trasformato le nostre chiese in luoghi di fede privata, ristretta, bugiardi o indifferenti nei gesti che compiamo. Quante coppie che si approcciano a frequentare la parrocchia, i gruppi famiglia, e trovano realtà chiuse, aride o anziane. Quante volte ci è capitato di non essere salutati da chi è dentro nella vita parrocchiale come le panche della chiesa. Non scandalizziamoci se oggi la Chiesa perde fedeli, la colpa non è della Chiesa, dei sacerdoti ma possiamo forse anche noi, ognuno di noi, fare di più con anche un semplice gesto di saluto!

Ci fermiamo qua. Giriamo la palla ora ai sacerdoti, ai vescovi, alla chiesa perché possano anche loro aiutarci a ritrovare la relazione, la missionarietá della porta accanto, l’invito e l’accoglienza che crea la gioia di essere Cristiano. Ma soprattutto passiamo la palla a te, che sei arrivato fino a qua a leggere, perché in quanto laico, in quanto battezzato, in quanto magari sposo, sposa, hai il compito in prima persona di poter aiutare a far ri-vivere la tua chiesa con un invito, un saluto, una relazione. Andare in chiesa torni ad essere anche l’occasione di passare del tempo fraterno di amicizia con altri cristiani con cui avrai anche spezzato il pane e il vino e ascoltato la Parola che dona vita. Citiamo in ultimo questo breve passo di Vangelo di domenica 9 ottobre rito ambrosiano, che ci ha incontrato mentre facevamo questi pensieri e che parla di accoglienza.

✠ In quel tempo. Il Signore Gesù disse: «Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato. Chi accoglie un profeta perché è un profeta, avrà la ricompensa del profeta, e chi accoglie un giusto perché è un giusto, avrà la ricompensa del giusto. Chi avrà dato da bere anche un solo bicchiere d’acqua fresca a uno di questi piccoli perché è un discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa». (Mt 10, 40-42)

Nel Vangelo 2000 anni fa già si parlava di accoglienza. Oggi come la viviamo? Concludiamo ringraziando chi ci ha accolto in parrocchia, chi ci saluta, chi si è fatto vicino, le suore e i nostri don. Vogliamo bene alla nostra Chiesa, perché ci permette anche di sperimentare che si può amare di più! Nel nostro inserimento all’accoglienza ci hanno aiutato i nostri bimbi, con la loro semplicità e bellezza. Spesso è necessario tornare bambini anche noi per imparare a relazionarci come loro. Buona giornata e tra qualche giorno è di nuovo domenica pertanto ci lasciamo con il compito di invitare alla messa, di accogliere chi incontriamo a messa, le persone con cui scambiamo la pace e chi è nuovo, le nuove coppie! Sono loro il futuro di ogni comunità! Ci mettiamo anche noi al lavoro con voi, anzi un passo indietro, perché di lavoro ne dobbiamo fare anche noi tantissimo! Aiutare e invitare gli altri a pregare è una forma di carità!

Anna e Ste @cercatoridibellezza

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Tag accoglienza, ACCOGLIERE, amore, bar, chiesa, chiesa domestica, comunione, coppia, dialogo, Domenica, DON, felicità, Gesù, gioia, insieme, invito, love;, matrimonio, matrimonio cristiano, montagna, palestra, parrocchia, relazione, sessualità, sposi, stadio, SUORE

Ott·28

La critica? Può essere un atto di carità

Posted by Antonio e Luisa De Rosa

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Quanto è importante parlare in una coppia? Penso sia determinante. Può fare la differenza.  Penso che una delle caratteristiche migliori del mio matrimonio con Luisa sia proprio la cura del dialogo. Ci sono sofferenze e incomprensioni che nascono proprio dalla mancanza o carenza di dialogo.  Io desidero sinceramente il bene per la mia sposa. Desidero con tutto il cuore che i miei gesti, le mie parole e le mie azioni siano per il suo bene e non le procurino dispiacere o sofferenza. Lei mi deve però aiutare.  Da solo non riesco sempre. Io non sono nella sua testa. Ho una sensibilità diversa.

Ciò che per lei è importante potrebbe non esserlo per me. Certo, anni di matrimonio insegnano a capire e conoscere l’altro/a, ma non è mai abbastanza. Fortunatamente ci siamo sempre parlati con franchezza e senza sconti. Ci siamo sempre detto tutto. Lei non ha mai preteso che io capissi da solo i miei errori e le mie mancanze nei suoi confronti. Oddio qualche volta si, ma col tempo siamo migliorati anche in questo. Penso sia anche questo un atto di carità. Un gesto d’amore.  

Un atto che deve essere da me ricambiato. Come? Accettando che non sono perfetto e che posso anche sbagliare. Difficile accettare le critiche. Siamo tutti più o meno permalosi. La mia reazione durante i primi anni di matrimonio era quella di difendermi e contrattaccare. Trovare una giustificazione e magari un alibi in un suo comportamento. L’amore non è questo. L’amore è saper accogliere anche le parole di sofferenza e lamentazione. Se c’è qualcosa che non va non devo arroccarmi, cercare alibi. Lei non mi sta giudicando.

Mi sta semplicemente esprimendo il desiderio che io mi comporti diversamente.  Mi sta dando la possibilità di comprendere il mio errore e migliorare il mio modo d’agire. Anni di matrimonio ci hanno insegnato ad avere carità l’uno verso l’altra. Non dobbiamo temere le critiche, il silenzio è molto più pericoloso. Finchè ci sarà tra di noi la libertà di essere onesti, di non dover fingere che tutto vada bene comunque, non dovremo preoccuparci, tutto starà procedendo alla grande.

Antonio e Luisa

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Tag amore, coppia, critica, dialogo, litigio, matrimonio, permalosità, relazione

Nov·02

Care mogli: non siamo telepatici!

Posted by Antonio e Luisa De Rosa

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Una delle convinzioni più sbagliate e dannose che ci possano essere nel matrimonio è la pretesa della telepatia. Riguarda in gran parte le donne. “Se mi ama mi capisce.” “Se mi ama non può non capire che quello che sta facendo mi dà fastidio.” “Come fa a non rendersi conto di quanto sto male.” “Per lui non esiste mai un problema.” “Ha la sensibilità di un elefante.”  “Vorrei che ci arrivasse da solo!” “Come fai a non capire ciò di cui ho bisogno?” Queste sono solo alcune delle più comuni lamentele da parte delle donne verso il proprio sposo.  La donna non si sente abbastanza curata e considerata. Lo sposo, secondo lei, non si impegna abbastanza. Stanno davvero così le cose?

Mi permetto di fare alcune considerazioni.

Donne: non guardate sempre i difetti del vostro coniuge (che probabilmente ci sono), concentratevi su quello che voi potete migliorare. Lui, può darsi, sia un po’ duro di comprendonio. Voi, siete così sicure di aver comunicato in modo comprensibile, anche per lui?  La carità nella coppia lo esige.

Siete sicure di essere trasparenti e aperte al vostro sposo, in modo che lui possa comprendere il vostro stato emotivo? Oppure deve trasformarsi in un indovino?

Uomo e donna sono diversi tra loro. Lo sono più di quello che voi possiate pensare. L’uomo, nella maggior parte dei casi, non desidera altro che rendere felice la propria sposa. Spesso non serve neanche molto. Basta la parola giusta, basta anche il silenzio a volte. Deve però sapere il vostro pensiero, le vostre sensazioni e il vostro stato emotivo. Non pretendete da lui più di quello che può darvi, resterete insoddisfatte voi e resterà frustrato lui che non capirà nulla.

Parlate, parlate sempre e chiedete di essere ascoltate. Lui, spesso, non aspetta altro che di comprendere qualcosa di più di voi per aiutarvi e sostenervi. Robert Cheaib scrive nel suo libro “Il gioco dell’amore”:

In una comunicazione profonda non diciamo solo le nostre parole, noi siamo parola, un dirsi e un darsi. Non diciamo solo le nostre parole , ma ci diamo nella parola.

Non vale forse la stessa cosa anche con Dio? Dio ci ha donato la Sua Parola affinché noi potessimo conoscerlo. Non ha preteso che noi ci arrivassimo da soli. Parola che poi si è fatta carne in Cristo.

Uno dei pregi migliori di Luisa è proprio questo: la trasparenza. Non ha mai avuto timore di dirmi tutto. Ha sempre condiviso tutto con me. Mi ha fatto notare anche i miei errori con lei. Spesso comportamenti o atteggiamenti per me innocui. A lei, però, davano fastidio e per questo ho cercato di evitarli. Perché, alla fine, non conta ciò che penso io, ma ciò che prova lei. Perchè, se poi la donna si apre nel dialogo, noi non abbiamo più scuse. Dobbiamo darci da fare per accontentarla. Questo è l’amore. Questa è la bellezza di una relazione profonda come quella sponsale.

Coraggio il vostro sposo non aspetta altro che accogliervi nelle vostre parole.

Antonio e Luisa

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Tag amore, coppia, dialogo, relazione

Set·17

Sorella mia sposa!

Posted by Antonio e Luisa De Rosa

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Uno dei rischi più grandi del matrimonio è diventare come fratello e sorella. Dovrebbe essere però spiegata meglio. Non è sbagliato essere fratello e sorella nella coppia. E’ sbagliato essere solo fratello e sorella. Perchè dico questo? Perchè l’amore di Filia (amicizia) è importante. Noi da sposi non smettiamo di essere fratelli nella fede. La nostra fratellanza non cessa nel nostro essere marito e moglie, ma al contrario si perfeziona e diventa ancora più profonda. Ne è un esempio lampante il Cantico dei Cantici, il Libro della Bibbia che più racconta l’amore sponsale ed erotico, dove Salomone, lo sposo, chiama innumerevoli volte la sua amata sorella. Per confermare che si tratta non solo di un amore erotico, ma è qualcosa di molto più profondo. Esiste tra di loro una profonda conoscenza e intimità. Tu mi hai rapito il cuore, sorella mia, sposa.

La mia sposa non deve essere solo colei con cui divido il letto. Non è solo colei davanti alla quale metto a nudo il mio corpo. Lei è molto di più. Lei è colei davanti alla quale metto a nudo tutto di me. La mia confidente, la mia consigliera, la voce della mia coscienza. Lei deve essere la persona a cui apro la profondità dei miei pensieri, delle mie preoccupazioni, delle mie gioie e dei miei dolori. Lei deve essere colei che sa tutto di me e a cui posso mostrarmi senza paura di essere ferito o giudicato.  Il dialogo tra gli sposi non deve mai mancare.  Don Oreste Benzi ha scritto qualcosa di profondamente vero:

Perchè non c’è dialogo? Perchè uno pensa che nel matrimonio l’altro stia con lui nella misura che gli è gradito, nella misura che è come lui lo vuole. Quante finzioni! Invece no, voi avete scelto di portarvi assieme l’un l’altra come una sola persona. Il limite dell’altro segna l’inizio della tua responsabilità

Quante volte non siamo capaci di accoglierci come fratelli in Cristo. Quante volte non sappiamo mostrare anche la parte di noi meno amabile per paura di non piacere più all’altro/a. Allora meglio far silenzio sulla nostra parte oscura, allora meglio nasconderla all’altro. Questo è l’inizio della fine. Perchè non possiamo fingere per sempre e, presto o tardi, dovremo fare i conti con i nostri scheletri. Solo mostrandoci per quelli che siamo, senza barriere, potremo lasciarci amare completamente dall’altro e sentirci così davvero amati ed accolti. Sta a noi scegliere se vedere nell’altro una minaccia e coprirci come Adamo ed Eva dopo che ebbero mangiato dall’albero, oppure mostrarci nella completa libertà di chi non ha paura perchè sa che l’amore non giudica, ma sostiene sempre.

Antonio e Luisa

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Ago·31

Gesù a Betania: difendere la coscienza dell’amato/a (1 parte)

Posted by Antonio e Luisa De Rosa

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Ogni sposo o sposa, nel giorno in cui viene consacrato da Dio sacerdote dell’altro, assume su di sè il dovere della difesa e della protezione. Il dovere di proteggere la coscienza della persona che ama sapendone rispettare la profonda intimità, ascoltarne i segreti con silenzio adorante.

Porprio nel giorno in cui si contraggono l’esercizio degli stessi diritti e si assumono i medesimi dovere, l’Io della coppia deve rendersi conto di essere servo senza diritti verso l’intimità della coscienza del prossimo amato. Il vangelo di Betania può aiutarci a capire il senso di tale responsabilità e quanto proteggere la coscienza altri sacrario di Dio nella persona, si uno degli atti di misericordia più necessari tra i due che si amano.

La scena evangelica si incastona nel cammino di Gesù verso Gerusalemme, per compiere la salvezza e la Sua ascesa al Padre. Tale movimento teologico indica come Dio prima crei la coscienza e poi cammini verso di essa e attraverso di essa per salvarla. E’ presente, quindi, per ciò che riguarda la coscienza, una alternanza di creazione salvifica e di salvezza creatrice, appunto come avviene nel rapporto tra Gesù e coloro che abitano nella casa di Betania.

La narrazione di Lc 10,38 inizia così: “Mentre erano in cammino, entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo ospitò”. Alcune varianti dei testi originali sottolineano questa sfumatura:: “lo ricevette in casa sua”. Leggendo i versetti successivi vedono la donna di casa rivolgersi in modo imperativo verso l’ospite; unendo questo atteggiamento alla particolarità prima citata, sembra che non solo la casa di Marta fosse sua, ma che, per osmosi, tutti coloro che vi erano, diventassero suoi.

   Questo è il primo condizionamento della libertà che può subire la persona la sua coscienza da parte di chi, come il coniuge esercita un ministero: legare il possedere all’essere. Tale situazione di immaturità umana, da cui nessun ruolo può essere immune, innesca, in chi ha un autorità-ruolo-potere, l’inganno di attribuire ad esso una dignità da cui consegue una amabilità all’interno della casa.

Avere un ruolo, essere la persona che ti è accanto, dà un potere da cui deriva una dignità, che fa sentire se stessi amati o rende amati all’interno della casa di Betania: questo è un inganno letale, affermarsi nella coppia mediante il ruolo che si svolge, il lavoro, o la cultura o l’affetto. Gia il fatto che ci sia bisogno di affermazione vuol dire che l’amore è posto ai margini.

 Al v.40 Luca ci racconta gli effetti di questa distorsione, descrivendo Marta come strappata periespato attorno ai molti servizi: dunque, non centra l’attenzione su cosa Marta stesse facendo, ma su come lo stesse facendo ed a cosa la conducesse quell’atteggiamento.

Il desiderio di essere amati con mezzi sbagliati fa perdere di vista il fine, sovvertendo i mezzi, facendoli diventare il fine. Si rischia di badare più alla forma che alla sostanza, sacrificandola. Questo squilibrio nell’esercizio del potere-affetto da parte di uno dei coniugi, sfocia nell’utilizzare la persona e la sacralità della sua coscienza, facendo perdere di vista la tua missione di sposo\a ministro dell’amore: portare la persona a Cristo, essere spettatori dell’amore di Dio per quell’uomo-donna affidatati e non servirsene per sentirsi affettivamente amati, sapendo di avere qualcuno in pugno.

2.1.1 Un’ aggressione non violenta

Se nella volontà di Dio in genere c’è il desiderio di rivelarsi, nel vangelo di Betania secondo Luca si evince il desiderio di Gesù di costruire con gli abitanti della casa un rapporto. Prendendo in esame il rapporto tra Gesù e Maria di Betania, c’è un dialogo tra il Figlio di Dio ed una creatura, dove ella ascolta la Sua parola e Gesù è insieme Maestro di Spirito e Parola annunciata. Maria assume l’atteggiamento del discepolo anche con la sua postura, confermata da ciò che dice Paolo di Tarso in Atti quando si definisce discepolo di Gamaliele[1]. Possiamo, quindi, concludere di trovarci davanti ad un vero e proprio dialogo della coscienza con l’ospite divino, dove c’è un colloquio tra il Maestro e il discepolo atto alla crescita nella via di Dio. Ogni coniuge si rivela maestro di misericordia quando si rende come il letto di un fiume dove l’Amore tra Dio e colei\colui che ama, possa scorrere in modo dolce e scambievole.

La scena dipinta da Luca è visibilmente colorata di sacralità si nota, però, come ella sia aggredita e messa in serio pericolo dall’atteggiamento di Marta, la quale si qualifica come condizionamento in atto. Non letto di un fiume ma diga da dove sembra impossibile passare.

 Se scandagliamo il testo è facile arguire le modalità invasive di Marta nel rapporto tra Maria e Gesù e comprendere quali possono essere gli atteggiamenti invasivo-aggressivi di ogni marito o moglie che non vuole mettersi a servizio della coscienza altrui. Continua…………


[1] Cf. M. Crimella, Con me in Paradiso, p.38.

Fra Andrea Valori

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Lug·22

Gli sposi si parlano solo 35 minuti a settimana.

Posted by Antonio e Luisa De Rosa

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Spulciando tra le varie notizie e curiosità pubblicate sul web ho trovato qualcosa di molto interessante. E’ un articolo di Repubblica dal titolo Crisi di coppia? 8 appuntamenti per salvare una relazione. Lasciando perdere i consigli che i due psicologi propongono che possono essere più o meno condivisibili quello che mi preme mettere in evidenza è un fatto. Uno studio dell’Università della California ha svelato che le coppie sposate (studio su un campione di coppie di sposi di diverse età seguite per 13 anni) dialogano per una media di 35 minuti a settimana. Una quantità di tempo risibile se confrontato con i dati sull’uso di smartphone. Il 50% delle persone italiane che hanno uno smartphone lo usano per più di 5 ore al giorno. Una differenza enorme accentuata dal fatto che molti di quei 35 minuti di dialogo sono utilizzati per affrontare argomenti di tipo organizzativo e contingente (spese, impegni, riparazioni ecc.). Nel ménage familiare non c’è tempo per il dialogo di coppia profondo. Non ci si guarda più con occhi di meraviglia. Scrive Roberta Vinerba nel suo illuminante libro “Alla luce dei tuoi occhi”: Due sposi,  prima che non si parlino più, non si guardano più, prima del dialogo muore lo sguardo. Prima della parola, non si vedono più.

Ecco la mancanza di dialogo esprime spesso una mancanza di interesse per l’altro/a. Come in un piano inclinato gli sposi stanno scivolando verso l’indifferenza. Prima di arrivare alla fatidica frase Non ti amo più ci sono tanti piccoli step. La mancanza di dialogo dovrebbe essere un campanello d’allarme e invece è spesso visto e accettato come qualcosa di inevitabile. Presi da tanti pensieri e impegni non c’è tempo per queste inezie da fidanzatini.  Il Papa in Amoris Laetitia ci dice che non è così: Dopo l’amore che ci unisce a Dio, l’amore coniugale è la «più grande amicizia». E’ un’unione che possiede tutte le caratteristiche di una buona amicizia: ricerca del bene dell’altro, reciprocità, intimità, tenerezza, stabilità, e una somiglianza tra gli amici che si va costruendo con la vita condivisa. Però il matrimonio aggiunge a tutto questo un’esclusività indissolubile, che si esprime nel progetto stabile di condividere e costruire insieme tutta l’esistenza. 

Il dialogo è fondamentale per tenere in vita una relazione e renderla sempre più bella e rigogliosa. L’amore di amicizia tra gli sposi non è meno importante dell’eros o del servizio. Senza l’amicizia anche l’eros e l’agape diventano espressioni d’amore difficili e non desiderate. Se non c’è intimità del cuore fatta di dialogo profondo dove noi sposi apriamo il nostro cuore all’altro/a, dove raccontiamo le nostre fatiche, le nostre gioie, i nostri dolori, le nostre paure, insomma tutto quello che abbiamo nel cuore, presto o tardi, smetteremo di desiderarci e di cercarci anche fisicamente. Come in un circolo vizioso che ci porta sempre più lontani l’uno dall’altra. Invece è importante trovare tempo ogni giorno per parlare almeno un po’ di noi tra noi. Io e Luisa cerchiamo di trovare sempre tempo per parlare. Ce lo cerchiamo perchè lo riteniamo una priorità. Capita, ad esempio, che alcuni giorni decido di entrare più tardi al lavoro e accompagno Luisa alla sua scuola. Arrivati al paese entriamo in un bar, ordiniamo cappuccio e cornetto e ci sediamo a un tavolino abbastanza appartato. Quei minuti sono preziosi. E’ un momento solo nostro. Parliamo di tutto, ma alla fine non importa tanto quello che diciamo, la cosa bella è poter assaporare l’incontro, la presenza dell’altro che ci riempie e ci sazia. E’ un momento di intimità molto bello che ci permette di iniziare la giornata con tanta pace e tanta gioia.

Antonio e Luisa

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Nov·11

La fatica è l’amore a forma di sacrificio.

Posted by Antonio e Luisa De Rosa

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Siamo alla fine dell’anno scolastico. Ieri è squillata l’ultima campanella. Nell’ultimo mese non abbiamo respirato un attimo. Saggi, tornei, esibizioni, feste. Un turbinio di impegni da aggiungere all’ordinaria amministrazione. Ho sempre pensato che questa nostra società contemporanea occidentale sia un po’ schizofrenica e non adatta a chi decide di avere più della canonica coppia di figli.  Fortunatamente quest’anno non avevamo sacramenti in casa altrimenti maggio sarebbe stato un delirio completo. Poi c’è il lavoro. Luisa, essendo insegnante di tedesco alle medie, in questi giorni è assorbita completamente dalla scuola. Sta cercando di preparare al meglio i suoi alunni per l’esame di metà giugno.  Perchè scrivo di questo? Perchè credo sia una situazione comune a tanti genitori. In periodi così la coppia rischia di andare in sofferenza e di perdersi u  po’ di vista. Mi capita spesso di tornare a casa e trovare Luisa in condizioni “estreme”. Stravolta, spettinata, una faccia tirata e occhi bassi sui suoi compiti da correggere. Non solo. E’ anche di pessimo umore. Come potrebbe essere altrimenti?  Non dorme praticamente. La casa che sembra una bettola. Roba in giro, piatti da lavare, panni sporchi che fuoriescono dal bidone.  Appena entrato mi prende lo sconforto. Avrei la tentazione di chiudere la porta e tornarmene al lavoro. Starei più tranquillo. La nostra non somiglia per nulla alla casa del mulino bianco e noi non siamo la famiglia perfetta. Superata la tentazione di scappare entro. La guardo meglio. E’ sempre lei. Anche con le occhiaie e quel viso stravolto. Riconosco il mio amore. Non mi interessa  più il disordine, mi interessa lei. Vedo la mia sposa che ha bisogno di me. Non c’è altro che conta. La tentazione, non lo nego,  è sempre quella di lamentarmi  Vorrei  dirle quanto passi troppo tempo sui libri e dedichi poco o nulla alla casa. Un tempo lo facevo. Le rinfacciavo il tempo che strappava alla famiglia per il lavoro. Poi ho capito. A cosa serve dirlo? Solo a litigare e a caricarla ancora più di ansia e difficoltà. La farei sentire inadeguata. Ormai so come è fatta. So che il suo lavoro vuole farlo bene. Tocca a me fare qualcosa in più. Lo faccio volentieri, perchè so che quello è il miglior modo di mostrarle il mio amore. E’ un’occasione privilegiata per farla sentire amata, supportata e sostenuta. Dovrei essere grato di avere queste occasioni.  Non devo trascurarla. Anche se sono stanco, se avrei voglia di dormire, e non sono in vena di tenerezze e di dialogo, non mi devo sottrarre. Costa fatica? Meglio. Non devo dimenticarmi di abbracciarla, di sorriderle, di piccoli gesti di attenzione. Di amorevole presenza nel silenzio, se lo gradisce maggiormente. Ne ha bisogno anche in questi giorni di stress. Ne ha soprattutto bisogno in questi giorni. Ha bisogno che io l’ascolti quando mi racconta delle sue difficoltà, del tempo che non basta, delle mille varianti che deve predisporre per alunni H, BES, DSA  e non mi ricordo quali altri tipi. Mi dice sempre le stesse cose, ma le fa bene. Ha bisogno di essere compresa nella sua difficoltà di fare tutto. E io, pur nella stanchezza, lo faccio. Lo faccio e ringrazio Dio di poterlo fare. Significa che esiste complicità tra di noi, che il rapporto è saldo e vivo. Alla fine anche lo stress è vinto. Perchè la bellezza dello stare insieme supera ogni altra difficoltà. Jovanotti, in una sua canzone, ha scritto:

A te che riesci a render la fatica
Un immenso piacere
A te che sei il mio grande amore
Ed il mio amore grande
A te che hai preso la mia vita
E ne hai fatto molto di più
Credo che queste 6 righe condensino perfettamente tutta la riflessione che ho voluto proporre oggi. Ogni fatica con te è sempre bella perchè la fatica condivisa e la fatica accolta e donata è l’amore che prende la forma del sacrificio. E’ l’amore che viene reso sacro. L’amore che diventa dono elevato a Dio attraverso te, la mia sposa. Amen.
Antonio e Luisa

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Tag abbraccio, ascolto, coppia, dialogo, fatica, matrimonio, relazione, sacrificio, tenerezza

Giu·09

Le donne parlano per esprimere se stesse, ricordiamocelo!

Posted by Antonio e Luisa De Rosa

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Dopo aver affrontato ieri le difficoltà che possono sorgere da un dialogo assente o non abbastanza trasparente oggi affrontiamo un altro problema che spesso tocca le coppie di sposi. Il diverso significato e valore attribuito al dialogo. Ieri ho “bacchettato” le donne. Oggi tocca a noi uomini. Una delle volte che più sono rimasto sorpreso è quando in un incontro Luisa ha dovuto dire qual’era il mio pregio che lei apprezzava maggiormente. Io già mi aspettavo dicesse la tenerezza, la capacità di servirla, e invece no. Lei ha affermato che sapevo ascoltarla e questo la riempiva di gratitudine. Capite l’importanza per una donna?

Partiamo con un esempio. Vostra moglie arriva a casa, e vuole raccontare quello che le è capitato sul lavoro o qualsiasi altra cosa le abbia procurato pensieri, dubbi e incertezze.

Noi da bravi mariti, anche se non abbiamo sempre voglia, quasi mai diciamocelo, perché stiamo facendo altro, ci mettiamo devotamente in ascolto, intenzionati a concentrarci e a trovare la soluzione che possa sollevarla e farle tornare il sorriso e levarcela di torno in fretta.

Dopo che pensiamo di aver capito il problema, senza lasciarla finire, diamo trionfanti la nostra soluzione, convinti di aver contribuito a sistemare le cose e a tranquillizzarla. Siamo pronti a ricevere il nostro meritato ringraziamento, invece, con enorme stupore, lei non solo non è contenta, ma si arrabbia dicendo che non abbiamo voglia di ascoltarla e vogliamo liquidarla in fretta. Noi, inebetiti, la guardiamo con un misto tra sconcerto e stupore e non sappiamo cosa dire. Offesi ce ne andiamo con la coda tra le gambe.

Con l’andare del tempo, ogniqualvolta diamo una soluzione alla nostra mogliettina e vediamo che non viene accolta positivamente, iniziamo a disinteressarci di quello che ci dice. Rispondiamo a mugugni e intanto facciamo o pensiamo ad altro. Tutto questo provoca insoddisfazione in entrambi i coniugi ed è spesso motivo di litigi e incomprensioni.

Ma perché succede questo? Chi sbaglia?

Sbagliamo entrambi perché siamo convinti che un uomo e una donna ragionino allo stesso modo. La nostra cara mogliettina sarà soddisfatta, non quando le daremo la risposta vincente, ma solo quando staremo in silenzio ad ascoltarla attentamente, intervenendo, non per darle soluzioni, ma per farle capire che siamo partecipi. La donna racconta problemi per trovare conforto e partecipazione, mentre l’uomo più praticamente per trovare una soluzione.

L’esempio ci insegna che tante volte noi sposi ci siamo trovati ad ascoltare la nostra sposa che ci parla di tutto, in particolare delle sue difficoltà, dei suoi problemi, delle sue ansie, ma anche delle sue gioie e delle sue vittorie. Quante volte ci siamo sentiti impreparati e impotenti a certe sue confidenze. Non ci siamo sentiti in grado di aiutarla e questo ci metteva in difficoltà a nostra volta. La reazione che ci veniva naturale era quella di dare soluzioni, perché noi uomini siamo così. Quando non sappiamo dare soluzioni, iniziamo ad irritarci, a cercare di cambiare discorso e nei migliori dei casi ci disinteressiamo e pensiamo ad altro fingendo di ascoltare. Il matrimonio ti insegna che non è così. La tua sposa non cerca una soluzione, sa bene che tu  non puoi sempre risolvere i suoi problemi, ma ha bisogno semplicemente di essere ascoltata. Ha bisogno di sentire che la sua difficoltà non ci è indifferente, ha bisogno di non tenersi dentro tutto per poter capir meglio anche lei, ha bisogno di sentire il nostro amore anche attraverso il nostro ascolto e la nostra compassione. Ha bisogno soprattutto di sentirsi amata con tutte le sue fragilità, senza maschere in una relazione sincera e vera. Per noi mariti è un’occasione di dimostrare il nostro amore e il nostro sostegno. Come sapientemente ci ricorda Costanza Miriano:  le donne parlano per esprimere se stesse, mentre gli uomini per trasmettere concetti. Una volta capito questo potremo crescere enormemente nel dialogo e nel rapporto stesso. Al contrario, se non ascoltiamo la nostra sposa, non la curiamo, non la sosteniamo e, magari, ci ricordiamo di farlo solo quando vogliamo una prestazione in cambio (cosa molto frequente tra noi uomini), la stiamo trattando da prostituta, la stiamo usando e questo lei lo capisce. Lascio a voi le conclusioni.

Antonio e Luisa

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Tag amore, coppia, costanza miriano, dialogo, marito, moglie, relazione

Feb·06

Donne, abbiate pietà: parlate!

Posted by Antonio e Luisa De Rosa

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Una delle convinzioni più sbagliate e dannose che ci possano essere nel matrimonio è la pretesa della telepatia. Riguarda in gran parte la donna. “Se mi ama mi capisce.” “Se mi ama non può non capire che quello che sta facendo mi dà fastidio.” “Come fa a non rendersi conto di quanto sto male.” “Per lui non esiste mai un problema.” “Ha la sensibilità di un elefante.”  “Vorrei che ci arrivasse da solo!” “Come fai a non capire ciò di cui ho bisogno?” Queste sono solo alcune delle più comuni lamentele da parte delle donne verso il proprio sposo.  La donna non si sente abbastanza curata e considerata. Lo sposo, secondo lei, non si impegna abbastanza. Stanno davvero così le cose?

Mi permetto di fare alcune considerazioni.

Donne: non guardate sempre i difetti del vostro coniuge (che probabilmente ci sono), concentratevi su quello che voi potete migliorare. Lui, può darsi, sia un po’ duro di comprendonio. Voi, siete così sicure di aver comunicato in modo comprensibile, anche per lui?  La carità nella coppia lo esige.

Siete sicure di essere trasparenti e aperte al vostro sposo, in modo che lui possa comprendere il vostro stato emotivo? Oppure deve trasformarsi in un indovino?

Uomo e donna sono diversi tra loro. Lo sono più di quello che voi possiate pensare. L’uomo, nella maggior parte dei casi, non desidera altro che rendere felice la propria sposa. Spesso non serve neanche molto. Basta la parola giusta, basta anche il silenzio a volte. Deve però sapere il vostro pensiero, le vostre sensazioni e il vostro stato emotivo. Non pretendete da lui più di quello che può darvi, resterete insoddisfatte voi e frustrato lui che non capirà nulla.

Parlate, parlate sempre e chiedete di essere ascoltate, senza voler per forza una soluzione. Lui, spesso, non aspetta altro, di comprendere qualcosa di più di voi per aiutarvi e sostenervi.

Robert Cheaib scrive nel suo libro “Il gioco dell’amore”:

In una comunicazione profonda non diciamo solo le nostre parole, noi siamo parola, un dirsi e un darsi. Non diciamo solo le nostre parole , ma ci diamo nella parola.

Non vale forse la stessa cosa anche con Dio? Dio ci ha donato la Sua Parola affinché noi potessimo conoscerlo. Non ha preteso che noi ci arrivassimo da soli. Parola che poi si è fatta carne in Cristo.

Uno dei pregi migliori di Luisa è proprio questo: la trasparenza. Non ha mai avuto timore di dirmi tutto. Ha sempre condiviso tutto con me. Mi ha fatto notare anche i miei errori con lei. Spesso comportamenti o atteggiamenti per me innocui. A lei, però, davano fastidio e per questo ho cercato di evitarli. Perché, alla fine, non conta ciò che penso io, ma ciò che prova lei. Perchè, se poi la donna si apre nel dialogo, noi non abbiamo più scuse. Dobbiamo darci da fare per accontentarla. Questo è l’amore. Questa è la bellezza di una relazione profonda come quella sponsale.

Coraggio il vostro sposo non aspetta altro che accogliervi nelle vostre parole.

Antonio e Luisa

 

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Feb·05

Dialogo tra marte e venere.

Posted by Antonio e Luisa De Rosa

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Procediamo con i punti 136 e 137 di Amoris Laeitia.

136. Il dialogo è una modalità privilegiata e indispensabile per vivere, esprimere e maturare l’amore nella vita coniugale e familiare. Ma richiede un lungo e impegnativo tirocinio. Uomini e donne, adulti e giovani, hanno modi diversi di comunicare, usano linguaggi differenti, si muovono con altri codici. Il modo di fare domande, la modalità delle risposte, il tono utilizzato, il momento e molti altri fattori possono condizionare la comunicazione. Inoltre, è sempre necessario sviluppare alcuni atteggiamenti che sono espressione di amore e rendono possibile il dialogo autentico.

137. Darsi tempo, tempo di qualità, che consiste nell’ascoltare con pazienza e attenzione, finché l’altro abbia espresso tutto quello che aveva bisogno di esprimere. Questo richiede l’ascesi di non incominciare a parlare prima del momento adatto. Invece di iniziare ad offrire opinioni o consigli, bisogna assicurarsi di aver ascoltato tutto quello che l’altro ha la necessità di dire. Questo implica fare silenzio interiore per ascoltare senza rumori nel cuore e nella mente: spogliarsi di ogni fretta, mettere da parte le proprie necessità e urgenze, fare spazio. Molte volte uno dei coniugi non ha bisogno di una soluzione ai suoi problemi ma di essere ascoltato. Deve percepire che è stata colta la sua pena, la sua delusione, la sua paura, la sua ira, la sua speranza, il suo sogno. Tuttavia sono frequenti queste lamentele: “Non mi ascolta. Quando sembra che lo stia facendo, in realtà sta pensando ad un’altra cosa”. “Parlo e sento che sta aspettando che finisca una buona volta”. “Quando parlo tenta di cambiare argomento, o mi dà risposte rapide per chiudere la conversazione”.

Per spiegare queste importanti parole del Papa, parto con un esempio tipico, che penso sia capitato a tutti.

Vostra moglie arriva a casa, e vuole raccontare quello che le è capitato sul lavoro o qualsiasi altra cosa le abbia procurato pensieri, dubbi e incertezze.

Noi da bravi mariti, anche se non abbiamo sempre voglia, diciamocelo, perché stiamo facendo altro, ci mettiamo devotamente in ascolto, intenzionati a concentrarci e a trovare la soluzione che possa sollevarla e farle tornare il sorriso.

Dopo che pensiamo di aver capito il problema, diamo trionfanti la nostra soluzione, convinti di aver contribuito a sistemare le cose e a tranquillizzarla. Siamo pronti a ricevere il nostro meritato ringraziamento, invece, con enorme stupore, lei non solo non è contenta, ma si arrabbia dicendo che non abbiamo voglia di ascoltarla e vogliamo liquidarla in fretta. Noi, inebetiti, la guardiamo con un misto tra sconcerto e stupore e non sappiamo cosa dire.

Con l’andare del tempo, ogniqualvolta diamo una soluzione alla nostra mogliettina e vediamo che non viene accolta positivamente, iniziamo a disinteressarci di quello che ci dice. Rispondiamo a mugugni e intanto facciamo o pensiamo ad altro. Tutto questo provoca insoddisfazione in entrambi i coniugi ed è spesso motivo di litigi e incomprensioni.

Ma perché succede questo? Chi sbaglia?

Sbagliamo entrambi perchè siamo convinti che un uomo e una donna ragionino allo stesso modo. La nostra cara mogliettina sarà soddisfatta, non quando le daremo la risposta vincente, ma solo quando staremo in silenzio ad acoltarla attentamente, intervenendo non per darle soluzioni ma per farle capire che siamo partecipi. La donna racconta problemi per trovare conforto e partecipazione, mentre l’uomo più praticamente per trovare una soluzione.

L’esempio ci insegna che tante volte noi sposi ci siamo trovati ad ascoltare la nostra sposa che ci parla di tutto, in particolare delle sue difficoltà, dei suoi problemi, delle sue ansie ma anche delle sue gioie e delle sue vittorie. Quante volte ci siamo sentiti impreparati e impotenti a certe sue confidenze. Non ci siamo sentiti in grado di aiutarla e questo ci metteva in difficoltà a nostra volta. La reazione che ci viene naturalmente è quella di dare soluzioni, perchè noi uomini siamo così. Quando non sappiamo dare soluzioni, iniziamo ad irritarci, a cercare di cambiare discorso e nei migliori dei casi ci disinteressiamo e pensiamo ad altro fingendo di ascoltare. Il matrimonio ti insegna che non è così. La tua sposa non cerca una soluzione, sa bene che tu  non puoi sempre risolvere i suoi problemi, ma ha bisogno semplicemente di essere ascoltata. Ha bisogno di sentire che la sua difficoltà non ci è indifferente, ha bisogno di non tenersi dentro tutto per poter capir meglio anche lei, ha bisogno di sentire il nostro amore anche attraverso il nostro ascolto e la nostra compassione. Ha bisogno soprattutto di sentirsi amata con tutte le sue fragilità, senza maschere in una relazione sincera e vera. Per noi mariti è un’occasione di dimostrare il nostro amore e il nostro sostegno. Come sapientemente ci ricorda Costanza Miriano le donne parlano per esprimere se stesse, mentre gli uomini per trasmettere concetti. Una volta capito questo potremo crescere enormemente nel dialogo e nel rapporto stesso. Al contrario, se non ascoltiamo la nostra sposa, non la curiamo, non la sosteniamo e ci ricordiamo di farlo solo quando vogliamo una prestazione in cambio (cosa molto frequente tra noi uomini), la stiamo trattando da prostituta, la stiamo usando e questo lei lo capisce. Lascio a voi le conclusioni.

Antonio e Luisa.

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Tag amore, amoris laetitia, coppia, dialogo, matrimonio cristiano, papa francesco

Feb·05

Le donne parlano per esprimere se stesse.

Posted by Antonio e Luisa De Rosa

0

137. Darsi tempo, tempo di qualità, che consiste nell’ascoltare con pazienza e attenzione, finché l’altro abbia espresso tutto quello che aveva bisogno di esprimere. Questo richiede l’ascesi di non incominciare a parlare prima del momento adatto. Invece di iniziare ad offrire opinioni o consigli, bisogna assicurarsi di aver ascoltato tutto quello che l’altro ha la necessità di dire. Questo implica fare silenzio interiore per ascoltare senza rumori nel cuore e nella mente: spogliarsi di ogni fretta, mettere da parte le proprie necessità e urgenze, fare spazio. Molte volte uno dei coniugi non ha bisogno di una soluzione ai suoi problemi ma di essere ascoltato. Deve percepire che è stata colta la sua pena, la sua delusione, la sua paura, la sua ira, la sua speranza, il suo sogno. Tuttavia sono frequenti queste lamentele: “Non mi ascolta. Quando sembra che lo stia facendo, in realtà sta pensando ad un’altra cosa”. “Parlo e sento che sta aspettando che finisca una buona volta”. “Quando parlo tenta di cambiare argomento, o mi dà risposte rapide per chiudere la conversazione”.

Quello riportato è il punto 137 di Amoris Laetitia.

Quanto è vera questa affermazione del Papa. Mi rimanda a qualcosa che avevo già letto nell’illuminante libro di John Gray “Gli uomini vengono da Marte le donne da Venere”.

Quante volte noi sposi ci siamo trovati ad ascoltare la nostra sposa che ci parla di tutto, in particolare delle sue difficoltà, dei suoi problemi, delle sue ansie ma anche delle sue gioie e delle sue vittorie. Quante volte ci siamo sentiti impreparati e impotenti a certe sue confidenze. Non ci siamo sentiti in grado di aiutarla e questo ci metteva in difficoltà a nostra volta. La reazione che ci viene naturalmente è quella di dare soluzioni, perchè noi uomini siamo così. Quando non sappiamo dare soluzioni, iniziamo ad irritarci, a cercare di cambiare discorso e nei migliori dei casi ci disinteressiamo e pensiamo ad altro fingendo di ascoltare. Il matrimonio ti insegna che non è così. La tua sposa non cerca una soluzione, sa bene che tu  non puoi sempre risolvere i suoi problemi, ma ha bisogno semplicemente di essere ascoltata. Ha bisogno di sentire che la sua difficoltà non ci è indifferente, ha bisogno di non tenersi dentro per poter capir meglio anche lei, ha bisogno di sentire il nostro amore anche attraverso il nostro ascolto e la nostra compassione. Ha bisogno soprattutto di sentirsi amata con tutte le sue fragilità, senza maschere in una relazione sincera e vera. Per noi mariti è un’occasione di dimostrare il nostro amore e il nostro sostegno. Come sapientemente ci ricorda Costanza Miriano le donne parlano per esprimere se stesse, mentre gli uomini per trasmettere concetti. Una volta capito questo potremo crescere enormemente nel dialogo e nel rapporto stesso. Al contrario, se non ascoltiamo la nostra sposa, non la curiamo, non la sosteniamo e ci ricordiamo di farlo solo quando vogliamo una prestazione in cambio (cosa molto frequente tra noi uomini), la stiamo trattando da prostituta, la stiamo usando e questo lei lo capisce. Lascio a voi le conclusioni.

Antonio e Luisa

 

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