Un Dio piccolo che si può prendere nelle braccia e coprire di baci

Una delle più belle descrizioni di Maria che prende tra le braccia quel bambino suo figlio e suo Dio, viene dal  filosofo francese Jean Paul Sartre. E’ un testo abbastanza conosciuto. Mi piace condividerlo per ricordarlo a chi già lo conosce e donarlo a chi ancora non ha avuto occasione di leggerlo. E’ un’immagine bellissima e commovente. Come? – direte voi. Sartre non era un filosofo ateo, uno dei paladini del pensiero laico?  Si, probabilmente lo è stato. Sartre è famoso per il suo concetto di esistenzialismo ateo: con la negazione di Dio l’uomo ha un suo progetto, liberamente scelto, secondo valori che non hanno alcun fondamento metafisico.

Sartre era anche una persona di grande spessore umano. Pensate che la descrizione di Maria che vi riporto è tratta da un suo racconto, dal racconto di un ateo. Bariona è stato scritto dal filosofo nel periodo di Natale del 1944. Lo fece come dono verso i suoi compagni di prigionia nel lager di Trier in Germania. In quel campo Sartre entrò in contatto con alcuni sacerdoti e con essi intraprese diverse conversazioni sulle verità profonde dell’uomo e su Dio. Certo lui da un punto di vista ateo e non credente, ma con un certo rispetto verso il mistero e la trascendenza. Forse il racconto che di seguito ho riportato nasce proprio da questi dialoghi e confronti. Una descrizione meravigliosa che nasconde un cuore aperto al mistero e alla bellezza. Tanto che l’intellettuale arriva vicino alla conversione. Nel 1980, poco tempo prima di morire, intervistato da un amico comunista Pierre Victor, confermò personalmente la sua conversione, destando grande scandalo tra amici e intellettuali. Sembrava infatti una ritrattazione di tutta la sua idea filosofica. Disse: Non sento di essere il prodotto del caso, un granello di polvere nell’universo, ma qualcuno che era aspettato, preparato, prefigurato. In breve, un essere che solo un Creatore potrebbe mettere qui. E questa idea di una mano creatrice si riferisce a Dio.

Una persona in ricerca che alla fine ha trovato . Una persona che durante la sofferenza della prigionia nella Germania nazista seppe scrivere:

Ma siccome oggi è Natale, avete il diritto di esigere che vi si mostri il presepe. Eccolo. Ecco la Vergine ed ecco Giuseppe ed ecco il bambino Gesù. L’artista ha messo tutto il suo amore in questo disegno ma voi lo troverete forse un po’ naïf. Guardate, i personaggi hanno ornamenti belli ma sono rigidi: si direbbero delle marionette. Non erano certamente così. Se foste come me, che ho gli occhi chiusi… Ma ascoltate: non avete che da chiudere gli occhi per sentirmi e vi dirò come li vedo dentro di me. La Vergine è pallida e guarda il bambino. Ciò che bisognerebbe dipingere sul suo viso è uno stupore ansioso che non è apparso che una volta su un viso umano. Poiché il Cristo è il suo bambino, la carne della sua carne, e il frutto del suo ventre. L’ha portato nove mesi e gli darà il seno e il suo latte diventerà il sangue di Dio. E in certi momenti la tentazione è così forte che dimentica che è Dio. Lo stringe tra le sue braccia e dice: piccolo mio! Ma in altri momenti, rimane interdetta e pensa: Dio è là e si sente presa da un orrore religioso per questo Dio muto, per questo bambino terrificante. Poiché tutte le madri sono così attratte a momenti davanti a questo frammento ribelle della loro carne che è il loro bambino e si sentono in esilio davanti a questa nuova vita che è stata fatta con la loro vita e che popolano di pensieri estranei. Ma nessun bambino è stato più crudelmente e più rapidamente strappato a sua madre poiché egli è Dio ed è oltre tutto ciò che lei può immaginare. Ed è una dura prova per una madre aver vergogna di sé e della sua condizione umana davanti a suo figlio. Ma penso che ci sono anche altri momenti, rapidi e difficili, in cui sente nello stesso tempo che il Cristo è suo figlio, il suo piccolo, e che è Dio. Lo guarda e pensa: «Questo Dio è mio figlio. Questa carne divina è la mia carne. È fatta di me, ha i miei occhi e questa forma della sua bocca è la forma della mia. Mi rassomiglia. È Dio e mi assomiglia». E nessuna donna ha avuto dalla sorte il suo Dio per lei sola. Un Dio piccolo che si può prendere nelle braccia e coprire di baci, un Dio caldo che sorride e respira, un Dio che si può toccare e che vive. Ed è in quei momenti che dipingerei Maria, se fossi pittore, e cercherei di rendere l’espressione di tenera audacia e di timidezza con cui protende il dito per toccare la dolce piccola pelle di questo bambino-Dio di cui sente sulle ginocchia il peso tiepido e che le sorride. Questo è tutto su Gesù e sulla Vergine Maria.

Che meraviglia Maria. Maria è la Theotokos. E’ colei che ha portato in grembo Dio, la madre di Dio. Un buon proseguimento del tempo del Natale a tutti.

Antonio e Luisa

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