Una volta a casa diventano insopportabili per la moglie e i figli

Devo assolutamnente tornare sulla catechesi di mercoledì del Papa. Come saprete durante queste ultime udienze del mercoledì papa Francesco sta trattando i vizi capitali e nell’ultima si è occupato dellì’ira. Mi soffermo su una frase del Papa che merita di essere approfondita. L’atteggiamento da lui evidenziato è causa di tanta sofferenza. Quindi prestate attenzione.

Nella sua manifestazione più acuta l’ira è un vizio che non lascia tregua. Se nasce da un’ingiustizia patita (o ritenuta tale), spesso non si scatena contro il colpevole, ma contro il primo malcapitato. Ci sono uomini che trattengono l’ira sul posto di lavoro, dimostrandosi calmi e compassati, ma che una volta a casa diventano insopportabili per la moglie e i figli.

Quanta verità in queste parole! Mi rivolgo a me stesso in primis, sia chiaro. Ho una tentazione forte. Quando torno a casa dopo una giornata storta, quando mi porto a casa problemi, incomprensioni o litigate dal mio lavoro, o semplicemente quando è stata una giornata infruttuosa o frustrante per tanti motivi, tutto ciò mi toglie le energie. Capisco perfettamente che quelle serate possono essere particolarmente pericolose. Lo so! Basta poco, un pretesto qualsiasi per litigare.

Cerco la litigata perché quella frustrazione che ho dentro spinge per uscire. Una dinamica tipica del matrimonio. La persona più vicina rischia di diventare quella che deve assorbire la nostra miseria. Più si è in intimità con una persona, più la si conosce, e si è sicuri del suo amore incondizionato, e più si rischia di ferirla, sapendo che sarà sempre lì. Ed ecco che una pasta scotta può diventare motivo di durezza e di critiche, dimenticando che la pasta è scotta forse perché lei ha dovuto pensare ai figli nel frattempo. Dimentico che tutto ciò che fa per me è un dono e nulla è dovuto. Abbiamo il dovere di prendere coscienza dei nostri errori, anche questo fa parte del nostro impegno di sposi, ed è il primo e unico passo possibile per poi porvi rimedio.

Come detonare tutto? Non è difficile. Basta non tenersi tutto dentro. Tornare a casa e aprire il cuore. Sfogarsi e buttare fuori tutta l’amarezza, la frustrazione, l’ansia e preoccupazione che abbiamo dentro. Chiedere perdono se non siamo in condizioni quella sera di essere simpatici, attivi e accoglienti. Basta fare queste due semplici cose per scollegare il detonatore della bomba che sta per esplodere. Il motivo è semplice. Non ci si sente più in guerra con il mondo, ma parte di una famiglia che ci vuole bene. Aprire il cuore significa togliere ogni barriera e blocco tra di noi e questo di solito è un ottimo balsamo. Non dimentichiamo poi che siamo cristiani. Affidiamo a Gesù, anche con una semplice preghiera, ciò che ci tormenta. Chiediamo che ci doni la Sua pace. Non resta che trovare il modo di scaricare tutta la rabbia e aggressività che ci portiamo dentro. Io vado a correre. Mi serve tantissimo. Ognuno può trovare la soluzione più adatta.

Antonio e Luisa

Ci arrabbiamo perchè siamo deboli. La rabbia nella coppia.

Oggi affrontiamo un discorso spesso poco poco preso in considerazione. Si fa fatica a tirarlo fuori nelle conversazioni con amici e parenti. Si fa fatica perchè racconta una parte di noi che vorremmo nascondere e della quale ci vergogniamo. Parliamo di rabbia. La rabbia accompagna la vita di tante persone. La rabbia è un’emozione che caratterizza più o meno tutti. Fa parte della nostra umanità ed è la nostra risposta alle difficoltà della vita, a ciò che ci provoca dolore e sofferenza. La rabbia è il nostro modo di manifestare la frustrazione. Nella coppia la rabbia è una dinamica che può portare a tanti problemi, tanta sofferenza e tanta divisione.

Cosa fare? Ci sono due diversi ambiti di intervento. Intervenire sulle cause e intervenire sulle manifestazioni con cui la tiriamo fuori.

Le cause della rabbia. Ci monta la rabbia perchè non riusciamo a soddisfare un bisogno o un desiderio. Ci monta la rabbia perchè la realtà non è come noi vorremmo. Ci monta la rabbia perchè l’altro non si comporta secondo le nostre aspettative o perchè non ci viene riconosciuto quanto vorremmo e crediamo di meritare. Insomma la rabbia è una risposta fisica ed emotiva alla frustrazione. Frustrazione dovuta ad una sofferenza. La rabbia è pertanto sintomo di debolezza. Più siamo deboli e più ci arrabbiamo. Più siamo deboli e più ci sentiamo inadeguati e impreparati ad affrontare una determinata situazione, una critica, un atteggiamento o quant’altro, e più cercheremo di mostrarci forti con l’aggressività e con la rabbia che monta dentro di noi. Cosa fare? Mettere un confine. Questo lo insegnano bene Claudia e Roberto di Amati per Amare. Mettere un confine significa custodire una parte di noi dove ci sentiamo realizzati, amati e belli nonostante ciò che può avvenire fuori di noi. Nonostante ciò che avviene nelle nostre relazioni affettive, nel nostro lavoro e nella nostra vita in genere. Più saremo capaci di crescere nella nostra autostima e nella consapevolezza che valiamo sempre e comunque, più comprenderemo che siamo amati da Dio sempre, e meno cadremo nella frustrazione e nella rabbia. Io mi sono reso conto nella mia vita di quanto tutto questo sia vero. Appena sposato ero molto aggressivo e avevo tanta rabbia dentro. Perchè ero molto debole ed insicuro. Non ho mai usato violenza verso la mia sposa e verso i figli sia chiaro, ma verso le cose si. Urla, pugni sulla porta e lancio di oggetti contro il muro mi è successo di farlo. Ero giovane. molto debole caratterialmente e poco maturo. Mi sono trovato con una moglie e due figli nel giro di poco. Chi te l’ha fatto fare? L’ho scelto io ma ero comunque impreparato e non sapevo cosa significasse la responsabilità di una famiglia. Mi sono trovato davvero in difficoltà e quindi molto arrabbiato. Avevo tutto ma mi sentivo completamente impreparato e inadeguato a vivere quella vita. La mia sposa ha avuto tanta pazienza nel sapermi aspettare. Ha visto oltre quello che sapevo e potevo dare in quel periodo. Negli anni di matrimonio sono diventato più forte e anche la rabbia ora mi colpisce molto meno di prima.

La rabbia va buttata fuori. La rabbia è un’emozione. Ciò significa che tende ad accendersi e a spegnersi nel giro di breve tempo. Rischia però, se repressa e negata, di trasformarsi in un sentimento di rancore. Il sentimento è qualcosa di molto più durevole e difficile da estirpare quando negativo. La rabbia repressa continua ad accumularsi dentro di noi e porta spesso addirittura a malattie psicosomatiche. Insomma è un veleno che piano piano uccide le nostre relazioni e anche il nostro corpo. Attenzione quindi a non trattenerla. Non è la mossa giusta!

Come buttarla fuori? Non fate l’errore di tirare fuori tutta la rabbia tra di voi. La rabbia è un’emozione quindi non è un peccato. Non colpevolizzatevi se provate rabbia. Lo diventa se lasciamo che si trasformi in ira. L’ira è la rabbia non controllata, è la rabbia che ci domina e ci conduce a compiere il male. Quando si è irati non solo si urla, ma si dicono anche parole di cui poi spesso ci si pente. Per non parlare poi di chi usa violenza fisica. Senza arrivare alle relazioni tossiche e violente, quanto male ci facciamo anche solo con le parole! Se siete arrabbiati non sfogatevi mai con vostro marito o con vostra moglie. So benissimo che la tentazione di farlo è fortissima. E’ la persona che avete più vicino e quella con la quale vi potete mostrare maggiormente per come siete. E’ però anche quella che più dovreste amare, rispettare ed onorare. Quante ferite inferte in un momento di rabbia. Poi la rabbia passa, ma le parole dette restano, pesanti come macigni. Cosa fare allora?

La rabbia va controllata e incanalata. Controllate la vostra rabbia. Non significa reprimerla. Significa accompagnarla fuori in modo che non nuoccia a voi stessi e alle persone che avete accanto. Significa trasformarla in energia. Trovate una valvola di sfogo. Io ad esempio ne ho due. Quando sento la rabbia corro, metto le scarpe da runner e vado a correre. Quando la rabbia è un po’ più forte vado in auto, faccio un breve giro ed urlo. L’urlo è liberatorio. E’ davvero buttare fuori quel veleno. So che altri hanno acquistato un sacco da boxe e lo riempiono di pugni. Trovate il vostro modo ma, mi raccomando, custodite e preservate la vostra famiglia dalla vostra rabbia. Se succede chiedete scusa. Il danno ormai è fatto, ma cercate di contenerlo per quanto possibile. Se invece subite l’ira da parte dell’altro cercate di essere pazienti e cercate di dare il giusto peso a quello che vi è stato detto in un momento di rabbia. So che le ferite restano ma date il giusto peso.

Il consiglio è quello di non vergognarvi della vostra rabbia. Fa parte di voi, di noi. Non siamo perfetti, abbiamo delle fragilità e delle debolezze che scaturiscono poi nella rabbia. La rabbia è un’emozione che ci dice che siamo vivi, quindi di per sè è anche positiva. La rabbia ci dice che ci teniamo al nostro matrimonio e alla nostra vita. Peggio è l’indifferenza. L’indifferenza è morte dell’anima o della relazione. Piuttosto imparate a gestire la vostra rabbia. Piuttosto vergognatevi quando la buttate addosso alla persona che amate ferendola e facendola stare male. Coraggio, è un cammino ma il sacramento del matrimonio ci può aiutare a crescere anche in questo nella misericordia reciproca e con la grazia di Dio.

Antonio e Luisa

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L’amore è lento all’ira

Dopo aver riflettuto solo alcuni giorni fa su una delle caratteristiche della carità, la memoria corta sul male ricevuto, ho deciso di dire qualcosa su ognuna delle virtù dell’amore, secondo quanto scritto da San Paolo e ripreso sapientemente in Amoris Laetitia da Papa Francesco.

L’amore è lento all’ira, è paziente e sopporta. Il Papa a questo proposito scrive:

91. La prima espressione utilizzata è macrothymei. La traduzione non è semplicemente “che sopporta ogni cosa”, perché questa idea viene espressa alla fine del v. 7. Il senso si coglie dalla traduzione greca dell’Antico Testamento, dove si afferma che Dio è «lento all’ira» (Es 34,6; Nm 14,18). Si mostra quando la persona non si lascia guidare dagli impulsi e evita di aggredire. È una caratteristica del Dio dell’Alleanza che chiama ad imitarlo anche all’interno della vita familiare. I testi in cui Paolo fa uso di questo termine si devono leggere sullo sfondo del libro della Sapienza (cfr 11,23; 12,2.15-18): nello stesso tempo in cui si loda la moderazione di Dio al fine di dare spazio al pentimento, si insiste sul suo potere che si manifesta quando agisce con misericordia. La pazienza di Dio è esercizio di misericordia verso il peccatore e manifesta l’autentico potere.

92. Essere pazienti non significa lasciare che ci maltrattino continuamente, o tollerare aggressioni fisiche, o permettere che ci trattino come oggetti. Il problema si pone quando pretendiamo che le relazioni siano idilliache o che le persone siano perfette, o quando ci collochiamo al centro e aspettiamo unicamente che si faccia la nostra volontà. Allora tutto ci spazientisce, tutto ci porta a reagire con aggressività. Se non coltiviamo la pazienza, avremo sempre delle scuse per rispondere con ira, e alla fine diventeremo persone che non sanno convivere, antisociali incapaci di dominare gli impulsi, e la famiglia si trasformerà in un campo di battaglia. Per questo la Parola di Dio ci esorta: «Scompaiano da voi ogni asprezza, sdegno, ira, grida e maldicenze con ogni sorta di malignità» (Ef 4,31). Questa pazienza si rafforza quando riconosco che anche l’altro possiede il diritto a vivere su questa terra insieme a me, così com’è. Non importa se è un fastidio per me, se altera i miei piani, se mi molesta con il suo modo di essere o con le sue idee, se non è in tutto come mi aspettavo. L’amore comporta sempre un senso di profonda compassione, che porta ad accettare l’altro come parte di questo mondo, anche quando agisce in un modo diverso da quello che io avrei desiderato.

Quanto scrive il Papa è già abbastanza chiaro, non c’è bisogno di aggiugere molto altro. Vorrei solo accentuare quanto scritto con un esempio, prendendo spunto da un mio precedente articolo di qualche mese fa.

Prendete un foglio di carta, uno di quelli A4 da stampante. Un foglio bianco perfettamente liscio. Fatene  una palla, accartocciandolo. Fatto? Ora provate a farlo tornare come prima. Per quanto vi ingegnerete con tutto l’impegno non riuscirete. Avrete sempre un foglio pieno di pieghe, rovinato, certo non liscio. Quel foglio è il cuore della persona che amate. Basta un momento, dove magari siete in preda alla rabbia, al nervosismo o allo stress. Basta un momento per accartocciare il cuore della persona che più amate. Una parola di troppo, che probabilmente neanche pensate, ma che pesa come un macigno su di lui/lei. L’amore implica il fidarsi, mettersi a nudo davanti all’altro/a, implica mostrare tutto di ciò che siamo e proviamo. L’amore implica deporre le armi e mostrarsi disarmati. Ci rendiamo conto della responsabilità che abbiamo verso l’altro/a? Sappiamo tanto di lei/lui a volte troppo. Sappiamo cosa dire e come dirlo per ferire, sappiamo che punti toccare per evidenziare fragilità e difetti. Per una soddisfazione di qualche attimo che presto evapora lasciando spazio al senso di colpa, distruggiamo il cuore dell’amato/a. Poi, quando la mente torna lucida arriva il pentimento, le scuse, ma il danno è fatto. Se abbiamo provocato una ferita non riusciremo a rimarginarla subito. Stiamo attenti, basta poco, si può litigare, si può anche alzare la voce ed essere non sempre disponibili, ma attenzione alle parole. Sappiamo benissimo cosa dire per ferire l’altro/a. Ecco non facciamolo. Se vogliamo siamo capacissimi di trattenerci e se vogliamo bene alla persona che ci sta accanto dobbiamo riuscirci. La nostra lingua sia sempre per consolare, per amare, per perdonare, per incoraggiare e per lodare e quelle volte che si litiga facciamo in modo di non superare mai il limite, perchè ferire l’amato/a è un sacrilegio all’amore, un sacrilegio a quell’amore che ci è stato donato con il sacramento del matrimonio.

Antonio e Luisa

“Non tramonti il sole sopra la vostra ira”

Alcune volte mi è capitato di addormentarmi arrabbiato, soprattutto per delle banalità, nei confronti di mia moglie. Credetemi, ne ho sempre pagato il prezzo. Innanzitutto la fatica a prendere sonno, poi il sonno stesso agitato, con sogni in cui la fanno da padrone rabbia e risentimento. Il risultato è un risveglio ben più amaro e se la giornata non svolta, cioè se non affido quella giornata a Cristo, rischio di essere scontroso con chi mi capita a tiro senza alcun motivo e alla fine accumulo soltanto amarezza per aver sprecato una giornata. Tutto questo per una sciocchezza la sera prima. Credo che l’invito che San Paolo fa agli Efesini al capitolo 4, versetto 26, sia importante non solo per evitare di passare giornate brutte, ma ancor di più per impedire che nel nostro cuore si accumuli risentimento che poi diventa sempre più grande fino ad esplodere in un momento inopportuno, portandoci a dire cose che magari non vorremmo.

Anche Papa Francesco ha sottolineato l’importanza di fare pace, lo ha fatto nel messaggio ai fidanzati che si preparavano al matrimonio, in Piazza San Pietro il 14 febbraio 2014, e lo fa in modo molto “paterno”, ricordandoci che noi per primi siamo peccatori e abbiamo bisogno del perdono di Gesù:

Esistiamo noi, peccatori. Gesù, che ci conosce bene, ci insegna un segreto: non finire mai una giornata senza chiedersi perdono, senza che la pace torni nella nostra casa, nella nostra famiglia. E’ abituale litigare tra gli sposi, ma sempre c’è qualcosa, avevamo litigato… Forse vi siete arrabbiati, forse è volato un piatto, ma per favore ricordate questo: mai finire la giornata senza fare la pace! Mai, mai, mai! Questo è un segreto, un segreto per conservare l’amore e per fare la pace. Non è necessario fare un bel discorso… Talvolta un gesto così e… è fatta la pace. Mai finire… perché se tu finisci la giornata senza fare la pace, quello che hai dentro, il giorno dopo è freddo e duro ed è più difficile fare la pace. Ricordate bene: mai finire la giornata senza fare la pace! Se impariamo a chiederci scusa e a perdonarci a vicenda, il matrimonio durerà, andrà avanti.

Mi piace sottolineare ciò che dice del giorno dopo: “quello che hai dentro è freddo e duro ed è più difficile fare la pace”. Questa frase rispecchia ciò che provo quando mi capita di lasciare che la rabbia prenda il sopravvento, almeno io tendo a lasciar correre per evitare lo scontro, proprio perché non mi piace litigare, anzi inizialmente, nel fidanzamento e nei primi anni di matrimonio, avevo paura del litigio, perché temevo che mi allontanasse da mia moglie, ma dentro stavo male e accumulavo, accumulavo finché non arrivavo a sbottare in momenti e con i modi sbagliati. Col tempo ho capito l’importanza di dire le cose all’altro, di fargli/le presente ciò che ci ferisce, perché l’altro non è nel nostro cuore e nella nostra testa e ha bisogno di tempo per imparare il nostro linguaggio e la nostra sensibilità, ha bisogno di capire dove può aver sbagliato, come inconsapevolmente ci ha ferito. Infatti l’esortazione si conclude invitandoci ad essere: “…benevoli gli uni verso gli altri, misericordiosi, perdonandovi a vicenda come Dio ha perdonato a voi in Cristo.” (v. 32), dico quindi a me stesso per primo: ascolta la Parola, Marco!