Vi ho chiamato amici

Tempo di Quaresima, tempo di tutte le pratiche liturgiche, tempo di animazioni, di esercizi spirituali, tempo da dedicare a sé stessi, tempo di bignè di San Giuseppe e tempo di digiuno e tempo da dedicare al prossimo.

Ognuno di noi in questo periodo avrà cercato di geolocalizzarsi con Gesù. A che punto della nostra vita spirituale siamo? Dove sentiamo di avere incontrato Gesù? Gli abbiamo rivolto tutte le nostre domande, tutte le inquietudini e tutti i nostri perché più profondi? Abbiamo ricevuto qualche risposta? Chi lo sa? Solo il tempo ci dirà se ciò che abbiamo ascoltato fino in fondo, sostando davanti al Tabernacolo, era la risposta che desideravamo o era uno di quei no che aiutano a crescere umanamente e spiritualmente. 

Io per prima ho riflettuto sui No ricevuti durante l’anno, alcuni onestamente assecondati come obbedienza da figlia. Se si impara a ritagliarsi del tempo per la preghiera alla fine si arriva ad un dialogo familiare con il Tabernacolo.

Esiste un tempo per ogni cosa, ogni tempo ha il suo colore. Esiste un tempo per la semina e un tempo per il raccolto. Per ognuno di noi è previsto un tempo. Un tempo già designato dal momento della nostra creazione. Un tempo per essere dei figli indisciplinati che faticano a compiere la volontà del padre soprattutto se non è compatibile con i propri sogni, desideri e aspettative. Esiste il tempo del ritorno dove si scorge il volto e l’ abbraccio del padre misericordioso.

La liturgia penitenziale è la parte della Quaresima che aspetto con trepidazione. Vi ho chiamato amici. Quante volte ci nascondiamo dietro i nostri impegni lavorativi – e non solo – per evitare di confessarci? Così come è anche vero che spesso alcuni confessionali hanno gli orari stile ufficio pubblico. Ma fortunatamente si trovano ancora sacerdoti che confessano anche fuori orario.

Siamo all’ inizio della Settimana Santa. La settimana più attesa e bella. La più commovente, quella in cui ogni anno si spera sempre in un finale diverso. Per lo meno io durante la lettura del Passio mi commuovo e spero sempre in un finale diverso.

Quando vuoi bene a qualcuno non vorresti mai vederlo morire. Non vorresti mai vederlo esanime avvolto in un sudario. Non vorresti mai accarezzarlo per l’ultima volta. Non vorresti mai confidargli gli ultimi segreti. Non vorresti mai rinunciare a sentire la sua voce. Non vorresti mai rimanere mentre lui muore. Non vorresti mai chiederti eh mo come faccio senza te? Non vorresti mai vederlo chiuso in un sepolcro. Vi ho chiamato amici.

E ripercorri in quell’ istante le tappe della vita insieme a Lui, quei momenti unici che ti aiuteranno a ricordarlo. Ti sentirai beato per aver condiviso del tempo insieme a Lui li in montagna per aver goduto delle sue parole. Beatitudini il discorso più bello. Ti sentirai beato perché, anche se nel dolore, avrai accanto chi ha pensato a lenire il tuo smarrimento.

Donna ecco tuo Figlio. E lì come Maria sotto la Croce si volge lo sguardo ai figli che rimangono. Concludiamo questo articolo dedicandolo al nostro Fabrizio che ci ha preceduto nella nostra Baita in Cielo, e dedicandolo alle “mamme” e ai ” papà “della nostra Baita perché ogni catechista è sempre un po’ tanto anche mamma e papà e in alcune occasioni, anche se si è adulti, si ha la necessità di una guida che ti indica i passi come sul ponte tibetano.

A presto Simona e Andrea, vi aspettiamo in onda sul nostro programma radiofonico su radio Maria e nel nostro profilo Instagram.

Giuda e il suo bacio. Un tradimento sponsale.

Secondo la scaletta organizzativa del blog ci tocca scrivere qualcosa oggi mercoledì santo e poi anche giovedì e venerdì. Tre giorni molto importanti che ci proiettano dritti verso la Pasqua di resurrezione. Domenica naturalmente lasceremo la parola a padre Luca. In questo mercoledì la liturgia ci offre la possibilità approfondire un personaggio controverso. Si tratta di Giuda. Uno dei dodici. Vorrei soffermarmi non tanto su di lui ma piuttosto sulla sua relazione con il Maestro, con Gesù.

E’ importante perchè racconta anche tanto a noi sposi. La relazione che ognuno di noi ha con Gesù è una vera relazione sponsale. Tanto più lo è per i dodici che tanto gli erano vicini ed intimi. Cosa è importante analizzare nel rapporto tra Giuda e Gesù? Mi soffermo su due versetti in particolare. Uno tratto proprio dal Vangelo di oggi di Matteo mentre l’altro dal Vangelo di Luca

Ma egli rispose: «Colui che ha messo con me la mano nel piatto, quello mi tradirà. In queste poche parole c’è tantissimo. Si legge tanta intimità. Si è ad una cena insieme, già stare a tavola insieme ci fa immaginare la famiglia unita. Ci dovrebbe quindi essere amore, dialogo, intimità, cura, rispetto. Tutti quegli ingredienti che dovremmo ritrovare nelle nostre case. Proprio in quel frangente, quando Giuda intinge nello stesso piatto di Gesù, nel massimo gesto di intimità, eliminando ogni barriera tra lui e il Maestro, è lì che Gesù lo indica come traditore. Non è un gesto scelto a caso, come non lo è il bacio che esaminerò dopo. Tradire non deriva da un’accezione negativa. La radice sia in greco che in latino è dono. La stessa di tradurre, consegnare. Se ci pensate tradizione deriva dalla stessa radice. Tradire diventa negativo proprio da questo episodio dove Gesù sarà consegnato. Un episodio che rappresenta pienamente il rinnegamento dell’amore. Gesù nell’ultima cena dove dona tutto di sè, dona addirittura il Suo corpo e il Suo sangue, vede questo amore così grande e incondizionato rinnegato da Giuda. Questo deve essere stato per Lui un dolore enorme. Eppure non smette di amare Giuda. Anche quelle che sembrano minacce –Il Figlio dell’uomo se ne va, come sta scritto di lui; ma guai a quell’uomo dal quale il Figlio dell’uomo viene tradito! Meglio per quell’uomo se non fosse mai nato! – non sono altro che un amaro prendere atto della scelta che, nel libero arbitrio, fa l’altro nel non comprendere ed accettare il Suo amore gratuito e redentivo. Giuda prima di uccidersi materialmente era già morto dentro rinunciando a quell’amore che avrebbe dato senso a tutto, anche alla morte. Quanti sposi sono nella situazione di Giuda. Sposi che rinnegano il matrimonio, cioè l’amore incondizionato e gratuito di Dio, alla ricerca di qualcosa che non troveranno mai altrove. Beati invece quegli sposi che scelgono di restare fedeli, anche se abbandonati, perchè, seppur nel dolore, trovano pace e senso di ogni cosa proprio in Gesù e nell’amore concretizzato nella fedeltà alla promessa.

Allora Gesù disse: «Giuda, con un bacio tu tradisci il Figlio dell’uomo? Giuda tradisce Gesù con un bacio. Qui è importante notare il parallelismo proprio con il matrimonio. Gesù rinnega il suo amore per Gesù con un gesto che invece racconta amore. Nel matrimonio non è forse così. Ci si promette l’amore che abbiamo nel cuore e poi si conferma quella promessa e la si concretizza nel corpo attraverso l’amplesso fisico. Gesù resta scandalizzato e rattristato non solo per il tradimento ma per il modo con cui Giuda lo tradisce. Con un bacio, con un gesto che racconta affetto e amicizia. Una menzogna che fa ancora più male. Noi sposi siamo come Giuda? Quando ci accostiamo all’altro per unirci intimamente cosa abbiamo nel cuore? Abbiamo il desiderio di comunione oppure abbiamo l’istinto di sfogare una pulsione usando il corpo dell’altro. Nel primo caso stiamo offrendo amore all’altro e anche a Gesù presente nell’altro e nel matrimonio. Nel secondo caso stiamo tradendo non solo il nostro coniuge ma anche la nostra promessa e Gesù presente in essa.

Speriamo di avervi dato degli spunti interessanti e vi auguriamo io e Luisa una bella preparazione del cuore a questa Pasqua magari anche con un incontro intimo fatto bene, un incontro di comunione e di dono reciproco.

Antonio e Luisa

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