Oggi condivido con voi la testimonianza di Rosella, che racconta tutto il dolore del tradimento e la forza della fede. Una testimonianza luminosa.
A un’amante
Mai, come dopo aver saputo il tuo nome, mi sono resa conto di quante persone, bambine, donne, lo portassero. Ogni volta che sentivo pronunciare il tuo nome mi venivano i brividi. Ancor di più, era come se un coltello si rigirasse nella mia carne.
Scoprii che molte persone che mi circondavano e che mi capitava di incontrare portavano quel nome: la mia vicina di casa, la nipotina di un’altra vicina, colleghe d’ufficio. Il top lo raggiunsi quando il suo nome, in una coppia con cui avemmo dei colloqui, scoprii essere lo stesso tuo.
Non potei fare a meno di andare con la mente, senza volermi in niente paragonare alla grandezza e santità di S. Pietro, ai due episodi del Vangelo di Giovanni: Il primo quello in cui Gesù disse a Pietro:” prima che il gallo canti mi avrai rinnegato tre volte..” e l’altro la domanda posta da Gesù a Pietro sempre tre volte:” Mi ami tu più di costoro?” . Come Gesù aveva voluto guarire il dolore di Pietro per il suo rinnegamento così Gesù, voleva riconciliarmi con un nome che non aveva niente a che fare con la persona che lo portava. Lui sa sempre come guarire le ferite.
Perché questo nome, o tu che lo portavi, doveva suscitare in me brividi? Perché tu eri “l’altra”. Forse l’altra me.
Onestamente posso dire di non averlo capito, di non saperlo. Forse avrei dovuto giacché nell’ufficio, dove tutti e tre lavoravamo, era di dominio pubblico. Chissà forse reso di dominio pubblico proprio da te nella perfida speranza che lo venissi a sapere, come poi è stato.
Non capii, anche se mi urtai, neanche quando in occasione di un’elezione interna all’ufficio, vi vidi seduti allo stesso tavolo e percepii tra voi un’intimità “anomala”, il tuo ginocchio sotto la scrivania che si strusciava al suo o, quando ci capitava di incontrarci in ufficio, evitavi il mio sguardo e il saluto…
Non permisi al pensiero, che potesse esserci qualcosa di più tra voi, di farsi strada nella mia mente e nel mio cuore. Non mio marito, non io. Non Noi.
Poi arrivò quella mattina terribile in cui lui mi disse che mi voleva bene, tanto ma che non mi amava più. Sono quasi morta quel giorno, ma lui, “buono”, è rimasto. Mi diceva che non c’era nessun’altra e che comunque il problema non sarebbe stato quello.
Ma tu c’eri già e stavi tessendo la tua tela. Se il problema non era quello, “quello” diveniva il problema più grande.
Io credevo, (e credevo che anche per lui fosse stato lo stesso vista la sua passata esperienza e visto tutte le cose che mi aveva raccontato), che noi avessimo costruito sulla roccia un rapporto saldo, ci ho creduto davvero. Eppure, a poco a poco, tra di noi non c’era più il dialogo di una volta, le giornate trascorrevano nella routine più totale tra lavoro e impegni vari, schiacciati dai tanti problemi di famiglia, dei figli, gestione della casa, il lavoro, forse perché avevamo dato per scontato il nostro amore. Le nostre lunghe chiacchierate erano un lontano ricordo. La cosa che ci riuniva e ci dava una sferzata di energia era il programmare i viaggi con il camper che lui aveva così fortemente voluto e che io avevo imparato ad amare.
Sai, avevo cercato di farmi comprendere da mio marito, provato a chiedergli aiuto per capire con lui quali erano le difficoltà che percepivo. Ma lui, irritato, mi rispondeva che ero un’ingrata e insoddisfatta perché avevo tutto e anche di più. Ed io mi sentivo in colpa per essere “ingrata” e “insoddisfatta”. E i muri del silenzio e dell’incomprensione si alzavano separando il dialogo da noi. Per poi scoprire che, sì, avevamo anche di più: un’altra donna tra di noi. Tu.
Una donna che ascoltava le sue lamentele, che non creava problemi, che consolava, che amava, che si faceva consolare a sua volta. Quella con cui trascorrere ore “serene” senza problemi ………. Quella che, pur essendo moglie e madre, anziché dirgli che per una donna è facile e rientra nella normalità essere presa dalle incombenze dei figli, della casa, della vita quotidiana e non per questo un marito diveniva meno importante, ha invece approfittato della nostra crisi per affondare ancora di più la mia figura, il mio ruolo.
Mi ha ferito a morte e lui, che aveva promesso di difendermi, non ha fatto nulla anzi, quasi coscientemente ti ha procurato “l’arma”: la conoscenza di me (a suo modo).
Non ti sei fatta nessuno scrupolo, tu donna, moglie e madre.
Cosa ti passava per la testa, cosa ti passa per la testa oggi, quando hai voluto dare, un piccolo aiutino perché le cose precipitassero secondo i tuoi disegni? Che cosa provavi? Hai mai provato sensi di colpa?
Telefonate di notte, chiaramente silenziose. Telefonate non appena lui usciva da casa, sempre silenziose. Passeggiare sotto la nostra casa con tua figlia per “mimetizzare” la tua presenza. Venire a controllare se la sua auto era sotto casa senza preoccuparti se io ti potessi vedere.
Certo anche lui avrà raccontato cose terribili su di me! Me lo chiedo sempre: “Cosa ti ha raccontato di me, della nostra vita, della nostra famiglia, insomma del nostro quotidiano?” Mi piacerebbe saperlo. Sapere veramente quanto mi conoscevi e quanto conoscevi della nostra vita? Avrai visto le foto della nostra vita? Ti siamo sembrati una famiglia infelice? Non credo che tu lo possa dire.
Abbiamo continuato a vivere lui era diventato un’altra persona. Cattiva, irritabile, si spazientiva anche con i bimbi che adorava. Per non dire con me. Ma tu sapevi, a te raccontava il suo “inferno”, ma non ti raccontava il nostro.
Quando poi ho saputo della vostra “pubblica” relazione, ho capito il perché era così distante, perché quando tornava a casa, era sempre stanco e irritato, perché trovava da ridire su tutto ciò che fino a poco prima era perfetto per lui, perché non volesse più che andassimo insieme al lavoro e neanche tornare insieme: lo accompagnavi tu, anzi gli facevi guidare la tua macchina. Io volevo stargli vicino, ma non me lo permetteva: aveva te vicino.
Ed io non sapevo. Non sapevo chi era il mio più grande nemico, quello vero.
E’ stata una “guerra” molto disonesta da parte di lui e tu da “parassita” ne hai tratto vantaggio.
Volevate che perdessi.
Tu, continuavi a tessere la tela: predisponevi la tua separazione e incitavi, più o meno velatamente, lui a fare altrettanto anche con bigliettini del tipo “Per me sei stato come una bottiglia di champagne…” o “ sperando in un tuo repentino risveglio….”. Che io trovavo.
Certo trovavo perché cercavo, ma ogni donna e anche ogni uomo farebbero lo stesso e lo sai, anche tu lo avresti fatto. Chissà se lo fai ora? Per sicurezza “s’intende”.
Quando facevi questo, pensavi all’effetto devastante e travolgente che avresti procurato sulla vita di varie persone: la mia, quella di mio marito, quella dei miei figli, quella dei nostri genitori e familiari e dei nostri amici (quelli veri gli altri te li ho regalati volentieri)?
Ancora oggi per me è strano pensare che quell’uomo che ho amato così tanto, e che amo ancora oggi così tanto, ebbene si, e che conoscevo così intimamente aveva un’altra donna senza che io sapessi nulla.
Quell’anno a capodanno andammo a sciare con degli amici, e tu ti risentisti. Così tanto che avesti l’ardire di chiamare a casa chiedendo di lui e chiedendo anzi, ordinando, di farti richiamare. Ancora non sapevo.
Una collega in seguito ci offrì di trascorrere una settimana in un posto meraviglioso, che a mio marito piaceva moltissimo, e tu ti sei sentita in dovere di dire in giro che “le cose tra noi erano rotte e pertanto non si sarebbero riaggiustate”. Quanto eri certa di questo? Quanto avevi timore del contrario visto che avevi già avviato il processo della tua separazione?
Sapevi cosa aveva bisogno di sentirsi dire una donna perché il suo matrimonio arrivasse al capolinea, ancor più sapevi cosa aveva bisogno di sentirsi dire mio marito perché scendesse dal “tram” del nostro matrimonio per salire su quello di una relazione “illegale”, adultera. Ed è quello che hai fatto colpo dopo colpo, senza ripensamenti, senza rimorsi.
Sono quasi impazzita dal dolore, tu lo sai bene. Ma hai saputo anche qui dirgli le cose giuste e fargli vedere che con il mio comportamento lo stavo “incatenando”. Le cicatrici che sono rimaste nel mio cuore e in quello dei miei figli e delle persone a noi vicine, rimarranno per sempre.
Uscita dal pozzo di dolore in cui mi avevate gettato, ho cominciato anche io a cercare di ricostruire. Lui era disponibile a intraprendere un percorso di riavvicinamento, ma tu gli stavi con il fiato sul collo, non lo mollavi continuavi a dirgli cose che non lo distraessero da te e dal tuo fine ultimo. (Questo tuo comportamento come lo definiresti? Incastrarlo?)
Infatti, veniva, qualche volta sincero, qualche volta si capiva chiaramente che ti aveva appena vista.
Abbiamo trascorso anche vacanze insieme ma, si capiva, quando tu eri assente-presente: lui diventava di nuovo cattivo e scostante; quando eri lontana per un periodo più lungo, tornava a essere la persona che avevo conosciuto. In quei periodi voleva sinceramente che le cose andassero bene con la moglie e i figli.
Ma per queste cose ci vuole tempo e pazienza, tu non gli hai dato ne l’uno ne l’altro.
In questi periodi tu avresti potuto scegliere: lasciarlo andare avanti perché il suo matrimonio riuscisse o togliergli tutto, si perché questo tu hai fatto, . Hai scelto la seconda opzione. D’altronde non potevi fare altrimenti, fredda e calcolatrice, tu ti eri separata anzi, avevi anche divorziato.
A volte penso a quanto tutto questo sia stato un suo tentativo di trovare in te quello che aveva perso in me, (data, allora, anche la nostra somiglianza fisica, almeno da lontano); quando c’eravamo conosciuti io, ero magra, mora, capelli semicorti, calze nere sexy, trucco accurato, smalto… Nel tempo certo avevo perso qualcosa nella linea, nella cura dell’aspetto della persona perché protesa a dare tutto per i figli, i nostri figli. Avrebbe dovuto amarmi totalmente anche in questa versione, perché è proprio in questa versione che si entra nella realtà del matrimonio, quando è finita la freschezza della passione. La passione. Anche qui ce ne sarebbe da dire. L’ha fatto, mi ha amato ma ha preferito amare più se stesso e cercare quella ragazza che non ero più io in quel momento, in un’altra persona.
Tutto quello che tu hai dovuto fare, è stato ascoltarlo, dargli quello che diceva di non avere, e poi era tuo.
Ti capisco, anche con me ha usato le stesse dinamiche e mi sono innamorata di lui. Di un amore che non è finito con le difficoltà e con i tradimenti.
Non contenta hai cercato, e ancora stai cercando, di dividere ciò che resta di importante e prezioso della nostra famiglia: i nostri figli. Tre. Si tre.
Ti permetti, e ti è permesso da mio marito e padre dei miei figli, di parlare male di me a loro. Di quello che io ho fatto a te. Io, donna tradita, umiliata, ferita, ho fatto a te.
Ci sarebbe da ridere se non fosse completa mancanza di senso del pudore da parte tua.
Potrei aver sbagliato in alcune reazioni, ma le mie sono state tutte alla luce del sole, tu , come i figli delle tenebre, hai, e stai, manovrando nelle tenebre.
Tu non sei la vittima. Mi spiace per te se volevi anche questa parte in questa tragedia.
Hai avuto l’ardire di dire che mio marito e il padre dei miei figli, è il grande amore della tua vita. Ti ripeto la risposta che ti è stata data: “Peccato che era anche il grande amore della vita di …..….”, ed io aggiungo, il grande amore dei suoi figli a cui hai tolto la parte migliore del loro papà.
Oggi hai tolto anche la parte migliore di un nonno, ai suoi nipotini.
Non m’interessa incolpare qualcuno e non penso di essere capace di odiare. Non è importante di chi sia stata la colpa.
Voglio dirti una cosa però, io ancora oggi amo mio marito, il mio sposo e non lo amo perché è un mio “possesso”, o perché mi sono incaponita, non è più, e da tempo, l’età per queste schermaglie. Io ho imparato ad amare essendo amata da Colui che è l’Amore e che ha avuto per me un amore e una misericordia che ancora oggi si manifestano nella mia fragilità.
Avendo io provato questo Amore non posso che riamare allo stesso modo: senza confine, pregiudizi o giudizi. Usando la stessa misericordia che mi è stata e mi è usata, per la persona che amo. Lo amo in Cristo.
E’ difficile, infatti, senza il Suo aiuto e il suo amore non avrei potuto. E’ facile perché con il suo aiuto gli anni passavano sembrandomi giorni, perché con Lui tutto è possibile.
Rosella.