Il 305 è il punto “incriminato”. Il punto incriminato che, letto insieme alla nota 351 posta in calce all’esortazione Amoris Laetitia, apre ai sacramenti per i divorziati risposati:
305. Pertanto, un Pastore non può sentirsi soddisfatto solo applicando leggi morali a coloro che vivono in situazioni “irregolari”, come se fossero pietre che si lanciano contro la vita delle persone. È il caso dei cuori chiusi, che spesso si nascondono perfino dietro gli insegnamenti della Chiesa «per sedersi sulla cattedra di Mosè e giudicare, qualche volta con superiorità e superficialità, i casi difficili e le famiglie ferite».In questa medesima linea si è pronunciata la Commissione Teologica Internazionale: «La legge naturale non può dunque essere presentata come un insieme già costituito di regole che si impongono a priori al soggetto morale, ma è una fonte di ispirazione oggettiva per il suo processo, eminentemente personale, di presa di decisione».A causa dei condizionamenti o dei fattori attenuanti, è possibile che, entro una situazione oggettiva di peccato – che non sia soggettivamente colpevole o che non lo sia in modo pieno – si possa vivere in grazia di Dio, si possa amare, e si possa anche crescere nella vita di grazia e di carità, ricevendo a tale scopo l’aiuto della Chiesa.Il discernimento deve aiutare a trovare le strade possibili di risposta a Dio e di crescita attraverso i limiti. Credendo che tutto sia bianco o nero, a volte chiudiamo la via della grazia e della crescita e scoraggiamo percorsi di santificazione che danno gloria a Dio. Ricordiamo che «un piccolo passo, in mezzo a grandi limiti umani, può essere più gradito a Dio della vita esteriormente corretta di chi trascorre i suoi giorni senza fronteggiare importanti difficoltà». La pastorale concreta dei ministri e delle comunità non può mancare di fare propria questa realtà.
nota 351 In certi casi, potrebbe essere anche l’aiuto dei Sacramenti. Per questo, «ai sacerdoti ricordo che il confessionale non dev’essere una sala di tortura bensì il luogo della misericordia del Signore» (Esort. ap. Evangelii gaudium [24 novembre 2013], 44:AAS 105 [2013], 1038). Ugualmente segnalo che l’Eucaristia «non è un premio per i perfetti, ma un generoso rimedio e un alimento per i deboli»
In questi mesi ho sentito e letto di tutto. Da un’apertura totale (quasi che il matrimonio indissolubile non esistesse più) fino a una chiusura totale.
Ma cosa voleva tramettere il Papa con la sua esortazione apostolica?
Sinceramente durante questi mesi non l’ho capito, nonostante abbia cercato di informarmi, ma più leggevo e più trovavo pareri discordanti e la mia confusione cresceva. Sia chiaro che non voglio giudicare la vita delle persone ed ergermi a giudice, ma voglio soltanto capire. Ultimamente però la nebbia si sta diradando. Giorno dopo giorno sto comprendendo sempre di più l’azione pastorale di Papa Francesco e anche il suo modo di scrivere e parlare. Gli ultimi dubbi mi sono stati chiariti da un documento uscito pochi giorni fa dove i vescovi argentini forniscono una serie di indicazioni per applicare quanto chiesto da Francesco e, cosa fondamentale, che lo stesso Papa ha approvato.
Il documento afferma: «Quando le circostanze concrete di una coppia (di divorziati risposati) lo rendano fattibile, specialmente quando entrambi siano cristiani con un cammino di fede — si legge nel documento — si può proporre l’impegno di vivere in continenza». L’Amoris laetitia «non ignora le difficoltà di questa opzione e lascia aperta la possibilità di accedere al sacramento della riconciliazione quando si manchi a questo proposito». In altre circostanze più complesse e quando non si è potuto «ottenere una dichiarazione di nullità — sottolinea il testo — l’opzione menzionata può non essere di fatto praticabile». È possibile, tuttavia, compiere ugualmente «un cammino di discernimento». E «se si giunge a riconoscere che, in un caso concreto, ci sono limitazioni che attenuano la responsabilità e la colpevolezza, particolarmente quando una persona consideri che cadrebbe in una ulteriore mancanza provocando danno ai figli della nuova unione, Amoris laetitia apre alla possibilità dell’accesso ai sacramenti della riconciliazione e dell’Eucaristia». Questo, a sua volta, dispone la persona a continuare a maturare e a crescere con la forza della grazia.
Il documento sottolinea come occorra evitare di intendere questa possibilità come un «accesso illimitato ai sacramenti o come se qualsiasi situazione lo giustificasse». Ciò che si propone è piuttosto un discernimento che «distingua adeguatamente ogni caso». Speciale attenzione richiedono alcune situazioni, come quella di una nuova unione che viene da un recente divorzio, oppure quella di chi è più volte venuto meno agli impegni familiari, o ancora di chi attua «una sorta di apologia o di ostentazione della propria situazione, come se fosse parte dell’ideale cristiano». In questi casi più difficili, i sacerdoti devono accompagnare con pazienza cercando qualche cammino di integrazione. È importante, si legge nel testo, «orientare le persone a mettersi con la propria coscienza davanti a Dio, e perciò è utile l’esame di coscienza» che propone l’esortazione apostolica, specialmente in ciò che fa riferimento al comportamento verso i figli o verso il coniuge abbandonato. In ogni caso, quando ci sono «ingiustizie non risolte, l’accesso ai sacramenti è particolarmente scandaloso».
Per questo il documento afferma che «può essere conveniente che un eventuale accesso ai sacramenti si realizzi in maniera riservata, soprattutto quando si prevedono situazioni di conflitto». Allo stesso tempo, però, non si deve tralasciare di accompagnare la comunità perché «cresca in uno spirito di comprensione e di accoglienza, senza che ciò implichi creare confusioni nell’insegnamento della Chiesa riguardo al matrimonio indissolubile». A questo proposito i presuli ricordano che «la comunità è strumento della misericordia che è “immeritata, incondizionata e gratuita”». Soprattutto, ribadiscono che il discernimento «non si chiude, perché è dinamico e deve rimanere sempre aperto a nuove tappe di crescita e a nuove decisioni che permettano di realizzare l’ideale in maniera più piena».
Da questo documento preparato dai vescovi argentini possiamo cercare di decifrare i punti salienti.
La comunione non è per tutti i divorziati risposati. Amoris Laetitia non apre indiscriminatamente a tutti. Serve un discernimento serio, un accompagnamento della Chiesa, un percorso e alla fine, solo in certi casi, si può giungere alla comunione anche per alcuni divorziati risposati. Non è possibile accedere ai sacramenti per quei coniugi che hanno lasciato alle proprie spalle situazioni di ingiustizie non risolte, quindi di persone che hanno abbandonato (il documento le cita come particolarmente scandalose), oppure persone che vedono nel divorzio e nella nuova unione un ideale cristiano in quanto basato sul sentimento dell’amore (secondo loro). Tutte queste persone sono, se lo richiedono, da accompagnare con pazienza, scrive il documento, per portarli pian piano a comprendere la loro situazione. In questi casi integrazione senza comunione. Da quello che comprendo io, la comunione potrà essere ammessa in un numero limitato di casi. Serve infatti che la persona abbia subito la separazione o che pur avendola procurata, sia una storia da tempo affrontata e superata con l’altro coniuge. Serve inoltre la volontà e la fede di voler far parte della Chiesa. Ma tutto questo non basta. Bisogna procedere a verificare la possibile nullità della precedente unione matrimoniale. Molti matrimoni infatti sono nulli in partenza. Molti sposi si uniscono in matrimonio senza la consapevolezza di cosa stiano facendo ed escludono qualche elemento fondamentale affinché la promessa sia valida. Verificata l’impossibilità di chiedere la nullità, chi accompagna ha il dovere di proporre l’astensione dai rapporti, la continenza che ricordiamo è quanto la Chiesa ha chiesto fino ad oggi. Qui Francesco va oltre. Si rende conto che, pur continuando a ritenere valida la proposta dei suoi predecessori, per poterla mettere in pratica serve una consapevolezza, una fede e una maturità che pochi hanno, tanto da scoraggiare quanti pur animati da buone intenzioni, vedono la proposta della Chiesa non misericordiosa ma troppo severa e impossibile da attuare. Qui il Papa chiede pazienza e misericordia. Chiede di accompagnare con compassione. Chiede di non nascondere la verità, ma di renderla raggiungibile non come una scalata di una parete verticale (proponibile a pochi) ma come una salita dura ma realizzabile da tutti. Ed ecco che i vescovi argentini propongono l’astinenza, la confessione nel caso non si riesca a realizzarla sempre e, in pochi casi dove sono presenti bambini e l’astinenza porterebbe più danni che benefici, la concessione ad avere rapporti. Tutto questo va verificato caso per caso ed è impossibileconcedere i sacramenti quando la situazione precedente non è risolta. L’accompagnamento della Chiesa, dice sempre il documento, non si esaurisce mai, la comunità cristiana deve accogliere queste persone, integrarle ed aiutarle a crescere sempre più nella fede, nella forza e nella consapevolezza.
Il cardinal Biffi proprio su questo tema diceva alcuni anni fa:
Dalla narrazione evangelica apprendiamo dunque che Gesù annuncia senza attenuazioni e senza sconti il progetto originario del Padre sull’uomo e sulla donna. Però guarda sempre con simpatia e comprensione quanti di fatto hanno avvilito questo ideale con le loro prevaricazioni. I “peccatori” sono da lui trattati con affettuosa cordialità. Non li ritiene estranei e lontani; anzi li considera i naturali destinatari della sua missione: <<Io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori>> (Mt 9,13). Con questo atteggiamento benevolo riesce a salvare l’adultera dalla lapidazione (Gv 8,1-11); difende cavallerescamente la donna che è qualificata come peccatrice della città (Lc 7,37); avvia con la samaritana dalle molte esperienze un colloquio garbato e schietto che conquista il suo cuore (Gv 4, 5-42).
Attenzione però: la sua però non è la misericordia apparente del permessivismo; è la misericordia sostanziale che, senza disprezzare e umiliare, sospinge al ravvedimento e alla rinascita interiore.
Io non so se questa è la via giusta. Io sono un legalista, per me esiste il bianco e il nero. Non c’è gradualità del male ma solo gradualità del bene. Si può crescere nel bene se si cerca di abbandonare il male completamente. Questo è il mio limite e la mia forza.
Il Papa mi chiede di fare un passo in più. Mi chiede di avere ben salda e presente la verità che la Chiesa ci insegna sul matrimonio, ma anche di non dimenticarmi della vita, della storia, delle sofferenze e dei fallimenti delle persone divorziate. Forse ha ragione lui: l’accompagnamento, se realizzato senza nascondere la verità e tendente a raggiungerla, può essere la via cristiana che porta al bene. Papa Francesco è un dono di Dio, mi sta aiutando a crescere nella mia fede, costringendomi a mettermi in discussione ogni volta.
Antonio e Luisa