Adrianna, Davide e il figlio Michele: decisivo l’“incontro” con Carlo Acutis

Una volta, durante una presentazione del romanzo “Sei nato originale, non vivere da fotocopia” (Mimep Docete), dedicato a Carlo Acutis, ho ascoltato la testimonianza di due genitori, Davide e Adrianna, legata al giovane beato, presto santo, di origini milanesi.

Andiamo con ordine. Questi coniugi hanno un bambino, Michele, nato il 4 dicembre 2015. Il piccolo cresce sereno, è molto simpatico e spiritoso. Impara, dalla mamma e dal papà, fin da piccino, l’amore per il volontariato e il rispetto della natura. La vita di questa famiglia scorre in modo tranquillo, spesso al servizio della comunità.

A gennaio 2022, Adrianna, che vive in Italia ma è polacca, ha un’esperienza molto particolare. La famiglia si trova in visita nel Principato di Monaco, quando Adrianna, in una chiesa, resta da sola, incantata davanti ad un’immagine di Carlo Acutis. Si accorge che vi sono, in quel luogo, delle reliquie del giovane milanese, di cui a malapena ha sentito parlare.

Colpita e attratta dall’immagine, inizia a pregare. Ad un tratto, mentre si trova inginocchiata e assorta nella preghiera, sente una voce, nitida, chiara, che le dice, nella sua lingua madre, il polacco: “Andrà tutto bene”. Lei non capisce: cosa deve andare bene? Non c’è nulla fuori posto, nella loro vita. Custodisce, però, quelle parole nel suo cuore.

Sei mesi dopo, il 2 giugno 2022, all’improvviso, una diagnosi terribile, che nessun genitore vorrebbe mai sentire: Michele ha la forma più aggressiva di glioma celebrare, tumore di recente scoperta e studiato ancora pochissimo. Nonostante due interventi al cervello e le numerose cure sperimentali, Michele non ce la fa: lascia i suoi cari il 4 giugno 2023, giorno in cui si festeggia la Santissima Trinità.

Eppure, questi due genitori testimoniano oggi di aver ricevuto un miracolo, anche se il figlio apparentemente ha perso la sua lotta contro il cancro: ed è la grazia di una pace non spiegabile in mezzo a tutto quel male umanamente non sopportabile.Michele non è guarito – spiega papà Davide – ma la cosa incredibile è che, nel tempo della malattia, rispondeva ‘Io sempre bene’ a chiunque gli chiedesse come stava”. Erano proprio le parole che Adrianna aveva udito pregando Carlo.

Non gli abbiamo mai nascosto quale fosse il male che lo aveva aggredito – racconta la mamma – sapeva bene ed era cosciente del suo destino, così come lo può essere un bimbo di sette anni”.

Durante tutto il tempo della malattia, supportato dai genitori, Michele raramente si lamenta del suo lento degrado (perde l’equilibrio, non riconosce più i colori e lui, esperto costruttore di Lego, non riesce più neppure ad incastrare due “Duplo”). Non si dispera per questo, al contrario, spiega sempre la madre: “Era lui che rasserenava noi genitori, ridendo anche del suo essere immunodepresso. Usava molto questa parola, quasi sbeffeggiando la malattia. Era buffo quando, ad esempio, stavamo giocando e lui esordiva: ‘Dai lasciami vincere, io sono immunodepresso!’”.

Ricorda il papà che una volta, “sfidando la malattia”, è riuscito a camminare da solo per ottocento metri: la gioia nel suo volto era quella di un atleta che ha appena vinto una medaglia. Michele, col suo sorriso e la pacifica accettazione della situazione che deve vivere, contagia e scuote persone che sono solite arrabbiarsi per molto, molto meno.

Per questo bimbo speciale, ogni nuova alba era un dono e a fine giornata voleva spegnere una candelina, solo per dire grazie del giorno appena trascorso. I medici gli avevano dato al massimo un anno di vita. Michele ha vissuto esattamente un anno e un giorno: quel giorno in più rappresenta tutta la sua grinta.

Al funerale, i genitori, seppur tristi per il distacco, manifestano un cuore “lieto”, perché sanno che Michele li aspetta in Cielo. Era stato lui a dirglielo, pochi giorni prima di ‘partire’: “Vi aspetto lì”. Ed era tranquillo, come se fosse la cosa più normale del mondo.

Michele era molto incuriosito dal Paradiso. Una volta, dopo un coma, dal quale si è risvegliato avendo rischiato la vita, ha raccontato di aver visto qualcuno che gli aveva mostrato un luogo bellissimo, promettendo di venirlo a riprendere poco tempo dopo, perché non era ‘ancora’ il momento. Si è svegliato deluso, perché quel posto era troppo bello e lui voleva andarci subito.

I genitori, nonostante questi segni, avrebbero voluto ritardare quel saluto il più possibile, ma, sostenuti dalla grazia, non hanno rinnegato Dio, quando è successo. Se qualcuno chiede loro perché non sia stato concesso il miracolo della guarigione, rispondono: “Perché il miracolo era lui“. Da quel figlio hanno imparato che si realizza davvero nella vita chi sa trasformare in dono per gli altri ogni attimo e la sofferenza in amore.

E per questo oggi Adrianna racconta: “Dopo la morte di nostro figlio Michele, grazie al supporto di Davide, ho iniziato differenti esperienze di volontariato presso l’ospedale Gaslini di Genova, nel reparto dove per un anno è stato ricoverato Michele, durante la sua malattia. Attraverso “Radio tra le note” con Don Roberto Fischer, la biblioteca ed il servizio spiaggia con “Il sogno di Tommy” e “Dottor Sogni”, clown in corsia, con l’associazione “Theodora” cerco di strappare un sorriso ai bambini ricoverati ed ai loro genitori così come è stato fatto per Michele e per noi”.

I genitori attribuiscono a Carlo Acutis la grazia di aver portato la malattia come se quel peso non fosse solo loro e, in tantissimi modi, continuano a vedere Carlo e Michele uniti. Nell’ospedale di Genova dove sono attualmente volontari c’è una statua della Madonna, che tiene le mani aperte. In un palmo la foto di Michele, nell’altro quella di Carlo.

Chi incontra Davide e Adrianna, come è capitato a me, può testimoniare che questi due genitori sono davvero sereni. Piegati, a volte (e non lo negano, perchè la deolezza è umana, è la grazia ad essere divina) ma non spezzati.

Il papà arriva ad affermare: “Non sopporto quando le persone ci dicono poverini. Abbiamo avuto una prova grande, ma non siamo poverini, perchè la consolazione di Dio è grande!”. Oggi questi coniugi, che hanno fatto seppellire il proprio figlio in una tomba circondata di lego colorate, come avrebbe voluto il figlio, sono testimoni della resurrezione e continuano a portare consolazione e speranza a tutti coloro che davanti alla morte non vedono un oltre.

La storia di Davide e Adrianna è riportata nel libro “Raccontami di Carlo. La bellezza della santità nelle parole e nei gesti di Carlo Acutis” (Editrice Punto Famiglia, 13 euro), acquistabile di seguito: https://www.famiglia.store/prodotto/raccontami-di-carlo/

Il libro propone un itinerario per conoscere la sua spiritualità del giovane Acutis, ma anche delle testimonianze di persone che in questi anni hanno ricevuto delle grazie o tratto ispirazione da questo santo millenial.

Cecilia Galatolo

Stare con il tuo sposo, stare con Gesù!

Con il passaggio delle reliquie di Carlo Acutis in parrocchia abbiamo avuto modo di conoscere di più la sua vita, il suo vissuto.

Sono tante le cose che ci hanno colpito, ma una più di tutte ha suscitato in noi stupore e bellezza: il suo stare con Gesù, il suo stare davanti all’Eucarestia come solo un ragazzino adolescente sa fare.

Quella sera anche noi siamo stati in adorazione con Carlo davanti al Santissimo. Come ogni volta, è stato un momento di intimità speciale. Nel rientrare a casa quella sera però, ci siamo accorti di quanto ci mancano momenti in cui assaporare quella relazione con Gesù, di quanta bellezza ci sia in quello stare di fronte a Lui. È stato e dev’essere un po’ come quando accogli in casa un amico che non vedi da tempo, uno stare che ridona gusto. È come quello stare con tuo marito una sera voi due, che da quando vivi insieme e hai dei figli è un tempo che ti sfugge e che non hai più tanto spesso. Quello stare che ti spinge a dire: “Che bello! Vediamoci ancora domani”. Un po’ come è successo a Pietro, Giacomo e Giovanni quando sul monte con Gesù, non vogliono più scendere. (Mc 9,2-8). È troppo bello stare lì, è troppo bello stare con le persone che ami.

E tu con Gesù, Riesci a percepire questa bellezza ? Riesci ad assaporare questo tuo stare con Lui?

Quanto manca spesso la relazione a “tu per tu”con Lui, una relazione profonda da amico, intima, da sposo. Quanto ci manca quel tempo di intimità per dialogare con Lui. Carlo, -raccontava l’allora cappellano dell’ospedale di Monza – parlava a Gesù delle sue giornate, come fa un ragazzino con il suo papà. In modo semplice e naturale. Che bellezza! È in questo tipo di relazione che rimane il gusto buono dell’intimità con Lui. Saper stare con Gesù e parlargli in semplicità del nostro ordinario. Carlo non ha fatto altro che dialogare con Gesù nel modo in cui era capace in quel momento della sua vita. Quanto ci insegnano i più piccoli. Ci insegnano la semplicità, la genuità dello stare con chi si ama. Spesso cadiamo nelle logiche complesse dell’età adulta, crediamo di non aver niente da dirGli o al contrario cominciamo a fare discorsoni manco fossimo Aristotele e lo bombardiamo di domande e richieste infinite. Che bello invece inginocchiarsi di fronte ad un papà, di fronte ad una mamma, di fronte al proprio sposo, alla propria sposa, e parlargli semplicemente condividendo e comunicando l’amore ordinario che viviamo.

Stare davanti all’Eucarestia è bellezza per il cuore. È parlare del nostro vivere l’amore giornaliero con Lui, Amore Totale!

Ma Come fare a stare con Lui per così tanto tempo, magari ogni giorno?

Il lavoro, la casa, gli impegni, la cura verso il nostro sposo, la famiglia, i figli, dove incastro Gesù nel mio vivere? Nella società di oggi dove tutto corre veloce, e sembra di essere sempre saturi di tanto e di troppo, è difficile. Verrebbe da scriverlo in agenda “STARE CON GESU’”, per fissare con Lui un appuntamento; ovviamente se troviamo spazio, sennò sarà per un’altra volta. Quanto sarebbe invece bello e genuino non scrivere nulla in agenda, e tenerci uno spazio libero, bianco per lasciare che nel riposo trovi spazio l’Amore.

Da sposi, non è sempre facile però trovare questi momenti silenziosi e fermare il tempo. Ma forse il bello sta proprio qui: non possiamo non guardare al nostro vivere l’amore per il nostro sposo, per la nostra famiglia e non accorgerci che in ogni cosa che facciamo, in ogni attività o gesto di cura, lasciamo un’impronta indelebile d’amore. Anche quando ci sembra di compiere il gesto più piccolo e insignificante, stiamo invece mostrando Gesù sposo, Gesù che si fa padre, madre, misericordioso, Gesù che si prende cura, che ci accompagna, che fa festa per noi…

La relazione con Gesù la coltivo, la vivo ogni giorno celebrando i gesti d’amore che la mia vocazione mi chiama a vivere. Così tutto diventa sicuramente più bello e ha un senso!

Ci sono momenti però che tutto questo sembra non bastare.. . E qui veniamo forse al passo in più, all’andare oltre questi primi spunti, al centro del nostro articolo… e Carlo ci ha aiutati a riscoprire ancora una volta qual’è la relazione intima che salva.

Non fermiamoci a un gesto d’amore. Pretendiamo di più ancora.

Il nostro stare con la persona che si ama ci insegna che amare è anche quello stare a contatto, quel baciarsi, toccarsi, abbracciarsi che se è fondamentale in un amore sponsale, dev’essere fondamentale anche nel rapporto con Gesù. Questo rapporto è il centro di tutte le vocazioni.

A volte non basta vivere dei gesti d’amore quale preparare tutti i giorni il pranzo per il marito, o portare la moglie fuori a cena, o regalarle dei fiori, gesti bellissimi dove c’è amore, dove incontri l’Amore. Ma tuo marito, alla sera, lo vuoi anche abbracciare, toccare, salutare con un bacio. È un contatto che ti fa stare bene, che traduce in concretezza l’Amore sponsale. D’altronde qual’è il gesto più alto di Amore per gli sposi? Non risiede forse nel rapporto intimo, sessuale?

Lo stesso è con Gesù, puoi vivere tanti gesti d’amore ma lo vorrai poi Abbracciare, Accogliere, sentire la sua carne viva su di te, stare in intimità con Lui?

Ecco l’adorazione Eucaristica, ecco la sua presenza fisica, ecco quel contatto di cui ci nutriamo e di cui dobbiamo aver bisogno. Un contatto fisico, un contatto visivo, una presenza che ci invade.

Per riassumere, un po’ come per il mio sposo, del quale ho bisogno di perdermi fa le sue braccia e nutrirmi di quel contatto fisico che mi dona pace, mi rassicura, mi fa sentire protetta, accolta, desiderata, così anche con Gesù, ho bisogno di tornare a quel contatto e perdermi in un suo abbraccio. Perdermi in un incontro come la Comunione Eucaristica, come l’adorazione, che è esplosione di Luce, percezione di santità.

Quando ti comunichi a volte sembra di non avere le parole. Voglio parlargli e lo faccio a mio modo, ma mi rendo conto che quelle parole non bastano, e allora resto lì, semplicemente lì, davanti a Lui ad assaporare la sua presenza di cui in quel momento i miei sensi si nutrono.

Che cosa rende così speciale quel rapporto intimo con Gesù?

Concludiamo con un ultimo spunto:

Gesù è Unione sempre!

Stare davanti a Gesù eucarestia ti restituisce una viva percezione di quanto Lui non ti lasci mai solo. E lo faccia mettendoti in intima unione anche con le persone che oggi non sono presenti fisicamente accanto a te. Ti accorgi così di come Lui sia il collante, sia Unione e in quel momento li rende presenti accanto a me, accanto a te, come in un abbraccio. Rende presenti i nostri figli saliti al cielo, la mamma, i nonni Santi Angeli custodi, e gli stessi cari Santi che pur non avendo conosciuto di persona sono entrati a far parte delle nostre amicizie del Cielo, proprio come Carlo Acutis, che è venuto come un amico e ci ha portato questi nuovi spunti di bellezza.

Per altre info su come stare davanti all’Eucarestia, chiedete a lui, maestro a 15 anni di Adorazione! Che bellezza!

Dagli spunti-appunti di Anna

Anna e Ste

Cercatori di bellezza


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